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Autore: z e r o    27/03/2010    5 recensioni
E se... Harry Potter fosse un goth sarcastico e narcisista, Ron un emo depresso ed Hermione una violenta?
Genere: Parodia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 32

Come posso dire... sono semplicemente commossa per i commenti che mi avete lasciato... mi chieso se sia possibile avere dei lettori più affettuosi di voi, davvero, non ho parole per espriemere la mia gratitudine! ç_ç *si commuove*

 

CAPITOLO 32

 

UNDICI SCARPE

DI CEMENTO

 

Duecento e passa teste si voltarono nella sua direzione – molte delle quali seccate per l’interruzione. (ehi, ho fatto la rima! ndA; … ndTutti)

 

“Che bello” pensò Harry compiaciuto “sono al centro dell’attenzione, proprio come dovrebbe sempre essere!”.

 

«Oh Santo Cielo!» esclamò l’esaminatore di turno, portandosi le mani al viso in una parossistica imitazione dell’Urlo di Munch «Lei sta male, molto male! Deve andare subito in infermeria!» e gli sbatté la porta in faccia dopo averlo accompagnato (leggi: afferrato e trascinato) fuori.

 

Harry, irato per essere stato strappato così brutalmente dal centro dell’attenzione, da sempre suo habitat naturale, si diresse verso l’infermeria, pensando al sogno appena avuto. Povero padrino! Doveva fare qualcosa, in fondo era l’unico parente che gli era rimasto! E poi, se l’avessero scagionato da tutte le accuse, avrebbe potuto farsi adottare e acquisire così quel cognome così dark, così gotico, invece che trascinarsi dietro per tutta la vita quell’orrendo “Vasaio”. Harry Mystryss Darque Nyght Rayn Ravyn VASAIO… c’era qualcosa di più patetico? Come poteva accettare un cognome così poco goth?! Ah, dannato James… Harry Mystryss Darque Nyght Rayn Ravyn Black… aaaah, pura poesia… quello sì che era un nome che valesse la pena avere…

 

Mentre Harry era perso in questi consolanti seppur vacui pensieri, la campanella suonò, ed una fiumana di studenti si riversò nei corridoi. Cosa doveva fare?, si chiedeva, mentre le rapide studentesche lo sbattevano contro muri ed armature, trascinandolo lungo il corridoio. Doveva parlare con qualcuno… ma Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro – era latitante, Hagrid chissà dove, e la McGranitt al San Fungo. Gli rimanevano soltanto due persone a cui rivolgersi suo malgrado: Ron ed Hermione.

 

«Vi devo dire una cosa» gli disse, quando li ebbe trovati. «Voldemort ha preso Sirius… vuole fargli un paio di scarpe di cemento, è terribile! Il cemento è così… grigio, granuloso… kitsch… è assolutamente antiestetico! Povero padrino! E poi vuole mandarlo a dormire con dei pesci puzzolenti…»

 

«Harry» lo interruppe Hermione paziente «credo che tu non abbia afferrato appieno il significato di “scarpe di cemento”…»

 

«Sì che ho capito, non sono mica un idiota!» sbottò Harry, strappandosi i capell… ma no, che assurdità…

 

«Io non penso affatto che tu sia un idiota» replicò pacatamente Hermione, controllandosi distrattamente le unghie «Ma che cosa conta la mia opinione contro quella di tutti?»

 

Ad Harry ci volle appena un’ora per capire l’insulto. «Mi stai insultando?» sbottò. «…avverto un insolito déjà-vu…» aggiunse poi.

 

«Sì, vero?»

 

Se ne andarono a pranzo, poi tornarono alla sala comune, dove si misero a giocare a Scarabeo. Harry alzò lo sguardo dalle proprie lettere – gli mancava la R per comporre la parola NECROSCOPIA –.

 

«Ho come l’impressione che stiamo dimenticando qualcosa» mormorò, posando le tesserine per DECOMPOSIZIONE.

 

«Intendi forse il tuo padrino?» provò a suggerire Hermione, componendo PRECIPITEVOLISSIMEVOLMENTE e vincendo la partita.

 

«Oh Diavolo, è vero!» saltò su Harry, rovesciando il tavolino con il tabellone dello Scarabeo e spargendone tesserine per tutta la stanza. Afferrò Ron – la cui presenza si fa sempre più insignificante, povero – per un braccio e lo trascinò fuori dalla sala comune. Hermione gli andò dietro.

 

«Che cosa pensi di fare?» gli chiese.

 

«Devo salvare Sirius, ovviamente!» replicò Harry. «Non permetterò che il mio unico parente sia costretto ad indossare delle scarpe di cemento!».

 

Hermione sospirò; si era dimenticata di spiegare ad Harry la questione delle scarpe di cemento… ma ormai era troppo tardi. «Ron, dì qualcosa anche tu» tentò.

 

«L’Oscurità Stupra la Mia Tormentata Anima» scandì l’emo-kid.

 

«…»

 

A metà scalinata incrociarono Ginni e Luna Peace&LoveGood.

 

«Ciao» disse Ginni «Non ho niente di meglio da fare che andarmene in giro a ficcare il naso negli affari degli altri in compagnia di una ritardata che non fa altro che parlare di nargilli. Che cosa state facendo?»

 

«Stiamo andando ad evitare che Sirius indossi delle antiestetiche scarpe di cemento» sospirò Hermione alzando gli occhi al cielo.

 

«Scarpe di cemento?» gli fece eco Ginni, confusa.

 

«L’ho visto!» esordì tragicamente Harry, insinuandosi nel discorso «Voldemort ha preso Sirius e lo ha trascinato nell’Ufficio Misteri Misteriosi, dove vuole fargli indossare delle scarpe di cemento! Devo andare a salvarlo!»

 

«Cosa si è fumato?» domandò Ginni ad Hermione. La ragazza scosse la testa. Guardarono Luna Peace&LoveGood con sospetto.

 

«Basta chiacchiere, dobbiamo andare, subito!» strillò il goth guy isterico, strattonando il catatonico emo-kid.

 

«Harry, sei sicuro? Magari era solo un sogno…»

 

«Non era un sogno! Cioè, sì, era un sogno… ma era vero! Ed io non permetterò mai che il mio unico parente indossi delle antiestetiche scarpe di cemento!» fece per andare, ma venne bloccato.

 

«Prima di fare cazzate, dovresti assicurarti che Sirius sia effettivamente nelle mani del tuo Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri, e che il tuo sogno non sia una trappola per attirarti nell’Ufficio Misteri Misteriosi…»

 

«E come facciamo?»

 

«Dalla stufa a pellet della Umbridge, ovviamente».

 

«Come facciamo a tenere lontani gli studenti dal suo ufficio in modo che non facciano la spia?»

 

«Diciamo a tutti che il corridoio è pieno di gas nervino» intervenne Ginni.

 

«Sì» esclamò Hermione, con gli occhi che le brillavano. «Ho giusto qua qualche granata al gas nervino…» disse, estraendone due o tre da sotto la gonna.

 

«Per finta, Hermione».

 

«Ah».

 

Ginni e Luna si piazzarono ai due accessi del corridoio, cominciando a tenere le persone alla larga. Mentre Ron era stato incaricato di distrarre la Umbridge - «Distraila in qualche modo, non so, tagliati le vene nella Grande Sala…» - Harry cominciò ad armeggiare con la serratura dell’ufficio. Provò con la tessera della biblioteca, la patente (non sua ), la carta di credito (non sua), la tessera sanitaria, invano.

 

«Spostati, Harry» disse Hermione con uno strano tono di voce, reggendo su una spalla un arnese cilindrico. Un grosso arnese cilindrico. Un grosso, pericoloso arnese cilindrico.

 

BOOOOOM!

 

«Davvero molto discreto, Hermione» commentò Harry sarcastico, dopo che il fumo si fu diradato, guardando l’enorme squarcio che si era aperto nella parete. «Potevi almeno colpire la porta».

 

«La prossima volta lo usi tu, il bazooka, Signor Perfezione» replicò stizzita Hermione, riponendo l’arma.

 

I due si insinuarono nell’ufficio della Umbridge – quanti stivali erano rimasti spaiati, dopo quell’esplosione… –, ed Harry guardò con angoscia la stufa a pellet, che sembrava sorridergli malignamente acquattata nel suo tetro angolino. Doveva infilare di nuovo la testa là dentro… gli faceva male la cervicale solo al pensiero.

 

Fece comunque quello che doveva fare, e quando riaprì gli occhi si ritrovò a fissare il soggiorno di Grimmauld Place, numero 17.

 

«Padrinoooo!» chiamò, vedendo la stanza deserta. «Dove sei?!»

 

La porta si aprì ed entrò il puccioso elfo domestico Cracker, con la sua solita aria fastidiosamente felice. «Che dolce!» squittì alla vista del goth guy – o meglio, della sua testa – nel camino, facendo incazzare Harry oltre l’umanamente possibile.

 

«Tu, rifiuto elfico! Dov’è Sirius?!»

 

«Cracker ti vuole bene!» trillò l’elfo, infilzando un marshmallow su uno stecchino e arrostendolo sul fuoco, da qualche parte alla sinistra di Harry.

 

«Dove cavolo è Sirius!?» strillò Harry, infuriato.

 

«Il padrone è uscito» disse l’elfo «Cracker vuole bene al padrone, anche quando lo usa come Mocio Vileda».

 

«Cracker» ringhiò Harry «Vediamo se riesco a cavare qualcosa da quel tuo cervello di gelatina, sempre che tu ne abbia uno. Dove: avverbio di luogo. È: voce del verbo essere, terza persona singolare, presente indicativo. Sirius: nome proprio di persona, un po’ retrò ma ugualmente figo, sicuramente meglio di “Harry” – Uhm… Sirius Mystryss Darque Nyght Rayn Ravyn Black… figo! –. Punto di domanda?».

 

Harry non sentì mai la risposta, perché si sentì afferrare per i capelli – ORRORE! – e trascinare all’indietro, in un turbinio di fiamme… e quando gli fu passata la nausea, si ritrovò sul nero tappeto dell’ufficio della Umbridge.

 

«Oh, cazzo!» esclamò, poco elegantemente.

 

«Credeva davvero» ringhiò Ahi-Che-Dolores «Che non ci fossero dei sistemi di sicurezza in questo ufficio?». Indicò le numerose telecamere disseminate per la stanza, con la loro ammiccante lucina rossa ad intermittenza. «E poi avete rovinato il mio paio di stivali preferiti» aggiunse, sollevando un miserabile brandello di cuoio al quale era ancora miracolosamente attaccata una fibbia a forma di teschio fiammeggiante. «Con chi cercava di mettersi in contatto?» sbottò, minacciando Harry con il suo onnipresente frustino.

 

«Con nessuno» rispose prontamente Harry, fissando preoccupato l’estremità ondeggiante del frustino.

 

In fondo all’ufficio, strettamente sorvegliati dalla Squadra d’Inquisizione aka S-Team, se ne stavano Hermione, Ron, Ginni, Luna e, chissà perché, l’inutile Nerdville.

 

«Presi tutti!» annunciò un membro dell’S-Team, pericolosamente somigliante ad un gorilla parlante (rima XD).

 

«Bene bene» commentò la Umbridge. «Eccellente» si corresse poi, unendo le dita delle mani in un gesto ormai stra-abusato in questa fic che viola l’ennesimo copyright nei confronti del “povero” Matt Groening. Dopo che ebbe ritenuto di aver gongolato a sufficienza per la cattura dei nemici del suo sistema scolastico, tornò a rivolgersi ad Harry.

 

«Molto bene, signor Potter. Le ho offerto la possibilità di confessare spontaneamente, ma lei si rifiuta di collaborare. Non ho altra scelta…». Harry deglutì, aspettandosi il peggio. Che cosa gli sarebbe toccato? Guardò con angoscia la panca per spanking, un po’ impolverata dall’esplosione ma ancora integra, ed un vasto assortimento di oggettistica fetish sfilò nella sua mente, come una pubblicità trasmessa su un canale semisconosciuto nel bel mezzo della notte (prima che pensiate male, non ho mai visto una cosa del genere, grazie a Dio. U_U ndA).

 

«Draco!» lo chiamò la Umbridge «Vada a chiamare il professor Piton!»

 

Il professor Piton!!!

 

Harry si rese conto che, nonostante ciò che aveva pensato, c’era ancora un membro dell’Ordine a cui rivolgersi nella scuola: il professor Piton, appunto. Il fatto che suddetto professore volesse vedere Harry perire tra le più atroci sofferenze, poi, era una faccenda al momento trascurabile.

 

Malfoy fece ritorno, seguito dalla goticissima sagoma nera del professore.

 

«Voleva vedermi, signora Preside?» disse.

 

«Ah, professor Piton!» lo accolse la Umbridge. L’ormai famoso binomio Piton-tutina fetish minacciò di fare la sua comparsa nella mente di Harry, che però riuscì a non sganasciarsi dalle risate come al solito. «Avrei bisogno di avere un’altra bottiglia di Veritaserum (non mi è venuta in mente nessuna alternativa, sigh)».

 

«Ha usato l’ultima che avevo per interrogare Potter» replicò Piton facendo un cenno in direzione del goth guy, il quale, ancora semi-stravaccato sul tappeto, cercava in tutti i modi di non ridere.

 

«Ma può prepararne dell’altro, no?» sbottò la Umbridge.

 

«Certo» rispose Piton. Estrasse un’agenda (nera) dalla tasca, e cominciò a sfogliarla. «Dovrebbe essere pronto traaaaaa… vediamo, mercoledì prossimo ho il concerto dei Paradise Lost… poi c’è il post concerto… venerdì c’è il party al cimitero… poi il weekend con il morto… la messa nera del lunedì… la settimana nera… il venerdì nero… dovrebbe essere pronto tra due mesi, o giù di lì».

 

«Due mesi?!» eruppe la Umbridge «A me serve ora, adesso, subito, immediatamente, dico! Ho appena sorpreso Potter impegnato in un’improbabile verticale sulla mia stufa a pellet che cercava di comunicare con uno o più Soggetti Ignoti!»

 

«Ma davvero?» commentò Piton, non mettendo tuttavia nella frase l’enfasi necessaria che avrebbe richiesto, voltandosi a guardare Harry, la cui testa sarebbe esplosa se non avesse potuto liberare al più presto la risata che attendeva di erompere e che se ne stava acquattata irrequieta da qualche parte dentro di lui. (Mamma mia, che frase atroce… ndA)

 

«Voglio interrogarlo ora!» urlò la Umbridge, sventolando il frustino in aria come per scacciare mosche invisibili. «Voglio che lei mi fornisca subito una pozione che lo costringa a dire la verità!»

 

«Gliel’ho già spiegato: la mia scorta di Veritaserum è finita» replicò Piton calmo, nella sua pragmatica ed elegante goticità. «A meno che non voglia avvelenare Potter, non posso aiutarla».

 

«Lei mi sta ostacolando deliberatamente!» sbraitò la Umbridge «Esca dal mio ufficio, ora!»

 

Piton fece per andarsene, ed Harry ebbe solo un nanosecondo per agire, prima che il suo ultimo contatto con l’Ordine svanisse oltre uno squarcio nel muro con uno svolazzo del suo nero mantello così figo.

 

«Ha preso Tubero!» esordì il goth guy «Ha portato Tubero nel posto dove è nascosta, e vuole fargli mettere delle scarpe di cemento!». – Dall’angolino in cui era relegata, Hermione alzò nuovamente gli occhi al cielo. Un bel giorno avrebbe preso Harry per mano, l’avrebbe portato in una stanza isolata e tranquilla, l’avrebbe fatto sedere comodamente… e gli avrebbe urlato contro fino a fargli entrare in testa il significato di “scarpe di cemento” nel gergo mafioso in un modo talmente indelebile che non l’avrebbe dimenticato neanche in un milione di anni, a costo di aprirgli la scatola cranica e tatuarglielo direttamente nel cervello. –

 

«Tubero?!» esclamò la professoressa Umbridge «Che tubero? Una patata? Un ravanello? Una barbabietola? Una rapa? E quali scarpe di cemento?»

 

«Non ne ho la minima idea» replicò Piton, liberando la stanza dalla propria gotica presenza.

 

«Benissimo» commentò la Umbridge, molto, ma molto incazzata. «Non ho scelta… qui è in gioco la sicurezza del MiniMinistero…» disse tra sé e sé, rigirandosi il frustino tra le unghie laccate di rosso sangue. «È lei che mi costringe, Potter… io non vorrei… la maledizione Cruciatus dovrebbe scioglierle la lingua».

 

Nonono, non andava affatto bene…

 

«Professoressa Umbridge, no!» esordì Hermione, dal suo angolino. Se Harry doveva soffrire, avrebbe dovuto essere per mano sua, e non avrebbe permesso ad un’attempata fetish woman di farlo al posto suo. «È illegale! (…disse colei che scommise gli organi interni dell’amico emo-kid…) Il MiniMinistro non vorrebbe che lei lo facesse!»

 

«Beh, come si dice…» replicò la Umbridge «Lontano dagli occhi… lontano dagli occhi».E srotolò la fidata frusta, che aveva tenuto fino ad allora arrotolata attorno ad un passante della cintura come una novella Indiana Jones. «Per esempio, non ha mai saputo che avevo ordinato ai Dissennatori di attaccare Potter l’estate scorsa…»

 

«Cosa?!» sbottò il goth guy, più che altro contrariato dal fatto che la sua ultima battuta risale a diverse righe fa. «Sono quasi stato violentato da un lenzuolo ambulante per colpa sua?!»

 

«Qualcuno doveva agire!» esclamò la Umbridge. Alzò il braccio che reggeva la frusta, pronta a schioccare la sua frustata magica (XD ma sono proprio un’idiota… ndA).

 

«NO!» intervenne Hermione. «Harry, dobbiamo dirglielo!»

 

«Bene!» disse la Umbridge, per l’ennesima volta, afferrando la ragazza e facendola “accomodare” sulla propria poltrona. «Con chi stava cercando di parlare Potter poco fa?»

 

«Ecco…» rispose Hermione, falsamente titubante «cercava di parlare con il professor Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro… -. Abbiamo provato un po’ dappertutto, però… dovevamo dirgli una cosa importante…»

 

«Che cosa, che cosa?» la incitò la fetish woman.

 

«Che l’arma di distruzione di massa è pronta, ma non sappiamo come usarla…»

 

«Arma? Che arma? Avete creato un’arma da usare contro il MiniMinistero?» indagò la Umbridge.

 

«Sì» rispose Hermione.

 

«Mi porti dov’è nascosta quest’arma» ordinò autorevolmente la Umbridge, ergendosi nella propria maestosa statura – aiutata anche dai tacchi a spillo assassini.

 

«Okay» rispose semplicemente Hermione, con un’alzata di spalle.

 

«Bene» disse ancora la Umbridge, saturando definitivamente il capitolo di quella parola. Puntò la frusta verso Harry, e gli fece cenno di alzarsi. «Andiamo dov’è nascosta quest’arma. Fatemi strada, muovetevi!»

 

Malfoy si staccò dai compagni dell’S-Team e si fece avanti, un po’ esitante.

 

«Signora Preside» esordì «non sarebbe meglio che qualcuno di noi l’accompagnasse…»

 

«Le sembra che abbia bisogno d’aiuto?» replicò sarcastica la Umbridge.

 

«Beh, no, ma…»

 

«Malfoy, non dovevi andare in bagno?» lo interruppe la fetish woman, guardandolo di traverso.

 

«Ma veramente…»

 

«VAI IN BAGNO!»

 

«Sì, subbito!» piagnucolò Malfoy, correndo fuori dalla stanza attraverso lo squarcio nel muro.

 

 

 

* * *

 

Un po’ meglio mi sembra… (almeno spero XD).

Sono circa le due di notte, e non ho la più pallida idea di che razza di boiate ho scritto. XP (povero Malfoy, un’altra figuraccia…)

Il titolo del capitolo è incredibilmente stupido… semplicemente il numero di volte che “scarpe di cemento” compare nel capitolo.

Grazie mille a tutti coloro che recensiscono, seguono, preferiscono e/o leggono soltanto! Vi adoro, come sempre <3 <3 Se non fosse per voi, avrei abbandonato la fic molto tempo fa! Grazie ancora e a presto!

  
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