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Autore: Dira_    28/03/2010    10 recensioni
La guerra è ormai finita, Harry è un auror e sta per avere il suo secondo bambino.
Degli strani sogni e la misteriosa comparsa di un neonato decisamente particolare turbano la sua pace, tornando a scuotere la famiglia Potter sedici anni dopo, quando Tom, il bambino-che-è-stato-salvato, scoprirà che Hogwarts non solo nasconde misteri, venduti come leggende, ma anche il suo oscuro passato...
La nuova generazione dovrà affrontare misteri, intrighi, nuove amicizie e infine, l'amore.
“Essere amati ci protegge. È una cosa che ci resta dentro, nella pelle.”
Può davvero l’amore cambiare le carte che il destino ha messo in tavola?
[Next Generation]
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Ciao a tutti! Accidenti, così poche recensioni e così tante visite? Possibile che vi siate dimenticati di me e di quanto *agogno* le recensioni? *piange*
@LyhyEllesmere: Ciao! ^^ Grazie per il tuo affetto al pulci… err, ad Al.
Ricambia! XD Davvero puoi aspettare con James? Allora accidenti, questo capitolo forse non fa per te visto l’alto tasso di chiarimento tra quei due! XD Lo so, con Ainsel vi ho messo una gran confusione in testa, ma don’t worry lo deve fare. ;) Si capirà presto chi è davvero Ainsel.
@Trixina: Ciao Trix! Ehehe, sì, sono andato a vederlo, e l’ho adorato! Tim Burton è un genio, punto. Lily avrà una bella quota di maggioranza nella seconda parte di questa storia (Detto anche continuo) di cui ho già scritto l’introduzione. ;) Però prima si finisce questa!
@Ombra: Felice di averti fatto dimenticare per qualche attimo l’odiosa matematica! :D Ted avrà i capelli MOLTO blu, t’assicuro! ;)
@Altovoltaggio: Ehi ciao! Piacere rivederti su questi lidi! Non preoccuparti, recensisci quando puoi, capisco benissimo il poco tempo:D Rose e Scorp per il momento sono un attimo accantonati, ma avranno un ruolo di rilievo dal prossimo capitolo in poi. Del resto vuoi che lasci da parte la mia adorabile coppietta da Bisbetica domata? ;D
 
 
 
 
Capitolo XXXVI
 
  
 




In starlit nights I saw you/ so cruelly you kissed me

Your lips a magic world
Your sky all hung with jewels
The killing moon/ will come too soon¹
(The Killing Moon, Echo & The Bunnymen)
 
 
Hogsmeade, dieci di sera.
 
James, davvero, non capiva.
Davvero, ce l’aveva messa tutta per comprendere le dinamiche intercorse in quella serata.
Era iniziata in modo assurdo, con Malfoy che gli si era installato in camera, criticando impietosamente tutti i suoi vestiti, finché non l’aveva quasi molestato per fargli indossare una camicia nera con la sua amabile giacca di pelle.
E lui odiava le camice.
Poi Albus si era presentato con una camicia, anche lui, ma rosa.
Era certo che quella fosse stata una dichiarazione di intenti sessuali piuttosto esplicita.
Poi quasi alla fine della cena si era presentato Misantropia, come aveva ribattezzato il cugino adottivo, che aveva esibito una grandissima faccia di culo e si era accomodato accanto ad Albus, che aveva preso a scodinzolare come un cucciolo di retrivier decisamente poco sveglio.
E poi Teddy.
Ah, il pezzo grosso.
L’aveva deliberatamente ignorato tutta la sera. Ma non platealmente.
Oh, no. È stato un gran bastardo sottile…
Avevano parlato, e anche parecchio.
Solo Teddy aveva passato tutta la sera a fissare un punto imprecisato di fronte a sé, rifiutandosi di guardarlo. Per tutta la sera.
Ad un certo punto si era rotto le palle – se si voleva essere prosaici – e gli si era spalmato addosso. Aveva caricato tutto il peso su una spalla, e l’aveva quasi schiacciato tra se è il muro, continuando a parlargli dei seminari estivi dell’Accademia Auror che avrebbe voluto seguire.
Aveva sentito Teddy tendersi tremendamente e doveva ammetterlo, un po’ ci si era anche divertito. Prima che il tonto si alzasse in piedi e scappasse dalla sala, con la scusa di dover prendere una boccata d’aria.
Era da mezz’ora che mancava.
Ed ora James fissava cupo il suo bicchiere di distillato di more, chiedendosi se fosse giusto perdere la testa per un imbecille del genere.
Che okay, voglio bene e Teddy… ma è davvero un imbecille.
Non posso essere più esplicito di così! A parte urlare ‘prendimi’, forse.
… Dovrei farlo?
 
“… finito Teddy?”
“Credo sia andato a prendere una boccata d’aria, zio Nev.”
“Sì, questo lo so, ma non è ancora tornato.”
“Zio? Lo sai no, che giorno è oggi?”
“… oh! Giusto, che sciocco! È plenilunio.”

 
James ascoltò il breve frammento di conversazione tra Neville e la sorellina, trai rimasugli della cena ormai conclusa.
Comprese. E si diede dell’idiota.
La luna piena!
Non che Teddy si coprisse di pelliccia e ululasse alla luna… però…
Si ricordava da bambino come ci fossero dei giorni in cui Teddy non andava infastidito.
Non che diventasse violento. Ma era capacissimo di innervosirsi per una cavolata, uscire dalla porta e tornare a notte fonda e inzaccherato di fango.
Non sapeva se fosse l’istinto del lupo. Forse, una parte del ‘piccolo problema peloso’ di Remus era arrivata a Ted. La parte che lo rendeva bucolico, o semplicemente la parte che lo portava a diventare lunatico.
In ogni caso, dargli il tormento e appiccicarti a lui per tutta la sera deve averlo mandato ai pazzi… complimenti Jamie! Oltre ogni previsione!
Sbuffò, guardando scornato verso Al e la sua stupida camicia rosa. Stava chiacchierando con Rose e Scorpius, mentre Thomas li osservava con quel suo idiotico cipiglio tormentato.
Hannah e Neville si erano assentati per mettere a letto Cedric ed era quasi certo, terribilmente certo, che Lily fosse scesa nel locale per farsi offrire da bere.
Se devi andare, cerca di svignartela adesso… - Gli suggerì la sua cattiva coscienza.
Poteva non ascoltarla?
In un batter d’occhio si trovò sullo spiazzo sterrato di fronte alla locanda, passando indisturbato dalle scale di servizio; la luna piena si stagliava perfetta e beffarda nel cielo nuvoloso. Aveva trovato uno spiraglio e da esso gettava una luce bluastra.  

Si guardò attorno, accendendosi una sigaretta: era il modo più sicuro per segnalare la sua presenza a Teddy, se era nei paraggi.
Verrà subito ad intimarmi di spegnerla…
Quando ciò non accadde, dopo un paio di ampie boccate, si sentì deluso.
Lo cercò con lo sguardo: non poteva essere difficile trovare quel gran figlio di lupo mannaro. Non che fosse piccolo, né tantomeno era un tipo poco appariscente.
A vista d’occhio, però, non c’era.
Decise di fregarsene del fatto di non avere la giacca, anche se faceva freddo, e cominciò a cercarlo.
Dopo aver percorso metà High Road lo trovò. Era nella piazzetta, seduto su una della panchine di pietra: se ne stava con il naso all’insù, perso in contemplazione della luna.
Si sentì vagamente preso per il culo.  
“Teddy!” Lo chiamò, brutale e senza mezze misure.
Sobbalzò, a sentirlo, e gli lanciò uno sguardo… si sarebbe detto sfibrato.
… forse stasera ho un po’ esagerato.
Alzò le mani, in un implicito segno di resa. “Sono venuto qui in pace. Davvero. Posso farti compagnia?”
“Se prima spegni la sigaretta.” Rispose, dopo un piccolissimo sospiro. “Non devi fumare Jamie. Ti fa male.”
“Non mi dici niente di nuovo.” Ribatté, ma premurandosi di buttarla e schiacciarla sotto il tacco della scarpa. Doveva giocare in ribasso. Doveva farsi perdonare.

Si sedette accanto a lui, mettendosi umilmente a guardare la luna.
“È bella…” Si sentì in dovere di dire dopo un po’. “È bella quando è piena.”
Ted finalmente gli sorrise. “Sì, è vero. Starei a guardarla tutta la notte. Chissà, forse è per via del mio essere un mezzo-lupo, che dici?”
James gli sorrise di rimando. “Come lupo non sei tanto credibile, Teddy. Non saresti spaventoso neanche in una favola per bambini.”
Lo sentì ridere, e davvero, pensò che non era giusto non poterlo amare con la stessa semplicità con cui avrebbe potuto innamorarsi di una sua compagna di scuola.   

“Sono stato piuttosto asfissiante, vero?” Ci rifletté. A dirla tutta, non si sentiva poi così in colpa. “Io e te siamo amici?” Gli chiese a bruciapelo. “Così, secondo te… Lo siamo?”
Teddy sembrò prima preso in contropiede, poi a disagio. “Sono un tuo professore, tecnicamente.” Tentò.
“Sì, sì. Già sentita. Ma diciamo… ecco. Facciamo finta che mi sono diplomato da poche ore. Non sei più un mio professore. Potremo essere amici?”
Ted non rispose. James non poté dire, in seguito, di non esserselo aspettato.

“No, vero?” Fece una smorfia. “La verità è che non siamo mai stati amici… voglio dire. Prima ero troppo piccolo per essere nient’altro che un fratellino rompipalle. Ti dirò, mi è anche piaciuto quel ruolo… per un sacco di tempo.” Gli sorrise, cercando di farglielo capire, perché doveva capire. “Ma adesso non possiamo essere amici per un altro motivo. E lo sai.”
Ted continuava a rimanere in silenzio. Le ombre che gettava la luna sul suo viso non gli lasciavano capire cosa effettivamente stesse pensando.

In un certo senso è meglio così…
“Ci ho pensato…” E l’aveva fatto. In quelle ore poi, aveva dato fondo a tutte le sue capacità di ragionamento. Era stato piuttosto spossante. “E vorrei poterti dire che ti aspetterò per sempre, Teddy. È romantico. Un sacco. Però è anche da idioti, se tu non provi assolutamente niente per me.”
Quella strategia non gliel’aveva consigliata Scorpius, ed ovviamente era un suicidio.

Ted era un cacasotto, e se avesse avuto una via di uscita da quella situazione, probabilmente l’avrebbe usata.
E dicendogli che non lo aspetterò gliela sto appena fornendo…
Si alzò in piedi, perché non riusciva a stare seduto in quel momento. Nonostante avesse bevuto idromele, sidro e persino un bicchiere di distillato si sentiva la bocca riarsa e i palmi delle mani sudate.
Fece un paio di passi, avanti e indietro dalla panchina. Era quasi certo che Teddy lo stesse seguendo con lo sguardo, ma non alzò la testa per controllare.
“Senti, ci provo un’ultima volta. Io… lo so cosa vuoi, Teddy. Sei l’unico ragazzo che a tredici anni invece di raccontarmi di mostri mi raccontavi di Lancillotto e Ginevra quando ti chiedevo una storia. Ed io ero l’unico bambino che non ti avrebbe mai mandato al diavolo anche se, fattelo dire, mi annoiavo a morte. Sono ancora quel bambino… e tu, io lo so, sei ancora quel ragazzino.”
“James…”
Si era preparato il discorso, prima della cena. Doveva iniziare più o meno in quel modo. E fino a quel momento era andato piuttosto bene. Ora però, che Teddy l’aveva chiamato, aveva fatto la stronzata di guardarlo in faccia.  
E si era sentito mancare il coraggio.
Proprio io. Il Grande James Sirius Potter. Il Re.
Perché Ted lo stava guardando, e ascoltando. Sul serio.
È la tua occasione, bello…
“Non so…” Continuò, intimandosi di non frignare o distogliere lo sguardo. “Qual è la dichiarazione d’amore giusta, che funzioni, con te. Se devono scendere angeli dal cielo, arcobaleni e tramonti. Ma io sono qui… e tutto quello che posso dirti è che non c’è nessuno al mondo che ti ama come ti amo io. Quindi lasciamelo fare.”
Concluse, e aspettò.
In un certo senso, era certo che anche l’altro lo sapesse, era l’ultima battuta di tutta quella storia.
 
Ted non era mai stato bravo con le tempistiche.
Sin da bambino faceva sempre la cosa giusta al momento sbagliato o viceversa.
Il suo problema principale, sua nonna glielo diceva sempre, erano i tempi di reazione.
Era una questione di testa. Perché quando James l’aveva raggiunto, il suo corpo aveva cominciato a reagire, molto prima che la ragione si rendesse conto della sua presenza.
Aveva sentito un nodo allo stomaco prima di tutto, e poi agitazione scorrergli lungo le vene.
Quando aveva cominciato a parlare, i suoi muscoli si erano contratti, pregandolo di alzarsi. Alzarsi, raggiungerlo e toccarlo.
Perché James era l’unico, e questo anche la sua stupida testa lo sapeva, che era sempre tornato.  
Harry aveva i suoi problemi, sua nonna gli aveva intimato di cavarsela da solo, Victoire aveva sempre preteso di essere cercata, ma il suo ragazzino non aveva mai cercato di abbandonarlo.
Sei tu che l’hai abbandonato.
E adesso, che era sceso il silenzio, ovviamente non riusciva a rispondergli.
Pensava ai milioni di motivi per cui non avrebbe dovuto farlo. Li pensava passivamente, senza riuscire a smettere di farlo.
Vide così susseguirsi sul viso di James più emozioni: imbarazzo, aspettativa, speranza. E poi, dopo il silenzio… delusione.
Non rispondere, effettivamente, poteva dar adito solo ad un ipotesi.
“… Vaffanculo Ted. Potresti almeno avere le palle di rifiutarmi.” Sibilò, serrando la mascella.
Adesso sapeva cosa sarebbe successo. James se ne sarebbe andato. Era tutto cuore, niente testa. Un impulsivo. Se ne sarebbe andato perché era una reazione istintiva.
La luna gli dava, oltre alle nevrosi, anche uno straordinario campo sensoriale. Fu quasi certo di poter vedere, in poche frazioni di secondo, l’intenzione di James di andarsene, da come spostò il peso da un piede all’altro.
 
E allora gli afferrò il braccio.
 
No, non fu una cosa che aveva pensato di fare.
Perché aveva smesso di pensare. Finalmente.
Seppe solo che lo voleva. Voleva James e voleva essere amato.
Per questo se lo tirò contro, senza preoccuparsi di essere gentile. L’effetto sorpresa glielo fece avere addosso in un modo che gli fece capire il vero motivo per cui aveva sempre evitato il contatto fisico con lui.
Adesso sarebbe stato davvero difficile lasciarlo andare.
 
“Teddy…” James corrugò le sopracciglia, per un attimo senza capire. Fu quasi tentato di tirargli una spinta, per levarselo di dosso e potersene andare.
Fu un momento però.
Ted gli aveva afferrato il braccio così forte da fargli male e lo guardava in quel modo.
Non era un ingenuo, per fortuna di entrambi.
Quindi gli prese il viso tra le mani e gli premette le labbra sulle sue: non fu un bacio delicato, fu piuttosto violento a dirla tutta, e sentì i denti premergli contro la lingua. Poi Ted lo lasciò fare, e finalmente si baciarono.
A posteriori, James ricordò quello come il bacio più confuso che avesse mai dato. Morse il labbro a Ted, prima di riuscire a capire l’andamento della cosa, cioè chi dei due conduceva i giochi.
Ted.
E fu molto più piacevole quando lo capì. Forse era la luna, ma di sicuro in quel momento Teddy non era il solito imbranato. Lo spinse via dalla panchina e il momento dopo si sentì impattare contro il muro di una casa.
James si sentì passare la mani dell’altro lungo i fianchi, a sollevargli la camicia che improvvisamente gli sembrò un indumento inutile, anche se un momento prima era il suo unico baluardo contro il freddo.
Ted si staccò dalle sue labbra, chinandosi a baciargli il collo, a premergli i denti lungo la pelle sensibile poco sotto l’orecchio.
L’effetto fu quello di spedirgli una scarica di eccitazione al cervello, che lo portò a gemere come una ragazzina.
“Merlino…” Si sentì pigolare. Questo servì a riportarlo con i piedi per terra. Non poteva fare la figura della ragazzina. Ne andava del suo orgoglio.
Forse.
Ad ogni buon conto premette le mani sul petto dell’altro, staccandolo. Teddy alzò lo sguardo, assolutamente confuso e…
Merlino.
Furioso.
Certo, togli il guinzaglio ad un represso, ed ecco cosa succede.
James, James… l’esperienza non ti ha insegnato niente?

Evidentemente no, considerando che Teddy sembrava avere l’aria di uno a cui era stato tolto l’ossigeno.
Doveva evitare di fargli prendere coscienza del fatto che stava comunque respirando.
“Cosa…” Iniziò infatti, cominciando a riprendere lucidità.
No!
Lo riafferrò per la giacca e lo baciò di nuovo. Miracolosamente, da come Teddy gli afferrò i fianchi, sembrò bastare.
Così non ti piacciono i ragazzi, eh Teddy? – Non poté fare a meno di pensare, trionfante, mentre sentiva le mani dell’altro risalire la sua schiena, sotto la stoffa della camicia.
Non era la temperatura ideale per denudarsi, ma a James non importò. In quel momento avrebbe potuto avere un igloo sotto le chiappe e se ne sarebbe fregato.
Si staccò quanto bastava per sfilare le asole dai bottoni, offrendosi spudoratamente.
Perché .
 
Teddy sentì una pressione sul cavallo dei suoi pantaloni. Ci mise un attimo prima di capire che erano dita. E che erano maledettamente piacevoli.
Soffocò un ansito, serrandolo tra le labbra per non lasciarselo sfuggire. Sapeva cosa stava per succedere, conosceva la dinamica, ma il suo cervello galleggiava in un beato stupore.
Non male.
Fu quasi certo di sentire James sogghignare contro la sua guancia, mentre – oh Merlino – gliela lappava. “Piace?” Gli sussurrò grondando malizia, mentre con dita inquietantemente abili gli slacciava i primi bottoni. “Perché può andare tanto meglio.”
“… Quanto?” Articolò, senza preoccuparsi di sembrare un cretino.
James si leccò un labbro – fu certo che lo fece con deliberata attenzione.
“Tanto così.”
Ed affondò letteralmente la mano nei suoi boxer.
Ted riuscì solo a pensare un capitale ‘SI’ mentre la pelle finalmente toccava pelle. La schiena di James era liscia contro le sue dita, e poteva sentire tutti i muscoli in rilievo.
È così diversa da quella di Vic… -  Lo pensò confusamente, mentre registrava il lieve alterarsi del respiro dell’altro.
Si rese anche conto, che erano due adolescenti in quel preciso momento. Il suo cervello, il suo raziocinio era andato allegramente all’inferno e c’erano solo respiri rotti e quel tepore umido che fino a qualche giorno prima avrebbe associato ad un letto, a una serie imposta di preliminari e all’attenzione: con Vic doveva stare attento. Mai un gesto di troppo, mai uno di meno. Non che pretendesse chissà cosa, era solo che…

Non doveva deluderla.
Era complicato. Con James invece era istintivo, naturale. E andava bene così.
“Teddy…” Mormorò James sulla sua bocca, prima di baciarlo.
Poi, sinceramente, smise di pensare.

 
“Io…” Disse molto acutamente Teddy, dopo essersi ripuliti e più o meno rivestiti.  
A James venne da ridere. Si sentiva svuotato – eh, beh – e placido. Se non fosse stato per il ritrovato freddo pungente, si sarebbe messo a sonnecchiare. Intascò la bacchetta nei jeans, sorridendo.

Comportiamoci come se non ci fossimo appena infilati le mani nelle mutande a vicenda, dai…
Glielo devo.
“Torniamo dentro?” Chiese con naturalezza. “Sai, comincio a sentire freddo e non sono così resistente. Almeno, per quanto riguarda le basse temperature.”
Ted per un attimo parve deluso, poi si morse l’angolo di un labbro. Aveva capito, anche se non era l’aquila dei doppi sensi. “Jamie, io…”
“Teddy. È tutto okay.” Lo rassicurò, spiccio. Dopotutto dare retta ai proprio bassi istinti poteva essere traumatico se ti chiamavi Teddy ‘Ragione e Sentimento’ Lupin.

“Lo sai che in questo periodo, io… in queste serate non sono molto… lucido.” Continuò, lanciando uno sguardo veloce alla luna.
“Intendi rimangiarti tutto?” Chiese, fingendo delusione e dolore.
Ted lo guardò spaurito. “No! No, per Nimue, no… solo che…”
James batté le palpebre, riflettendo. “Hai paura di esserti approfittato di me?” Ghignò. “Perché sono io che mi sono approfittato di te, razza di tonto.”
Teddy corrugò le sopracciglia, e riuscì persino a sorridere stavolta. “Probabile.”

“A me basta che non cambi idea.” Disse precipitoso. Si sentì quasi mancare l’aria quando terminò la frase e vide l’espressione seria di Teddy.
No, eh!
Si erano baciati, si erano toccati ed era stato quanto di più confuso, doloroso e intenso avesse mai sperimentato.   
Se avesse cominciato a piagnucolare pentimento l’avrebbe ucciso con una maledizione senza perdono.
Probabilmente se spiegassi le mie ragioni al Wizengamot la scamperei pure…
 
Non avrebbe cambiato idea.
Fu una certezza che gli si piantò nella testa come una tavola di pietra scolpita.
Neanche se avesse voluto.
Ormai non posso più tornare indietro.
La cosa invece di atterrirlo lo rasserenò: del resto, ormai, era andata.
E per tutto il tempo non aveva pensato quanto era sbagliato ciò che stava facendo, ma quanto l’aveva voluto.
Aveva dell’incredibile.
Le labbra di James, alla luce della luna, erano rosse e invitanti. Ci passò un pollice, stupendosi del gesto quanto l’altro, che trattenne il respiro.
“Merlino, Jamie… dovrei.” Fece una pausa. “Ma non voglio.”
James gli fece un sorriso ferocemente radioso, prima di placcarlo in un abbraccio da molestia sessuale, visto che finì per premere proprio dove non doveva.
Di nuovo.
“Lo sento cosa vuoi…” Gli disse infatti, con la bocca attaccata alla sua guancia, umida e caldissima. “Povero Teddy.”
“James.” Ringhiò, certo che i suoi capelli fossero diventati color aragosta; il giusto mezzo tra la rabbia e l’accecante imbarazzo.

“Scusa.” Si affrettò a dire, ma neppure tanto, da come si rifiutò di mollarlo. “Giusto per informazione, da quant’è che non fai…”
James!” Si sentì strozzare l’aria nei polmoni. “Giuro che se non la pianti ti sculaccio!”

Gli uscì naturale, reminescenza di anni passati a minacciare rappresaglie.
La frase in quel momento assunse tutt’altra connotazione però.
James si staccò per guardarlo sbigottito. “Potrebbe anche piacermi.” Stimò pensierosamente. Poi scoppiò a ridere, e Ted non riuscì a non seguirlo nell’ilarità.
Quando le risate si spensero, James sospirò appena. “Posso essere il tuo ragazzo?” Gli chiese, con una certa arroganza. Ma era teso come una corda di violino, Ted lo sentiva, avendocelo addosso.
“Sono ancora un tuo professore. E questa volta non è una scusa, lo sai. Al di là della famiglia, penso che nessuno accetterebbe di vederci… insieme. Adesso.”
James sospirò, ma lo sentì annuire contro la sua spalla. Su e giù contro la stoffa della sua giacca. Represse un brivido.

“Però ti piaccio.” Stimò.
Ted sorrise. “Sì, mi piaci.” Dopo una breve esitazione continuò. “E se mai ti dicessi il contrario, sei autorizzato a schiantarmi.”
Lo sentì ridacchiare. “Mi inviti a nozze, Teddy!” Si staccò, provocando ad entrambi uno spiacevole brivido di freddo. “Allora…” Iniziò. “Posso aspettare. Per la denominazione ufficiale, intendo. Per tutto il resto… poco. Quasi niente”

Ted sorrise, quando vide il broncio – che tale era, poco da fare – disegnarsi sul viso del suo ragazzino. Avrebbe dovuto sentirsi a disagio, imbarazzato, ma era più forte altro.
Alla fine, forse, li aveva davvero ventiquattro anni.
“Jamie, non sono così tonto, credimi.” Gli passò le dita trai capelli arruffati. “Ma non in pubblico… Mi piace insegnare, vorrei evitare di essere allontanato per…”
“… essere stato corrotto da uno studente?” Gli suggerì impertinente, mentre gli brillavano gli occhi, come di fronte ad un grosso giocattolo.

“Tecnicamente, per averlo corrotto…”
“Per favore Teddy, tu corrompere me? Non sapresti neanche da dove iniziare!” Sbuffò, alzando gli occhi al cielo, mentre gli saltava di nuovo addosso, infreddolito come non mai.

E felice.  
 
 
****
 
Casa Weasley-Granger
Ottery St. Catchpole, Devon.

Notte.
 
Ron Weasley era la tipologia di uomo che quando dormiva, dormiva senza soluzioni di continuità.
Piombava in un coma inattaccabile, e si narrava che la moglie, in preda alle doglie del suo primo parto, avesse dovuto svegliarlo rovesciandogli addosso una brocca d’acqua.
Quindi, naturalmente, quando Harry Potter era piombato nel camino di casa Weasley-Granger l’unica a svegliarsi era stata Hermione.
Che al momento se ne stava a braccia conserte, in vestaglia di flanella, in mezzo al salotto, a scrutarlo con il consueto cipiglio di disapprovazione.
Harry si scrollò la cenere dal mantello. “Ehi. Scusa per l’improvvisata.”
Hermione sospirò. “Figurati. Amo essere svegliata nel cuore della notte alla vigilia di un'udienza. Posso offrirti un the?” Chiese urbanamente.

Harry si pulì gli occhiali, scuotendo la testa. “No, no. Sono di fretta. Ron dorme?”
“Comatosamente.”
“Grandioso.” Fece una smorfia. “E… lo sveglieresti?”
“Dipende. Perché?”
Harry si morse l’interno della guancia, riuscendo comunque a trovare la forza di impostare un tono professionale. “Lavoro.”
“Harry, sei a capo dell'Ufficio Auror. E Ron è un capo-squadra. Ora, a meno che non vi abbiano entrambi declassati non c’è motivo per cui tu ti scomodi a chiamarlo personalmente.”
“Err.” Ammise, schiarendosi la voce. Non si poteva mentire ad Hermione. Nemmeno a quarant’anni suonati. Era semplicemente impossibile. “Okay. È per la questione dei…”
“Naga? Morgana benedetta.” Sussurrò la donna, stringendosi tra pollice e indice la radice del naso. “Morgana benedetta…” Ripeté. “Dimmi soltanto… sarà pericoloso? Contro le direttive del Ministero?”
“Andremo in India. Adesso. Il fusorario…”
Harry.”
“Scusa.” Inspirò. “È importante. Sento che è importante, Herm. Thomas è nei guai e non sono guai inerenti a pessimi voti.” Riassunse conciso, lanciando un’occhiata rapida dove sapeva si trovasse la camera da letto.

“Naturalmente.” Hermione strinse le labbra. “Tom è il migliore del suo anno, se non dell’intera scuola.”
Harry annuì: sapeva che l’amica nutriva una predilezione per il suo figlioccio, tra tutti i nipoti più o meno acquisiti. Avevano la stessa intelligenza curiosa e vorace, con una pennellata di supponenza che li rendeva spesso antipatici alle masse. Tom era l’unico che fosse realmente felice di immergersi in una conversazione con lei, tra tutti i suoi figli.

“Credi che c’entrino i Naga?” Gli chiese poi, scettica.
“Non so dirtelo con esattezza. Ma credo comunque che sia in pericolo. Credo che qualcuno lo cerchi, anche se non ho idea del perché. Devo parlare con i Naga che sono venuti qui. Sono stati rimpatriati e ricondotti al villaggio d’origine, ma sono gli unici, vivi, che sanno il motivo per cui erano ad Hogwarts.”

“Ehi, che succede?” Li interruppe un assonnato Ron, spuntando alle spalle della moglie. “Harry, amico, che diavolo ci fai qui?”
“Scamandro è riuscito a parlare con il capotribù Naga. Ci ha fissato un colloquio con lui tra mezz’ora.”
Ron corrugò le sopracciglia. “Dove, al Ministero?”
“No, in India. Ho chiesto un favore ad un amico nei Trasporti Magici, e mi ha creato una passaporta che ci condurrà direttamente al villaggio. Ma dobbiamo sbrigarci. Vestiti.”
Ron emise un grugnito sconfortato, lanciando poi uno sguardo attento alla moglie.

Hermione, dalle labbra ancora strette in una fessura, sbuffò leggermente. “Vai Ron… Di certo non possiamo mandarlo da solo.”
Ron fece un mezzo sorriso, non troppo convinto vista l’ora antelucana, ma sparì in corridoio.

“Spero che non ti sbagli, Harry…” Esordì l’amica. “Spero che la pista che segui sia giusta, o ti posso assicurare che tutto questo avrà delle conseguenze pesanti sulla tua carriera e, collateralmente…” Pesò la parola facendogli capire che era tutto il contrario. “… su quella di Ron. Non c’è una sola cosa legale in quel che stai facendo.”
“Lo so.” Aggrottò le sopracciglia. “Tu non faresti lo stesso per Rosie o Hugo?”
“Tom non è tuo figlio, Harry.”
La risposta di Harry fu quanto di più immediato e naturale ci potesse essere, e in effetti Hermione non poté non ammettere di non essersela aspettata.

“Non dire sciocchezze. È come se lo fosse”


 
****
 
Note:
1 - Qui la canzone.
 

 
  
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