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Autore: Arukochan    06/08/2005    1 recensioni
Occhi blu, occhi vuoti, occhi tristi, occhi meravigliosi... in essi si vedono riflesse le immagini di un passato tremendo e fra quegli anfratti di vita si riesce a scorgere un angelo che cade a terra con le lai spezzate... ma non tutto è perduto, forse c'è ancora una piccola, debole e forse inutile speranza di ritornare a volare in quel cielo senza nuvole, di nuovo felice, di nuovo viva, di nuovo con le ali...
Genere: Avventura, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sha Gojio, Genjo Sanzo Hoshi, Gokugakuji, Kogaiji, Kanzeon Bosatsu, Cho Hakkai, Son Goku, Lirin, Yaone
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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Cap

Cap. 2  Deep, sad and beautiful blue eyes

 

Era ormai notte fonda e il cielo era limpido e sereno; una pallida e tonda luna piena si stagliava chiara nella volta celeste tempestata di stele.

La boscaglia era fitta ma i raggi argentati filtravano numerosi attraverso i rami degli alberi, illuminando così la strada sterrata.

Hakkai era come al solito al volante e, senza mostrare il minimo sintomo di stanchezza, continuava a guidare godendosi quella irreale situazione di calma che regnava nel piccolo gruppo.

Gojo e Goku dormivano della grossa con le schiene appoggiate l’una contro l’altra e un quieto russare scaturiva dalle labbra del ragazzo, mentre una bollicina chiara fuoriusciva dalla narice destra della saru, che ronfava come un cucciolo.

Persino Sanzo dormiva, o almeno così sembrava: teneva il capo chino verso il basso ed i capelli dorati ricadevano fluenti sui suoi occhi, nascondendoli.

il ragazzo castano sorrideva, come sempre del resto, e qualche volta si permetteva di allontanare lo sguardo dalla strada per rivolgerlo al cielo.

Quella sera le stelle erano particolarmente belle e la luna non offuscava il loro chiarore con la sua luce.

Un quieto sospiro si levò dalle sue labbra mentre i suoi pensieri volavano verso Kanan, ripensando a quanto lei amava le notti come quella.

-Pensi a lei?

Chiese il monaco, sollevando lo sguardo dal fondo della jeep; il ragazzo annuì malinconicamente con il capo castano.

-Già… mi capita spesso la sera.

Rispose, lasciando trapelare una lieve nota di tristezza.

-Le donne… ti catturano con un maleficio da cui non c’è risveglio.

Commentò piatto il bonzo, Hakkai rise.

-E tu come lo sai, occhi suadenti?

Gojo, che nel frattempo si era svegliato, appoggiò un braccio contro lo schienale del sedile anteriore e rivolse un’occhiata maliziosa al biondo.

-Non mi sembra di averti mai visto con una donna.

L’houshi gli puntò la Shoreju alla tempia.

-Stai insinuando forse che io sono gay?

Sibilò con una luce omicida negli occhi viola; un pesante gocciolone si materializzò sul capo del mezzo demone, che sorrise nervosamente.

-No no, non intendevo assolutamente dire una cosa del genere!

In quel momento anche la scimmia si svegliò dal suo sonno e con voce ancora quasi del tutto addormentata disse:

-Sanzo, io ho fame.

Il bonzo sparò un colpo in aria.

-BAAAAAASTAAAAAAAAA!!!!

I due ragazzi seduti dietro si abbracciarono per lo spavento; Hakkai cercò come al solito di risolvere la situazione con il suo imperturbabile ottimismo.

-Su ragazzi, manca ancora un’ora di viaggio alla prossima locanda, perciò propongo di recuperare lo stato di quiete di poco fa.

Ma come al solito le sue parole andarono sparse al vento.

-Ehi scimmia, levati dal mio posto!!!

-Quale posto?!? Siamo praticamente inglobati all’interno di questo portabagagli, non esistono posti qua dietro!!!

Gojo sferrò un pugno in testa al ragazzino che si portò le mani sulla parte colpita, gemendo di dolore.

-MA SEI SCEMO, PERVERTITO DI UN KAPPA?!? Mi hai fatto un male boia!!!

Urlò quasi piangendo.

-SANZO!!! Gojo mi ha fatto male!!!

Il rosso prese il ragazzino sotto braccio e iniziò a sfregargli il capo nocciola con il pugno chiuso, mentre lui si dimenava nel tentativo di sottrarsi a quella tortura.

-Sei un moccioso, ti servi della mammina perché non sei capace di difenderti da solo!!!
Esclamò aumentando la stretta.

-SAAAAAAANZOOOOOO!!!

Urlò disperato il ragazzino.

-ADESSO PIANTATELA!!!
Il biondo estrasse dalla tunica l’harisen e lo diede in testa più volte ad entrambi, costringendoli a staccarsi e a tacere per un attimo.

-ORA BASTA!!!

Continuò con voce tuonante.

-SONO ARCISTUFO DEI VOSTRI COMPORTAMENTI DA BAMBINI DI UN MESE!!!

I capelli biondi erano arruffati e nei suoi occhi si poteva chiaramente distinguere una luce maligna, che convinse i due a calmarsi.

-Non ti scaldare bonzo corrotto, stavamo solo scherzando.

Rispose con strafottenza il rosso, ma si trovò la canna della pistola puntata contro la gola per la seconda volta.

-Ve lo dirò un’ultima volta: O STATE ZITTI OPPURE VI AMMAZZO!!!

Dopodichè si voltò verso la strada, incrociando nuovamente le braccia sul petto.

Hakkai scosse il capo castano, sempre sorridendo, pensando a quanto la sua vita fosse strana in quegli ultimi tempi.

Non solo se ne andava in giro con tre squinternati per le strade del Togenkyo, ma oltre tutto si trovava ad uccidere decine di demoni ogni giorno; e pensare che lui avrebbe voluto una vita tranquilla.

Però dall’ultima volta che aveva formulato quel pensiero erano cambiate un sacco di cose e prima fra tutte il suo carattere, perciò ormai aveva abbandonato quella speranza.

Improvvisamente un boato seguito da un esplosione invase il bosco, costringendolo ad inchiodare improvvisamente.

Goku finì sbalzato fuori dalla macchina, atterrando di sedere sulla strada, Gojo prese una forte botta contro lo schienale del sedile di Sanzo che aveva fatto appena in tempo ad aggrapparsi alla maniglia della portiera, evitando così uno scontro frontale con il vetro del parabrezza.

-Che diavolo succede?

Sbraitò il monaco, alzandosi in piedi e fissando il bosco oltre la figura della scimmia, che si massaggiava il fondoschiena con aria affranta.

-Sembrerebbe un attacco. Che sia Houmura?

Ipotizzò Hakkai, ma Gojo lo smentì subito.

-No, quei bastardi non sono dei vigliacchi. Se fossero stati loro si sarebbero già mostrati o comunque ci avrebbero dato modo di venire a conoscenza della loro presenza.

Il ragazzo castano annuì, dopodichè scesero tutti e tre dalla jeep che in un attimo si trasformò nel piccolo Hakuryu.

In quell’istante una seconda esplosione vibrò nell’aria e questa volta fu seguita da forti grida di uomini; i quattro ragazzi, Goku nel frattempo si era rialzato, si prepararono ad una possibile aggressione.  

Difatti il secondo boato era molto più vicino a loro rispetto al primo.

-Io direi che qualsiasi cosa sia, si sta avvicinando.

Concluse il moro, sorridendo imperterrito.

-Speriamo che sia Kougaiji! Ho una voglia matta di battermi con lui.

Gojo rise, stringendo in pugno l’alabarda con la catena e accendendosi una sigaretta, dopodichè emise alcune nuvolette di fumo bianco dalla bocca.

-Sei proprio una baka saru.

Concluse con un ghigno, il ragazzino gli fece la linguaccia.

-Chiunque sia…

Sibilò l’houshi, caricando la Shoreju.

-Mi ha beccato nella giornata sbagliata.

Puntò l’arma verso gli alberi.

 

-Arrenditi Keikokunitten, sei circondata.

Un soldato sorrise beffardo, avvicinandosi alla ragazza che poco distante lo fissava con odio, tenendosi il braccio destro con una mano nel tentativo di fermare il sangue che scorreva dalla grossa ferita che aveva su di esso.

-Bastardi.

Ringhiò, riducendo gli occhi blu a due fessure, mentre decine di uomini vestiti con le armature del Regno Celeste la accerchiavano.

-Non credere che ti lascerò mettermi le mani addosso, Hieji!

Esclamò con rabbia, cercando con lo sguardo una possibile via di fuga che non comportasse l’utilizzo dei suoi poteri.

Non poteva usarli, aveva promesso.

-E che cosa vorresti fare? Forse metterti a urlare?

Ringhiò di nuovo, mostrando i denti bianchi; ma come diavolo avevano fatto a trovarla così in fretta? Si era nascosta bene e non aveva più rilasciato la sua anima da almeno dieci giorni.

Allora perché erano riusciti a raggiungere il posto dove si nascondeva in meno di due ore?

-Non preoccuparti piccola Keiko, il nobile Rentoten vuole solo parlarti…

A sentire quel nome un urlo uscì dalle labbra rosee della ragazza, che con velocità impressionante si gettò su uno dei soldati come presa da una furia cieca, squarciandogli la gola prima che quello potesse fare o dire qualsiasi cosa.

-Non osare nominarlo di fronte a me.

Sibilò con voce bassa, cattiva, fissando il capo delle guardie con occhi colmi di odio e disperazione, chiaramente lucidi a causa di lacrime che quel maledetto nome le aveva riportato alla mente.

-Altrimenti sarà questa la vostra fine.

I soldati che la accerchiavano indietreggiarono di qualche passo, terrorizzati.

Rentoten li aveva avvertiti dei poteri della ragazza e della loro forza, ma mai si sarebbero aspettati una tale potenza e un tale odio.

Hieji la fissò inorridito.

-Sei un mostro.

Disse con voce sprezzante, lei sorrise.

-Si, lo sono.

Si alzò in piedi, lentamente, portandosi una mano davanti al viso pallido, fissando il sangue su di essa con occhi tristi e rassegnati, sorridendo di disperazione.

-Non ha più importanza per me quello che voi stupidi pupazzi vuoti nelle mani dell’Imperatore Celeste pensate di me…

Avanzò di qualche passo nella direzione del dio.

-Mi avete tolto ogni affetto e perciò non vi devo alcun rispetto.

Una lunga falce dalla lama perlacea con dei simboli neri si materializzò nella sua mano e in pochi attimi altri due soldati caddero a terra, con una ferita aperta lungo tutto l’addome.

Il comandante indietreggiò, guardandola con terrore.

-Tu meriti la morte, hai ucciso tre uomini senza motivo.

Improvvisamente gli occhi della ragazza si colorarono di rosso e con i denti contratti in un’espressione di pura rabbia gli saltò addosso, atterrandolo al suolo e puntandogli la punta della falce contro la pelle scoperta del collo.

Solo allora il dio poté vedere chiaramente il viso della ragazza e un brivido gelido gli corse lungo la schiena: grossi lacrimoni le rigavano le guance, gli occhi erano rossi e pieni di rancore e dentro di essi riconobbe solo un immenso e desolato vuoto.

-Avete portato via le uniche persone che contavano nella mia vita… perché ora dovrei comportarmi diversamente con voi?

Avvicinò di più la lama al collo, affondandola nella carne di qualche centimetro e un rigagnolo rosso fuoriuscì da sotto di essa.

-RISPONDI!!!

Urlò.

-Perché se tu ci uccidi lo sarà anche tuo fratello.

La giovane sorrise, dopodichè con un gesto secco e preciso lo sgozzò, impregnando l’erba di sangue.

-Mio fratello è già morto.

La sua voce si spezzò, riempiendosi di dolore.

-E la colpa è solo mia…

Perché aveva dovuto nominare suo fratello? Che diritto ne aveva? Lui non poteva parlare di suo fratello senza pagare e questa volta finalmente aveva riscosso il suo tributo, come per ripagarlo di averle riportato alla mente quei ricordi.

Si alzò in piedi, totalmente indifferente al fatto di aver appena ucciso quattro uomini.

Ormai non gliene importava più nulla nemmeno di quello: non poteva morire, non poteva fare altro che aspettare che qualcuno più forte di lei la trovasse e la uccidesse.

Nel frattempo avrebbe continuato a vivere come aveva fatto negli ultimi cinquecento anni, senza un motivo, vagabondando in lungo e in largo per i territori del Togenkyo nascondendosi come una ladra alla vista di uomini e demoni.

I soldati che ancora erano in vita sparirono all’interno di nuvolette di fumo bianco, lasciandola sola nella radura assieme ai cadaveri.

Un sorriso senza l’ombra di allegria le curvò le labbra e dagli occhi ora nuovamente blu iniziarono a scendere lacrime salate.

-Perché?

Gemette, lasciando cadere a terra la falce e inginocchiandosi al suolo, iniziando a piangere forte.

L’arma si dissolse non appena si trovò a contatto con l’erba, mentre la ragazza singhiozzava convulsamente, ripetendo in continuazione sillabe senza senso e invocando un nome, che veniva distorto e reso incomprensibile dai singhiozzi.

Attraverso le dita lunghe e ancora sporche del sangue suo e di quello degli uomini che aveva ucciso cadevano lacrime miste al liquido rosso, che andavano a cadere sulla stoffa bianca della maglietta, disegnano su di essa ampie macchie umide e scarlatte.

-Ehi signorina, tutto bene?

In quel momento Hakkai sbucò da dietro uno degli alberi attorno alla radura, avvicinandosi con cautela.

Lei alzò lo sguardo, rivelando il viso distrutto e sporco di lacrime e sangue; il ragazzo sentì un groppo in gola nel vedere quegli occhi così disperati.

-Cosa?

Sussurrò, deglutendo rumorosamente.

-Si sente bene?

Disse, inginocchiandosi accanto a lei e appoggiandole una mano sulla spalla; una smorfia di dolore comparve sul suo volto.

-Mi scusi, le ho fatto male?

Solo in quel momento si accorse della grossa macchia di sangue che si trovava sulla manica della giacca del kimono azzurro.

-Ma lei è ferita!

Esclamò; la giovane si alzò in piedi, scuotendo il capo, con tutta l’intenzione di andarsene.

-Non si preoccupi, è solo un graffio…

Non riuscì a terminare la frase.

Improvvisamente tutto davanti ai suoi occhi divenne nero e cadde a terra, svenuta.

 

-Ancora non si sveglia?

Gojo entrò nella stanza della locanda dove Hakkai aveva portato la ragazza per farla riposare dopo che gli era svenuta davanti agli occhi, chiudendosi la porta alle spalle facendo attenzione a non fare troppo rumore.

-No… con tutto il sangue che deve aver perso mediante          quella ferita non mi meraviglierei se dormisse sino a domani mattina senza mai svegliarsi.

Il rosso si sedette sul morbido materasso, attento a non disturbare il suo sonno.

Certo che quella ragazza era veramente bella, pensò guardandola in viso, e poi aveva un che di familiare, come se l’avesse già incontrata prima di quel momento.

-A cosa stai pensando?

Chiese il moro, notando l’attenzione che l’amico rivolgeva alla giovane.

-Come? A nulla in particolare…

Fece una pausa, dopodichè sollevò gli occhi color tramonto dal volto dolce e pallido di lei per posarlo su quello del ragazzo.

-Tu non hai come la sensazione di averla già incontrata?

Domandò con aria corrucciata, il moro sorrise.

-Si, provo anch’io la medesima emozione guardandola… però non riesco a ricordare dove e quando potrei averla incontrata ed è molto strano.

Gojo lo guardò interrogativamente.

-Perché?

Disse.

-Non se ne vedono molte di ragazze così belle in giro per il Togenkyo, non trovi?

Il rosso sorrise, passandosi una mano fra i capelli rossi e scostando alcune ciocche ribelli da davanti agli occhi.

-Già, lo penso anch’io.

In quel momento Sanzo entrò nella stanza, seguito come al solito da Goku che in mano teneva una porzione decisamente esagerata di nikuman, persino per un tritatutto come lui.

Ne aveva comprati talmente tanti da nascondere persino il suo viso e, considerato che non vedeva un accidente, prima di riuscire ad imbucare la porta aveva sbattuto contro gli stipiti e il muro circa una ventina di volte.

-Ehi scimmia, hai forse intenzione di fare indigestione un’altra volta? Ti ricordo che ci sono io a dormire in camera con te!!!

Sbraitò il ragazzo dai capelli rossi, preoccupato dalla prospettiva di dover passare tutta la notte ad ascoltare i lamenti di Goku per il mal di pancia.

-Stai zitto pervertito di un kappa! E poi questi non sono tutti per me.

Gojo si accese una sigaretta.

-Ah no? E per chi?

Goku li appoggiò sul comodino accanto al letto dove la ragazza continuava imperterrita a dormire.

-Sono per lei, così se quando si sveglia ha fame potrà mangiare questi.

Hakkai sorrise e gli scompigliò affettuosamente i capelli castani.

-Sei stato veramente carino, Goku. Vedrai che lei lo apprezzerà molto.

Il ragazzino sorrise raggiante, felice di aver fatto una cosa carina di sua iniziativa, poi si voltò verso Gojo e gli chiese:

-Senti, tu che hai visto tante belle donne nella tua vita, ne hai mai conosciuta una bella come lei?

Il rosso lo guardò interrogativamente, dopodichè scosse il capo.

-No, mai. Però mi sembra di conoscerla e non so perché.

Gli occhi dorati e colmi di domande si spostarono su Hakkai.

-Secondo te è un angelo?

Il moro rimase stupito da quell’affermazione, ma, dopo aver rivolto nuovamente lo sguardo per un attimo sulla ragazza, fece un sorriso e rispose.

-Potrebbe anche essere.

Sanzo nel frattempo si era appoggiato al muro accanto al letto e guardava insistentemente il volto dormiente della giovane.

“Eppure io sono sicuro di averla già vista…”

Pensò socchiudendo appena le palpebre, come nel tentativo di mettere bene a fuoco quell’immagine.

“Che sia… ma sarebbe impossibile… eppure gli somiglia veramente tanto…”

In quel momento la ragazza aprì gli occhi, blu come il mare e altrettanto profondi ed ampi, che per caso incontrarono quelli viola del bonzo.

Un brivido freddo gli percorse la spina dorsale facendogli distogliere all’istante lo sguardo da lei, come se quelle iridi tanto piene di dolore lo avessero per un attimo risucchiato al loro interno, trascinandolo in un vuoto senza ritorno.

-Dove mi trovo?

Sussurrò, sbattendo più volte le palpebre e allargando le braccia sulle lenzuola pulite.

-Vedo con piacere che vi siete svegliata signorina.

Hakkai le sorrise con aria rassicurante, porgendole una mano ed aiutandola a mettersi seduta sul materasso.

Si portò una mano alla fronte, cercando di riportare alla mente cosa era accaduto nelle ultime ore e facendo un po’ d’ordine all’interno della sua testa.

-Chi… chi siete e perché mi trovo qui?

Chiese, confusa.

-Il mio nome è Cho Hakkai e questi sono i miei compagni di viaggio. Mi perdoni se l’ho portata qui senza chiederle il permesso, ma è svenuta improvvisamente e aveva una ferita piuttosto seria sul braccio, perciò mi sono autorizzato a soccorrerla.

La giovane stinse per un attimo le palpebre, come se una forte fitta le avesse trafitto il cervello.

-La testa…

Gemette, chinando il capo e nascondendo gli occhi sotto le ciocche dorate.

-Si sente male?

Scosse il capo, rialzando lo sguardo.

-No, solo un po’ di mal di testa.

Solo in quel momento Gojo, Goku e Hakkai riuscirono finalmente a guardarla nelle iridi e come era successo a Sanzo anche loro si ritrovarono, anche se solo per un attimo, all’interno del vuoto più desolante.

Era come se in quello sguardo all’apparenza dolce e cordiale si celasse una ferita terribile ancora sanguinante, che con il suo dolore aveva annullato ogni altro tipo di emozione dentro di esso.

Solo in quel momento la ragazza realizzò veramente dove si trovava, riuscendo finalmente a collocare quel luogo in un punto ben definito di spazio e di tempo; un’espressione di terrore le invase il viso.

-Dove sono i miei bracciali?!?

Chiese inquieta, ansiosa, cercando i cerchi d’oro che le erano cari come la sua vita con lo sguardo pieno di apprensione.

Hakkai glieli porse.

-Tenga, quando l’ho portata qui le si sono sfilati e così gli posati sul comodino.

La ragazza li prese fra le mani e fulmineamente se li infilò di nuovo al polso destro, portandoseli alle labbra e baciandoli appena.

-Grazie…

Sussurrò, stringendo il polso al petto.

-Chi sei?

Disse Sanzo attirando così la sua attenzione, tanto per cambiare senza un minimo di gentilezza, ma la ragazza non sembrò farci caso: ci era abituata.

-Il mio nome è Niriku.

Rispose sorridendo.

-Keikokunitten Ruuan Niriku Ku.

Lo stupore negli occhi viola del monaco aumentò ancora nel sentire quel nome: spesso il suo maestro Komyo Sanzo gli aveva parlato della famiglia Keikokunitten, una stirpe di dei che era stata punita con il ripudio dal regno celeste per aver trasgredito alle leggi celesti ed essersi alleata con Ku, il dio del vuoto e della distruzione.

Possibile che quella ragazza fosse una di loro?

Ma anche se così fosse stato non era quello ad inquietarlo: c’era qualcosa nei lineamenti del suo viso che gli riportavano alla mente una persona conosciuta, ma non riusciva a ricordare chi fosse.

Goku saltò sul materasso, fissando gli occhi dorati sul suo volto; Niriku indietreggiò istintivamente, spaventata.

-Senti, non è che sei un angelo?

Sanzo gli tirò l’harisen in testa.

-Stupida scimmia.

Sentenziò seccato, facendo ridere la ragazza.

-No, mi dispiace deluderti.

Il ragazzino chinò il capo verso il basso, imbronciato; ci teneva tanto a vedere un angelo e quella ragazza era abbastanza splendida da poterlo essere, ma purtroppo le sue aspettative erano state deluse.

-Però sei così bella! Sicura di non esserlo?

Niriku sorrise candidamente, mostrando l’ennesimo aspetto stupendo di se stessa: aveva un sorriso che levava il fiato.

Però non era vero; per quanto poteva essere bello quel sorriso e le sue risate avevano un qualcosa di fasullo, di forzato, quasi di sofferto.

E Sanzo se ne era accorto, come del resto Hakkai.

-Purtroppo no, sono sicura.

La scimmia sospirò, alzando le spalle.

-Va bhe, non importa. Comunque piacere, il mio nome è Son Goku.

Niriku gli strinse la mano, ma prima che la scimmia potesse farle altre domande sceme Gojo si intromise prepotentemente fra di loro, presentandosi.

Non gli andava che la scimmia facesse amicizia con una bellezza del genere prima di lui.

-Io sono Sha Gojo, ma tu puoi chiamarmi soltanto Gojo.

Disse col tono di voce più sensuale che riusciva ad avere, sorridendo maliziosamente, con l’obbiettivo di sedurla dal primo istante.

Niriku gli strinse la mano chinando appena il capo d’oro da un lato e abbozzando un mezzo sorriso di saluto, ribaltando così la situazione.

Il rosso si ritrovò incatenato all’interno di quel gesto così spontaneo e per un attimo il suo cuore mancò un battito.

“Porca troia quanto è bella!”

Pensò, mentre prendeva la mano lunga e affusolata di lei con la sua, stringendola appena e stupendosi della morbidezza della sua pelle pallida.

-E occhi suadenti laggiù è il venerabile Genjo Sanzo Houshi.

La ragazza lo salutò con un lieve inchino.

-Piacere di fare la vostra conoscenza, Sanzo-sama.

Il biondo chiuse gli occhi stizzito, accendendosi una sigaretta ed emettendo deboli nuvolette di fumo bianco.

-Tzè.

Improvvisamente sentì una voce nella sua testa.

“E così l’hai accolta Konzen Doji… hai accolto un mostro.”

Si voltò di scatto verso di lei e la vide sorridere nella sua direzione, un sorriso enigmatico, che era accompagnato da uno sguardo, quello sguardo…

Il bonzo si avvicinò fulmineamente alla ragazza e la prese per la gola, guardandola con occhi rabbiosi.

-CHE DIAVOLO FAI SANZO?

Gridò Gojo, non capendo il perché di quel comportamento.

-Dimmi chi diavolo sei.

Sibilò, senza mollare la presa.

-Te l’ho già detto, io sono Niriku.

Le dita del monaco aumentarono la stretta attorno alla gola della ragazza.

-Te lo chiederò solo un’altra volta. Chi cazzo sei?

Niriku lo guardò attonita, come non capendo il perché di quel comportamento e di nuovo quella voce rimbombò nel cervello di Sanzo.

“Uccidila Konzen, uccidila e libererai il mondo da un peso…”

-Niriku… Keikokunitten Ruuan Niriku Ku…

Rimasero a fissarsi negli occhi per un qualche secondo, dopodichè lui lasciò la presa, allontanandosi.

Lei si portò una mano alla gola, massaggiandosi il punto in cui le dita del monaco l’avevano stretta poco prima, chinando il capo e nascondendo così il viso sotto la frangia bionda, rendendo impossibile vedere i suoi occhi, che continuavano a fissare Sanzo con quello sguardo vuoto.

“Non può essere stata lei, non percepisco nessuna aura anomala… eppure è possibile che me lo sia solo immaginato?”

-Si può sapere cosa ti è preso?

Esclamò il rosso, andando accanto alla ragazza e posandole una mano sulla spalla; l’houshi si allontanò dai compagni di viaggio, prendendo una sigaretta e avvicinandosi alla porta della stanza.

-Niente.

Uscì dalla stanza, senza rivolgere lo sguardo a nessuno dei presenti.

-Sanzo…

Mormorò Goku, rattristandosi.

-State bene signorina Niriku?

Domandò Hakkai, sedendosi sul materasso e guardandola con occhi preoccupati.

-Si, non preoccupatevi.

Disse sorridendo e alzando il viso.

-Vorrei sapere che cosa gli è preso.

Sbraitò Gojo, continuando a tenere la mano sulla spalla di lei; la sua pelle era morbidissima, liscia come la superficie del vetro e di colore simile a quello della luna.

-Perdonalo, lui di solito non fa così.

Goku si morse il labbro inferiore, abbassando appena gli occhi dorati; Niriku, nel vederlo così si sentì improvvisamente morire, come se quello sguardo avesse riaperto una ferita che ancora bruciava.

Si alzò dal letto, anche se barcollando lievemente, e lo abbracciò con una dolcezza innata, profonda, quasi sofferente.

Il ragazzino diventò viola dall’imbarazzo: era la prima volta che una ragazza lo abbracciava e doveva ammettere che le sensazioni che quel contatto gli stava trasmettendo erano decisamente piacevoli.

-Ti prego, non fare mai più quegli occhi tristi… non voglio vedere mai più nessuno con quello sguardo…

Son Goku si voltò verso i due compagni di viaggio, rivolgendo loro un’occhiata interrogativa, ma nessuno dei due conosceva la spiegazione di quel comportamento.

Rimasero così, immobili per un periodo di tempo che sembrò a tutti infinito; la stretta attorno alle spalle del ragazzino aumentava sempre di più, come se incosciamente quelle braccia volessero aggrapparsi ad un ricordo che si proiettava attraverso gli occhi tristi del demone.

Soffriva, Goku poteva percepirlo chiaramente, soffriva da morire.

Lentamente e con un po’ di timore, portò una mano sul braccio della ragazza, accarezzandolo con tutta la dolcezza che riusciva a dimostrare.

-Scusami, non volevo farti male.

Le sussurrò.

Come risvegliandosi da un brutto incubo, Niriku si staccò veloce da lui, scuotendo il capo quasi cercando di cancellare quei ricordi tremendi, ma ci sono alcune cose che non si possono dimenticare e le lacrime che brillavano simili a timide stelle all’interno del blu vuoto dei suoi occhi ne erano le mute testimoni.

-Perdonami, non so che cosa mi sia preso…

Disse, ma la sua voce tradiva l’aria serena che tentava di assumere, una voce piena di dolore e di sofferenza.

Si passò una mano sul viso, asciugando gli occhi e sorridendo di amarezza come per negare che quella fosse davvero sofferenza.

-Scusatemi…

Ripeté, facendo un profondo respiro e ricomponendosi.

Hakkai la guardò con angoscia: conosceva quello sguardo, quel dolore che sembra corroderti dentro come un cancro inesorabile contro il quale non puoi fare nulla se non aspettare la morte e vederlo negli occhi di un ragazza così giovane gli faceva venire un nodo alla gola.

-Forse è meglio che lei riposi ancora un attimo.

Disse il moro, alzandosi e facendo cenno agli altri due di seguirlo.

-Non è necessario, grazie… ora mi sento molto meglio.

Cercò di camminare in direzione della porta, ma le gambe non le ressero e cadde in ginocchio sul pavimento.

Gojo le corse accanto, porgendole una mano.

-Tutto bene?

Chiese preoccupato.

-Si, sono solo un po’ scombussolata. Non è da me dormire così tante ore di seguito.

Goku corrugò la fronte.

-Ma se hai dormito appena tre ore, al massimo quattro!

Esclamò confuso.

-Appunto. Io ne dormo due al massimo.

Niriku sorrise, cercando di rialzarsi, ma anche questa volta le sue ginocchia non riuscirono a sorreggerla, facendola cadere di nuovo.

Questa volta però il rosso, che era ancora accanto a lei, riuscì a prenderla al volo evitando che si facesse del male.

-Mi spiace, ma tu non ti muovi da qui.

Disse risoluto, prendendola in braccio.

Si stupì di quanto fosse leggera: era poco più bassa di lui eppure era leggerissima, quasi come se al posto delle ossa avesse avuto aria.

La adagiò sul letto, facendola sedere sul materasso morbido.

-Ora dormirai ancora un po’ e niente scuse.

Niriku gli sorrise, facendo compiere uno strano movimento allo stomaco del ragazzo: sembrava che si fosse avvinghiato all’intestino e che ora cercasse di inglobare anche il fegato.

-Non vorrei disturbare.

Cercò di convincerli, ma senza risultati.

-Su questo non c’è è alcun problema.

Disse Hakkai.

-Questa è la camera di Goku e del signor Gojo, perciò non si deve preoccupare. Ci faremo dare un futon e ci sistemeremo come meglio potremo, perciò pensi solo a riposarsi.

La ragazza bionda ringraziò, dopodichè si accoccolò sul materasso e chiuse gli occhi, cadendo all’istante in un profondo e palesemente necessario sonno.

 

-Sommo Rentoten, purtroppo le manovre per catturare la Keikokunitten sono andate a vuoto e la ragazza ha ucciso quattro dei nostri uomini, compreso Hieji.

Il servo si inchinò rispettosamente davanti al suo padrone, rivolgendosi all’uomo con tono sommesso e ossequioso.

Il dio ghignò malignamente nella penombra della stanza, fissando fuori da una finestra socchiusa che dava su un prato pieno di fiori rossi.

-Va bene. Fai in modo che al più presto ne sia preparata un’altra.

Il ragazzo annuì.

-Provvedo subito.

Si inchinò una seconda volta, dopodichè uscì veloce dalla stanza.

-Facciamo la preziosa, eh Niriku?

Disse il dio con malignità.

-Ma non temere, presto ti riporterò a casa con il tuo adorato fratellino.

Scoppiò in una risata sadica, ridendo di gusto.

L’avrebbe pagata assai cara per quello che gli aveva fatto e in più non ci sarebbe stato nemmeno l’obbligo di sporcarsi le mani.

-Ci penserà il tuo adorato Na-chan a darti la lezione che meriti.

 

  
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