Cap.
2 Deep, sad and beautiful blue eyes
Era ormai
notte fonda e il cielo era limpido e sereno; una pallida e tonda luna piena si
stagliava chiara nella volta celeste tempestata di stele.
La
boscaglia era fitta ma i raggi argentati filtravano numerosi attraverso i rami
degli alberi, illuminando così la strada sterrata.
Hakkai
era come al solito al volante e, senza mostrare il minimo sintomo di
stanchezza, continuava a guidare godendosi quella irreale situazione di calma
che regnava nel piccolo gruppo.
Gojo e
Goku dormivano della grossa con le schiene appoggiate l’una contro l’altra e un
quieto russare scaturiva dalle labbra del ragazzo, mentre una bollicina chiara
fuoriusciva dalla narice destra della saru, che ronfava come un cucciolo.
Persino
Sanzo dormiva, o almeno così sembrava: teneva il capo chino verso il basso ed i
capelli dorati ricadevano fluenti sui suoi occhi, nascondendoli.
il
ragazzo castano sorrideva, come sempre del resto, e qualche volta si permetteva
di allontanare lo sguardo dalla strada per rivolgerlo al cielo.
Quella sera
le stelle erano particolarmente belle e la luna non offuscava il loro chiarore
con la sua luce.
Un quieto
sospiro si levò dalle sue labbra mentre i suoi pensieri volavano verso Kanan,
ripensando a quanto lei amava le notti come quella.
-Pensi a
lei?
Chiese il
monaco, sollevando lo sguardo dal fondo della jeep; il ragazzo annuì
malinconicamente con il capo castano.
-Già… mi
capita spesso la sera.
Rispose,
lasciando trapelare una lieve nota di tristezza.
-Le
donne… ti catturano con un maleficio da cui non c’è risveglio.
Commentò
piatto il bonzo, Hakkai rise.
-E tu
come lo sai, occhi suadenti?
Gojo, che
nel frattempo si era svegliato, appoggiò un braccio contro lo schienale del
sedile anteriore e rivolse un’occhiata maliziosa al biondo.
-Non mi
sembra di averti mai visto con una donna.
L’houshi
gli puntò la Shoreju alla tempia.
-Stai
insinuando forse che io sono gay?
Sibilò
con una luce omicida negli occhi viola; un pesante gocciolone si materializzò
sul capo del mezzo demone, che sorrise nervosamente.
-No no,
non intendevo assolutamente dire una cosa del genere!
In quel
momento anche la scimmia si svegliò dal suo sonno e con voce ancora quasi del
tutto addormentata disse:
-Sanzo,
io ho fame.
Il bonzo
sparò un colpo in aria.
-BAAAAAASTAAAAAAAAA!!!!
I due
ragazzi seduti dietro si abbracciarono per lo spavento; Hakkai cercò come al
solito di risolvere la situazione con il suo imperturbabile ottimismo.
-Su
ragazzi, manca ancora un’ora di viaggio alla prossima locanda, perciò propongo
di recuperare lo stato di quiete di poco fa.
Ma come
al solito le sue parole andarono sparse al vento.
-Ehi
scimmia, levati dal mio posto!!!
-Quale
posto?!? Siamo praticamente inglobati all’interno di questo portabagagli, non
esistono posti qua dietro!!!
Gojo
sferrò un pugno in testa al ragazzino che si portò le mani sulla parte colpita,
gemendo di dolore.
-MA SEI
SCEMO, PERVERTITO DI UN KAPPA?!? Mi hai fatto un male boia!!!
Urlò
quasi piangendo.
-SANZO!!!
Gojo mi ha fatto male!!!
Il rosso
prese il ragazzino sotto braccio e iniziò a sfregargli il capo nocciola con il
pugno chiuso, mentre lui si dimenava nel tentativo di sottrarsi a quella
tortura.
-Sei un
moccioso, ti servi della mammina perché non sei capace di difenderti da solo!!!
Esclamò aumentando la stretta.
-SAAAAAAANZOOOOOO!!!
Urlò
disperato il ragazzino.
-ADESSO
PIANTATELA!!!
Il biondo estrasse dalla tunica l’harisen e lo diede in testa più volte ad
entrambi, costringendoli a staccarsi e a tacere per un attimo.
-ORA
BASTA!!!
Continuò
con voce tuonante.
-SONO
ARCISTUFO DEI VOSTRI COMPORTAMENTI DA BAMBINI DI UN MESE!!!
I capelli
biondi erano arruffati e nei suoi occhi si poteva chiaramente distinguere una
luce maligna, che convinse i due a calmarsi.
-Non ti
scaldare bonzo corrotto, stavamo solo scherzando.
Rispose
con strafottenza il rosso, ma si trovò la canna della pistola puntata contro la
gola per la seconda volta.
-Ve lo
dirò un’ultima volta: O STATE ZITTI OPPURE VI AMMAZZO!!!
Dopodichè
si voltò verso la strada, incrociando nuovamente le braccia sul petto.
Hakkai
scosse il capo castano, sempre sorridendo, pensando a quanto la sua vita fosse
strana in quegli ultimi tempi.
Non solo
se ne andava in giro con tre squinternati per le strade del Togenkyo, ma oltre
tutto si trovava ad uccidere decine di demoni ogni giorno; e pensare che lui
avrebbe voluto una vita tranquilla.
Però
dall’ultima volta che aveva formulato quel pensiero erano cambiate un sacco di
cose e prima fra tutte il suo carattere, perciò ormai aveva abbandonato quella
speranza.
Improvvisamente
un boato seguito da un esplosione invase il bosco, costringendolo ad inchiodare
improvvisamente.
Goku finì
sbalzato fuori dalla macchina, atterrando di sedere sulla strada, Gojo prese
una forte botta contro lo schienale del sedile di Sanzo che aveva fatto appena
in tempo ad aggrapparsi alla maniglia della portiera, evitando così uno scontro
frontale con il vetro del parabrezza.
-Che
diavolo succede?
Sbraitò
il monaco, alzandosi in piedi e fissando il bosco oltre la figura della
scimmia, che si massaggiava il fondoschiena con aria affranta.
-Sembrerebbe
un attacco. Che sia Houmura?
Ipotizzò
Hakkai, ma Gojo lo smentì subito.
-No, quei
bastardi non sono dei vigliacchi. Se fossero stati loro si sarebbero già
mostrati o comunque ci avrebbero dato modo di venire a conoscenza della loro
presenza.
Il
ragazzo castano annuì, dopodichè scesero tutti e tre dalla jeep che in un
attimo si trasformò nel piccolo Hakuryu.
In
quell’istante una seconda esplosione vibrò nell’aria e questa volta fu seguita
da forti grida di uomini; i quattro ragazzi, Goku nel frattempo si era
rialzato, si prepararono ad una possibile aggressione.
Difatti
il secondo boato era molto più vicino a loro rispetto al primo.
-Io direi
che qualsiasi cosa sia, si sta avvicinando.
Concluse
il moro, sorridendo imperterrito.
-Speriamo
che sia Kougaiji! Ho una voglia matta di battermi con lui.
Gojo
rise, stringendo in pugno l’alabarda con la catena e accendendosi una
sigaretta, dopodichè emise alcune nuvolette di fumo bianco dalla bocca.
-Sei
proprio una baka saru.
Concluse
con un ghigno, il ragazzino gli fece la linguaccia.
-Chiunque
sia…
Sibilò
l’houshi, caricando
-Mi ha
beccato nella giornata sbagliata.
Puntò
l’arma verso gli alberi.
-Arrenditi
Keikokunitten, sei circondata.
Un
soldato sorrise beffardo, avvicinandosi alla ragazza che poco distante lo
fissava con odio, tenendosi il braccio destro con una mano nel tentativo di
fermare il sangue che scorreva dalla grossa ferita che aveva su di esso.
-Bastardi.
Ringhiò,
riducendo gli occhi blu a due fessure, mentre decine di uomini vestiti con le
armature del Regno Celeste la accerchiavano.
-Non
credere che ti lascerò mettermi le mani addosso, Hieji!
Esclamò
con rabbia, cercando con lo sguardo una possibile via di fuga che non
comportasse l’utilizzo dei suoi poteri.
Non
poteva usarli, aveva promesso.
-E che
cosa vorresti fare? Forse metterti a urlare?
Ringhiò
di nuovo, mostrando i denti bianchi; ma come diavolo avevano fatto a trovarla
così in fretta? Si era nascosta bene e non aveva più rilasciato la sua anima da
almeno dieci giorni.
Allora
perché erano riusciti a raggiungere il posto dove si nascondeva in meno di due
ore?
-Non
preoccuparti piccola Keiko, il nobile Rentoten vuole solo parlarti…
A sentire
quel nome un urlo uscì dalle labbra rosee della ragazza, che con velocità
impressionante si gettò su uno dei soldati come presa da una furia cieca,
squarciandogli la gola prima che quello potesse fare o dire qualsiasi cosa.
-Non
osare nominarlo di fronte a me.
Sibilò
con voce bassa, cattiva, fissando il capo delle guardie con occhi colmi di odio
e disperazione, chiaramente lucidi a causa di lacrime che quel maledetto nome
le aveva riportato alla mente.
-Altrimenti
sarà questa la vostra fine.
I soldati
che la accerchiavano indietreggiarono di qualche passo, terrorizzati.
Rentoten li
aveva avvertiti dei poteri della ragazza e della loro forza, ma mai si
sarebbero aspettati una tale potenza e un tale odio.
Hieji la
fissò inorridito.
-Sei un
mostro.
Disse con
voce sprezzante, lei sorrise.
-Si, lo
sono.
Si alzò
in piedi, lentamente, portandosi una mano davanti al viso pallido, fissando il
sangue su di essa con occhi tristi e rassegnati, sorridendo di disperazione.
-Non ha
più importanza per me quello che voi stupidi pupazzi vuoti nelle mani
dell’Imperatore Celeste pensate di me…
Avanzò di
qualche passo nella direzione del dio.
-Mi avete
tolto ogni affetto e perciò non vi devo alcun rispetto.
Una lunga
falce dalla lama perlacea con dei simboli neri si materializzò nella sua mano e
in pochi attimi altri due soldati caddero a terra, con una ferita aperta lungo
tutto l’addome.
Il
comandante indietreggiò, guardandola con terrore.
-Tu
meriti la morte, hai ucciso tre uomini senza motivo.
Improvvisamente
gli occhi della ragazza si colorarono di rosso e con i denti contratti in
un’espressione di pura rabbia gli saltò addosso, atterrandolo al suolo e
puntandogli la punta della falce contro la pelle scoperta del collo.
Solo
allora il dio poté vedere chiaramente il viso della ragazza e un brivido gelido
gli corse lungo la schiena: grossi lacrimoni le rigavano le guance, gli occhi
erano rossi e pieni di rancore e dentro di essi riconobbe solo un immenso e
desolato vuoto.
-Avete
portato via le uniche persone che contavano nella mia vita… perché ora dovrei
comportarmi diversamente con voi?
Avvicinò
di più la lama al collo, affondandola nella carne di qualche centimetro e un
rigagnolo rosso fuoriuscì da sotto di essa.
-RISPONDI!!!
Urlò.
-Perché
se tu ci uccidi lo sarà anche tuo fratello.
La
giovane sorrise, dopodichè con un gesto secco e preciso lo sgozzò, impregnando
l’erba di sangue.
-Mio
fratello è già morto.
La sua
voce si spezzò, riempiendosi di dolore.
-E la
colpa è solo mia…
Perché
aveva dovuto nominare suo fratello? Che diritto ne aveva? Lui non poteva
parlare di suo fratello senza pagare e questa volta finalmente aveva riscosso
il suo tributo, come per ripagarlo di averle riportato alla mente quei ricordi.
Si alzò
in piedi, totalmente indifferente al fatto di aver appena ucciso quattro
uomini.
Ormai non
gliene importava più nulla nemmeno di quello: non poteva morire, non poteva
fare altro che aspettare che qualcuno più forte di lei la trovasse e la
uccidesse.
Nel
frattempo avrebbe continuato a vivere come aveva fatto negli ultimi cinquecento
anni, senza un motivo, vagabondando in lungo e in largo per i territori del
Togenkyo nascondendosi come una ladra alla vista di uomini e demoni.
I soldati
che ancora erano in vita sparirono all’interno di nuvolette di fumo bianco,
lasciandola sola nella radura assieme ai cadaveri.
Un
sorriso senza l’ombra di allegria le curvò le labbra e dagli occhi ora
nuovamente blu iniziarono a scendere lacrime salate.
-Perché?
Gemette,
lasciando cadere a terra la falce e inginocchiandosi al suolo, iniziando a
piangere forte.
L’arma si
dissolse non appena si trovò a contatto con l’erba, mentre la ragazza
singhiozzava convulsamente, ripetendo in continuazione sillabe senza senso e
invocando un nome, che veniva distorto e reso incomprensibile dai singhiozzi.
Attraverso
le dita lunghe e ancora sporche del sangue suo e di quello degli uomini che
aveva ucciso cadevano lacrime miste al liquido rosso, che andavano a cadere
sulla stoffa bianca della maglietta, disegnano su di essa ampie macchie umide e
scarlatte.
-Ehi
signorina, tutto bene?
In quel
momento Hakkai sbucò da dietro uno degli alberi attorno alla radura,
avvicinandosi con cautela.
Lei alzò
lo sguardo, rivelando il viso distrutto e sporco di lacrime e sangue; il
ragazzo sentì un groppo in gola nel vedere quegli occhi così disperati.
-Cosa?
Sussurrò,
deglutendo rumorosamente.
-Si sente
bene?
Disse,
inginocchiandosi accanto a lei e appoggiandole una mano sulla spalla; una
smorfia di dolore comparve sul suo volto.
-Mi
scusi, le ho fatto male?
Solo in
quel momento si accorse della grossa macchia di sangue che si trovava sulla
manica della giacca del kimono azzurro.
-Ma lei è
ferita!
Esclamò;
la giovane si alzò in piedi, scuotendo il capo, con tutta l’intenzione di
andarsene.
-Non si
preoccupi, è solo un graffio…
Non
riuscì a terminare la frase.
Improvvisamente
tutto davanti ai suoi occhi divenne nero e cadde a terra, svenuta.
-Ancora
non si sveglia?
Gojo entrò
nella stanza della locanda dove Hakkai aveva portato la ragazza per farla
riposare dopo che gli era svenuta davanti agli occhi, chiudendosi la porta alle
spalle facendo attenzione a non fare troppo rumore.
-No… con
tutto il sangue che deve aver perso mediante quella
ferita non mi meraviglierei se dormisse sino a domani mattina senza mai
svegliarsi.
Il rosso
si sedette sul morbido materasso, attento a non disturbare il suo sonno.
Certo che
quella ragazza era veramente bella, pensò guardandola in viso, e poi aveva un
che di familiare, come se l’avesse già incontrata prima di quel momento.
-A cosa
stai pensando?
Chiese il
moro, notando l’attenzione che l’amico rivolgeva alla giovane.
-Come? A
nulla in particolare…
Fece una
pausa, dopodichè sollevò gli occhi color tramonto dal volto dolce e pallido di
lei per posarlo su quello del ragazzo.
-Tu non
hai come la sensazione di averla già incontrata?
Domandò
con aria corrucciata, il moro sorrise.
-Si,
provo anch’io la medesima emozione guardandola… però non riesco a ricordare
dove e quando potrei averla incontrata ed è molto strano.
Gojo lo
guardò interrogativamente.
-Perché?
Disse.
-Non se
ne vedono molte di ragazze così belle in giro per il Togenkyo, non trovi?
Il rosso
sorrise, passandosi una mano fra i capelli rossi e scostando alcune ciocche
ribelli da davanti agli occhi.
-Già, lo
penso anch’io.
In quel
momento Sanzo entrò nella stanza, seguito come al solito da Goku che in mano
teneva una porzione decisamente esagerata di nikuman, persino per un tritatutto
come lui.
Ne aveva
comprati talmente tanti da nascondere persino il suo viso e, considerato che
non vedeva un accidente, prima di riuscire ad imbucare la porta aveva sbattuto
contro gli stipiti e il muro circa una ventina di volte.
-Ehi
scimmia, hai forse intenzione di fare indigestione un’altra volta? Ti ricordo
che ci sono io a dormire in camera con te!!!
Sbraitò
il ragazzo dai capelli rossi, preoccupato dalla prospettiva di dover passare
tutta la notte ad ascoltare i lamenti di Goku per il mal di pancia.
-Stai
zitto pervertito di un kappa! E poi questi non sono tutti per me.
Gojo si
accese una sigaretta.
-Ah no? E
per chi?
Goku li
appoggiò sul comodino accanto al letto dove la ragazza continuava imperterrita
a dormire.
-Sono per
lei, così se quando si sveglia ha fame potrà mangiare questi.
Hakkai
sorrise e gli scompigliò affettuosamente i capelli castani.
-Sei
stato veramente carino, Goku. Vedrai che lei lo apprezzerà molto.
Il ragazzino
sorrise raggiante, felice di aver fatto una cosa carina di sua iniziativa, poi
si voltò verso Gojo e gli chiese:
-Senti,
tu che hai visto tante belle donne nella tua vita, ne hai mai conosciuta una
bella come lei?
Il rosso
lo guardò interrogativamente, dopodichè scosse il capo.
-No, mai.
Però mi sembra di conoscerla e non so perché.
Gli occhi
dorati e colmi di domande si spostarono su Hakkai.
-Secondo
te è un angelo?
Il moro
rimase stupito da quell’affermazione, ma, dopo aver rivolto nuovamente lo sguardo
per un attimo sulla ragazza, fece un sorriso e rispose.
-Potrebbe
anche essere.
Sanzo nel
frattempo si era appoggiato al muro accanto al letto e guardava insistentemente
il volto dormiente della giovane.
“Eppure
io sono sicuro di averla già vista…”
Pensò
socchiudendo appena le palpebre, come nel tentativo di mettere bene a fuoco
quell’immagine.
“Che sia…
ma sarebbe impossibile… eppure gli somiglia veramente tanto…”
In quel
momento la ragazza aprì gli occhi, blu come il mare e altrettanto profondi ed ampi,
che per caso incontrarono quelli viola del bonzo.
Un
brivido freddo gli percorse la spina dorsale facendogli distogliere all’istante
lo sguardo da lei, come se quelle iridi tanto piene di dolore lo avessero per
un attimo risucchiato al loro interno, trascinandolo in un vuoto senza ritorno.
-Dove mi
trovo?
Sussurrò,
sbattendo più volte le palpebre e allargando le braccia sulle lenzuola pulite.
-Vedo con
piacere che vi siete svegliata signorina.
Hakkai le
sorrise con aria rassicurante, porgendole una mano ed aiutandola a mettersi
seduta sul materasso.
Si portò
una mano alla fronte, cercando di riportare alla mente cosa era accaduto nelle
ultime ore e facendo un po’ d’ordine all’interno della sua testa.
-Chi… chi
siete e perché mi trovo qui?
Chiese,
confusa.
-Il mio
nome è Cho Hakkai e questi sono i miei compagni di viaggio. Mi perdoni se l’ho
portata qui senza chiederle il permesso, ma è svenuta improvvisamente e aveva
una ferita piuttosto seria sul braccio, perciò mi sono autorizzato a
soccorrerla.
La giovane
stinse per un attimo le palpebre, come se una forte fitta le avesse trafitto il
cervello.
-La
testa…
Gemette,
chinando il capo e nascondendo gli occhi sotto le ciocche dorate.
-Si sente
male?
Scosse il
capo, rialzando lo sguardo.
-No, solo
un po’ di mal di testa.
Solo in
quel momento Gojo, Goku e Hakkai riuscirono finalmente a guardarla nelle iridi
e come era successo a Sanzo anche loro si ritrovarono, anche se solo per un
attimo, all’interno del vuoto più desolante.
Era come
se in quello sguardo all’apparenza dolce e cordiale si celasse una ferita
terribile ancora sanguinante, che con il suo dolore aveva annullato ogni altro
tipo di emozione dentro di esso.
Solo in
quel momento la ragazza realizzò veramente dove si trovava, riuscendo
finalmente a collocare quel luogo in un punto ben definito di spazio e di
tempo; un’espressione di terrore le invase il viso.
-Dove
sono i miei bracciali?!?
Chiese
inquieta, ansiosa, cercando i cerchi d’oro che le erano cari come la sua vita
con lo sguardo pieno di apprensione.
Hakkai
glieli porse.
-Tenga,
quando l’ho portata qui le si sono sfilati e così gli posati sul comodino.
La
ragazza li prese fra le mani e fulmineamente se li infilò di nuovo al polso
destro, portandoseli alle labbra e baciandoli appena.
-Grazie…
Sussurrò,
stringendo il polso al petto.
-Chi sei?
Disse
Sanzo attirando così la sua attenzione, tanto per cambiare senza un minimo di
gentilezza, ma la ragazza non sembrò farci caso: ci era abituata.
-Il mio
nome è Niriku.
Rispose
sorridendo.
-Keikokunitten
Ruuan Niriku Ku.
Lo
stupore negli occhi viola del monaco aumentò ancora nel sentire quel nome:
spesso il suo maestro Komyo Sanzo gli aveva parlato della famiglia
Keikokunitten, una stirpe di dei che era stata punita con il ripudio dal regno
celeste per aver trasgredito alle leggi celesti ed essersi alleata con Ku, il
dio del vuoto e della distruzione.
Possibile
che quella ragazza fosse una di loro?
Ma anche
se così fosse stato non era quello ad inquietarlo: c’era qualcosa nei
lineamenti del suo viso che gli riportavano alla mente una persona conosciuta,
ma non riusciva a ricordare chi fosse.
Goku
saltò sul materasso, fissando gli occhi dorati sul suo volto; Niriku
indietreggiò istintivamente, spaventata.
-Senti,
non è che sei un angelo?
Sanzo gli
tirò l’harisen in testa.
-Stupida
scimmia.
Sentenziò
seccato, facendo ridere la ragazza.
-No, mi
dispiace deluderti.
Il
ragazzino chinò il capo verso il basso, imbronciato; ci teneva tanto a vedere
un angelo e quella ragazza era abbastanza splendida da poterlo essere, ma
purtroppo le sue aspettative erano state deluse.
-Però sei
così bella! Sicura di non esserlo?
Niriku
sorrise candidamente, mostrando l’ennesimo aspetto stupendo di se stessa: aveva
un sorriso che levava il fiato.
Però non
era vero; per quanto poteva essere bello quel sorriso e le sue risate avevano
un qualcosa di fasullo, di forzato, quasi di sofferto.
E Sanzo
se ne era accorto, come del resto Hakkai.
-Purtroppo
no, sono sicura.
La
scimmia sospirò, alzando le spalle.
-Va bhe,
non importa. Comunque piacere, il mio nome è Son Goku.
Niriku
gli strinse la mano, ma prima che la scimmia potesse farle altre domande sceme
Gojo si intromise prepotentemente fra di loro, presentandosi.
Non gli
andava che la scimmia facesse amicizia con una bellezza del genere prima di
lui.
-Io sono
Sha Gojo, ma tu puoi chiamarmi soltanto Gojo.
Disse col
tono di voce più sensuale che riusciva ad avere, sorridendo maliziosamente, con
l’obbiettivo di sedurla dal primo istante.
Niriku
gli strinse la mano chinando appena il capo d’oro da un lato e abbozzando un
mezzo sorriso di saluto, ribaltando così la situazione.
Il rosso
si ritrovò incatenato all’interno di quel gesto così spontaneo e per un attimo
il suo cuore mancò un battito.
“Porca
troia quanto è bella!”
Pensò,
mentre prendeva la mano lunga e affusolata di lei con la sua, stringendola
appena e stupendosi della morbidezza della sua pelle pallida.
-E occhi
suadenti laggiù è il venerabile Genjo Sanzo Houshi.
La
ragazza lo salutò con un lieve inchino.
-Piacere
di fare la vostra conoscenza, Sanzo-sama.
Il biondo
chiuse gli occhi stizzito, accendendosi una sigaretta ed emettendo deboli
nuvolette di fumo bianco.
-Tzè.
Improvvisamente
sentì una voce nella sua testa.
“E così
l’hai accolta Konzen Doji… hai accolto un mostro.”
Si voltò
di scatto verso di lei e la vide sorridere nella sua direzione, un sorriso
enigmatico, che era accompagnato da uno sguardo, quello sguardo…
Il bonzo
si avvicinò fulmineamente alla ragazza e la prese per la gola, guardandola con
occhi rabbiosi.
-CHE
DIAVOLO FAI SANZO?
Gridò
Gojo, non capendo il perché di quel comportamento.
-Dimmi
chi diavolo sei.
Sibilò,
senza mollare la presa.
-Te l’ho
già detto, io sono Niriku.
Le dita
del monaco aumentarono la stretta attorno alla gola della ragazza.
-Te lo
chiederò solo un’altra volta. Chi cazzo sei?
Niriku lo
guardò attonita, come non capendo il perché di quel comportamento e di nuovo
quella voce rimbombò nel cervello di Sanzo.
“Uccidila
Konzen, uccidila e libererai il mondo da un peso…”
-Niriku… Keikokunitten Ruuan Niriku Ku…
Rimasero
a fissarsi negli occhi per un qualche secondo, dopodichè lui lasciò la presa,
allontanandosi.
Lei si
portò una mano alla gola, massaggiandosi il punto in cui le dita del monaco
l’avevano stretta poco prima, chinando il capo e nascondendo così il viso sotto
la frangia bionda, rendendo impossibile vedere i suoi occhi, che continuavano a
fissare Sanzo con quello sguardo vuoto.
“Non può
essere stata lei, non percepisco nessuna aura anomala… eppure è possibile che
me lo sia solo immaginato?”
-Si può sapere
cosa ti è preso?
Esclamò
il rosso, andando accanto alla ragazza e posandole una mano sulla spalla;
l’houshi si allontanò dai compagni di viaggio, prendendo una sigaretta e
avvicinandosi alla porta della stanza.
-Niente.
Uscì
dalla stanza, senza rivolgere lo sguardo a nessuno dei presenti.
-Sanzo…
Mormorò
Goku, rattristandosi.
-State
bene signorina Niriku?
Domandò
Hakkai, sedendosi sul materasso e guardandola con occhi preoccupati.
-Si, non
preoccupatevi.
Disse
sorridendo e alzando il viso.
-Vorrei sapere
che cosa gli è preso.
Sbraitò
Gojo, continuando a tenere la mano sulla spalla di lei; la sua pelle era
morbidissima, liscia come la superficie del vetro e di colore simile a quello
della luna.
-Perdonalo,
lui di solito non fa così.
Goku si
morse il labbro inferiore, abbassando appena gli occhi dorati; Niriku, nel
vederlo così si sentì improvvisamente morire, come se quello sguardo avesse
riaperto una ferita che ancora bruciava.
Si alzò
dal letto, anche se barcollando lievemente, e lo abbracciò con una dolcezza
innata, profonda, quasi sofferente.
Il
ragazzino diventò viola dall’imbarazzo: era la prima volta che una ragazza lo
abbracciava e doveva ammettere che le sensazioni che quel contatto gli stava
trasmettendo erano decisamente piacevoli.
-Ti prego,
non fare mai più quegli occhi tristi… non voglio vedere mai più nessuno con
quello sguardo…
Son Goku
si voltò verso i due compagni di viaggio, rivolgendo loro un’occhiata
interrogativa, ma nessuno dei due conosceva la spiegazione di quel
comportamento.
Rimasero
così, immobili per un periodo di tempo che sembrò a tutti infinito; la stretta
attorno alle spalle del ragazzino aumentava sempre di più, come se
incosciamente quelle braccia volessero aggrapparsi ad un ricordo che si
proiettava attraverso gli occhi tristi del demone.
Soffriva,
Goku poteva percepirlo chiaramente, soffriva da morire.
Lentamente
e con un po’ di timore, portò una mano sul braccio della ragazza,
accarezzandolo con tutta la dolcezza che riusciva a dimostrare.
-Scusami,
non volevo farti male.
Le
sussurrò.
Come
risvegliandosi da un brutto incubo, Niriku si staccò veloce da lui, scuotendo
il capo quasi cercando di cancellare quei ricordi tremendi, ma ci sono alcune
cose che non si possono dimenticare e le lacrime che brillavano simili a timide
stelle all’interno del blu vuoto dei suoi occhi ne erano le mute testimoni.
-Perdonami,
non so che cosa mi sia preso…
Disse, ma
la sua voce tradiva l’aria serena che tentava di assumere, una voce piena di
dolore e di sofferenza.
Si passò
una mano sul viso, asciugando gli occhi e sorridendo di amarezza come per
negare che quella fosse davvero sofferenza.
-Scusatemi…
Ripeté,
facendo un profondo respiro e ricomponendosi.
Hakkai la
guardò con angoscia: conosceva quello sguardo, quel dolore che sembra corroderti
dentro come un cancro inesorabile contro il quale non puoi fare nulla se non
aspettare la morte e vederlo negli occhi di un ragazza così giovane gli faceva
venire un nodo alla gola.
-Forse è
meglio che lei riposi ancora un attimo.
Disse il
moro, alzandosi e facendo cenno agli altri due di seguirlo.
-Non è
necessario, grazie… ora mi sento molto meglio.
Cercò di
camminare in direzione della porta, ma le gambe non le ressero e cadde in
ginocchio sul pavimento.
Gojo le
corse accanto, porgendole una mano.
-Tutto
bene?
Chiese
preoccupato.
-Si, sono
solo un po’ scombussolata. Non è da me dormire così tante ore di seguito.
Goku
corrugò la fronte.
-Ma se
hai dormito appena tre ore, al massimo quattro!
Esclamò
confuso.
-Appunto.
Io ne dormo due al massimo.
Niriku
sorrise, cercando di rialzarsi, ma anche questa volta le sue ginocchia non
riuscirono a sorreggerla, facendola cadere di nuovo.
Questa
volta però il rosso, che era ancora accanto a lei, riuscì a prenderla al volo
evitando che si facesse del male.
-Mi spiace,
ma tu non ti muovi da qui.
Disse
risoluto, prendendola in braccio.
Si stupì
di quanto fosse leggera: era poco più bassa di lui eppure era leggerissima,
quasi come se al posto delle ossa avesse avuto aria.
La adagiò
sul letto, facendola sedere sul materasso morbido.
-Ora
dormirai ancora un po’ e niente scuse.
Niriku
gli sorrise, facendo compiere uno strano movimento allo stomaco del ragazzo:
sembrava che si fosse avvinghiato all’intestino e che ora cercasse di inglobare
anche il fegato.
-Non
vorrei disturbare.
Cercò di
convincerli, ma senza risultati.
-Su
questo non c’è è alcun problema.
Disse
Hakkai.
-Questa è
la camera di Goku e del signor Gojo, perciò non si deve preoccupare. Ci faremo
dare un futon e ci sistemeremo come meglio potremo, perciò pensi solo a
riposarsi.
La
ragazza bionda ringraziò, dopodichè si accoccolò sul materasso e chiuse gli
occhi, cadendo all’istante in un profondo e palesemente necessario sonno.
-Sommo
Rentoten, purtroppo le manovre per catturare la Keikokunitten sono andate a vuoto
e la ragazza ha ucciso quattro dei nostri uomini, compreso Hieji.
Il servo
si inchinò rispettosamente davanti al suo padrone, rivolgendosi all’uomo con
tono sommesso e ossequioso.
Il dio
ghignò malignamente nella penombra della stanza, fissando fuori da una finestra
socchiusa che dava su un prato pieno di fiori rossi.
-Va bene.
Fai in modo che al più presto ne sia preparata un’altra.
Il
ragazzo annuì.
-Provvedo
subito.
Si
inchinò una seconda volta, dopodichè uscì veloce dalla stanza.
-Facciamo
la preziosa, eh Niriku?
Disse il
dio con malignità.
-Ma non
temere, presto ti riporterò a casa con il tuo adorato fratellino.
Scoppiò
in una risata sadica, ridendo di gusto.
L’avrebbe
pagata assai cara per quello che gli aveva fatto e in più non ci sarebbe stato
nemmeno l’obbligo di sporcarsi le mani.
-Ci
penserà il tuo adorato Na-chan a darti la lezione che meriti.