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Autore: Esther    30/03/2010    5 recensioni
Voglio uccidere l’usurpatore del mio tesoro, quel mezzo cane senza forma e razza.
- Edward. - la voce di mia sorella rivendica l’attenzione mancata - devi calmarti, Bella è tornata. - termina passandomi una mano sulla fronte, come a voler togliere tracce di sudore invisibili.
- Non riesco a controllarmi, mi sta facendo impazzire. -
- Non le farai del male, io l’ho visto fidati. -
- Fidarmi? - rispondo scettico scoppiando a riderle in faccia e come un folle mi passo la mano tra i capelli disordinandoli, per infine farla scivolare sul volto. - Tu vedi ciò che vuoi vedere, non provi, non senti il turbine di sensazioni che prendono possesso di me, non controllo più il mio corpo, desidero solo prenderla. -
- Devi stare calmo. -
- Come faccio a stare calmo, come puoi pretendere da me ciò? Tu non sai, io… mi sento strano. Sto impazzendo. -
- Sei innamorato. -
- Questo non è amore, è qualcosa che supera il comprensibile, è più simile ad una droga che ad altro, credevo d’essere un essere dannato ma solo in questo istante mi rendo conto. -
- Edward… -
- È lei la mia condanna e se non farai qualcosa, io sarò la sua. Perché l’istinto non possiede ragione. -
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Vorrei chiudere gli occhi e abbandonarmi al sonno, svuotando in questo modo la mia mente da quei demoni che non mi danno pace.

Questa stessa mente invasa dai pensieri di chi mi sta accanto, pensieri talvolta noiosi, quotidiani che sottolineano la banalità dell’essere umano, ma ora essi non hanno a che fare con la gente comune, sono i miei parenti che con le loro continue domande mi assillano senza darmi tregua.

Domande la cui origine va ricercata nel mio comportamento; chi mi conosce può notare nei miei gesti, nei miei occhi che qualcosa è cambiato, non sono più io.

Con mia grande sorpresa ho scoperto di non essere immune a quelle emozioni chiamate sentimenti, io l’ultimo dei dannati su questa terra non ho mai creduto nell’amore ed ora soffro queste pene e non per una persona qualunque ma per l’ultima creatura a me destinata.

Lei un’umana, candida, fragile, Bella.

L’inizio di questo tormento è stato improvviso, inaspettato, un giorno uguale a tanti altri tornai a casa, ma appena scesi dall’auto fui avvolto da una fragranza sublime e mi sentii stordito da quell’odore terribilmente inebriante.

La mia gola cominciò a bruciare come se avessi ingoiato del fuoco, un dolore così simile al tormento che provai durante la trasformazione offuscò la mia ragione, i miei occhi diventarono neri mentre il mio corpo, come se fosse stato guidato da uno volontà propria, agì.

Alzai il volto leggermente verso l’alto cominciando ad annusare l’aria per capire da dove avesse origine quel dolce profumo, lo volevo… piegai la testa verso destra godendomi quello che i miei sensi mi donavano.

La mia attenzione fu catturata dall’ingresso di casa e appena varcata la porta mi trovai davanti una visione celestiale: una giovane fanciulla non molto alta, con il fisico snello, i lunghi capelli castani leggermente mossi. In quel momento mi dava le spalle, i suoi movimenti erano lenti come se fosse assorta nel guardare il pianoforte davanti a sé, la sua piccola mano si mosse verso lo strumento sfiorandolo.

Volevo quel profumo, ispirarlo senza dovermi trattenere, prendere senza permesso quella dolce linfa ma nonostante questo mio morboso desiderio non mossi un solo muscolo verso di lei, non un suono sfuggì dalle mie labbra mentre il mio sguardo rimase incatenato alla sua figura, tutta la mia attenzione era rivolta a quella piccola umana.

Non pensavo, non agivo, mi limitavo ad ammirala poi in un istante tutto cambiò.

Qualcuno aprì la porta facendo entrare una leggere brezza, i suoi capelli vennero mossi in maniera impercettibile ma questo bastò per portare il suo odore sino al mio olfatto, così dolce, delizioso…

Sentii il veleno riempimi la bocca, la volevo… era mia.

Velocemente mi avvicinai a lei e la presi per il polso; questo contatto mi scatenò troppe emozioni, il desiderio d’ucciderla scomparve lasciando il posto alla più totale confusione.

Percepivo il calore della sua pelle, era così morbida e delicata. Senza alcuna fatica chiusi con la mia mano il suo piccolo polso rendendomi conto che sarebbe bastata un leggera pressione per romperlo, per farle del male.

Questo pensiero mi fece riprendere il controllo riportandomi bruscamente alla realtà, trattenni il respiro.

Quanti secondi erano passati uno, due… per me fu un'eternità, troppo intensa per descriverla a parole.

Di scatto la ragazza si girò incontrando il mio sguardo nero, il suo era incantevole, velato dalla paura mista alla preoccupazione, non sapeva chi io fossi. Tra il disagio e l’agitazione spalancò i suoi grandi occhi marroni.

Non avrei mai creduto che degli occhi umani, per lo più di questo colore, potessero essere così espressivi.

Sentii come una scossa attraversare il mio corpo, il desiderio d’avere un maggiore contatto, toccare la sua pelle, assaggiarne il sapore, nutrirmi del suo sangue, sentire quel caldo liquido scendere per la gola alleviando col suo passaggio il bruciore che sentivo.

Quei pensieri mi innervosirono, lei con la sua presenza mi aveva sconvolto, avevo capito chi fosse, ingoiai il veleno sfogando su di lei la mia frustrazione.

- Oltre ad essere un'irresponsabile sei anche un'impicciona. Il semplice fatto che da oggi abiterai in questa casa non ti dà il diritto di toccare ciò che non è tuo, sono stato abbastanza chiaro?-
Le dissi con disprezzo mentre la stretta con la quale le tenevo il polso diminuì finché la lasciai, facendo ricadere il mio braccio lungo il fianco.

- La tua presenza non la voglio neanche sentire. -

Aggiunsi con maggiore cattiveria, non capivo come fosse stato possibile: in un momento in cui la mia vita era tranquilla nella sua quotidianità era arrivata lei devastandomi con delle emozioni mai provate sino ad allora.

Chi sei tu piccola umana insignificante per confondere me, per farmi provare tali sentimenti.

Chi sei tu per farmi desiderare il tuo corpo, il toccarti per farmi sentire sotto le mani la morbidezza dalla tua pelle, quel calore che con desiderio mi avvolge attirandomi a te.

Chi sei tu che come una sirena mi attira verso di sé, incantandomi con il suo profumo, con il tuo sangue scorre sempre più velocemente nel tuo fragile corpo.

Edward, figlio mio… “

Il richiamo di mia madre mi riporta indietro al presente, è da un tempo indefinito che sono qui, davanti alla finestra, il mio sguardo è rivolto verso l’esterno, occhi ansiosi scrutano il paesaggio sperando di vedere una fanciulla che a passi lenti ed insicuri torna a casa… da me!

Edward possiamo fare qualcosa per te? Parlaci. “

Come potreste fare qualcosa, l’unica cosa che voglio non la posso avere, nemmeno voi la potete riportare da me.

Sento la mano di mia madre posarsi sulla mia spalla destra, un tocco gentile che mi trasmette tutta la sua preoccupazione, la mia famiglia sa che soffro, notano la differenza. Da quando lei non c’è più sono intrattabile, non avrei mai creduto che la sua sola presenza potesse influire in maniera determinante sul mio umore, mi bastava anche solo percepirla per essere felice.

Lei mi ha dato una serenità che, forse, neanche nella mia vita mortale ho mai provato, sto bene insieme a lei, di nascosto mi occupo della mia piccola umana, troppo goffa per allontanarsi da sola, troppo ingenua per vedere il nemico, io ne sono la prova, attira disgrazie questo è ovvio, basti pensare che io un vampiro, un essere dannato, mi sono infatuato di lei, non posso, non voglio pensare che ci sia di più, che il sentimento che ha preso possesso di me sia amore, una realtà difficile da accettare.

Può un essere dannato come me innamorarsi?

No, non credo!

Vedo l’amore che tiene unita la mia famiglia, l’amore materno di Esme verso i suoi figli, persino verso di me che fin dall’inizio non ho fatto altro che mettere a rischio la loro stessa vita con il mio comportamento immaturo, da irresponsabile.

Quante volte ho rischiato di farci scoprire?

Ormai nel corso dei decenni il mio interesse per questa vita dannata è andato sempre più scomparendo e lasciando il posto al desiderio di sparire, morire… finirla!

Con eccesso mi dedico alle mie passioni, le donne, usate come i peggior oggetti, senza delicatezza e rispetto prendo, uso e getto.

I loro pensieri di supplica, le loro lacrime non mi hanno mai toccato. Non mi importa, sono un essere dannato, se devo continuare questa esistenza meglio godermi tutto ciò che mi dà.

Poi però è arrivata lei, troppo piccola e delicata per vivere in mezzo a noi creature oscure.

Il profumo del suo sangue mi ha portato a desiderare di farle del male, di toglierle la vita, un profumo che lentamente sta scomparendo dall’aria, non lasciando più traccia di sé.

Non lasciando più traccia di lei.

Ricordo l’irritazione che provai quando mi resi conto di non poter leggere i suoi pensieri, la sua mente come lei mi era preclusa, gli unici pensieri che avrei voluto sentire erano gli unici per i quali ero sordo.

La paura di non sapere cosa pensasse di me mi rese paranoico, la seguivo nelle menti di tutti coloro che la guardavano, che scambiavano con lei anche sole poche parole.

Quando un suo sguardo era diverso, quando il suo battito cardiaco aumentava, quando mi guardava con timore mordendosi il labbro inferiore, un gesto spontaneo che faceva spesso in mia vicinanza, in quei momenti avrei fatto di tutto per sapere cosa pensasse di me, desideravo solo perdermi dentro i suoi pensieri, far parte di lei.

E ora tutto ciò è finito, non c’è più speranza per il nostro amore proibito.

Tu non ci sei più.

Sospirando, guardo un’ultima volta fuori per dirigermi infine verso il mio pianoforte, passo accanto ai miei familiari ignorando i loro pensieri di compatimento, persino Rosalie è triste per tutto ciò che è accaduto.

Appoggio con leggerezza le dita sui tasti iniziando a suonare quella dolce melodia composta per lei, quelle stesse note che accompagnavano il suo sonno.

Chiudo gli occhi tornando al passato.

Rivedo accanto a me il suo fragile corpo, rannicchiata contro di me, ogni tanto la vedevo rabbrividire a causa del freddo del mio corpo ma nonostante questo non si spostava, non si allontanava da me, riscaldandomi con il suo calore, riscaldando il mio cuore, quello stesso cuore che ha smesso di vivere da decenni e che ha iniziato a battere solo per lei, solo per il mio amore proibito.

La prima volta che sentii il mio nome uscire dalle sue labbra, senza rendermene conto il mio viso fu illuminato da un sorriso, un sorriso per lei, un sorriso che non ha mai visto, come non mi ha mai visto accanto a lei mentre giocavo con una ciocca di capelli, godendomi quella morbidezza tra le dita.

La guardavo tutta la notte come il peggiore degli innamorati, sfioravo il suo viso, quando si agitava urlando il mio nome cominciavo a canticchiare la sua canzone, mi temevi, ero io che ti spaventavo?

Era da me che fuggivi?

In quegli attimi desideravo svegliarla, dirle tutto ciò che provo confessandole i miei tormenti… paure.

Le mie dita veloci si muovono sulla tastiera intonando la sua ninna nanna, intonando l’unica cosa che mi fa sentire vicino a lei, che mi illude perche non c’è più, la rabbia per la consapevolezza che sia stata tutta colpa mia mi fa scattare.

Sbatto le dita sulla tastiera con forza, creando un frastuono maestoso che si contrappone alle note dolci di poco prima ma che descrive il mio animo.

Sono passati sette giorni da quel momento, dal giorno in cui il mio mondo è crollato, dal giorno che ho perso per sempre il tuo sguardo.

Tu non ci sei più ed è solo colpa mia, mio amore proibito.

   
 
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