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Autore: Tetide    02/04/2010    20 recensioni
Un tormento sconosciuto, un richiamo dal passato; le due metà di un'anima sola che si trovano riunite, dopo millenni. Detto così sembra facile... in realtà, il travaglio di queste due anime prende le mosse da ragioni ben più presenti e concrete. Oscar ed André, ancora una volta, si confermano uniti da un legame indissolubile, un legame più forte anche della morte. Questa storia è dedicata a Ninfea 306.
Genere: Romantico, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 8 CAPITOLO 8

Oscar aveva parlato senza alzare lo sguardo dal ripiano del rozzo tavolo in legno che troneggiava al centro della camerata; sulla sua spalla, ferma e rassicurante, stava la mano di André, da adesso in poi il suo compagno, in piedi dietro di lei che, come faceva da una vita, l’approvava e la sosteneva.
Quando finalmente si decise a sollevare lo sguardo, quello che vide non la stupì affatto: visi sorridenti, luminosi, pieni di speranza ed ammirazione erano dipinti sulle facce dei suoi uomini.
Nel muto stupore, l’entusiasmo era tale da non riuscire a venire fuori per mezzo di semplici parole, e nessuno riusciva a rompere il silenzio.
Come al solito, a farlo pensò Alain.
“Me l’aspettavo da voi, comandante!” disse, balzando in piedi “Una persona così leale non poteva continuare a fare il cane dei nobili!”; ma subito dopo corresse il suo sproposito, ricordandosi che Oscar era nobile di nascita “Oh, scusate!!”.
Lei sorrise “Non preoccuparti, ti comprendo benissimo. Ed hai ragione: i privilegi nobiliari vanno abbattuti una volta per tutte! Per questo, io ed André andremo ad unirci al popolo in rivolta, come certamente farete anche voi”,
“Naturale! Solo… chi dice che dobbiamo farlo separatamente?”,
“Che vuoi dire, Alain?”,
“Voi siete stata fino a mezz’ora fa il nostro comandante, e pure un ottimo comandante; perché volete smettere di esserlo?”,
“Giusto!” gridò qualcuno dal fondo della camerata “Continuate a guidarci, guidateci voi contro i nobili dalla parte del popolo!”,
“E’ vero!” si unì un altro “Siete coraggiosa, e sapete tenere bene il comando. Da soli, saremmo sbandati, ma con voi alla nostra testa saremo una forza invincibile!”,
“Viva il comandante!!” si unirono altri.
“Ma…” Oscar restò perplessa,
“Non puoi deluderli” intervenne il saggio come sempre André “dicono il vero, da soli sarebbero sbandati; invece, con te saremmo un piccolo esercito, e potremmo anche organizzare il popolo: non dimenticare che si combatte contro guarnigioni ben armate e addestrate”.
Oscar capì che, ancora una volta, la pacata saggezza del suo uomo aveva visto lontano.
“Va bene” disse.
Un urlo di gioia si diffuse per tutta la camerata.
“Adesso siamo pronti” la voce di Alain ristabilì un po’ d’ordine “però, prima, vi siete dimenticati una cosa, zoticoni: dobbiamo far gli auguri a questa bellissima coppia, la più bella che la Francia abbia mai vista!”, disse strizzando loro l’occhio.
In pochi istanti, tutti i soldati si diedero ad abbracciare ora Oscar, ora André, rinforzando gli auguri con vigorose pacche sulle spalle.
Erano felici.

Erano felici.
Avevano scelto la loro strada.
Quel giorno avrebbero combattuto per la libertà e la giustizia. Quel giorno si sarebbero battuti a fianco del popolo oppresso in rivolta.
Mentre camminavano in mezzo ad una moltitudine di contadini, artigiani e poveri armati in modo improvvisato di spade ed entusiasmo, Iram e Derania erano convinti della loro scelta.
Era inutile abbandonare Atlantide, se laggiù i loro parenti, familiari ed amici avrebbero continuato a soffrire, schiavi degli oppressori: bisognava abbattere la tirannia, perché questo veniva prima di tutto.
Anche prima della propria felicità personale.
Cosa avrebbero raccontato, un giorno, ai loro nipoti, dicendo che erano fuggiti abbandonando i loro cari ad un destino crudele?
Non era possibile. Dovevano rimanere. E combattere.

Lo squadrone uscì dalla caserma al galoppo, diretto verso Parigi; alla testa c’era una Oscar fiera e piena di coraggio, ma con in più gli occhi colmi di una luce nuova, quella luce che solo due occhi profondamente innamorati sanno avere.
Dalla prima fila, a fianco di Alain, André la guardava pieno d’amore ed orgoglio: la sua Oscar.
Sua, come l’aveva sempre amata, per quel suo fuoco così forte ed inconsapevolmente femminile… quel damerino Svedese non era stato in grado di comprendere quanta bellezza e femminilità ci fosse in quel fuoco!
Nessuno ne sarebbe stato in grado: solo lui vi era riuscito. Ed era per questa ragione che solo lui poteva essere l’amore di Oscar. Il suo uomo.
Giunsero a Parigi quando era sorta da poco un’altra mattina di resistenza: dappertutto, gente in armi, uomini con zappe e picche, donne che imbracciavano forconi, perfino bambini armati di bastoni rudimentali. Ovunque, barricate improvvisate, fatte con mobili presi dalle case, ruote di carri, attrezzi da fabbro, da contadino: tutto quanto potesse servire al combattimento ed alla difesa, veniva portato in strada.
Qualcuno stava anche distribuendo casse di fucili e munizioni, procurate il giorno precedente dall’assalto del Palazzo degli Invalidi.
Il reggimento di Oscar venne immediatamente fermato da una folla minacciosa e armata, che li credeva al servizio del re; ma Oscar, coraggiosamente, non si lasciò intimorire e, fermato il cavallo, scese in mezzo a loro per parlare.
“Ascoltatemi, popolo! Ascoltatemi tutti!”. La folla le si fece intorno, vicinissima.
“Io ed i miei soldati abbiamo deciso di unirci a voi nella lotta alla tirannia. Abbiamo deciso di lasciare tutto, per seguire la giusta causa!”.
Tra la folla serpeggiava il sospetto.
“E perché dovremmo credere ad un nobile?” gridò qualcuno dal fondo; Oscar abbassò gli occhi.
“E’ vero, io sono nobile…”.
Diverse canne di fucili le vennero puntate contro.
Rialzò gli occhi.
“… Ma i miei uomini non lo sono! Essi sono figli del popolo, come voi!! Ed è a loro che dovete credere: a loro che stanno rischiando la corte marziale per combattere accanto ai loro amici e parenti questa lotta giusta!”.
“Io ti credo, Oscar”, una voce giunse dal fondo della piazza; Oscar rimase senza parole. Era Bernard, insieme a Rosalie.
I due si fecero largo tra la folla, fino a raggiungere Oscar ed a stringerle la mano con calore; Rosalie l’abbracciò anche.
“Bernard Chatelet, amico di Robespierre e Saint-Just… se gli crede lui, ci possiamo fidare…”, voci ed umori confusi serpeggiavano tra la folla, per sciogliersi presto in una dimostrazione di aperta fiducia.
Gli insorti si avvicinarono ai soldati, stringendo loro le mani e dimostrando affetto e cameratismo; il cuore di Oscar si riempì di felicità autentica.

Il gruppo degli insorti si era ingrandito lungo il cammino, fino a divenire una vera e propria folla davanti al palazzo dei sacerdoti; iniziarono a tentare di sfondarne l’ingresso con un ariete di legno, mentre venivano scagliate frecce, a cui gli assediati rispondevano con bombe di pece infuocata.
Derania e Iram non si tiravano indietro: lei scagliava frecce e sassi, mentre lui e Varan partecipavano allo sfondamento della porta. La furia del popolo, dopo secoli di oppressione, stava scoppiando.
“Avanti, avanti! Sta per cedere!”, incitava Varan.
I soldati del tempio si stavano scontrando con le ultime file della folla; dappertutto, era un turbinìo di polvere insanguinata, grida, un cozzare di armi; i caduti erano parecchi da ambo le parti.

La colonna di soldati al galoppo procedeva come un rullo compressore, travolgendo qualunque cosa si trovasse sulla sua strada; alla guida, c’era Oscar.
Avevano già sbaragliato due reggimenti di soldati, attaccandone uno posteriormente e l’altro dal fianco, di sorpresa; sebbene i nemici fossero in numero superiore, non avevano potuto opporre resistenza a quegli attacchi fulminei.
Si trovavano adesso in una piazza, dove si stava svolgendo un altro furioso combattimento; Oscar menava poderosi fendenti con la sua spada, mentre Alain e gli altri sparavano in mezzo al mucchio, facendo cadere gruppi di uomini come mazzetti di erba secca.
André stava battendosi contro un soldato molto violento, che aveva picchiato un vecchio inerme sotto gli occhi della figlia e del nipote: in poche parate, ebbe la meglio su di lui.
Si girò allora verso il vecchio e la figlia, aiutando l’uomo a rialzarsi; “Tutto bene?” chiese.
La ragazza, in lacrime, lo abbracciò. “Grazie infinite, signore!” gli disse singhiozzando.
“André! Vieni, dobbiamo andarcene da qui!” lo chiamò uno dei compagni.
Salutatili con un sorriso, André seguì il commilitone.
Si riunirono agli altri, che avevano fatto cerchio intorno ad Oscar.
“Dunque, la situazione è questa: abbiamo avuto la meglio, ma si trattava di un piccolo reggimento; quelli più grandi, ormai, sanno tutto di noi e ci staranno aspettando appostati in qualche passaggio obbligato; inoltre, anche noi abbiamo avuto delle perdite. Dunque, la cosa più saggia da fare, a questo punto, mi sembra quella di unirci alla gente di Bernard e Rosalie, radunata in Place Vendome”.
Si udì un mormorìo diffuso. Alain prese la parola.
“Comandante, è pericoloso! Dovremmo attraversare mezza città, e siamo solo una ventina, stanchi e con poche munizioni”.
Oscar annuì “Hai perfettamente ragione, ma se restassimo qua la situazione non cambierebbe di molto: gli altri reggimenti ci staranno cercando, e se non andiamo via noi, verranno loro qui, e trovando qui queste persone, faranno una carneficina, con la scusa di volersi vendicare del nostro tradimento; quindi, la cosa più saggia che possiamo fare, anche se pericolosa, è raggiungere Bernard e gli altri”.
Tutti furono d’accordo.

Il portone cedette.
La folla sfondò le ultime difese, e si precipitò all’interno del cortile, attraversando come un fiume in piena il cortile ed il giardino dell’intoccabile casta, dove nessun cittadino del popolo aveva mai messo piede.
Dall’alto delle loro finestre, i sommi sacerdoti osservavano la scena con terrore: mai avevano visto il popolo ribellarsi a quel modo! Cercarono di barricarsi dentro la sala del consiglio, mentre già si udivano gli scalpiti e le grida su per le scale.
Un fendente di mannaia si abbatté pesantemente sull’uscio; i sacerdoti fremettero; un attimo dopo, una marea umana sciamò dentro la sala, come un fiume in piena che avesse rotti gli argini.
“Morte ai tiranni!” fu il grido comune, l’ultima cosa che due degli assediati riuscirono a sentire prima di cadere al suolo come fili d’erba tagliati da un netto colpo di falce.
“Fermi!! State profanando un tempio sacro ed i suoi ministri! Gli dèi vi puniranno!!”, gridò uno dei sopravvissuti,
“A chi credi di darla a bere, vecchio?” Varan lo fronteggiò “Noi non siamo delle animelle intimidite! Sappiamo bene a cosa mirano le vostre assurde dicerie!”.
Un coro di approvazione si levò dalla folla, che lo circondava.
“Bada, uomo” quello lo fissò negli occhi, senza mostrare paura “questa tua avventatezza potrebbe costarti molto cara!”,
“Davvero? E cosa vorreste farmi? Cuocermi nell’olio bollente, come avete fatto con mia madre? Non chiedo di meglio che fare la sua stessa fine, la fine di un’eroina martire per la libertà!” gridò lui in risposta.
Il vecchio tremò impercettibilmente: quella gente non era disposta a fermarsi davanti a nulla! Sotto il mantello scarlatto, iniziò a cercare il contatto della propria mano con un affilato pugnale.
“Dunque, non hai niente da dire prima di morire, vecchio?”, continuò Varan,
“Non a te, villano usurpatore!” sibilò quello, con gli occhi scintillanti,
“Peccato, io sì! Ho un debito nei confronti di mia sorella e di mia madre, ed ora vengo a saldarlo” lo afferrò per il bavero del  mantello.
In quel mentre, a sorpresa, il sacerdote gridò “Guardie, a me!”.
Una porta nascosta sul fondo della sala si spalancò, ed un mucchio di uomini armati a volto coperto ne uscì.
“Bastardo traditore!!” gridò Varan; in quel mentre, approfittando della confusione e della momentanea distrazione creatasi, il vecchio uscì la mano armata da sotto il mantello, tentando di colpire Varan; ma questo se ne avvide e gli bloccò il polso per tempo.
“Vigliacco!” sibilò a denti stretti per la fatica Varan; il suo braccio e quello del suo avversario avevano ingaggiato un braccio di ferro serrato.
Nel frattempo, gli improvvisati eroi stavano lottando con tutte le loro forze contro le guardie armate; Iram si era trovato contro tre avversari.
Varan si accorse che le forze del vecchio stavano cedendo, e con uno strattone riuscì a prendere il controllo della situazione, rivolgendo la mano armata del sacerdote contro lui stesso; poi disse: “Per te, mamma! Per te, Ridinia!”, e lo trafisse.
“Derania…” un grido strozzato attirò l’attenzione della guerriera che aveva appena sbaragliato un uomo più grosso e vecchio di lei. Si girò e vide il suo Iram a terra, in una pozza di sangue, mentre con una mano si premeva il petto all’altezza del cuore.
“Iram, cosa ti hanno fatto? Iram, noo!”.
Si gettò sull’amato, che zampillava sangue ed andava perdendo conoscenza.
“Iram… Iram non mi lasciare… non mi lasciare amore… dobbiamo andarcene via, ricordi… ti prego… ti prego amore…”.
La voce della donna si andava facendo via via più fievole ad ogni parola che le usciva di bocca; lo scontro era terminato con la vittoria degli insorti, ed ora tutti i compagni si accalcavano intorno alla coppia.
“Derania… è meglio se vieni via” Varan le parlava con un filo di voce,
“Non posso farlo, Iram sta male, non vedi?” rispose l’altra con una strana vocina “Iram sta male, Iram ha bisogno di me…”.
Due ragazze presero Derania, che aveva perduto ogni volontà, e la trascinarono pietosamente via, senza che lei opponesse resistenza alcuna, mentre Varan si occupava del corpo ormai senza vita di Iram.

Stavano appostati sotto ad un ponte, i venticinque sopravvissuti, pronti a riprendere la strada per raggiungere i compagni al comando di Bernard; Oscar per prima si sporse, guardando fuori: c’era un solo soldato di guardia, in quel momento distratto; in silenzio, gli andò dietro, e quando fu abbastanza vicina, estrasse la pistola e fece fuoco; contemporaneamente, però, anche l’uomo si era voltato ed aveva sparato. Si udirono due spari, ravvicinati. Un attimo dopo, il soldato cadeva a terra, morto. Oscar si voltò “Tutti bene?” chiese.
“Sì, comandante” le rispose Alain. André tremava: la pallottola era passata a pochi millimetri dalla sua spalla, evitandolo per un soffio.
“Va bene, andiamo allora!” ordinò Oscar.
Uscirono nel tramonto; la strada appariva deserta. Si avviarono verso Place Vendome.
Avevano perso i cavalli, ed a piedi erano consapevoli di essere molto più vulnerabili; ciononostante avanzavano, cauti.
Non appena ebbero raggiunto la sponda del fiume, si udirono alcuni spari; Oscar e i suoi si appiattirono contro un muro, rispondendo al fuoco; ma poco dopo, vi fu di nuovo silenzio, probabilmente doveva essersi trattato di un gruppo isolato.
Proseguirono per la strada, ma ad un certo punto si trovarono davanti un intero squadrone.
“Ci hanno presi come topi in trappola!” sibilò Alain, accanto ad Oscar ed André,
“Venderemo cara la pelle!” gridò Oscar iniziando a rispondere al fuoco.
Gerard Lasalle cadde per primo, seguito da altri soldati.
“Comandante, sono troppi! Non ce la faremo mai!!”.
Oscar sapeva bene che era vero, ma continuava disperatamente a combattere.
All’improvviso, si udirono altri spari, e nelle file nemiche i caduti aumentarono.
“Che succede?” Oscar si voltò.
In lontananza, si vedeva una moltitudine avanzare verso di loro, immensa, armata; lo squadrone nemico iniziò a retrocedere.
“Sono Bernard e gli altri! Siamo salvi!”.
“Plotone, ritirata!” gridò il comandante nemico; in poco tempo, i soldati si dileguarono, obbedendo al suo ordine.
La folla, invece, avanzava verso il manipolo di sopravvissuti di Oscar.
“Era ora!!” Alain non perdeva mai il suo spirito scherzoso.
“Ragazzi! Siamo qui!!” Bernard corse ad abbracciare Oscar, mentre Rosalie saltò al collo di André,
“Che gioia vedervi!” Oscar era sollevata,
“Anche per noi. Siamo arrivati appena in tempo, eh?”,
“Dobbiamo seppellire i caduti” André abbassò pietosamente lo sguardo a terra,
“Certamente. Ma non è bene rimanere a parlare in un luogo tanto scoperto: venite alla nostra base. A proposito” fece un cenno con il braccio verso due figure “vi voglio presentare i due maggiori capi di questa rivoluzione: loro sono Maxime Robespierre e Louis Saint-Just”,
“Molto piacere” fece Oscar stringendo la mano ai due,
“La famosa donna-comandante? Ce ne vorrebbero di più, di donne come te!” esclamò Robespierre ricambiando la stretta,
“E’ la mia futura moglie, sapete!” faceva André rivolto a Saint-Just con aria orgogliosa,
“Sei fortunato, allora! Però, cerca di rigare diritto, a casa, non si sa mai!” scherzò quello, in risposta.


“Iram, Iram!” Derania delirava fra le lacrime; nulla poteva la vicinanza dei suoi compagni di lotta, ora che aveva perduto il suo amore.
“Sorella mia…” Varan lacrimava, confondendo l’immagine di lei con quella della propria sorella “Dobbiamo essere forti. Non possiamo cedere ora: Iram non lo avrebbe voluto. Dobbiamo andare avanti, e raggiungere il palazzo di Idion”,
“Idion! E’ colpa sua se Iram è morto! Lo ucciderò con le mie mani! Giuro che la pagherà!” Derania recuperò la sua coscienza, ora piena di rabbia.

Era ormai notte. La grande sala era illuminata da fioche candele, per rendersi meno individuabili.
Tutti i suoi occupanti avevano deciso il da farsi.
“Domani attaccheremo la Bastiglia, il simbolo del potere della nobiltà” ordinava Robespierre.
Tutti si trovavano d’accordo, il suo carisma era indiscutibile.
“Noi comanderemo i cannoni” fece eco Oscar indicando i suoi uomini,
“Molto bene. Allora, se siamo tutti d’accordo, non ci resta che attendere che sia giorno. Bernard si è premurato di radunare una gran folla che ci aiuti nell’impresa”.


Il sole era già alto quando una gran folla armata iniziò a radunarsi ai piedi della Bastiglia, la poderosa fortezza che da secoli rappresentava il potere ingiusto della nobiltà sul popolo; intorno alle undici, ecco arrivare anche i soldati di Oscar con i cannoni.
Bernard de Launay, il governatore della Bastiglia, non si capacitava: “Ma dove hanno trovato quei cannoni? E i fucili? Ieri erano armati solo di picche e spade!”,
“Ho sentito dire che hanno assaltato il Palazzo degli Invalidi” gli rispose qualcuno,
“Dobbiamo far qualcosa…” diceva il governatore pensieroso, guardando la folla radunata sul piazzale.
Alain e gli altri stavano già caricando i cannoni; tra la folla serpeggiava la rabbia di secoli di oppressione.

“Morte al tiranno!” gridava una folla inferocita radunata sotto il palazzo del gran sacerdote Idion.
“Bifolchi!! Vi farò vedere che succede a destabilizzare un ordine costituito!” ringhiava lui, da dietro le finestre.
“Signore, attendiamo ordini” disse il comandante della sua guardia personale, in piedi dietro di lui,
“Sterminateli, allora! Che state aspettando?”,
“Agli ordini, mio signore!” rispose quello, inchinandosi; poi, lasciò la sala.
“E portatemi il loro capo! Vivo!” aggiunse,
“Signorsì!”.
Derania era alla testa della folla; davanti a lei, solo l’ultimo, dolce sorriso del suo Iram.
“La pagherai, bastardo! E per te sarà ancora più terribile, perché a colpirti sarà proprio una donna!”.
Alzò la testa “Forza! Sfondiamo quel portone!” disse, facendo un ampio cenno col braccio agli uomini che portavano l’ariete.
Il poderoso attrezzo d’assedio si abbattè contro il portone di  legno, una, due, tre,… infinite volte; l’ingresso si spalancò.
“Strano che non ci fossero soldati ad attenderci…” pensò ad alta voce Varan.
Per la seconda volta, la folla sciamò all’interno del palazzo; a guidarla, Derania.
Ma una volta raggiunto il cortile d’onore, ecco pararsi dinnanzi a loro una guarnigione enorme, armata fino ai denti.
“Soldati, all’attacco!” fece quello che sembrava il comandante.
La folla si intimidì per un attimo, per la sorpresa inaspettata; poi, riprese coraggio e avanzò verso il nemico.
I due schieramenti si scontrarono, si fusero, in un enorme, orribile e sanguinoso scontro; a chi avesse visto la scena dall’alto, sarebbe sembrato un gigantesco ballo di piazza, con una folla multicolore che si avvolgeva su sé stessa.
I ribelli si battevano con grande coraggio, ma erano male in armi e stanchi per i precedenti scontri già sostenuti; i militi, al contrario, erano bene armati e riposati.
Derania menava fendenti di spada spaventosi, decapitando i nemici che le si presentavano davanti; la sua furia era incontrollabile: voleva eliminare ogni ostacolo per poter raggiungere Idion, l’assassino del suo amore e causa di tutti i mali di Atlantide.
“Via, bastardo!!” gridò, spaccando la spalla ad uno dei soldati e dirigendosi verso le scale che portavano all’interno del palazzo.
Nei corridoi trovò altri soldati; riuscì a sfuggire ad alcuni e ne uccise altri, proseguendo il suo tragitto, inesorabile, fino a raggiungere la stanza dove si trovava Idion.
Spalancò la porta.
“E’ me che volevi, bastardo?” gridò.
Il vecchio la guardò torvo, ruggendo sommessamente; capì di trovarsi di fronte il capo della rivolta.
“Così sei stata tu! Dovevo aspettarmelo!”,
“Che cosa? Che la tua vittima si vendicasse? O che una donna venisse a punirti per i tuoi misfatti, avido bastardo?”,
“Sporca popolana!” Idion sguainò la spada,
“Pagherai per la morte di Iram!” gridò lei, mettendosi in guardia.
L’uomo l’attaccò.
“Vi siete ribellati agli déi, ed ora la pagherete!”,
“Quali déi? Quelli che ci propinate per poter continuare ad arricchirvi? Non ci ho mai creduto! Io credo che esiste un solo Dio, e che sia giusto e buono, che non tolleri le vostre nefandezze! Egli non tollera il vostro voler essere più simili alla bestia che all’umano!”,
“Che accidenti vai dicendo, donna?”,
“La verità! Una verità che a quelli come te piace poco!”.
I due stavano combattendo furiosamente, nella stanza vuota; si udiva solo il cozzare delle loro lame e le loro parole concitate.
La furia di Derania era cieca e feroce; cionondimeno, ella non era abituata al combattimento più di tanto: i pochi insegnamenti avuti dal padre in merito erano lontani anni, oramai.
In breve, l’avversario riuscì a metterla in difficoltà, facendola finire spalle al muro; la sua spada volò via, mentre la lama di Idion le puntò la gola.
“E’ finita, donna ribelle!” le disse,
“No, non è affatto finita. Puoi uccidermi adesso, ma i tuoi misfatti non sopravviveranno: tra cento anni, mille, duemila, diecimila… verrà il momento per te di pagare tutte le tue nefandezze. E sarò io a punirti, dovessi attraversare i secoli per farlo!”,
“Taci, strega!!” gridò il vecchio, trafiggendola.
Il corpo di Derania scivolò lungo il muro, fino a terra; sul viso, un sorriso compiaciuto; nella mente, l’ultimo pensiero “Iram, vengo da te…”.
Giù nel cortile, continuava ad infuriare la battaglia.

“Fuoco!!” Oscar alzò in aria la spada; un secondo dopo, un tremendo colpo echeggiò, ed una palla di piombo andò a sfondare il ponte levatoio della Bastiglia.
Era già il quarto colpo che veniva sparato contro la fortezza, ed il ponte stava ormai per cedere; la folla non aspettava altro che entrare per fare strage di soldati, sfogando la sua rabbia.
“Fuoco!!” un altro colpo si abbattè sul legno. Il ponte cedette.
Una folla urlante si precipitò al’interno della tetra costruzione.
Mentre li osservava, Oscar fu presa da uno dei suoi “ricordi inconsci”: una folla immensa, armata, che sfondava le difese di un grande palazzo, simbolo di oppressione ed ingiustizia, in un altro tempo ed un altro luogo…
E’ la resa dei conti…
Non seppe dire cosa fosse, ma sentì l’impulso di entrare anche lei.
L’immagine di un vecchio dallo sguardo viscido e crudele le si parò davanti.
Allora, capì.
“Oscar, dove vai?” le gridarono dietro André ed Alain.
Lei non rispose; sguainò la spada e con passo deciso si unì al popolo che entrava nella Bastiglia.
L’ultima cosa… per chiudere con il passato. Attendimi, André! Poi, ci saremo solo noi due, ed il nostro futuro insieme.
La folla si stava battendo con successo contro la guarnigione; Oscar attraversò il corridoio senza che nessuno la attaccasse, quasi fosse stata invisibile.
Cento anni, mille, duemila, diecimila…
Nessuno sfugge alla propria nemesi!
Guidati da un percorso invisibile, i suoi piedi sapevano dove dovevano andare. Salì le scale, dove giacevano corpi di soldati e persone comuni morti, diretta alla sala di guarnigione.
La porta era aperta, de Launay era solo.
Non appena la sentì entrare, si voltò.
“TU!!” l’uomo spalancò la bocca, anche lui catturato da una memoria che veniva da un altro tempo,
“Io, Idion! Te lo avevo detto: attraverserò i secoli per ritrovarti!”,
“Ti ho eliminato già una volta!” ruggì il governatore,
“Non puoi più sfuggirmi, ora!” Oscar gli si avvicinò; l’uomo sguainò la spada.
Iniziò il duello.
“Cosa hai fatto alla mia gente dopo la mia morte, tiranno?”,
“Credevo che quelle fandonie che Cagliostro mi aveva detto riguardo alla reincarnazione fossero solo storielle della sua mente malata, finché non ho iniziato ad avere quelle visioni!”, rispose lui,
“I conti si saldano sempre, in una vita o nell’altra. Ti avevo avvertito!”.
Il duello sembrava volgere decisamente a favore di de Launay; ma con uno scatto inaspettato, Oscar lo disarmò, facendolo cadere a terra.
“Ti ho riconosciuta da quando ti ho vista là sotto!”,
“Quali sono le tue ultime parole?” Oscar gli puntava la spada alla gola,
“Non morirò per mano di una donna!”,
“Vedo che non hai perso il vizio di considerare l’essere umano simile alla bestia, e di comportarti di conseguenza! Ma ora è finita, Idion! Finita davvero!”,
“No!!” l’uomo gridò con tutte le sue forze, cercando di riprendere la propria spada a pochi passi da lui per colpire Oscar, ma lei fu più veloce, e gli trapassò la gola.
Il comandante della Bastiglia cadde in avanti, gli occhi sbarrati che si facevano sempre più vitrei.
“Giustizia è fatta!” mormorò Oscar.
“Oscar! Dove sei?” André entrò nella sala, seguito da Alain; videro l’uomo morto a terra, poi guardarono Oscar.
“E’ finita!” disse lei per tutta risposta “Come va, là sotto?” aveva ripreso un po’ il controllo di sé stessa.
“Bene, comandante” fece Alain “la guarnigione ha ceduto: abbiamo conquistato la Bastiglia. Adesso inizia la Rivoluzione, davvero!”.
“Molto bene, soldato Alain” fece lei “adesso, ho due ordini per te. Primo, non chiamarmi più “comandante”, chiamami Oscar; secondo: vuoi farci da testimone alle nostre nozze?”.
Il gigante bonaccione fece un largo sorriso “Ne sarei onorato, Oscar!”,
“Grazie, Alain. Ora lascio a te l’incarico di “mettere in ordine” qui; io ed André andiamo a dare una mano agli altri”.
Forse per l’ultima volta, Alain fece il saluto militare.
Oscar ed André iniziarono a scendere le scale; all’improvviso, André si fermò, voltandosi “Ho sentito bene? Vuoi davvero sposarmi?”,
“Sì, mio Iram! Avevi dubbi in merito?”.
André la prese tra le braccia e la baciò; poi, guardandola intensamente chiese “Era lui, vero?”,
“Sì, André, era lui. Ma adesso è finita; la nostra porta col passato si è chiusa. Abbiamo davanti a noi solo un magnifico presente ed un bellissimo futuro”.
Si baciarono ancora.
Intorno a loro, da ogni parte giungevano le urla festose della folla vittoriosa.

                                         **********

Settembre 1792.
Oscar ed André sedevano al tavolo come ogni sera, insieme a Bernard e gli altri.
Erano entrati nel club dei giacobini per meriti d’onore, e tutti li stimavano e li volevano bene.
“Dunque, queste sono le ultime leggi che ho proposto. Che ve ne pare?” stava chiedendo un giovane deputato.
Robespierre si grattava il mento, pensieroso “A me sembrano ottime. Tu che ne dici, Oscar?”.
La donna sorrise; sebbene non fossero molte le donne che frequentavano quel club, lei era stata stimata e benvoluta dal primo istante, forse in virtù del suo valore e del suo coraggio dalla parte del popolo; André ne era contento quanto lei.
“Sono d’accordo. La povera gente ha diritto ad una vita dignitosa”,
“Molto bene. Allora domani la legge sarà discussa ed approvata” concluse Robespierre.
“Scusate, noi dobbiamo proprio andare. Sono le nove, e si è fatto tardi per Pierre, vorrà mangiare!” Oscar si alzò.
“Ma… non c’è Rosalie con lui?” chiese Saint-Just,
“Certo, ma un bambino di quattro mesi vuole vedere anche i genitori, ogni tanto” gli rispose scherzosamente André,
“D’accordo. A domani, allora!” li salutò Robespierre mentre Bernard li accompagnava alla porta.
“Ci vediamo, non fate tardi, eh?”, diceva loro Bernard,
“Non preoccuparti!” fu la risposta di André, che abbracciava la moglie.
Lo salutarono un’ultima volta, poi salirono sul loro calesse.
Si guardarono intensamente negli occhi: la loro vita era felice, al contrario di quella che non aveva potuto essere di Iram e Derania; i loro antenati si erano sacrificati affinché loro due potessero avere un mondo migliore in cui vivere: sebbene fossero morti, qualcosa di loro rimaneva nelle loro gesta immortali, ed in quello che di buono avevano lasciato in eredità ai secoli successivi: il senso di giustizia e l’uguaglianza.
O forse non erano mai veramente morti, ma avevano solo fatto un salto attraverso le epoche per potere avere un’altra occasione: in circolazione per la seconda volta, se così si vuole dire.

Nota: Bernard de Launay, governatore della Bastiglia al tempo della Rivoluzione, fu in realtà portato fuori dalla fortezza dopo che questa era caduta, ed ucciso a colpi di picca; non aggiungo particolari al raccapricciante trattamento riservato al suo corpo dopo la sua morte... non avevo nulla contro di lui, ma la sua identificazione con Idion è stata necessaria a fini narrativi.

E con questo capitolo, si chiude questa storia; spero che vi sia piaciuta, e desidero innanzitutto ringraziare sentitamente tutti coloro che mi hanno sostenuta ed incoraggiata con le loro bellissime recensioni, e che hanno apprezzato questa storia scritta in tempi e modi improbabili, ma con il cuore; desidero poi augurare BUONA PASQUA a tutti, e mandare un bacione grande a chi mi segue già da tempo. Adesso, i ringraziamenti personali:
Ninfea Blu: grazie sempre, sei un vero tesoro, e spero che questo lieto fine ti sia piaciuto; aspetto i tuoi commenti, e le tue prossime storie!
Bay: se ci sei, fatti viva...
StregaGrianne: come hai fatto a capirlo?
Beatrix 1291 e Lady in blue: in effetti, sapevo bene che il repentino cambiamento del generale avrebbe fatto storcere il naso a qualcuno :-) (ha fatto sorridere persino me), ma ho voluto dargli un'altra opportunità... in fondo, tutti abbiamo diritto ad una seconda occasione, no? :-)
Patrizialasorella: hai perfettamente ragione quando dici che il capitolo precedente è stato un tantino affrettato, io stessa l'ho pubblicato un pò perplessa... e solo rileggendolo, dopo la pubblicazione, mi sono resa conto che un lieve rallentamento alle vicende dei nostri eroi non sarebbe stato tanto male; ma tant'è...
Khristh: anche questo capitolo è giocato sui due piani temporali che si intrecciano, non so se sono riuscita a renderli... ad ogni modo, fammi sapere!
Pry:  ti ringrazio dei complimenti, penso che la vigilia di un grande evento come una rivoluzione sia quanto di più bello e difficile ci sia da descrivere; tanto più che io adoro il periodo della Rivoluzione Francese, la base dell'epoca moderna!
Un bacio anche a chi ha letto senza recensire e a chi ha messo questa storia tra i preferiti ed i seguiti (spero di non dimenticare nessuno).
A presto, Tetide.


  
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