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Autore: Red_Hot_Holly_Berries    03/04/2010    4 recensioni
-Non ti sei mai chiesto, piccolo ingrato, perché la tua cazzo di Indipendenza lo ha fatto stare così male? Dopotutto tu non sei la prima colonia che si è ribellata contro il suo conquistatore. Ti sei mai chiesto perché Arthur è l’unico a soffrirne ancora dopo duecento fottuti anni?-
No, America non si è mai posto domande. E ora, che lo voglia o meno, avrà delle risposte. Niene è come sembra, e la finzione non è più solo vivere...
Genere: Malinconico, Dark, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Arthur Iggy Kirkland: Erano anni che sognavo di scrivere del vero Arthur! O meglio, dell'Arthur che si nasconde dietro la facciata di Gentleman Inglese! COme fondere rock e eleganza? Lasciata fare alla vostra Lily, e se siete amanti dell'angst, non potrete più staccare gli occhi dal computer... MUAHAHAH!
artemis89: Nel caso non sia chiaro, la storia era nata come una one-shot. Ma superando le 6 pagine, ho deciso si tagliarla: ecco perchè le fini dei capitoli sono così brutali e mozzafiato (e perchè devo riprendere le ultime righe all'inizio del nuovo capitolo...) e sì, ero stufa della solita immagine di una Francis mollaccione che nonsa fare niente. U__U
mua: certo che è fAigo. U___U vorrei anche mettere, lo'ho scritto io! E invidiami, cara, che per poter andare anvanti con la storia, sono costretta (che sofferenza, eh?) a sognarlo tutte le notti... sai, l'ispirazione... XD





-Non ti sei mai chiesto, piccolo ingrato, perché la tua cazzo di Indipendenza lo ha fatto stare così male? Dopotutto tu non sei la prima colonia che si è ribellata contro il suo conquistatore. Ti sei mai chiesto perché lui è l’unico a soffrirne ancora dopo duecento fottuti anni?-

Capitolo 2: Where Your World Falls Down

-Forse perché sotto la sua scorza seria, è in realtà un sentimentale?- suggerì America, alzando le spalle.
-E allora perché nessuno l’ha mia visto piangere quando l’Australia si è separata? O l’India? O il Canada? Ti sei mai reso conto, moccioso egoista, che non ha mai pianto per nessun altro?- lo accusò Francia, digrignando i denti, in una mossa molto poco elegante e molto ferale.
-Non credo che lo abbia mai fatto, non è da lui.- Dopo le veementi accuse dell’altro, finalmente Inghilterra aveva rialzato lo sguardo e stava guardando negli occhi lui, America, per la prima volta nella sua vita con la serietà di due pari.
-Dato che questa stupida rana ci ha trascinato fino a questo punto, tanto vale ormai…- ma nella sua voce non c’era solo rassegnazione, oh, no, c’era anche una certa dose di sollievo: basta fingere, basta soffrire un dolore inutile, basta rimandare. E così cominciò.
-Il mio più grande desiderio, da millenni, è essere padre. Ho avuto molte colonie, prima e dopo di te, ma tu sei colui che più ho desiderato fosse davvero mio figlio.-
Sembrava avere poco più di vent’anni, ma all’improvviso, mentre si appoggiava allo schienale della sua sedia, reclinando il capo all’indietro, America si rese conto di come in realtà tutto di lui lasciasse trasparire il fatto che si era visto passare accanto più di… quanti anni ormai? Tremilacinquecento? Quattromila?
-Chiamalo l’errore di un vecchio, se vuoi, ma l’unica cosa che volevo era solo essere tuo padre. Non è ridicolo? Un impero che giura di proteggere un bambino con più senso di giustizia di lui!- risata priva di allegria.
-Questa storia piacerebbe anche a me sentirla. Nessuno di noi era riuscito a capire perché sei cambiato così all’improvviso.- intervenne Francia, sedendosi sul bordo del tavolo mentre Inghilterra si alzava e prendeva a camminare per la cucina, abbracciandosi da solo in cerca di calore e sicurezza. Non ce la faceva a stare seduto….
-Cambiato?- domandò curioso America. A lui non sembrava che fosse minimamente cambiato, negli ultimi quattrocento anni.
-Ecco, vedi? Non sa neanche che suo padre era un assassino, Cristo santo!-
-Un… CHE COSA!?- sì, decisamente era la giornata delle esclamazioni stupide.
-Il nostro Arthur qui presente ha sempre avuto un certo… disprezzo per le leggi.-
-Non sono un cazzo di bue a cui mettere il giogo!- replicò Inghilterra guardando male Francia, per poi decidersi ad appoggiarsi contro il muro.
-Neanche io, ma non per questo per tutta la mia vita ho cercato la compagnia di criminali e fuorilegge, né mi sono divertito a terrorizzare i sette mari al comando di pendagli di forca della peggior specie, come hai fatto tu, Capitano Kirkland.- ironizzò il francese.
-Aspetta! Stai parlando di quando era un pirata? Allora è vero?- domandò America, con gli occhi che luccicavano come quelli di un bambino, immaginando storie di avventura, di navi e di isole piene di tesori.
Sì, forse era da lì che veniva il suo complesso dell’eroe… Ma una risata aspra lo fece ritornare alla realtà, come se gli avesse letto nella mente.
-Oh no Alfred, essere un pirata non voleva dire essere un eroe.- disse Inghilterra con un ghigno amaro, e un attimo dopo, con una mossa talmente veloce da non poterlo seguire, era accanto America, con un coltello estratto da chissà dove premuto contro la sua gola.
-Essere un pirata era rubare, uccidere, stuprare, saccheggiare. Era avidità, era lussuria, era rabbia.- Così gli sussurrò nelle orecchie il giovane dagli occhi verdi, stringendo la morsa tanto del suo braccio intorno al suo collo quanto quella della lama.
-Era libertà solo rubandola agli altri, era perdere tutto da un momento all’altro, era essere temuti e osannati, era essere maledetti a vista. Era essere sempre sul filo della morte. Era questo.- disse con un sospiro tremulo (cosa reprimeva? Paura? Dolore? Nostalgia? Desiderio?), incidendogli con una mossa la pelle del collo, abbastanza da trarre sangue ma non abbastanza da procurare vero danno.
America, sconvolto, si alzò e cercò di afferrarlo, ma l’altro era schizzato via con la rapidità di un serpente che si ritiri dopo aver attaccato il nemico, e di nuovo contro il muro lo osservò tastarsi la gola con espressione impassibile.
-Perché cazzo l’hai fatto?- ringhiò America, accettando il fazzoletto che Francia gli porgeva e tamponando la ferita, ma rabbrividendo dentro di sé nel vedere Inghilterra leccare noncurante la lama prima di riporla nei pantaloni. No, non avrebbe attaccato il più vecchio, non ora.
-Tu non sai niente di me. Sono molto diverso da come ti mi credi.- fu la risposta, quasi derisoria.
-Per tutta la mia vita sono sempre andato contro il potere. Ho creato le mie leggi, e solo quelle ho rispettato. Nessuno è mai riuscito a impormi la sua volontà, e anche se poi me ne pentivo, ho sempre fatto ciò che volevo io. Sono stato un criminale per millenni, ma quando ho trovato te, quando ho deciso d allevarti… non volevo che diventassi come me.-
America davvero non ci stava capendo più nulla. Prima cercava di sgozzarlo e ora faceva il nostalgico?
-Ho cercato di essere il genitore che ci si aspettava fossi per te, ma non so se è stata una così buona idea. Se fossi stato più me stesso, forse, non te ne saresti andato. Non te l’avrei mai permesso… sono sempre stato possessivo e geloso delle mie cose, sai.- Altro sospiro. Ma che diavolo..?
-Essere “Inghilterra” è stata la cosa più difficile che abbia mai fatto, e non resistevo mai molto: in casa ero tuo padre, tuo fratello, ed era un ruolo che mi piaceva, ma fuori, sul mare, ero il demone più temuto al mondo, ed era… esaltante.-
-Cominci a capire, America… Alfred? Capisci la differenza?-
Lo stava guardando negli occhi, ed era la stessa persona che lo aveva cresciuto… eppure perché lo sentiva così lontano? Così diverso? Aveva paura, voleva il suo fratellone indietro, voleva colui che lo faceva dormire con lui perché aveva paura dei fantasmi! Non voleva questo uomo (sì, perché riconosceva che lo era più di lui, ora lo capiva) che gli stava presentando qualcosa di troppo grande per lui.
-Inghilterra non può permettersi di alzare la testa, non da dopo la Seconda Guerra Mondiale. La sue economia è a malapena in positivo, e in campo politico non viene neanche più considerato, se non come un peso. Non ha diritto di esigere niente dal mondo. Capisci? Inghilterra, essendo una nazione, è legato alla sua Regina, alle sue leggi, a come il mondo lo vede.-
America lanciò uno sguardo disperato a Francia, ma quello si rifiutò di incontrarlo, tenendo la testa bassa. Anche lui….? Cosa stava succedendo al suo mondo?
Un estraneo dai capelli biondo cenere e gli occhi verdi gli stava dando le risposte alle domande che non aveva mai avuto il coraggio di fare.
E, pezzo per pezzo, il suo mondo stava crollando.
-Ma Arthur, Arthur è libero di essere ciò che vuole. Arthur è un delinquente, e gli piace esserlo. Se ne fotte delle leggi, dell’autorità. Arthur non deve niente a nessuno. Arthur è libero di odiare… e di amare. Arthur è umano.-
E quella fu la stoccata finale.
Il più giovane (chi era lui? America? Alfred? Una colonia? Un ragazzino che non ha capito nulla del mondo?) si lasciò cadere sulla sedia.
-Noi… non siamo umani. Siamo nazioni! Siamo immortali!- Cosa altro potevano essere?
Lo sguardo dell’altro si addolcì.
-Quando siamo nati, eravamo umani. Avevamo tutti una madre e un padre, solo che non ce ne ricordiamo. Forse appena nati il nostro destino era già segnato, e ben presto sono scomparsi dalla nostra vita.-
-Come fai a esserne sicuro?- lo apostrofò, quasi disperato. Non aveva mai davvero pensato alla sua nascita, aveva sempre dato per scontato che un bel giorno, semplicemente, era arrivato in questa vita. C’era un’altra spiegazione?
-Perché ho cresciuto te.- rispose l’altro sorridendo con tenerezza, avvicinandosi a lui ed accarezzandogli i capelli. Ma che cavolo…? Era in menopausa o cosa, quel tizio, per avere simili cambiamenti d’umore!?
-Noi personificazioni non ci ammaliamo mai, se non quando il nostro paese sta male. Invece tra te, tuo fratello, Australia, Nuova Zelanda, Hong Kong, Seychelles e gli altri, da piccoli vi siete presi più raffreddori e malattie infantili di quante ne possa ricordare.-
-Io me le ricordo!- Si intromise Francia. -Varicella, morbillo, orecchioni, rosolia, scarlattina, influenze varie…- contò sulle dita, ma l’altro lo zittì, stizzito.
-È facile parlare per te, che non hai dovuto prenderti cura di loro! Senza contare che riuscivano ad ammalarsi nello stesso dannato momento pur essendo in parti opposte del mondo, io dovevo occuparmi di tutti loro!- disse quasi mettendo il broncio, facendo ridere il francese.
-Quello che Arthùr sta cercando di dire- continuò questi –è che da bambini eravamo umani. È stato crescendo, che siamo diventati quello che siamo adesso. Perché però, ancora non lo sappiamo.-
Il più giovane stette in silenzio ancora un attimo, cercando di mettere in ordine tra i suoi pensieri.
-Perché me lo dite solo adesso?- chiese infine, e ebbe l’amara soddisfazione di vedere il viso dell’inglese incupirsi per il senso di colpa, mentre lasciava cadere la mano con cui gli aveva arruffato i capelli.
-Se lasciati a noi stessi, è una cosa che impariamo presto. Il fatto di essere due persone diverse, intendo.- chiarificò Arthur. No, ormai non poteva più chiamarlo “Inghilterra”.
-Ce ne rendiamo conto perché vediamo le persone intorno a noi invecchiare e morire. So che può sembrare ingenuo, ma… come ti ho detto, ti amavo, e volevo proteggerti. E ci sono riuscito fin troppo. Non volevo che tu sperimentassi il dolore di sapere che prima o poi se ne vanno tutti, perciò invece di crescerti come un bambino, ti ho cresciuto come una nazione.-
Essere una nazione aveva tante peculiarità, ed una in particolare, come l’essere pressoché immortali, aveva un doppio faccia: la memoria. Proprio perché hanno una vita che copre i secoli, al contrario degli umani, che del passato ricordano solo le esperienze più importanti, le nazioni non dimenticano nulla, neanche il più piccolo dettaglio.
Ed adesso Arthur stava facendo i conti con i suoi ricordi di quando cercava di addomesticare quel cucciolo selvatico che era America, anni di pura gioia interrotti in modo così brutale.
Percependolo, Francis gli circondò le spalle con un braccio, gesto per una volta scevro di ogni tentativo di flirt, semplicemente cercando di confortarlo con la sua comprensione.
Alfred osservò Arthur accettare il contatto e appoggiarsi contro il petto dell’altro, ancora seduto sul tavolo, e sentì un gelido nucleo di gelosia e inutilità dentro di sé.
Per la prima volta nella sua vita, si sentì completamente tagliato fuori. Troppo giovane, troppo ingenuo e, aveva appena scoperto, anche troppo ignorante.
Poteva mai sperare di instaurare un rapporto di tale empatia con il suo ex-conquistatore, da cui ancora dipendeva così tanto? Quei due davanti a lui avevano condiviso migliaia di anni di lotte, guerre, battaglie, scontri, paci pagate col sangue. Eppure erano così vicini…
Come si sentiva sciocco, coi suoi miseri quattrocento anni, avendo vissuto appena un decimo di quello che loro avevano sperimentato in una sola vita!
-Se ricordi bene, la casa in cui hai vissuto era lontano dalla città. C’eravamo solo tu ed io, e quando non c’ero, facevo in modo che venisse una cameriera ad occuparsi di te, ma non era mai la stessa. Vivendo in questo isolamento, e avendo la possibilità di conoscere la gente solo quando ti portavo in città, per il tempo in cui… hai voluto la tua indipendenza, avevo radicato in te l’idea che gli umani vivessero in un mondo completamento diverso dal nostro, e che non c’era bisogno di cercare la loro amicizia, che ti bastava quelle delle altre nazioni, come quella di tuo fratello.-
Quell’accenno casuale al suo gemello del nord fece bruscamente uscire America dalla sua trance.
-Canada!- Esclamò, con il tono di chi comprende all’improvviso una cosa, attirando gli sguardi curiosi degli altri due, stupiti dal cambio di argomento.
-Cosa c’entra Matthieu?- chiese Francis, che aveva appoggiato una guancia sulla sommità del capo di Arthur, incredibilmente calmo tra le sue braccia.
-Posso dirlo anche a lui, vero? Cioè, non è un segreto che abbiamo due personalità, no?- chiese Alfred, tentennante eppure eccitato.
L’inglese sospirò: -Idiota, non farlo sembrare una malattia mentale! Non siamo in uno dei tuoi dannati film esagerati. E comunque…-
-E comunque lui lo sa già.- completò il francese, e l’americano lo guardò senza capire.
-Pensavo l’avessi capito… tu sei l’unico di noi a non saperlo. Questa… questa discussione non è normale. Non è come rivelare chissà quale verità segreta.- Francis sembrava davvero a disagio nel trovare le parole per spiegarlo, e fu la volta di Arthur di stringergli una mano, incitandolo ad andare avanti. In teoria doveva essere compito suo, ma la rana stava facendo un buon lavoro per conto suo, quindi…
-Non ho mai dovuto parlane apertamente a Matthieu, non è come spiegare il sesso a un bambino… Sarebbe molto più facile. Essendo un bambino, questa nostra… convenzione di vivere, come nazioni e come umani, l’ha imparata crescendo con me e poi con Arthur, vedendo come ci comportavamo noi ed emulandoci. Anche se le nostre colonie hanno avuto il vantaggio di trovarsi la pappa già pronta, mica come noi che abbiamo dovuto impararlo da soli, eh, Arthùr?-
Se il suddetto inglese aveva sopportato di essere usato come poggiatesta, non sembrava altresì disposto a farsi arruffare i capelli (non che facesse gran differenza…), e si ribellò divincolandosi violentemente dalla sua stretta, sibilandogli sottovoce qualche imprecazione.
-Il fatto è che per noi sei… come un’anomalia- disse Arthur dopo essersi ricomposto.
-Molti non hanno apprezzato il mio… “esperimento”, come lo hanno chiamato.-
Com’era acido quel sorriso! E come faceva paura quell’ombra latente nel suo sguardo! Sì, Alfred lo ricordava bene, quanto lui fosse protettivo con i suoi “cuccioli”. Come aveva detto lui stesso, aveva sempre cercato di proteggerlo. Che sciocco, a non accorgersene…
-Soprattutto Yao… sai, Cina. È lui che mi ha fatto più pressione perché te lo facessi capire. È il più vecchio di noi, e avrei dovuto dargli ascolto prima.-
Sospiro. Alfred ripensò al paragone con il sesso. Davvero era così difficile spiegarlo? Quanto lo era per lui capirlo?
-Tutti, sapendolo, ti hanno assecondato, ma adesso la situazione sta diventando insostenibile.- Lo guardò di nuovo negli occhi.
-Riesci a capirlo? Cerchi di sfogare come nazione i tuoi desideri personali, ma non puoi! Hai il diritto di fare lo sbruffone quanto vuoi, e anche di fare il bullo, ma…- Arthur colse il suo sguardo allucinato.
-Sì, per quanto mi secchi ammetterlo, ne hai il diritto: tra di noi è tutto un gioco di forza, e tu sei una delle nazioni trainanti, quindi ne hai il pieno diritto.-
-Il fatto è che… oh, cazzo! Come nazione devi pensare solo e solamente all’interesse della tua gente. Niente, niente vale di più di quello, e devi essere pronto a fare qualunque cosa per ottenerlo. Per questo non puoi permettere ai… tuoi giudizi sulle altre personificazioni di interferire.-
Ad Arthur non piaceva la faccia sperduta di Alfred. Lo faceva sentire ancora più colpevole di… pervertirlo in quel modo. Di dirgli che sì, c’è un mostro sotto il letto.
-Non importa se ti sta simpatico o al contrario lo odi, semplicemente non puoi metterti a fare amicizia durante un accordo di qualunque genere!-
-Ma PERCHÈ? Chi cazzo lo ha deciso?- urlò Alfred, saltando di nuovo in piedi e serrando i pugni.
-Non ha senso! Perché no!?- A quel commento, quasi da bambino viziato, fu la volta di Arthur di arrabbiarsi.
-NON L’HO DECISO IO! Credi che A ME piaccia? Credi che piaccia A NESSUNO DI NOI!?-
-E allora perché lo fate!? DAMMI UNA CAZZO DI RAGIONE, Cristo!- Era sull’orlo delle lacrime.
-Non è la cosa migliore, ma è quella che alla lunga fa meno male.-
Incredibilmente, Arthur era riuscito a dirlo in tono controllato, anche se non calmo.
-Pensa a te stesso. Dopo duecento anni, hai voluto diventare un paese indipendente e hai lottato per diventarlo.-
-Questo è ciò che America voleva, ciò che ha fatto. America era diventato troppo grande per essere una colonia. Non aveva più bisogno di Inghilterra, anzi, doveva allontanarsi da lui.-
Mentre si urlavano contro, si erano avvicinati senza rendersene conto. E ora, Arthur gli accarezzò una guancia, asciugando con un pollice la solitaria lacrima che era sfuggita.
-Ma se avessi saputo di poter anche essere Alfred, solo Alfred, senza che il tuo paese ne soffrisse… America non poteva sopportare la vista di Inghilterra, ma Alfred poteva ancora andare a trovare chi aveva cercato di ficcargli qualcosa in quella zucca vuota…-
Nonostante il tentativo di scherzare, altre lacrime si accumularono negli occhi del più giovane, mentre la verità lo colpiva. Oh, sì, adesso capiva…
Arthur lo abbracciò, nascondendo il viso nell’incavo del suo collo, per nascondere la sua espressione dilaniata.
-Non avresti comunque potuto amarmi?-
  
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