Capitolo 10
Sono
loro la mia vita!
La
rabbia si dissolse e una strana
quiete si diffuse su tutto il suo corpo.
L’aveva
trovata.
*
Rufy scrutò
intensamente gli occhi della sua navigatrice e si perse nel sorriso che
li
rivolgeva.
-Come
diavolo hai fatto ad uscire!?!- esclamò Kamatari lo sguardo
furioso, ma Nami
non fece nemmeno in tempo a rispondere.
La
stanchezza la vinse e lentamente perse i sensi.
-Nami-chan!-
urlò il cuoco, avvicinandosi velocemente, ma una potente
onda d’urto lo sbatte
contro la parete di spalle.
-Sanji!-
esclamo Zoro, puntando, come il resto della ciurma, gli occhi su
Kamatari;
che ancora
impugnava quella spada magica.
-Non vi
permetterò di avvicinarvi a lei..-mormorò, gli
occhi iniettati di sangue.
Nessuno si
mosse di un passo, nessuno tranne Rufy, che col fedele cappello che gli
celava
il viso, s’incamminò verso la sua navigatrice.
-Sei
sordo?!- esclamò Kamatari e utilizzando la stessa potente
onda d’urto, spedì
Rufy vicino al cuoco ancora svenuto per il colpo.
-Rufy!-esclamò la sua ciurma, mentre
Kamatari sorrideva, un
sorriso che scomparve subito dopo dal suo viso.
Quando sotto
lo stupore generale, il ragazzo di gomma si sollevò
lentamente, senza mostrare
il minimo segno di fatica e come se nulla fosse, si ripulì
della polvere
che gli aveva
sporcato i vestiti,
riponendo poi il suo prezioso cappello nel capo.
-Come hai
fatto?- chiese Kamatari sconvolto, guardando Rufy camminare nuovamente
nella
direzione della navigatrice, ma lui non rispose e Kamatari, dopo un
attimo di
smarrimento, scagliò un'altra potentissima onda
d’urto contro lui.
Rufy venne
scaraventato su un'altra parete che la potenza del colpo distrusse,
seppellendo
cappello di paglia in quelle macerie.
Franky urlò
il nome del suo capitano, mentre gli altri avevano assistito increduli
alla
scena.
-Evidentemente
prima non avevo calibrato bene la potenza..-mormorò
più sicuro Kamatari,
voltandosi verso il resto della ciurma.
-Ora mi hai
stancato..-disse Zoro, sguainando le spade e preparandosi a combattere,
ma la
voce decisa del suo capitano lo fermò.
-No! Non
intrometterti Zoro!-
Rufy si
rialzò con fatica, mentre le macerie che lo avevano coperto,
caddero provocando
un gran fragore.
Ancora una
volta il ragazzo di gomma prese il suo cappello coprendosi il viso e
guardando
l’incredulità del suo nemico mormorò.
-Nessuno può
impedirmi di raggiungerla..- il tono basso, deciso, senza alcun
inflazione,
spezzò il silenzio teso e pieno di stupore.
Così come i
determinati occhi neri, che lasciavano trasparire quanto vero fosse
ciò che
stava dicendo.
Perché
per cappello di paglia quella era una certezza.
Così
Kamatari si ritrovò a dover percorrere nuovamente il suo
passato, ricordando la
determinazione che ardeva negli occhi del suo migliore amico.
E quell’ultimo
sguardo, poco prima di morire, faceva da eco alle parole che mai
avrebbe potuto
dimenticare “lei non
sarà mai tua..”
La spada li
sfuggì dalle mani, mentre la testa scoppiava al ricordo di
quanto aveva
passato.
L’urlo del
suo dolore incontenibile si espanse e la ciurma lo guardò
inginocchiarsi,
mentre il loro capitano prendeva tra le braccia la sua navigatrice.
Il lamento
si infranse come un onda sullo scoglio e con la rabbia che lo assaliva
riprese
mano alla spada che puntò sulla ciurma, scaraventandola
facilmente via, subito
dopo, fece la stessa cosa contro Rufy e Nami.
Continuò poi
a dare sfogo a tutta la sua rabbia, distruggendo le pareti e
continuando ad
urlare il dolore che gli stava uccidendo il cuore, la mente,
l’anima.
I suoi occhi
rossi, corsero alla persona che lo aveva ridotto in quello stato.
Stava a
terra, immobile; respirava con fatica e sentiva dolore su ogni parte
del corpo.
Senza la
minima pietà puntò nuovamente la spada verso di
lei, pronto a finirla.
E così fece.
Scagliò
un'altra onda, con tutta la rabbia che possedeva in corpo, causando
altri
detriti e macerie, ma nessun morto.
Solo la
figura del giovane ragazzo di gomma che non sapeva arrendersi.
Le braccia
spalancata, le mani chiuse a pugno e il sangue che colava da ogni parte
del suo
corpo.
Eppure restò
in piedi, mentre Kamatari lo guardava stranito.
Dietro di
lui la sua navigatrice, ancora sdraiata sul freddo legno era incolume,
il
cappello di paglia posato nel suo grembo.
-Non
ti permetterò di farle del male..-ed il
sussurro, destinato ad essere un forte grido riempì la sala.
-Sacrificherò
la mia vita se sarà necessario, ma non permetterò
né a te, né a nessun’altro di
toccarla!!-
Kamatari
strinse forte la presa nella sua spada, sentendo la rabbia crescere,
senza
smettere di fermarsi e con voce strascicata di un piacere maligno
dettato
dall’odio che sentiva, sibilò.
-Vorrà dire
che prima ucciderò te e dopo finirò anche lei.-
Non ottenne
però nessuna reazione da parte di cappello di paglia, se non
quella di farlo
sorridere.
-Non ci
riuscirai, perché io ti sconfiggerò!-
La sicurezza
di quelle parole colpì Kamatari come un pugno ben assestato
e lo scontro ebbe
inizio.
Con velocità
sorprendente Rufy scagliò un pugno contro la mascella del
sui nemico, che
impreparato a quel brusco cambiamento non
riuscì a schivare il colpo.
Si rialzò
però prontamente e recuperò la spada puntandola
poi contro cappello di paglia.
-È la tua
fine..-decretò, spedendoli una delle bolle che aveva
imprigionato la ciurma.
Rufy restò
immobile, ma non successe nulla.
La bolla si
dissolse e lui guardò confuso il suo nemico.
Kamatari
spalancò gli occhi, non capendo cosa fosse successo.
Tutte le
persone avevano paura, anche di qualcosa d’estremamente
stupido, ma l’avevano.
Quel
ragazzino invece, non solo aveva spezzato l’incantesimo che
imprigionava i suoi
compagni con la semplice forza di volontà, ma la bolla non
era riuscito ad
intrappolarlo.
Era svanita,
nell’attimo in cui lo aveva toccato.
-Chi diavolo
sei tu veramente!?!- si ritrovò a chiedere Kamatari, mentre
Rufy mostrava
un’aria spaesata da bambino.
-Il mio nome
è Monkey D. Rufy e sono colui che diventerà il re
dei pirati!-
L’espressione
sbalordita del nemico non mutò minimamente, ma si fece
subito seria quando Rufy
partì all’attacco.
Con un
fluido movimento evitò il colpo, scagliando
un’onda d’urto che prese cappello
di paglia in pieno.
Altri
detriti crollarono, sotterrando Rufy, che però dopo vari
attimi si rialzò.
Kamatari lo
guardò respirare con fatica.
Vedeva la
stanchezza e l’indebolimento del corpo di quel ragazzino, ma
non riusciva a
capire.
Non capiva
quale misteriosa forza lo facesse rialzare ogni volta.
Nuovamente
lo colpì, ed ancora, ancora e ancora, ma lui ritornava
sempre in piedi.
Con ferite
profonde che gli ricoprivano il corpo e con la stanchezza che aumentava
senza
mai diminuire.
-Perché?-
sussurrò inconsciamente, vedendolo rialzarsi un ennesima
volta.
Rufy non si
voltò, continuando a respirare affannosamente.
-Perché
continui a combattere, quando sai che è tutto inutile!?!-
domandò, guardandolo
con rabbia.
-Te lo sei
chiesto ..vero?-
domandò la voce lontana
del cuoco, seduto e con le spalle contro il muro.
-Come riesce
a rialzarsi..ogni volta o il perché quella strana bolla, con
lui non ha
funzionato.-Sanji sorrise, ricordando le parole dette tanto tempo prima
dall’uomo che gli aveva salvato la vita.
Mentre
Kamatari stringeva i denti dalla rabbia.
-Rufy è
sicuro di poterti battere..-sussurrò Zoro, mettendosi seduto
a fatica.
-..e la
convinzione di questo non lascia spazio ad alcun tipo di
paura..-finì Sanji,
chiudendo gli occhi e accendendosi una sigaretta tranquillo.
Kamatari
voltò il capo, guardando quel ragazzino, armato solo della
sua forza interiore.
-Non ci
tieni proprio alla tua vita..-mormorò lui, guardandolo
voltarsi.
-Loro sono
la mia vita...-sussurrò in risposta cappello di paglia e il
cuore di Kamatari
venne colpito da una potente fitta.
Ancora
non hai capito?! Lei ormai è
tutta la mia vita…
Le parole
rimbombarono forti nella sua mente, mentre il viso del suo migliore
amico forte
e determinato si sovrapponeva a quello di Monkey D Rufy.
-..lei è
tutta la mia vita..-disse quest’ultimo e Kamatari
spostò lo sguardo verso la
navigatrice, ancora a terra priva di sensi.
-Sono questi
i motivi per cui continuo a rialzarmi, perché fin quando uno
di loro sarà in
vita, io non potrò mai smettere di
combattere.-sussurrò infine, riprendendo la
sua posizione d’attacco, con la certezza che fin quando
avrebbe avuto respiro,
non si sarebbe fermato.
A lunedì un kiss..