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Autore: uchihagirl    05/04/2010    4 recensioni
Il cervello di James era, verissimo, pieno di segatura – e nella stessa misura vuoto di nozioni scolastiche -, ma di sicuro non lento di comprendonio; per di più conosceva bene sua sorella ed era certo di una cosa: Lily Luna Potter non arrossiva mai.[...] Così, quando la vide circondata da un’orda ululante di amiche e con le guance del tutto coordinate alla tonalità dei capelli, capì che c’era sotto qualcosa. E che lui doveva assolutamente indagare.[...]
“Se ferisci anche solo per sbaglio mia sorella, devi cominciare a correre. Ma sappi che per quanto tu possa fuggire, non sarai mai abbastanza lontano da essere al sicuro: io ti troverò.”

Oneshot senza pretese. Perchè il sister complex è un bel problema.
Fanfic partecipante all'iniziativa 2010: A year Together indetta dal Collection of Starlight.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Sirius Potter, Lily Luna Potter, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Desclaimer: tutti i personaggi appartengono a J. K. Rowling e con questa storia non guadagno nulla.



Sfide – 5 Aprile




Un giorno qualunque di un aprile troppo piovoso anche per il Quidditch; un pigro pomeriggio, l’ennesimo di quel sesto anno passato a fissare le fiamme, alla disperata ricerca di qualcosa da fare – che non fosse studiare, ovviamente. Puro e semplice relax, per qualcuno: tranquillità. Per James Sirius Potter, invece, nient’altro che noia.
Il sopracitato sbuffò, girandosi di schiena e cambiando posizione su quel divano talmente sfondato che pareva essere originario dei tempi dei suoi genitori a Hogwarts. Borbottò qualcosa di poco comprensibile e riprese a guardare fuori dalla finestra, giocherellando con i capelli e battendo a ritmo il piede sul bracciolo del divano, impaziente.
Che. Assurda. Noia.
Lui odiava la tranquillità, al contrario di suo fratello, Albus Severus. Ma quel poveraccio non faceva testo, visto che era stato costretto già dalla nascita a scegliere se sopravvivere a un nome tale ribellandosi al mondo che lo aveva colpito con una simile ingiustizia – James si chiedeva ancora cosa i suoi genitori avessero bevuto, quel giorno -, o armarsi di santa pazienza ed essere pacifico, seguendo la massima “vivi e lascia vivere”. Ad Albus bastavano un bicchiere di Burrobirra e un avversario dall’altra parte della scacchiera per stare sereno per un intero pomeriggio. Se poi, come succedeva la maggior parte delle volte, lo sfidante era Scorpius Malfoy, che ravvivava l’atmosfera con le sue battute sagaci e le frecciatine ironiche a Rose, poteva dichiararsi del tutto soddisfatto.
Nonostante ciò, suo fratello maggiore credeva che Al non gliela raccontasse tutta, a proposito di quegli anni di migliore amicizia con Scorpius e Rose. Era, infatti, stato notato dalla maggior parte della famiglia Weasley come Al avesse acquisito una vena di isteria latente in procinto di scoppiare senza preavviso, a dispetto della sua indole calma, dalla fine del primo anno a Hogwarts.
Quando nonna Molly glielo aveva sottolineato, dopo che Albus aveva lanciato, con espressione sadica in viso e respiro affannoso, un pezzo – grosso – di torta al rabarbaro a Dominique, per zittire quell’incessante risolino da pettegolezzo – pane, per i denti della cugina -, che aveva accompagnato tutta la cena di Natale, sua madre aveva liquidato la faccenda: era colpa degli ormoni. Tutti gli adolescenti soffrivano di sbalzi di umore, aveva commentato, aggiungendo poi che suo padre era uguale, ai tempi della scuola, sempre vicino a zio Ron e zia Hermione che battibeccavano già allora. Tutti si erano convinti, tranne James.
Era stata propria quest'affermazione a far scattare la lampadina nella testa di James: era da quel malaugurato giorno del primo anno, quello in cui aveva deciso di offrire a Scorpius Malfoy un posto accanto a sé e a sua cugina in biblioteca, che Albus aveva preso l’inquietante abitudine di respirare spesso profondamente, come per trattenersi; e pensare che, a suo tempo, quel ragazzo era stato la persona più paziente della Terra, e senza neanche sforzarsi.
Da quel giorno, quando Al era sul limite della sopportazione, la vena sulla sua tempia cominciava a gonfiarsi in modo sinistro; da allora, era diventato insofferente alle coppie secondo le quali: “L’amore non è bello se non litigarello.” James ne era sicuro: era colpa di Malfoy e Rose. Quei due, talmente impegnati a lanciarsi frecciatine a vicenda, a ripetere quanto si stessero antipatici – lo facevano di continuo! – e a sfidarsi per avere sempre l’ultima parola, avrebbero mandato fuori dai gangheri persino un santo come, appunto, era Al. Eppure, nonostante fosse sfibrante per chiunque – e, in fondo, anche per lui - vivere in compagnia di quei due, la definizione di pomeriggio perfetto per Albus comprendeva di sicuro la loro presenza. James non l’avrebbe mai capito, suo fratello; men che meno in quel momento, sapendo che stava ridacchiando in Sala Grande, insieme alla coppia/non coppia Tu-mi-piaci-ma-non-lo-ammetterò-neppure-sotto-tortura-perché-devo-pur-tenere-alto-il-mio-orgoglio più logorroica di tutta Hogwarts, e nonostante quella disgrazia si stava divertendo. E la cosa paradossale era che nel frattempo lui, croce e delizia di metà fauna femminile della scuola, roba che se fosse stato un Babbano avrebbe fatto il modello, era lì, stravaccato sul divano, senza uno straccio di ragazza e neppure un amico con cui architettare scherzi al sempre più vetusto Gazza – Jordan Junior era in punizione -, in preda di un attacco di noia colossale che sembrava senza rimedio.
Aveva già provato infatti tutti i classici rimedi contro l’indolenza: aveva distribuito Pasticche Vomitose falsate – quelle senza parte viola anti-vomito che lo zio George gli inviava, ogni volta che il pasticcere ne produceva di difettose – ai primini; aveva incollato i capelli di Greta Finnigan con la gomma da masticare Babbana – era peggio di qualsiasi incantesimo o fattura, non si scollava neanche a trasfigurarla in crema o a pregarla in ginocchio; e aveva persino già rivisitato con Pix l’arredamento dell’aula d’Incantesimi, ora più simile a un campo di battaglia che ad una classe. Tutto questo prima che l’orologio a pendolo della Sala Comune scoccasse le quattro: gli restavano ancora tre, infinite ore da riempire.
Un’altra opzione che aveva provato a vagliare era quella di dormire; ma l’ipotesi era troppo deprimente – insomma, lui era James Sirius Potter, un nome, una garanzia: non esisteva che si appisolasse come nonno Arthur davanti al fuoco – e comunque, anche se avesse voluto, non vi sarebbe mai riuscito. Causa: un continuo starnazzare di fondo, provocato da un gruppetto di ragazzine del terzo anno che ridacchiavano – ne era sicuro – in sua direzione.
James sbuffò di nuovo, scoccando un’occhiata torva, ma anche un po’ compiaciuta, al capannello di tredicenni dietro di lui; con sua enorme sorpresa, scoprì che il fulcro della discussione non era il suo corpo statuario adagiato su quel consunto divano, e neppure il modo sexy in cui la cravatta allentata gli poggiava sulla clavicola lasciata nuda dalla camicia sbottonata: era Lily e le sue guance arrossate.
Il cervello di James era, verissimo, pieno di segatura – e nella stessa misura vuoto di nozioni scolastiche -, ma di sicuro non lento di comprendonio; per di più conosceva bene sua sorella ed era certo di una cosa: Lily Luna Potter non arrossiva mai. O almeno, non con quell’espressione di pudore in viso: quando era arrabbiata seriamente diventava bordeaux – a partire dalle orecchie, proprio come zio Ron, commentava sua madre –, ma quando si intimidiva non lo dava a vedere, mascherando l’imbarazzo con una sicurezza che, spesso, non era sua.
Così, quando la vide circondata da un’orda ululante di amiche e con le guance del tutto coordinate alla tonalità dei capelli, capì che c’era sotto qualcosa. E che lui doveva assolutamente indagare.


******



I tre ragazzi Potter non si assomigliavano affatto tra di loro, né come caratteri, né tantomeno fisicamente: la reciproca parentela era infatti svelata soltanto da pochi, microscopici particolari - lo stesso naso lungo dello zio Ron, la stessa manciata di lentiggini sulle guance, la stessa fronte…. – e da una comune risata vigorosa, ereditata dalla madre.
Piuttosto, appariva del tutto lapalissiana agli estranei l’appartenenza dei due figli minori alla casata Potter-Weasley: Albus non sarebbe mai stato riconosciuto per qualcun altro se non per il figlio del Salvatore del Mondo Magico tanto era simile a Harry; e la chioma di Lily, sebbene di una tonalità di poco più scura rispetto alle zazzere del resto del parentame, tradiva la sua parte Weasley. Non risultava invece immediato associare James al resto della famiglia, con quei suoi capelli scuri - disordinati, sì, ma più lunghi e curati di quelli caratteristicamente Potter di Albus – e gli occhi nocciola senza problemi di miopia. Eppure il legame di sangue con i fondatori de ‘Tiri Vispi Weasley’, il più grande negozio di scherzi magici di tutti i tempi, era lampante, per chi li conosceva bene: Jamie aveva il loro identico sguardo, sua madre lo ripeteva spesso.
Era stato chiaro fin da subito, dalla più giovane età, che James non aveva ereditato dagli zii Fred e George solo il perenne luccichio malizioso negli occhi, ma anche la predisposizione naturale ad architettare scherzi tra i più fantasiosi e a violare le regole senza essere acciuffato – quasi – mai. Gli episodi rivelatori di questa capacità risalivano a millenni addietro.
Epica perché origine di tutto era stata la volta in cui lui, un frugoletto di appena cinque anni dotato di ghigno assassino, aveva fatto spuntare otto zampe pelose all’orsacchiotto di Albus – il quale, da allora, aveva sviluppato un sacro terrore per i ragni. Anche dopo molti anni, il maggiore dei Potter non capiva perché nonna Molly fosse improvvisamente scoppiata in lacrime e l’avesse abbracciato, quel giorno, ma lo ricordava come uno dei momenti più felici della sua infanzia: qualsiasi fosse il motivo, era scampato a una punizione esemplare e, al suo posto, ricevuto un gigantesco Zuccotto di Zucca. Non era mai più capitato che, per una marachella, fosse premiato.
Così nessuno dei suoi parenti, vicini e lontani, si meravigliò quando, appena due ore dopo aver messo piede a Hogwarts, fu subito messo in punizione dalla veneranda McGrannitt perché aveva cercato di sgattaiolare fino alla Foresta Proibita, con lo scopo di vedere i Lupi Mannari e cavalcare i Centauri: Harry si era fatto una grassa risata quando il gufo della Preside era arrivato a casa, comunicando che James avrebbe dovuto pulire le coppe nella Sala dei Trofei ogni sera per due mesi.
Il giovane Potter ricordava quel primo periodo come il più infernale della sua carriera scolastica, ma da quell’episodio aveva solo imparato: allora, dopo cinque anni e mezzi trascorsi a scuola, era un Malandrino di prima categoria che non temeva avversari. Mrs Purr e Gazza, i due custodi, così vecchi da sembrare mummie, gli facevano un baffo, da quando aveva scoperto i passaggi segreti di Hogwarts, e girovagare di notte gli riusciva meglio che giocare a Quidditch – e lui era un Cacciatore fenomenale.
James Sirius Potter si era spinto più in là di nessun altro prima – era un testa a testa tra lui, i gemelli Weasley  e la cricca di James Potter Senior cinquant’anni prima -, aveva violato quasi interamente il regolamento di Hogwarts - compresa la fino ad allora sconosciuta norma sugli “atti osceni all’interno dell’edificio scolastico”. Era stato beccato palpare piuttosto vigorosamente il delizioso fondoschiena di Violet Corner, Corvonero di un anno più grande, dietro l’arazzo del quinto piano, mentre avrebbe dovuto essere alla lezione di Pozioni. Quando sua madre l’aveva saputo, gli aveva inviato una Strilettera, che aveva avuto la malaugurata idea di non aprire e che quindi era esplosa a tavola: non era stato piacevole.
Eppure c’erano ancora sfide che lo aspettavano, limiti che attendevano solo di essere superati; tra questi: infiltrarsi nel dormitorio femminile. Generazioni di ragazzi prima di lui avevano tentato l’impresa, fallendo miseramente, ruzzolando giù dalle scale trasfiguratesi in scivolo in modo molto poco dignitoso. Ma “generazioni di ragazzi prima di lui” non si chiamavano James Sirius Potter e non avevano un sangue di Malandrino concentrato nelle vene pari al suo: lui poteva vantare la parentela con i gemelli Weasley e anche con l’altro James Potter, il nonno, ricordati tra gli studenti più pestiferi di tutti i tempi. Era una macchina per malandrinate, un cervello sopraffino votato allo scherzo: solo lui poteva farcela.
E, infatti, ce la fece. Quando con un sonoro crack lui e Kreacher – il decrepito elfo domestico di Harry - comparvero all’interno della camera circolare, sede delle ragazze del terzo anno, James non riuscì a trattenere una risata vittoriosa. Era così soddisfatto di se stesso e delle sue trovate geniali che accennò addirittura qualche passo di conga, esibizione che teneva da parte per le occasioni speciali. Dopo di che scoccò un’occhiata all’orologio a pendolo accanto alla finestra – erano le sei e un quarto: aveva poco più di mezz’ora – e si ricompose, focalizzandosi sull’obiettivo: il motivo del rossore di sua sorella. Così, strofinandosi le mani, si mise all’opera.
Dopo essersi infiltrato nei dormitori femminili, smaterializzandocisi con l’elfo domestico di famiglia, e aver gabbato i quattro maghi e streghe più famosi del loro tempo – il vecchio Godric non aveva affatto pensato alla magia elfica, quando aveva costruito la Torre -, trovare il diario di Lily fu facilissimo. Semplicemente, gli bastò aprire il cassetto del comodino, chiuso a chiave, con una forcina per capelli – un trucco Babbano semplice ma efficace - e frugare un attimo: dopo appena qualche minuto teneva tra le mani un libricino scuro e sobrio.
Molto più arduo era stato convincere Kreacher a fare qualcosa che sapeva i padroni non avrebbero approvato: il servitore aveva acconsentito a dargli un passaggio solo dopo che James gli aveva accennato qualcosa a proposito de “la signorina Lily in pericolo”. Era incredibile quanto l’elfo amasse quella ragazzina: non faceva che cantarne le lodi, poiché era affabile ed educata e bellissima e dal portamento regale di una vera Purosangue; inutile dire che, specularmente a quanto adorasse Lily, non sopportava James. Questa antipatia aveva aggiunto un altro punto alla difficoltà dell’operazione e il ragazzo era sicuro che anche solo per quel motivo la sua impresa fosse da ricordare nei secoli dei secoli.
Ignorando la consueta vocina, chiamata anche coscienza, nella sua testa, specializzatasi nel fare domande idiote nelle occasioni meno opportune – al momento continuava a borbottare frasi pedanti come: “Ti scopriranno se non levi le tende adesso”, oppure “Stai attento che se tua madre lo scopre ti uccide”, ma anche “Non è giusto nei confronti di tua sorella, sa badare a se stessa” e via discorrendo -,  James  sfogliò il diario. Constatò la presenza di poche frasi lapidarie, come si era aspettato – Lily non era una da perdersi in grandi discorsi come Rose -, che coprivano non più di cinque mesi; l’ultima data risaliva al giorno prima.



Hogwarts, 21 Dicembre 2021
Caro Diario,
sono un po’ di mesi che ci penso: i gemelli Scamandro sono proprio simpatici.


Hogwarts, 25 Gennaio 2021
Caro Diario,
mi sono resa conto che i gemelli Scamandro, oltre che simpatici, sono pure carini.


Hogwarts, 14 Febbraio 2021
Caro Diario,
mi correggo: Lysander è proprio carino. Oggi mi ha sorriso e il suo viso si è illuminato tutto. Non che non lo abbia mai visto sorridere, eh, ci sono cresciuta insieme! Ma oggi ha sorriso soltanto a me. Siamo rimasti a guardarci per un po’; alla fine lui è arrossito e ha distolto lo sguardo.
Un semplice sorriso è stato il primo regalo di San Valentino della mia vita. Originale.


Hogwarts, 3 Marzo 2021
Caro Diario,
oggi abbiamo giocato contro il Corvonero e mi è sembrato che Lysander fosse distratto: è riuscito a mancare una Pluffa lentissima che è scivolata dalle mani a Lisa mentre stava effettuando un passaggio verso James. L’ho tenuto d’occhio per tutta la partita e mi è sembrato molto più teso del solito; più di una volta l’ho sorpreso a fissarmi, invece che badare ai Cacciatori.
Chissà che gli succede: un’idea ce l’ho, ma aspetto a trarre conclusioni affrettate.


Hogwarts, 16 Marzo 2021
Caro Diario,
oggi Lysander è arrossito di nuovo, quando l’ho salutato a pranzo. È da un po’ di tempo che succede e ogni volta il mio stomaco fa una capriola, se lo vedo sorridere. Continuo a fare finta di niente, ma non so per quanto ancora riuscirò a ignorare la cosa.


Hogwarts, 4 Aprile 2021
Caro Diario,
Lysander, Lysander, Lysander, Lysander, Lysander, LYSANDER.
Non riesco a pensare ad altro, anche mentre gioco a Quidditch: è grave?


Hogwarts, 4 Aprile 2021
Io e Lysander. :)


James deglutì. Poi, con uno schiocco, richiuse il diario, lo risistemò al suo posto, richiamò Kreacher e tornò in Sala Comune. Senza perdere un secondo si avviò verso la Sala Grande a grandi falcate, con uno sguardo letale quasi quanto quello del Basilisco, e si diresse subito al tavolo dei Corvonero.
Doveva assolutamente fare quattro chiacchiere con Lysander Scamandro.


****



Lorcan e Lysander Scamandro erano figli di una delle streghe più bizzarre dell’intera Inghilterra e di uno svampito allevatore che amava la moglie più di ogni altra cosa al mondo; per cui, benché fossero entrambe persone dal coraggio straordinario e di cuore puro, non erano esattamente figure di riferimento solide come invece altri genitori – primo tra tutti, il leggendario Harry Potter. Erano due adulti particolari, con dei valori morali fermi – l’irreprensibile Rolf era famoso tra gli amici per la sua integrità - e dalla dolcezza straordinaria, con però una propensione a perdersi nei loro pensieri – o meglio, in quelli di Luna. Spesso, infatti, coinvolgeva il marito in una caccia ai Gorgosprizzi di mezzanotte o in una passeggiata romantica alla ricerca dei Plimpi d’Acqua.
I due gemelli, indistinguibili tra di loro, con gli stessi capelli scuri e gli occhi chiari della madre, crescendo avevano sviluppato personalità molto diverse, anche rispetto ai loro genitori: Lorcan era il Tassorosso allegro che saltellava in giro per il castello e che conosceva più di metà Hogwarts; Lysander era invece taciturno e intelligente, più timido rispetto a suo fratello e anche più abile a Quidditch: era il portiere della squadra di Corvonero già da due anni. Entrambi però erano del tutto incapaci di mentire; così, quando Lorcan si vide venire addosso James Potter – così spaventosamente arrabbiato che se avesse dovuto scegliere tra rimanere rinchiuso in una stanza con lui o con un drago inferocito, a pensarci bene, il Tassorosso avrebbe scelto il drago -, non riuscì a non dirgli che suo fratello in quel momento, invece di essere al suo tavolo a cena, era in biblioteca con Lily.
James inspirò di nuovo, lasciando andare il bavero del mantello del gemello Scamandro che, in fin dei conti, non gli aveva fatto nulla di male, e si diresse verso l’uscita della Sala Grande. Proprio mentre stava maledicendo il fatto di aver già giocato quell’anno contro Corvonero – la volta successiva altro che sportività, gliel’avrebbe fatta ingoiare, la Pluffa, a quel portiere da strapazzo -, si ritrovò ad un palmo dal naso l’oggetto dei suoi improperi mano nella mano con la sua sorellina tredicenne.
Nonostante la cavalcata a testa bassa attraverso la navata centrale della Sala, l’espressione più nuvolosa del suo repertorio e tutti i propositi di conciare per le feste quello Scamandro, alla vista del sorriso di Lily e dell’aria sognante di Lysander, James non poté far altro che sgonfiarsi di tutta la sua rabbia.
“Tu… tu… voi…” sussurrò con aria sconvolta, indicando le loro mani intrecciate.
Lily sorrise di più, mentre il ragazzo al suo fianco arrossì. “Eh già.”
Poi, notando lo sguardo di suo fratello, socchiuse gli occhi in un cipiglio minaccioso, simile a quello di nonna Molly in modo inquietante.
“E non fare quella faccia, non hai mica ricevuto un Bolide in testa! Non è un reato, stare con qualcuno.”
“Ma…” esordì James, passandosi una mano tra i capelli come se cercasse di raccogliere le idee. Dopo poco sbottò in un grido orripilato. “Ma sei ancora una bambina! E lui… lui è più grande!” Sventolò l’indice in direzione di Lysander, che si schiarì la voce, combattendo la timidezza.
“Veramente abbiamo solo un anno di diff…”
“Solo? Solo?! Un anno alla vostra età sono secoli! E tu potresti perfettamente essere un maniaco!” ululò con un’espressione a metà tra lo sconcerto e il disgusto, come se avesse appena saputo un’orribile verità che prima non aveva considerato.
“Parla l’uomo consumato!” Lily alzò gli occhi al cielo, sbuffando.
Poi, vedendo che suo fratello non accennava a cambiare atteggiamento – in positivo, almeno: dopo l’ultima affermazione aveva preso a fissare Lysander con sguardo truce, quasi volesse incenerirlo –, perse la pazienza.
“Adesso basta con queste scene, James. La questione è semplice e non c’è nessun maniaco in giro: io piaccio a Lysander, a me piace lui. Punto e basta. Tu” sottolineò, fulminandolo, “non hai nessun diritto di metterci naso, né ora né tantomeno mai.”
Con le orecchie bordeaux per la rabbia, si avviò a passo deciso verso la Sala Grande. Lysander, che aveva seguito il dialogo piuttosto preoccupato, accennò un sorriso di scuse a James e fece per seguire la fidanzata. Il primogenito Potter, però, non aveva ancora finito: lo trattenne per la manica della divisa, e cominciò, squadrandolo dall’alto in basso.
“Dimmi un po’, quanto ti piace Lily?”
Lysander rispose sicuro: “Tanto, direi.”
James annuì, con aria solenne: quello era un buon punto di partenza. Poi il suo volto si distese in un sorriso a trentadue denti piuttosto sinistro; con gesti misurati, prese sottobraccio l’altro ragazzo e gli diede un paio di pacche sull’avambraccio, come per tranquillizzarlo – naturalmente, sortì l’effetto opposto.
“Sei un Corvonero e quindi una persona intelligente: capisci di sicuro le mie preoccupazioni di fratello maggiore.”
Il giovane Scamandro non capiva, ma poiché era effettivamente intelligente e aveva intuito che non era il caso di contrariare James, annuì, serio.
“E che non c’è nulla di personale in quello che sto per dirti; al contrario, è solo per mettere in chiaro alcuni aspetti.” Fece una pausa d’effetto, fissando i suoi occhi in quelli del Corvonero, mentre continuava a ghignare.
“Se ferisci anche solo per sbaglio mia sorella, devi cominciare a correre. Ma sappi che per quanto tu possa fuggire, non sarai mai abbastanza lontano da essere al sicuro: io ti troverò.” Disse con tono sottilmente minaccioso, dandogli un altro colpetto sulla mano.
Guardando James dirigersi a lunghi, pesanti passi verso il tavolo di Gridondoro, mani affondate nelle tasche e sguardo divertito, Lysander deglutì, chiedendosi se fosse il caso di vivere preoccupato.








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Il mio approdo sul fandom di Harry Potter: sono emozionata! Vi lascio solo qualche nota temporale. Questa fan fiction è ambientata nel 2021, per cui: James è al sesto anno; Albus, Rose e Scorpius hanno un anno in meno e sono al quinto; i gemelli Scamandro sono al quarto anno e Lily e Hugo al terzo. Mi sono presa la briga di sistemare i fratelli Potter così vicini d’età per esigenze di trama, in quanto avevo bisogno di James non troppo impegnato con lo studio – al settimo anno neanche uno come lui può permettersi di oziare! – e di Lily non troppo piccola per avere una cotta.
Ho provato a dedurre i caratteri dei personaggi dalle informazioni tratte da Harry Potter Wiki e dal breve epilogo de “I  Doni della Morte”; ho reso Lily è così decisa contro suo fratello rispetto alla bambina descritta dalla Rowling perché credo che due anni e mezzo a Hogwarts, passati gomito a gomito – e scopa a scopa - con il suo adorabile fratellone, l’abbiano stressata. xD
Una menzione speciale a Mimi18 e a Queen_of_Sharingan_91, che hanno ispirato entrambe ispirato la trama; Ludo ha anche betato la prima parte della storia: grazie di cuore ad entrambe.
Detto questo, vi lascio, ringraziando in anticipo chi leggerà e lascerà un segno del suo passaggio.

Elena


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 Fanfiction partecipante all’iniziativa “2010: a year together” indetta dal Fanfiction Contest – prompt scelto n°360: "Non sarai mai abbastanza lontano da essere al sicuro".

   
 
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