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Autore: Haze    10/08/2005    0 recensioni
E' già passato un anno…e ancora non sono riuscito a dimenticare… Forse perché intorno a me ci sono solo oggetti che mi ricordano quell'esperienza, forse perché certe cose capitano e segnano dentro, come un tatuaggio marchiato a fuoco, che brucia e rimane per sempre… Iniziò tutto una mattina d'estate, l'inizio di un sogno…o di un incubo, a seconda dei punti di vista. Una storia narrata a due voci, due punti di vista...due cuori.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Andrea

Non avevo mai visto uno spettacolo così…così…incomprensibile.

Stavo guardando il cielo ieri notte…una miriade di stelle…mille diamanti…da piccola pensavo davvero che fossero tali…come potevano non essere pietre preziose quegli oggetti scintillanti…? Le cose che brillano sono tutte preziose…o almeno era questo che pensavo fino a qualche anno fa…

Tutto cominciò una mattina d’estate…l’inizio di un sogno…o di un incubo, a seconda dei punti di vista. La luce del sole filtrava fra i fori della tapparella…nastri di luce che avvolgevano la mia stanza in un’atmosfera soffusa, dolce e tranquilla. Mi svegliai straordinariamente serena, come se fossi stata convinta che quella sarebbe stata una giornata fantastica. Ero sicura di aver fatto un sogno meraviglioso, ma non ricordavo esattamente che cosa riguardasse…il mio unico ricordo di ciò erano due ali bianche, con screziature dorate, la cui punta brillava di una luce bianca.

Cercai di fare delle ipotesi…forse avevo sognato un grande cigno, oppure forse le ali erano mie…forse stavo volando...No. Non era possibile, le vedevo troppo chiaramente, come se fossero di fronte a me, perciò non potevano essere mie…

Rimasi per circa mezz’ora accoccolata tra le coperte a fantasticare su che cosa potevo aver sognato…poi mi arresi. Decisi di archiviare il sogno nei misteri irrisolti e mi costrinsi ad alzarmi dal letto..

Ero ancora stanca, ma quella mattina mi ero promessa di iniziare i compiti estivi…e io mantengo sempre le promesse. Quindi percorsi il corridoio che porta in cucina,dove sono solita studiare. Le luci erano spente, probabilmente i miei stavano ancora dormendo…così camminai al buio per non svegliarli. Anche lì sottili fasci di luce tagliavano lo spazio come mille lame lucenti.. un momento…nel corridoio non vi sono finestre.. pensai. Allora da dove provenivano le luci? Andai avanti. Strano, il percorso tra la mia camera e la cucina non è lungo…io invece continuavo a camminare, senza trovare nessuna porta che mi indicasse almeno una stanza. Facevo scivolare la mano sul muro, alla ricerca della mensola dove mia madre tiene le ricette o anche solo l’interruttore per accendere la luce. Non mi importava di svegliare i miei, ora volevo solo trovare quella maledetta cucina.

Ma la mia mano scivolava su un muro vuoto, senza sporgenze né mensole, completamente, puramente vuoto. Allora mi lasciai prendere dal panico, che cosa diavolo stava succedendo? Iniziai a chiamare la mamma e il papà, ma nessuno mi rispondeva, chiamai più forte, urlai, ma oltre alla mia voce non udivo nulla. Gli occhi mi si riempirono di lacrime, caddi in ginocchio e mi presi il viso fra le mani, avevo paura, una paura folle.

Poi, improvvisamente, fui avvolta da una luce fortissima, abbagliante, tanto che gli occhi iniziarono a bruciare. In mezzo a quel chiarore però c’era qualcosa, lo vedevo chiaramente. Sembrava un animale, un uccello, sì, ne vedevo le ali; due ali enormi, bianche. In un certo senso, somigliavano a quelle del sogno, ma le piume erano arruffate e sporche di grigio, forse fuliggine…

Aspetta un attimo…non era un uccello, c’era una persona in mezzo alle ali.. un angelo?! A dire il vero avevo sempre creduto che gli angeli avessero ali bianche e dorate, di una perfezione innaturale, mentre quelle erano…strane. Mi davano un senso d’inquietudine, mi sentivo a disagio, perché la luce troppo forte mi impediva di vedere bene la persona e continuavo a tenere una mano sopra gli occhi, per paura di rimanere accecata. Poi la luce iniziò ad affievolirsi, ora distinguevo meglio la sagoma.

In mezzo alle ali c’era un ragazzo, no, non era un ragazzo, stava cambiando… si trasformò in…mia madre. La mamma-angelo iniziò a scuotermi, la luce si spense, io cercai di allontanare colei che mi teneva stretta, mi aggrappai alle ali della creatura e nella “colluttazione” le strappai una piuma.

Poi le ali scomparvero e sentii qualcosa di morbido sotto di me: il mio letto. Ero in camera mia. Mia madre era seduta sul materasso e mi teneva per le braccia, stava piangendo.

Avevo sognato tutto.

Mia madre è una donna molto sensibile, a volte mi chiedo se non sia un po’ troppo infantile per la sua età…ha 42 anni, ed è sposata con mio padre da venti.

Ha lunghi capelli castani che tiene sempre legati in una grande coda di cavallo, non dimostra i suoi anni, in quanto sembra notevolmente più giovane. Per questo mio padre è così geloso di lei: detesta quando esce a pranzo con le sue amiche e ancora di più quando fa lo stesso con i suoi colleghi di lavoro. Lisa, mia madre, fa l’infermiera in un ospedale del quartiere, un lavoro che ama moltissimo, forse in maniera esagerata: ogni giorno, di ritorno dal suo impiego, mi racconta nei minimi particolari la sua giornata, e scoppia in lacrime quando qualche paziente, malato di una malattia letale, o ferito gravemente, non riesce a farcela. Spesso instaura un rapporto di amicizia con i ricoverati dell’ospedale, e quando accade il peggio ciò rende tutto ancor più doloroso. A volte mi chiedo come faccia a sopportare quell’ambiente: un grande edificio bianco, per i cui corridoi camminano persone malate, sofferenti, pallidi come la nebbia. Io non ne avrei la forza.

Proprio a causa del suo lavoro è diventata molto apprensiva nei miei confronti: spesso si preoccupa inutilmente per una normale influenza, cercando mille altre possibilità di malattie più pericolose, e spaventandomi a morte fino all’arrivo di un’analisi specifica da parte di un medico… i miei compagni a scuola mi hanno soprannominata “ La rosa di cristallo” ( Il mio cognome è Roses) per la fragilità della mia salute …

In questo caso, mia madre era probabilmente preoccupata che soffrissi di una specie di crisi epilettica o che so io…

-Mamma, calmati, perché piangi e cosa fai in camera mia?- Le chiesi. Lei si asciugò le lacrime e appena il suo respiro tornò regolare iniziò a parlare: -Oh Andrea! Mi hai fatto spaventare così tanto! Oggi tuo padre lavora di notte e sai quanto io tema rimanere da sola! Non riuscivo a dormire e non facevo altro che rigirarmi nel letto, poi ho sentito un urlo! Era la tua voce! Il sangue mi si è ghiacciato nelle vene, sono corsa in camera tua e ti ho vista nel letto. Avevi una mano sopra gli occhi e chiamavi me e papà, continuavi a lamentarti e piagnucolare e io ti dicevo: Sono qui Andrea, sono qui! Ma tu non mi sentivi...Ho cercato di svegliarti, ma è stato inutile. Allora ti ho presa per le braccia e ho iniziato a scuoterti.. oh Andrea!

Dopo aver finito di parlare mi abbracciò e solo dopo che fu veramente sicura che fossi sveglia mi chiese: -Ma che cosa è successo…? Perché urlavi così?- Allora avevo 16 anni e mi sentivo terribilmente in imbarazzo: non potevo dire a mia madre che avevo fatto un incubo( anche se a pensarci ora mi sembra piuttosto ovvio), altrimenti sarebbe di sicuro andata a raccontarlo alle sue amiche pettegole...

Mi immaginavo già il discorso: -Oh la mia Andrea! Mi sembra ieri che la tenevo in braccio! Pensa che l’altro giorno ha fatto un brutto sogno si è messa chiamarmi nel bel mazzo della notte! Era da anni che non lo faceva!- E così dalle amiche pettegole la notizia sarebbe passata alle figlie delle amiche pettegole e dalle figlie delle amiche pettegole alle amiche delle figlie delle amiche pettegole…No! Non poteva assolutamente succedere!

Così le dissi: -Ma davvero ho urlato mamma? Guarda che io non mi sono accorta di nulla! Sei sicura di non aver sognato tutto?- Non era molto credibile ma sperai con tutta me stessa che funzionasse.

Mia madre allora mi lanciò uno sguardo interrogativo, che si trasformò poi in preoccupato. Capii che le avevo fatto sorgere il dubbio che la menopausa le giocasse brutti scherzi. Era crudele ma ne andava della mia reputazione…!

Aspettò qualche secondo e poi disse in tono indifferente : - Beh, qualunque cosa sia successa sarà meglio dimenticarla…torna pure a dormire e scusa se ti ho svegliata..-

E uscì dalla camera e mi lasciò sola.

Mi sembrò incredibile che mi avesse davvero creduto, ero sudatissima, sudore freddo.

E così avevo sognato tutto…eppure sembrava tanto reale…

Guardai l’orologio sul mio comodino: erano le 5 di notte e nessuna luce poteva filtrare attraverso la finestra a quell’ora. Che durante il periodo dell’adolescenza si regredisca e si torni un po’ bambini?

Non avevo alcuna risposta, ma ero sorpresa che la mia mente fosse riuscita ad elaborare un sogno tanto intricato e assurdo e… come avevo fatto nel sogno.. decisi di archiviare il fatto.

Solo dopo mi accorsi di avere qualcosa in mano…: una piuma bianca sporca di fuliggine.

  
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