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Autore: Mistral    10/04/2010    5 recensioni
Causa impegni vari delle autrici (leggasi, tra le altre cose, lavoro e cosplay per Fumettopoli e Lucca da preparare) la pubblicazione dei capitoli subirà uno slittamento. Chiediamo scusa a tutti i lettori per l'inconveniente!
YULLEN SAGA - PART 5
Anche per chi ha sempre convissuto con un’illusione, non è facile accettare l’idea di esserlo inspiegabilmente e improvvisamente diventato. Eppure, anche se la tua unica certezza è quella di non avere certezza alcuna, di non sapere né il dove, né il come né il perché di quanto stai vivendo, davanti ai tuoi occhi si susseguono quadri viventi che aprono scenari nuovi su chi non avevi mai voluto, forse per inconscio rifiuto, conoscere a fondo. Saprai cogliere ciò che è veramente importante?
[Sort of side story sulle Night 187-194][Pesantemente SPOILER]
Capitolo 5: Fu gettato sulla via, ma col fuoco nel cuore prese la sua croce e iniziò a camminare
Il generale continua a fare la bella vita e continua a non insegnare un bel nulla al suo allievo, aspettando il momento propizio per dare il via all'apprendistato ufficiale.
Il «momento propizio» tanto atteso alla fine arriva, all'incirca sei mesi dopo il loro arrivo, ma per l'Inglese la cosa è tutt'altro che facile. Messo davanti a una situazione critica, solo comprendendo e accendendo nel suo cuore il nuovo e bruciante desiderio di restituire alle anime ingannate la libertà perduta gli consentirà di attivare con successo, per la prima volta, la sua arma anti-akuma.
[…]
Vedendolo crescere assieme a quel ragazzino indigeno, ho capito cos’è successo al bambino incazzato col mondo che il generale raccolse su quella tomba. È in questo periodo, assieme a quel Narein, che il moyashi è diventato quel che conosco io…
Genere: Introspettivo, Malinconico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Allen Walker, Marian Cross, Yu Kanda
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Yullen Saga'
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Al nostro unico e insostituibile

Al nostro unico e insostituibile Shisho.

Sappiamo che molto probabilmente non sarai d’accordo e ci tirerai dietro una quantità infinita di accidenti… ma se tu non torni al Quartier Generale a raccontarci come stanno le cose, noi che altro possiamo fare se non immaginare?!

Ti vogliamo bene!

10.04.2010


 

L'ANGOLO DELLE AUTRICI

Questa long fic nasce da un ragionamento delle autrici relativo agli eventi della Night 189, quando Allen, a causa dei poteri psichici del Noah Wisely, si trova per errore nei ricordi di Kanda. Come avrete notato, da quel punto in poi non si sa più niente di quanto accade al Kanda adulto. Seguiamo con Allen tutte le vicende che hanno portato il Kanda bambino a diventare quel che è, ma la sensei Hoshino evita accuratamente di spiegarci dov'è finito l'esorcista giapponese...

Ora, la teoria dei vasi comunicanti ci spiega che il livello dell'acqua in uno o più recipienti connessi tra loro raggiunge in tutti i punti la stessa altezza. «Chi se ne frega!», direte voi, ma... se si potesse applicare anche in questo caso?

Se, adesso che sono involontariamente collegati, come Allen vede e rivive i ricordi di Kanda, anche Kanda in questo stesso momento stesse vedendo e rivivendo i ricordi di Allen?

Ammesso e non concesso che sia così (solo la sensei forse prima o poi ci dirà come stanno le cose), abbiamo iniziato a interrogarci su quale possa essere il passato di Allen - perché effettivamente non è che se ne sappia poi molto, e abbiamo finito con il costruire una teoria che (ne siamo consapevoli) in molti potrebbero definire azzardata. Tuttavia ci abbiamo ragionato molto e siamo giunte alla conclusione che, per quanto ne sappiamo a tutt’oggi, questa è l’unica strada che mette assieme troppi pezzi che altrimenti non tornerebbero.

L’impalcatura della fic nel suo complesso è quindi già stabilita; si comporrà di sette capitoli più un eventuale epilogo, in una sorta di Via Crucis che ci porterà a ripercorrere le tappe che, partendo dal momento della sua nascita, hanno fatto di Allen il ragazzo e l’esorcista che è.

Se avessimo ragione, siamo certe che concorderete con noi che Marie non ha tutti i torti, quando dice che quei due sono più simili di quanto si possa pensare…

Anche questa fanfic, come la Yullen Saga (di cui attualmente non fa parte) è basata su ben precisi riferimenti presi all’interno del corpus originale dell’opera - manga, anime e romanzi. Ve li elenchiamo alla fine, citando anche i versetti biblici che abbiamo rielaborato per comporre i titoli di ogni capitolo.

 

 

 

Hachisu no Yume

(Il sogno del loto)

 


 

1. In principio fu amato di amore trasparente

 

La neve scende piano in quella notte di inizio gennaio.

I fiocchi leggeri, che sfarfallano nell'aria sospinti dal freddo vento invernale, ricoprono lentamente le stradine che portano fuori dalla città, verso l'unica chiesetta della zona.

Costruita in legno, un piccolo cimitero a fianco, la costruzione è abbastanza nuova ma non troppo sfarzosa, proprio come si addice ad una tranquilla parrocchia di campagna. Dalle finestre della canonica lì accanto provengono le uniche luci che illuminano la zona buia che circonda il lago vicino.

Niente di strano, non fosse già notte inoltrata.

 

Ma dove cazzo sono finito? L’ultima cosa che ricordo è quel maledetto Noah con la faccia da schiaffi che mi ha lanciato uno dei suoi fottutissimi incantesimi (e c’era anche quella bastarda di Road [e l’idiota del moyashi che mi ha impedito di sfracellarle la testa]), poi ho il vuoto…

Beh, l’unica cosa sicura è che non sono più… ‘fanculo, non so nemmeno dove fossi prima! So solo che c’era un qualcosa sotto vetro che chiamavano Alma (ma è impossibile, Alma è morto [l’ho ucciso io]), oltre a quel ridicolo pallone gonfiato del Conte e un’altra serie di idioti… dovunque fossi, di certo non ero in aperta campagna di notte sotto la neve (strano come non senta freddo)… e poi cos’è quell’edificio? Dalle finestre filtra della luce, quindi qualcuno lì dentro è sveglio - se faccio piano posso avvicinarmi e cercare di capirci qualcosa.

 

Dalla grande finestra di quella che sembra la sala da pranzo della piccola casetta a due piani, si intravvedono due figure, sedute al tavolo e intente a giocare a carte.

Illuminato dalla calda luce del focolare, un uomo dai capelli color tiziano scarta bofonchiando una coppia di carte prima di pescarne un altro paio dal mazzo appoggiato fra le bottiglie di liquore mezze vuote. Il filo di fumo della sua sigaretta sale pigramente verso il soffitto, facendo tossire l'altro uomo vestito da giardiniere seduto di fronte a lui. Questi tiene fra le grandi mani le sue cinque carte e aspetta pazientemente il suo turno, lanciando ogni tanto un'occhiata nervosa verso la porta che dà verso le scale per il piano di sopra. Non fosse per la stazza - che, agli occhi di chi lo osserva da lontano, lo fa somigliare a una montagna - sembrerebbe quasi un bambino che sta giocando di nascosto dalla mamma.

 

Il silenzio quieto della notte, interrotto fino a quel momento solo dai borbottii del primo uomo, viene improvvisamente infranto dai rapidi rumori di una persona in avvicinamento.

Entrambi si voltano a fissare l'uscio, la tensione che cresce a ogni passo, e le carte da gioco finiscono quasi per aria quando la porta si spalanca e l'anziana signora che gestisce la chiesetta (la legittima padrona di casa, insomma) entra come una furia nella stanza.

“Disgraziato che non sei altro, la smetti di perder tempo tra Bacco, tabacco e carte da gioco?! Di sopra abbiamo bisogno di te! Per l'amor del cielo, alza il tuo fondoschiena dalla mia sedia e muoviti!” esclama la vecchina, allungando una mano per prendere il rosso per un orecchio.

“Ehi, ehi, calma!” si lamenta lui, opponendo resistenza “Guarda che di solito gli uomini si perdono tra Bacco, tabacco e Venere… ma non mi sembra questo il caso, sai…?” continua poi, rimettendosi in piedi e spazzolandosi noncurante la camicia di seta, la sigaretta accesa sempre all’angolo della bocca.

“Beh, se non vuoi che Bacco lasci questa casa ti conviene spegnere il tabacco e salire al piano di sopra! Il pargolo sembra aver deciso che questa è la notte giusta per nascere, quindi vedi di renderti utile anche tu!” risponde lei, voltandosi per precederlo alle scale.

Lui non si muove. Per nulla turbato né toccato dalle parole della donna, si limita a fissarla inarcando l’unico sopracciglio lasciato visibile dalla maschera. “Eh? E perché dovrei preoccuparmi di un moccioso urlante?”

“Come «perché»? Non penserai certo di portare qui una donna incinta, lasciarla alle mie cure e poi fregartene, vero?! Marian, quella povera ragazza ha bisogno di te! Su, ora fai il tuo dovere di bravo marito e vieni a dare il benvenuto al tuo frugoletto!” insiste lei, girandogli attorno e iniziando a spingerlo verso la rampa di scale.

L’uomo si fa spintonare su, badando solo a non incespicare nel tragitto. È alto quasi il doppio della vecchina e decisamente ben spallato, ma quella donna ha una forza assolutamente fuori dal comune - e a lui non va di usare la sua altrettanto notevole forza per opporvisi (o forse… non è del tutto sicuro di riuscirci?). Arrivato sano e salvo sul pianerottolo, ha il tempo di realizzare le parole che lei gli ha urlato mentre gentilmente lo accompagnava di sopra, soprattutto i termini «marito» e «tuo frugoletto»…

Si ferma e si volta verso l’anziana, che lo incalza a passo di marcia. “Ehi Mother! Guarda che comunque lei mica è mia moglie! E il marmocchio non è mio figlio!” protesta, accalorandosi tanto che la sigaretta gli cade dalle labbra. Impreca sottovoce, schiacciandola con lo stivale.

“Marian Cross, quante volte ti ho detto di evitare certi termini in casa mia? E smettila con quel tabacco, fa male al bambino! Su, muoviti, se non vuoi che ti sbatta fuori in giardino con le tue amate sigarette!” continua a urlare lei, aprendo con impeto la porta della stanza da letto per farlo entrare.

 

Giuro, non ci sto capendo più un emerito accidente! Cosa ci fa qui (qualunque luogo sia «qui») il generale Cross? Non era morto?!

E poi cos’è ‘sta storia che deve nascere un bambino che non è suo figlio ma di cui lui si deve prendere cura? E chi diavolo è quella vecchia isterica?! (Mi ricorda quella maledetta signora Martin…)

E soprattutto… perché nessuno dà il minimo segno di vedermi? Cazzo, sono davanti agli occhi del generale e lui non fa una piega! Questa faccenda sta diventando dannatamente assurda… maledetto Noah, cosa hai fatto?!

 

La stanza da letto è piccola, spartana come il resto della casa, ma decisamente confortevole e di buon gusto. La prima cosa che colpisce lo sguardo, entrando, è un grande armadio in legno scuro che occupa interamente la parete di fronte. Una cassettiera coordinata occupa la parete sulla sinistra, perfettamente incastrata sotto a una grande finestra che dà sul lago. Attorno alla porta di ingresso non ci sono orpelli inutili o pacchiani, gli unici decori dell'intero locale sono la biancheria ricamata e un paio di quadretti con preziose dagherrotipie di Papa Pio IX appese proprio sopra la testiera del letto.

Tra le coperte, si agita senza sosta una ragazza di circa ventitre anni. Pallida, i capelli neri che ormai sfuggono alle briglie della treccia che porta adagiata sulla spalla, stringe convulsamente le lenzuola madide di sudore. Sono già due ore che sono cominciate le doglie e il piccolino dovrebbe nascere a momenti.

Al vederla, l’uomo resta un attimo incerto: nella sua vita ne ha passate tante, ha visto le situazioni più disparate e ha avuto a che fare con donne nelle circostanze più diverse, riuscendo sempre a venirne a capo con onore. Ma adesso davanti ad una partoriente non sa che fare.

Cerca con lo sguardo l’anziana che già si è avvicinata al letto per controllare le condizioni della ragazza. “Ehi, ma mi spiegate cosa devo fare qui?” mugugna, cercando (a dire il vero con scarso successo) di suonare infastidito “Sono affari da donne questi…”

Ecco, forse quello era meglio se evitava di dirlo. Mother lo guarda malissimo, le mani strette a pugno ben piantate sui fianchi, ma è la giovane che sta per partorire a rispondere alla patetica scusa del generale. Una gelida furia le brilla nelle iridi argentate mentre afferra il bicchiere appoggiato sul comodino lì accanto e glielo lancia contro, iniziando a urlare.

“Cose da donne? Cose da donne!? Oh, certo, prima fate il danno e poi tagliate la corda lasciando tutta l'incombenza a noi! Facile, no? Ah, no caro mio, non ci provare! So esattamente cosa stai pensando, e non ti azzardare ad allontanarti da qui!”

L'urlo della ragazza si strozza al sopraggiungere di una nuova contrazione. Subito Mother le è di nuovo accanto, amorevole e materna, ma non prima di urlare anch'ella in direzione dell'esorcista ancora sulla porta.

“Marian, non restare lì imbambolato come un baccalà! Vai nel bagno qui accanto e portami degli altri asciugamani puliti!”

Il generale, schivato con eleganza il bicchiere di poco prima, temendo di venir bersagliato con altre armi non convenzionali che potrebbero rovinargli i vestiti (le boccette di unguenti e altri preparati farmaceutici ignoti proprio lì sul comodino, a portata di mano della giovane, non gli piacciono per niente!), alza i palmi in segno di resa e, sbuffando esce dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

 

Cazzo, fortuna che a quanto pare non mi vede nessuno… non vorrei mai avere a che fare con due isteriche così! Chissà poi la ragazza da dove tira fuori tutta quell’energia, se un attimo fa sembrava praticamente moribonda…

Comunque continuo a non capirci assolutamente nulla di tutta questa faccenda. Perché quel maledetto Noah ha voluto che io assistessi a questa scena? (Non ho dubbi che sia opera sua)

E poi… chi sono queste persone? La ragazza sul letto… perché ho la sensazione di averla già vista? I suoi occhi, mi ricordano qualcuno… qualcuno che li ha identici a lei… ma chi, maledizione? Chi?!

Dato che a quanto pare in questo posto non sono altro che uno spettatore invisibile (che sensazione stupidamente familiare [è da tutta la «vita» che vedo senza essere considerato]), non posso far altro che osservare e aspettare.

Innervosito, faccio per appoggiarmi al muro, ma in un attimo attorno a me vedo solo buio. Incespicando mi rimetto in piedi e mi ci vuole qualche secondo per rendermi conto di essere finito fuori dalla stanza, nel corridoio. Fantastico… allora oltre a non poter essere visto non posso nemmeno toccare nulla… sono come un fantasma, niente più…

Un sorriso amarissimo mi incurva le labbra (più a lungo del solito [se nessuno mi vede posso concedermi di esprimere qualche emozione]) e, scuotendo la testa, rientro nella camera sempre passando attraverso il muro.

L’urlo improvviso della ragazza mi fa sobbalzare, riscuotendomi dai miei pensieri e attirando tutta la mia attenzione. Che accidenti c’è adesso? Perché la vecchia si agita in quel modo?!

 

Nella casa cade improvvisamente il silenzio, un silenzio pieno di aspettativa e di tensione. Ma l'aria si fa improvvisamente più leggera quando, appena i quattro rintocchi delle campane della chiesa finiscono di risuonare nella fredda aria notturna, dall'interno della stanza si ode un flebile vagito che si fa subito forte e cocciuto. 

Si sentono sussurri e risa di donna nella stanza della partoriente, e Cross inarca un sopracciglio perplesso, spegnendo l'ennesima sigaretta. Quando la donna che li ha accolti nella sua dimora gli viene incontro sorridendo, il piccolo fagottino urlante tra le braccia, non può fare a meno di tirare un impercettibile sospiro di sollievo.

“Eccoci, piccolino, questo qui possiamo dire che in un certo senso è il tuo papà…” mormora lei, stringendo a sé il bimbo avvolto nella copertina azzurra. Al suono rassicurante della voce della donna il piccolo si calma, e subito sbadiglia e si addormenta, celando al mondo gli occhioni grigi che ha ereditato dalla madre.

Alle parole dell’anziana che di nuovo l’ha indicato come il padre del neonato, Cross vorrebbe protestare con veemenza, ma gli basta un’occhiata oltre la porta socchiusa dove la giovane mamma si è addormentata sfinita sui cuscini per rimangiarsi qualunque protesta. È vero, lei non è sua moglie e nemmeno la sua fidanzata, ma nonostante ciò l’esorcista è profondamente affezionato a quella ragazza così caparbia - e di conseguenza sa che non potrà fare a meno di affezionarsi anche a suo figlio (a patto che non sia troppo rompiscatole!).

“Mother, non mettergli in testa strane idee…” è comunque la sua replica di circostanza, addolcita dal mezzo sorriso che gli increspa le labbra.

La donna agita una mano facendo capire chiaramente quanto poco le importi delle sue puntualizzazioni e concentra tutta la sua attenzione sul piccolo. Lo guarda sorridendo intenerita, gli occhi blu, circondati dalle prime rughe, brillanti di contentezza e orgoglio per essere stata complice dell'evento meraviglioso che è la nascita di una nuova vita.

“Non è splendido? È così bello perché non è tuo figlio, sai?!” scherza Mother, strizzando l'occhio all'uomo. “Peccato per il braccino sinistro, però...” aggiunge con tono velato di malinconia prima di allungare il fagotto verso l'altro, costringendolo - volente o nolente - a prenderlo in braccio. 

Lui se lo poggia sull’avambraccio (basta quello, talmente è piccolo) e sorride vagamente beffardo, incurante della tristezza della donna; quindi sposta la copertina che avvolge il bambino, scoprendolo in parte. Quando nota la pelle violacea dell’arto sinistro, con due dita prende la manina del neonato tirandola fuori del tutto dal lenzuolo in cui è avvolto. Ma più che il gesto è la sua espressione, fattasi di pura soddisfazione, a scandalizzare l’anziana.

“Come puoi ghignare in quel modo, Marian?! Un braccio deforme come quello significa una condanna sociale per lui! Sarà emarginato a vita!”

L’uomo scoppia a ridere. “Credimi donna: sentirai parlare di questo marmocchio in futuro! Altro che emarginato a vita!” esclama, mentre si allontana verso il giardino con il bimbo.

 

Devo ammettere di non sapere proprio come comportarmi in questa situazione surreale. Ad essere onesto, mi sento francamente di troppo qui dentro (non ho mai assistito ad un parto [e non ha niente a che fare con la spiegazione assurda di quell’Edgar…]) e giuro che non capisco come faccia Cross ad essere così tranquillo… cazzo, va bene che non è tuo figlio (anche se probabilmente sarebbe tranquillo lo stesso), ma come puoi non sentirti di troppo?!

Quel bambino poi non mi convince. Possibile che abbia il braccio sinistro deforme come il moyashi (e i suoi stessi occhi, per giunta! [Ecco cosa mi ricordavano gli occhi della ragazza]) e che anche su di lui come sul moyashi Cross abbia dei progetti? Ok, non è detto che quel braccio sia una manifestazione dell’Innocence (dopotutto gli esseri umani soffrono di innumerevoli deformità) ma è innegabile che le somiglianze siano troppe… eppure non è possibile! Il moyashi ha almeno 15 anni (ora che ci penso, non so nemmeno la sua età [perché mi pongo il problema?]), quindi non può essere lui quel bambino… vorrebbe dire che sono finito nel passato (se così fosse avrebbe senso che Cross sia vivo [ma che senso avrebbe che io sia qui?!])

…‘fanculo, non ci capisco davvero più niente! L’unica cosa che mi resta da fare è seguire il generale (dove cazzo va in piena notte con un neonato?) e sperare di riuscire a venire a capo di questo fottutissimo casino…

 

La neve ha smesso di scendere, e ora la luce della luna fa splendere i prati e le stradine imbiancate. Anche il vento si è placato, non osando quasi disturbare il sonno del bambino addormentato. Si sente solo il rumore dei passi di Cross nella neve mentre questi esce in giardino, dirigendosi sicuro verso la quercia sul retro della casa, dove una figura è in attesa, nascosta nell'ombra. 

All'avvicinarsi del generale, l'uomo - perché è di un giovane moro di capelli e delicato di viso che si tratta - esce allo scoperto facendo qualche passo verso la strana coppia.

Non sembra una persona comune, anche il modo in cui si muove denota un'eleganza innata quasi magica. Ma sono sentimenti umani e reali quelli che in questo momento gli fanno brillare gli occhi dorati: l'emozione di aver contribuito ad un piccolo miracolo e l'immenso amore che nasce nei cuori dei padri quando vedono per la prima volta i loro figli.

Il giovane allunga timoroso una mano, carezzando lievemente i pochi capelli castani del neonato.

“Com'è piccolo... è meraviglioso, Marian, guardalo! E dimmi, come l'ha chiamato?”

Cross sorride sbieco, incerto su come reagire di fronte a quell’uomo così potente che si commuove al pari dell’ultimo degli indifesi di fronte al miracolo della vita. Dopo un attimo di indecisione, la strada più onorevole gli sembra quella di ignorare quella reazione così insolita e che proprio non riesce a comprendere in pienezza, limitandosi ai dati di fatto. L’altro gli ha posto una domanda, quindi lui deve rispondergli.

“Mària non gli ha ancora dato un nome, si è addormentata subito dopo il parto. Credo che il compito spetti al padre, no?” afferma sicuro, fissando in viso il suo interlocutore.

Davanti al sorriso forse un po’ meravigliato che si apre sulle labbra dell’altro, l’esorcista ha per un attimo la percezione chiarissima dei sentimenti dell’uomo che gli sta di fronte: comprende la tenerezza di quel padre che probabilmente non sarà mai tale per suo figlio e la gioia che in questo momento egli prova, investito dell’onore di dare alla sua creatura un qualcosa che porterà con sé per sempre.

“Gli antichi dicevano che nel nome è scritto il destino di ognuno di noi. Che destino vuoi per tuo figlio, eh «signor Quattordicesimo»?” continua poi Cross, porgendogli il bambino perché lo tenga in braccio in quel momento così importante.

“Eh, bella domanda. Anche mia madre ha scelto il mio nome secondo questa usanza, sai? Certo non avrebbe mai immaginato che la sorte avrebbe portato suo figlio a far parte della famiglia Noah, i nemici della Chiesa. Se avesse saputo, dubito mi avrebbe chiamato Mana, che significa «potere divino»... Per il piccolino qui presente, invece... vediamo...”

Lo sguardo dell'uomo cade sul braccino deformato del bambino. Sul dorso della manina immobile il brillio della pietra mandata da Dio è ancora offuscato, ma un giorno illuminerà le tenebre, ne è sicuro. Preso da un'improvvisa ispirazione, senza svegliarlo lo solleva leggermente per guardarlo meglio alla luce della luna.

“Ho deciso. Il suo nome è Amiel, che ha il doppio significato di «Dio delle genti»  e di «gente di Dio». Spero che gli porti fortuna, ne avrà bisogno.”

Sorride, il moro, prima di posare un bacio sulla fronte del neonato.

“Su, riportalo dentro. Sua madre lo starà aspettando, e qui fuori fa troppo freddo per un bambino così piccolo.”

Lasciato il bimbo alle cure dell’esorcista, il Noah lancia un ultimo malinconico sguardo al proprio figlioletto e alla casa dove la sua amata sta riposando. Sa già che non li rivedrà per molto tempo, sempre se sarà così fortunato da incrociare la loro strada senza metterli in pericolo.

Sta per andarsene, ma la voce del generale lo richiama.

Prima di scomparire all’interno della casa, infatti, Cross si è voltato indietro.

“Per adesso ne avrò cura io, anche se da lontano - com’era nei patti. E quando sarà il momento troverò il modo di avvisarti perché tu lo venga a prendere. Sì, questo marmocchio è decisamente fortunato, non credi?”

“Preferirei non avesse bisogno di tutta questa fortuna per sopravvivere, Marian... ma dopotutto, nascere in un'epoca come la nostra, piena di conflitti e timori per il futuro, è tutt'altro che semplice. Tienilo d'occhio, mi raccomando, e cerca di tenermi aggiornato. Anzi, aspetta un attimo...”

Mana si avvicina all'esorcista, frugando nelle tasche interne del cappotto elegante che indossa, e poi avvicina il pugno chiuso al viso dell'uomo che gli sta di fronte, aprendo pian piano le dita.

Nel palmo della sua mano c'è uno strano oggettino, dalla forma tonda e dal colore chiaro. Cross lo osserva molto incuriosito, non sapendo cosa aspettarsi, e quando si accosta ulteriormente per analizzarlo lo vede come fremere per un secondo. Improvvisamente la sferetta gialla si libra nell'aria, spalancando un paio di alucce e srotolando una codina lunga lunga che termina a forma di fiamma.

Ora è il turno dell'oggettino analizzare prima il bimbo e poi l'adulto: dopo aver girato attorno a Cross un paio di volte, spalanca la bocca in un ghigno compiaciuto e decide di accomodarsi sulla sua testa.

Quasi scoppiando a ridere per l'espressione impagabile che si è disegnata sul viso del generale, ovviamente poco avvezzo alla frequentazione di golem dotati di personalità, il Noah rimette le mani in tasca e fa un passo indietro.

“Questo è Timcanpy. Amico mio, ci conosciamo da un bel po', ormai, e so come sei fatto... So benissimo che anche se mi dici che mi terrai aggiornato finirai per sparire, prima o poi! Timcanpy registrerà tutto quello che succederà al bambino, e ci consentirà di tenerci in contatto in caso di bisogno.”

L'esserino agita la testolina su e giù, evidentemente in accordo con il suo creatore, finendo così per scompigliare i capelli dell'esorcista che borbotta infastidito.

“Ovviamente ha anche altre funzioni molto interessanti... ma non intendo elencartele togliendoti il piacere di scoprirle da solo! Bene, a questo punto direi che posso togliere il disturbo. Ci sentiamo presto, «signor esorcista»!”

 

Lo ammetto, quando ho sentito il generale chiamare quell’uomo «signor Quattrodicesimo» con tutta quella nonchalance ci sono rimasto di sale: cazzo, quello è uno dei nostri nemici, forse uno dei peggiori (anche se ha tradito e ha tentato di uccidere il Conte [perché questo non significa automaticamente che è nostro alleato]) e lui ci parla come se fossero amici di vecchia data!

L’istinto successivo è stato estrarre Mugen e attaccare… solo per poi accorgermi che, dannazione!, non ho idea di dove sia finita la mia spada! Prima di ritrovarmi qui sono certo che l’avessi in pugno (quell’idiota del moyashi ne ha anche bloccato la lama con la mano maledetta) e ora mi ritrovo solo un inutile fodero!

Un ghigno storto mi deforma il viso.

A parte che, anche con Mugen… cosa avrei potuto fare? Non posso toccare nulla, passo attraverso le cose come se fossi fatto d’aria e sono altrettanto invisibile… (mi sento un emerito idiota in questa situazione…)

Comunque seguire Cross qui fuori mi è servito almeno a capire una cosa (oltre che ad infittire il mistero che circonda il generale): quel bambino, chiunque sia, non può essere il moyashi. Nonostante le coincidenze eclatanti, se c’è una cosa di cui sono certo è che il suo nome non è Amiel o cosa diavolo… il che significa che… ‘fanculo! Significa semplicemente che non ho il minimo elemento in più per capire dove sono, in che epoca sono o perché cazzo sono qui!

Ok Yu, ragiona, parti dai dati di fatto. Hai Cross che, a quanto ne sai, è morto eppure te lo vedi davanti vivo e vegeto, il Quattordicesimo che in teoria dovrebbe esser morto pure lui (altrimenti come farebbe il moyashi ad avere le sue memorie?) e hai appena assistito alla consegna al generale del golem che hai sempre visto in compagnia di Walker… e per finire hai un bambino che sembra il moyashi ma che non è possibile che lo sia (fortuna che dovevo considerare i dati di fatto… [non ne ho, cazzo!])…

Per quanto sia assurdo, tutto questo potrebbe trovare un minimo di senso solo supponendo di trovarsi nel passato, indietro di almeno 15 o 16 anni rispetto al presente… ma anche ammesso che sia così, come è possibile? È solo un’illusione? (In questo caso, io sono un esperto…) E soprattutto io cosa c’entro?

 

Il sole è sorto ormai da un bel pezzo quando Cross entra nella stanza dove Mària ancora riposa, appoggiata ai grandi cuscini decorati del letto. Mother è nella stanza accanto, intenta a fare il bagnetto al piccolo, mentre il giardiniere Barba fischietta allegramente spalando la neve dal vialetto d'ingresso.

“Buongiorno!” lo saluta la ragazza, la stanchezza e la gioia che le fanno brillare gli occhi grigi.

“Stanotte ho incontrato Mana.” Inizia subito l’esorcista, senza troppi giri di parole, andando a sedersi sulla sedia all’angolo della stanza. “Ha visto il bambino e gli ha dato un nome: l’ha chiamato Amiel.”

Cross non è mai stato una persona particolarmente educata, quindi Mària non si offende per la mancanza di risposta al suo saluto. Non può fare a meno di preoccuparsi, però, quando lo vede sedersi in quell'angolo lontano. Sembra che voglia mantenere le distanze, e tutto ciò sta a significare brutte notizie in arrivo.

“Oh… bel nome, sì. Era un personaggio biblico, giusto? Mi piace! E Mana? Mana come sta? Cos'ha detto del piccolo? Gli somiglia, vero?”

Parla rapidamente, la felicità nel suo sguardo che pian piano si offusca mentre distoglie gli occhi dal viso dell'uomo seduto sulla sedia, mille pensieri che le vorticano nella testa tutti assieme.

Sapeva che avrebbero dovuto affrontare nuovamente l'argomento, prima o poi. Lo sapeva, se lo aspettava. Però ora che il bimbo è nato, ora che l'ha stretto tra le braccia e lo ha nutrito, cullandolo verso i suoi primi bei sogni... è tutto molto più difficile, accidenti.

La giovane esorcista sospira, fissando l'azzurro del cielo che splende fuori dalla finestra, e scuote la testa cercando poi di ricomporsi, di imbrigliare nuovamente le sue emozioni. «Per Amiel», si ripete, «Per Amiel».

Ma non vuole, non riesce a guardare Cross in faccia, perché sente che non resisterebbe, che scoppierebbe a piangere al solo pensiero di...

“Gli somiglia, sì.” L’uomo risponde subito e quasi senza pensarci, la mente che già si è allontanata dietro altre riflessioni molto meno piacevoli (non che in tutta quella faccenda ci sia granché di piacevole…). Ora a lui tocca la parte del duro - lo sa e non ne va particolarmente fiero, ma qualcuno deve pur accollarsi l’onere di riportare Mària con i piedi per terra.

Nove mesi prima, quando aveva scoperto di essere rimasta incinta, il patto che lei, Cross stesso e il Quattordicesimo hanno stretto è stato ben chiaro: il bambino non avrebbe potuto rimanere con la madre, né tantomeno col padre. Ma ora ricordare alla ragazza l’impegno assunto di abbandonare suo figlio appena nato è difficile, anche per un uomo freddo come lui.

L’esorcista si accende l’ennesima sigaretta, imprecando tra sé contro il pacchetto già desolatamente vuoto (e l’ha iniziato solo la sera prima, dannazione!), quindi apre un poco la finestra e soffia fuori uno sbuffo nervoso. Infine si volta verso la ragazza che dal letto lo osserva seria, ben conscia di quel che sta per sentire.

“Il bambino dev’essere immediatamente esposto alla ruota; o, se preferisci, portato in un orfanotrofio.” Cross parla con tono basso, impersonale. Davanti al tentativo di protesta di Mària, alza una mano e la fissa severo “Non voglio sentire commenti di sorta. Questi erano i patti.”

Silenzio. La giovane chiude gli occhi e si appoggia stancamente alla spalliera del letto.

Quelli erano i patti, lo sa benissimo. Ma sa anche che non le resta poi molto da vivere, a causa degli effetti devastanti dell'Innocence di tipo parassita che hanno reso ancora più fragile il suo corpo di giovane donna.

“Marian, chissenefrega dei patti. Sai benissimo che non arriverò alla prossima estate, no? E lasciare un bimbo così piccolo in balia degli eventi è una mossa troppo azzardata, potremmo perderlo e tutto questo sarebbe stato vano. L’hai visto anche tu: è nato compatibile, è la dimostrazione che la nostra teoria è esatta… pensa a che potenzialità enormi potrebbe avere!

Fammelo tenere, fammelo crescere. Consentimi di dargli l'amore e la forza sufficienti per poter affrontare il mondo. E quando arriverà il giorno in cui la mia vita si spegnerà potrai portarlo all'orfanotrofio, potrai portarlo dove ti pare... tanto so che, come da accordi, veglierai sempre su di lui.”

È un sussurro, la voce di Mària, ma gli occhi che ha appena riaperto per puntarli in quelli di Cross sono pieni di lucida, incredibile e testarda determinazione.

“E io sarò lì, accanto a te, a vegliarlo con te. Ti ricordi quel progetto di cui mi avevi parlato tempo fa e che all’epoca avevo considerato blasfemo? Beh, ci ho pensato tanto, stanotte. Fammi diventare la tua arma anti-akuma, Marian. Consentimi di rimanere al vostro fianco, anche se non sarò altro che un corpo senza vita, ti prego!”

Davanti alle parole della donna, il generale non può che ringraziare il suo sangue freddo e la maschera che gli copre metà del volto - è solo grazie a questi che riesce a celare lo stupore per quel che si è appena sentito proporre. A tanto può arrivare l’amore di una madre?

Ma quel suo stupore dura solo un istante, presto dissolto in una punta ammirazione per la caparbietà e il coraggio di Mària, oltre che nel lavorio frenetico della sua mente, già protesa a considerare i pro e i contro dell’idea che gli è balenata davanti agli occhi.

È con il suo tipico sorriso strafottente (che tuttavia miete più di una vittima tra i cuori femminili) che Cross si volta verso di lei, gettando il mozzicone di sigaretta fuori dalla finestra.

“Sei incredibile, donna… ed è per questo che mi piaci, oltre che per la tua indubbia bellezza. Quel marmocchio è fortunato ad avere una madre come te.”

 


 

PREVIEW:

Capitolo 2 - Era pietra di scandalo, ma il costruttore ne fece pietra angolare

Ok, e adesso che cazzo è successo così di botto? Ho visto per un attimo tutto buio e poi mi sono ritrovato… beh, in un posto qualunque, ma sicuramente non lo stesso in cui ero prima (che odiosa sensazione di déjà-vu…). E probabilmente, tanto per gradire, non sono solo in un luogo diverso, ma anche in un tempo diverso.

Non ho ancora capito cosa voglia mostrarmi il burattinaio che ha organizzato tutto questo, quindi tanto vale cercare di scoprirlo (almeno mi sembrerà di aver fatto qualcosa di mia iniziativa).

[…]

“La cosa più terribile, Madre, è la mano di quel bambino! La sua mano sinistra porta sul dorso una croce nera!” esclama scandalizzata la giovane religiosa “Capisce Madre Superiora? Una croce! Il simbolo del martirio di Nostro Signore marchiato a fuoco sulla mano e nel colore del demonio! E se quel piccino - Dio ce ne scampi e liberi! - fosse posseduto?!”

[…]

Non è ancora il momento, Amiel non è ancora pronto per sfidare Millennio. Il progetto che lui e Cross hanno su quel piccino è ambizioso e richiede tempi lunghi, ma il Noah è certo che alla fine avrà successo.

Il bambino torna con lo sguardo alla tomba del cane.

“Hmph, piacere di conoscerti, signor Mana Walker. Senti un po', aveva un bel nome, il tuo cane... secondo te posso prenderlo in prestito, almeno per un po'?”

 


 

IL POST-IT DELLE AUTRICI

Come detto in precedenza, elenchiamo di seguito tutte le citazioni contenute nel capitolo che avete appena letto.

 

-         Il titolo: citazione da Gn 1,1 e Gv 1,1. Entrambi i libri iniziano infatti con l’espressione “In principio…”.

“Amore trasparente” è invece un chiaro riferimento alla canzone omonima di Ivano Fossati. Ok, questa è assai poco biblica come fonte, ma a me quel pezzo piace tantissimo XD (ndMistral)

-       Mother e Barba: questi due personaggi appaiono nel primo capitolo del romanzo “D.Gray-Man: Reverse” vol. 1, di Hoshino Katsura e Kizaki Kaya, dove viene raccontata l’ultima parte del viaggio di Allen dall’India verso la Sede dell’Ordine. Ovviamente li abbiamo sviluppati in maniera indipendente, pur restando entro i limiti di quanto suggerito dalle autrici. Sempre da quel capitolo sono tratte le descrizioni degli ambienti esterni e di Timcanpy.

 

Per questo capitolo è tutto! Se avete un qualsiasi dubbio, chiedete pure!

E ricordate… in missing moments we trust!

Alla prossima!

Lety&Mistral

 

 

 

NEXT SHOT ON MAY 10, 2010

Don’t miss it!

 

 

 

   
 
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