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Autore: PhoenixOfLight    10/04/2010    4 recensioni
Mi sono sempre chiesta cosa vedessero Lily e James nello Specchio delle Brame... così ho iniziato a fantasticare, a vagheggiare e la mia mente malata ha dato vita ad una storia che spero vi piacerà! Saranno solo tre capitoli, il primo dal punto di vista di James e il secondo da quello di Lily; vi avviserò all'inizio del capitolo se vi sono cambiamenti di POV all'interno (in ogni caso sono facilmente riconoscibili). Inoltre, sono espresse anche le "colonne sonore" di ogni capitolo, ovvero quelle canzoni che mi hanno aiutata a scrivere la storia... gradirei che la leggeste ascoltandole^^ Ovviamente, non siete obbligati! Non vi faccio attendere oltre e vi lascio alla mia FF... buona lettura!!!
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, I Malandrini, James Potter, Lily Evans | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lily and James - an eternal love'
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In the mirror

In my heart

In my soul

FOREVER

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Colonne sonore di questo capitolo:

 

  • “Thinking of you” – Katy Perry
  • “Shattered” – Trading Yesterday

 

Buona lettura!

 

 

 

1 – Damn jealousy

 

 

-È l’occasione giusta-, disse Remus col suo disarmante sguardo di uno che avrebbe tanto voluto conoscere l’amore, ma che non ne aveva mai avuto l’opportunità. Eravamo soli in Sala Comune, eccezion fatta per Felpato e Codaliscia, entrambi concentrati su un tema di Trasfigurazione – già terminato da Rem e ancora non iniziato da me. Io avevo qualcosa di più importante da fare quel giorno e non potevo offrire loro aiuto e Lunastorta…

-E dai, ti prego, aiutaci!-, lo pregò per l’ennesima volta Sirius.

Lui in risposta scosse la testa con fare sicuro, coerente ai suoi principi di Prefetto di Grifondoro.

-Torna a scervellarti, Paddy!-, lo rimbeccò.

… non accennava alla minima pietà per i suoi migliori amici di sempre.

-Uffa!-.

Sorrisi di fronte alla sceneggiata dei due Malandrini; tanto più tardi lui avrebbe fatto distrattamente e inconsciamente scivolare la sua pergamena sul tavolo di lavoro dei suoi amici, ricevendo ringraziamenti a cui avrebbe risposto con occhiate assassine che trasmettevano tutte un solo messaggio: “La prossima volta non ci pensate nemmeno a copiare i miei compiti”.

Scossi la testa divertito mentre io e Rem tornavamo a dedicarci alla nostra conversazione bloccata.

-Dunque, dicevamo?-, domandò.

-Ehm…-, balbettai preso alla sprovvista mentre tentavo di fare mente locale. -… mi pare che parlavamo delle occasioni mancate e…-.

-Ah, sì!-, esclamò. Riprese la sua espressione saggia e continuò: -Lascia perdere le tue convinzioni, i pregiudizi, l’orgoglio e l’egocentrismo: non pensare a nessun altro se non a lei, raggiungila e dille ciò che porti nascosto nel tuo cuore per tutto questo tempo! Se non lo fai, James… te ne pentirai per il resto della tua vita-.

Restai senza fiato e penzolante dalle sue labbra per un po’, prima di soppesare appieno le sue parole, in particolare l’ultima frase. Feci una smorfia mentre constatavo che era in effetti davvero troppo melodrammatica… e poi potevo dirglielo anche domani, o comunque un altro giorno, no?

Stavo per esporre a gran voce i miei pensieri, quando Rem mi bloccò aggiungendo con un tono che non ammetteva repliche: -Non sono melodrammatico, se rimandi non avrai mai più il coraggio di rivelarle i tuoi veri sentimenti e di conseguenza lascerai sfuggire dalle tue stesse mani il più grande sogno della tua vita-.

Stetti a palesare il discorso per un po’, perso nei miei pensieri, poi afferrai la Mappa e recitai per l’ennesima volta il malandrino “Giuro solennemente di non avere buone intenzioni”, facendo dispiegare dinanzi ai miei occhi non più sbalorditi la cartina dell’intero Castello. Trovai il puntino con accanto quel nome tanto contemplato; sul mio volto si dipinse un sorriso, come tutte le volte che vedevo quelle nove lettere armonicamente attaccate le une delle altre, lettere che avevo imparato a conoscere e a riprodurre su qualsiasi pergamena o superficie su cui la piuma scivolava più facilmente.

Rinchiusi la Mappa e mi alzai, deciso, mentre sistemavo la camicia nei pantaloni e annodavo la cravatta per bene.

-Sei proprio innamorato, Ramoso-.

Guardai Rem con espressione interrogativa; si mise in piedi anche lui, fronteggiandomi.

-Non ti ho mai visto così teso e agitato come ora, eppure muori dalla voglia d’incontrarla-, spiegò. -Ti luccicano gli occhi quando pronunci il suo nome, accarezzandolo dolcemente come se fosse un fiore di cristallo che potrebbe spezzarsi da un momento all’altro; adori la sua voce e potresti ascoltarla ogni minimo istante della giornata perché avvolge il tuo cuore in un tenero abbraccio capace di estraniarti dal mondo facendoti penetrare in una calma surreale, probabilmente perfino migliore della scarica di adrenalina che ti scorre nelle vene quando voli… potrei elencarti altre centomila ragioni per cui ritengo che tu sia innamorato, ma preferisco fermarmi qui-, concluse guardando soddisfatto il mio volto sorridente constatando che ciò che il mio grande amico aveva appena detto era verissimo.

Non ci fu bisogno di dire altro: ringraziai di cuore Moony con un abbraccio – come farei senza i suoi consigli? – e mi avviai verso il buco nel Ritratto.

-Ehi, James!-.

Mi voltai trovandomi faccia a faccia con Sirius, che mi fissava profondamente come se volesse trasmettermi con lo sguardo tutto ciò che non avrebbe mai potuto dirmi. Non che vi fossero barriere tra noi due, anzi… solo che non esprimevamo spesso i nostri sentimenti a gran voce, affidandoci a semplici gesti come uno sguardo eloquente o un sorriso che valeva più di mille parole.

-In bocca al Basilisco-, mi augurò con un cenno del capo.

Io ghignai, ironico. -Guarda che non devo mica affrontare un Ungaro Spinato!-.

-Quella potrebbe essere peggio di un drago inferocito, se vuole-.

-Non lo metto in dubbio… be’, crepi il Basilisco… e grazie!-, ripetei, cosciente del fatto che in diciassette anni di vita non avevo mai ringraziato così tanto delle persone come in quel momento.

Stavo per attraversare il buco, ma mi fermai per l’ennesima volta, voltandomi contrariato verso gli altri Malandrini.

-“Quella” ha un nome!-, esclamai. -Il più bello del mondo…-, aggiunsi sospirando.

Sirius alzò gli occhi al cielo, esasperato, Remus nascose – senza successo – un sorriso e Peter… be’, lui continuava a studiare – o meglio, a dannarsi sulla pergamena con sguardo esasperato.

-Sì, sì, lo sappiamo! È…-.

-Lily Evans!-, terminai con un sorriso divertito tappando la bocca del mio migliore amico, fissando malizioso il suo sguardo stranamente malvagio.

 

Corridoio Est… terzo piano… corridoio Est… terzo piano… corridoio Est… cavolo, James… stai delirando… terzo piano… corridoio Est… terzo piano… corridoio… eccolo!

Bloccai di botto la mia corsa quando arrivai finalmente all’ala del castello che cercavo, rischiando di cadere miseramente sul millenario pavimento di pietra. Mi appoggiai al muro e ripresi fiato, senza però riuscire a frenare i battiti accelerati del mio cuore. Mi staccai per controllare rapidamente se lei ci fosse ancora, sporgendomi di poco oltre l’angolo tra i due muri… e quella volta il cuore partì del tutto: era lì. Era lei. Cavolo.

Ovvio che è lei, l’hai visto sulla Mappa!

“Oh, sta’ zitta!”.

Tornai a nascondermi prima che si accorgesse che la stavo spiando; chiusi gli occhi e presi un bel respiro.

E ora che le dico? Ehi, Evans, lo sai che mi sono innamorato di te? No, diamine, non va bene! Non le piace quando la chiamo per nome… beh, nemmeno per cognome… a dirla tutta non le va proprio a genio che io le stia dietro… quindi mi rifiuterà? No, cazzo, no! Non devo pensare a queste cose! Ora vado lì e… e che le dico?”.

Dille che l’ami…

Mi bloccai. “Oh no…”.

Oh, sì…

M-ma…”.

Niente ma! Ricorda quello che ti ha detto Remus!

Come un flash mi ritornò alla mente la nostra conversazione di poco fa… me ne pentirò per il resto della mia vita… una vita senza Lily… no… impossibile… inaccettabile!

Abbandonai definitivamente la mia posizione decidendo che un “Ciao!” sarebbe stato più che sufficiente; mi feci coraggio, presi un altro, profondo respiro ed ebbi in un baleno il corridoio di fronte. Il suo profilo mozzafiato, che avevo imparato a memoria talmente l’avevo contemplato nel corso di quei sette anni, provocò una decina di capriole nel mio stomaco e un tremore nelle gambe che poteva – fortunatamente – passare inosservato. Restai a fissarla da dietro per un altro paio di minuti prima di decidermi di fare qualche passo in avanti per raggiungerla.

Fu in quel momento che si voltò di lato, mentre un sorriso coronava il suo volto da ninfa ed esclamava, felice: -Alex!-.

-Lily!.

Lei corse verso il ragazzo biondo alla sua sinistra e lo abbracciò forte, sprofondando la testa nella sua spalla. Lui le accarezzò i capelli dolcemente, mentre lei lo stringeva ancora di più.

Mi fermai, spiazzato da quella visione.

No…

-Come stai, stella?-, le chiese.

-Benissimo ora, grazie!-, rispose… sorridente.

Non l’avevo mai vista così felice, non l’avevo mai vista sorridere per me come faceva con quel ragazzo, non mi aveva mai guardato con quel luccichio negli occhi come invece stava facendo ora, le uniche parole che mi aveva rivolto erano sprezzanti e cariche di odio, lontane anni luce dal tono dolce con cui si rivolgeva al suo… amico? Conoscente?

Feci qualche passo indietro silenziosamente mentre fissavo con il cuore spezzato la scena che mi si presentava davanti ai miei occhi, per poi nascondermi dietro al muro, ma mantenendo comunque gli occhi puntati su di loro.

Fidanzato?

La risata allegra, spensierata, pura, genuina di Lily mi entrava nelle orecchie, ma non mi riempiva il cuore come aveva sempre fatto… me lo spezzava in tanti, troppo pezzi, minuscoli, forse mai più recuperabili. Lei rideva… ma non lo faceva per me. E quando un uomo fa ridere una donna, metà del suo cuore l’ha già conquistato. Storsi la bocca in una smorfia di dolore e mi allontanai da lì, correndo a più non posso per dimenticare ciò che avevo visto.

Non hai alcuna chance con lei, James… arrenditi

 

Non ricordo dove andai, probabilmente percorsi tutto il perimetro di Hogwarts senza nemmeno rendermene conto. Per il momento, però, non m’interessava: desideravo solo frapporre quanta più distanza possibile fra me e loro, evitando di rivedere quella scena. Impossibile: appena chiudevo gli occhi la mia visuale era interamente occupata dalle sagome di Lily e di quell’Alex… abbracciati.

Forse stavo esagerando, forse mi stavo facendo tanti problemi per niente, forse avevo interpretato male quella situazione… o forse no.

Rallentai il ritmo dei miei passi fino a fermarmi, stremato; mi accasciai al muro alle mie spalle e sospirai, chiudendo gli occhi. Non piangevo, o non volevo ammettere che l’avessi fatto. Ma se anche fosse? Che male c’era a piangere per un amore non corrisposto? Ma infatti io non piangevo. Le mie guance erano solo umide, niente di più. Tutti possiamo avere le gote bagnate, no?

Scrollai la testa, rendendomi conto che stavo letteralmente delirando.

Mi alzai con fatica e riluttanza, guardandomi attorno. La luce che penetrava dalle finestre era di un arancione scuro tendente al rosso: stava tramontando. Ciò significava che tra poco avrei dovuto recarmi in Sala Grande per la cena, quindi dovevo sbrigarmi a raggiungere la Torre per eliminare le tracce del mio dolore dal viso. Se solo avessi saputo dove si trovasse il Dormitorio. In quale piano mi trovavo? Ricordavo di aver salito un bel po’ di scale, ma non riuscivo a focalizzare la posizione precisa, dato che avevo seguito il corso delle deviazioni dello stesso Castello. Mi guardai attorno nuovamente, confuso, tentando di capire anche solo per un elemento insignificante dove mi trovassi. Nulla: la mia mente era una tabula rasa. Desideravo perdermi in Hogwarts… ma non immaginavo che quell’edificio millenario mi prendesse alla lettera!

Avanzai di qualche passo tentando di cogliere qualche particolare che mi avrebbe riportato alla mente la strada da compiere per tornare indietro… ma non trovai nulla. Quel lato del castello era davvero anonimo: niente statue di pietra, armature vuote o quadri parlanti che potevano dargli un po’ di vivacità... non c’era proprio nulla. Vuoto. Proprio come me.

Scacciai quei pensieri con un gesto stizzito della testa. Fu una macchia marrone scuro a catturare la mia attenzione; una macchia che scoprii essere una porta quando mi voltai verso di essa. Mi avvicinai prudentemente, mosso da una forza sconosciuta che muoveva le mie gambe senza che io potessi fermarle. Poggiai la mano sulla maniglia, abbassandola e spingendo con cautela la porta, che cigolò lievemente. Sbirciai dentro. Una luce soffusa proveniente da una finestra da qualche parte vicino al soffitto – altissimo – illuminava fiocamente la stanza, che appariva in disuso da svariati anni; banchi e sedie erano accasciati disordinatamente lungo un muro, ricoperti da uno spesso strato di polvere luccicante. Percorsi con lo sguardo l’intera stanza sconosciuta, fin quando il mio occhio non fu attratto da un bagliore proveniente da uno strano oggetto lungo, appoggiato sul muro dinanzi a me. Mi avvicinai con lentezza, studiandolo attentamente, finché non fui abbastanza vicino da capire che si trattava di uno specchio. Lo fissai a lungo, percorrendone la forma con espressione rapita e indugiando sulla cornice d’oro che si reggeva su due zampe di leone; sulla sommità era inscritta un’incisione che mi parve appartenere ad una lingua sconosciuta.

-“Erouc li amotlov li ottelfirnon”-, sussurrai, rapito.

Cosa poteva significare?, pensai mentre mi sedevo sul pavimento polveroso, continuando a fissare quella morbida scritta incomprensibile. I miei occhi vennero però catturati da un bagliore vermiglio e con uno scatto fulmineo guardai la superficie riflettente.

Sgranai gli occhi e il respiro mi si mozzò mentre il cuore cedeva e nel contempo batteva furioso.

Non c’era solo il mio riflesso nello specchio. Accanto a me si trovava una ragazza dai lunghi capelli rossi e gli occhi di un bellissimo verde acceso che faceva risplendere l’enorme stanza in penombra; aveva appoggiato il suo capo sulla mia spalla, carezzandomi dolcemente il braccio destro, e sorridendomi. Mi voltai istantaneamente di lato, ma non c’era nessuno. Confuso e imbambolato, mi voltai di nuovo verso lo specchio. Era ancora lì. Eravamo ancora lì. James e Lily. Quell’accostamento di nomi mi provocò una fitta al petto. Faceva male. Troppo male. Perché sapevo che quel sogno non si sarebbe mai avverato, che mai avrei potuto stare così vicino a lei…

Eppure non avevo la forza di voltarmi, di distogliere lo sguardo per evitare altro dolore, altra malinconia. Guardavo insistentemente quella scena ormai troppo conosciuta, ma da masochista quale ero non potevo, non volevo fermare quell’agonia.

La smisi solo quando a quell’immagine si sovrappose un’altra, ancora più incredibile. Eravamo sempre noi, io e la ragazza dal volto di un angelo e i capelli dello stesso colore dell’inferno… ma questa volta lei manteneva qualcosa tra le braccia, qualcosa simile ad un fagotto. Mi avvicinai lentamente allo specchio focalizzando l’attenzione su di esso. La ragazza fece voltare l’ammasso di panni verso di me permettendomi di osservare bene cosa teneva in braccio… e rimasi senza fiato. Era un bambino. Uno splendido, dolce neonato con i miei stessi capelli senza capo né coda e i medesimi splendidi e inimmaginabili occhi verdi della madre… era mio figlio… nostro figlio

Rimasi con la bocca aperta a contemplare quella visione sublime finché non cominciai a vedere sfocato; mi alzai di botto dal pavimento, scappando via da quell’illusione, dall’assurda convinzione che forse, un giorno, tu saresti finalmente stata mia, e ti avrei abbracciato come nei miei sogni, avrei visto risplendere il tuo sorriso sul volto di un’anima pura e cristallina come la tua… Lily…

 

Quando la Sala Grande si dipanò dinanzi ai miei occhi, nessuna traccia del pomeriggio appena trascorso era più visibile; le avevo eliminate con decisione appena mi ritrovai nel Dormitorio deserto, slegandomi la cravatta e lasciando che la camicia uscisse dai pantaloni, come l’avevo sempre portata. Avanzai per l’enorme Sala ostentando il mio usuale sguardo malandrino, il volto occupato da un ghigno sbeffeggiante. Sentivo al solito gli sguardi di tutti gli studenti radunatisi lì per la cena addosso, attirati dall’entrata trionfale del grande Cacciatore. La mia attenzione, però, era tutta concentrata verso il tavolo dei Grifondoro, da dove i Malandrini mi fissavano, sollevati. Distinsi vagamente una macchia vermiglia accanto a loro, prima di sedermi accanto a Sirius, come di consueto.

-James! Ma dove cavolo ti eri cacciato? La cena è iniziata già da un pezzo!-, esclamò questo, mentre riempivo il piatto delle deliziose prelibatezze che si trovavano davanti a me.

-Facevo un giro nel Castello...-, risposi vago. In fondo, non avevo mentito.

Addentai un succulento boccone di carne, mentre mi accorgevo di uno sguardo smeraldino che non passava inosservato poggiato su di me.

-Ehm... James? Non si saluta?-, mormorò Felpato nel mio orecchio, indicando un punto indefinito dinanzi a noi.

Bevvi un po’ di succo di zucca, prima di incrociare le splendenti iridi di Lily Evans, seduta proprio davanti a me, che mi fissavano curiosi. Io ricambiai lo sguardo, senza lasciar trapelare alcuna emozione, mentre lo squarcio nel petto si riapriva più dolorosamente di prima a causa dei ricordi del pomeriggio appena trascorso. La Sala Grande divenne improvvisamente silenziosa, come se attorno a noi si fosse eretta una barriera invisibile che ci divideva da tutto e da tutti, senza permettere che ci rendessimo conto di ciò che accadeva oltre quella gabbia d’aria asfissiante e di sguardi eloquenti. Ruppi per primo quell’incantesimo, biascicando un “Ciao” poco convinto, per poi terminare la pietanza. Ebbi appena il tempo di notare meraviglia nei suoi occhi per il mio comportamento, prima di riempire il mio stomaco vuoto. Non le rivolsi la parola per l’intera serata e lei fece altrettanto: l’avevo evidentemente offesa. Ma cosa si aspettava dopo avermi rifiutato per sei anni?

A cena ultimata, un’idea tanto brillante quanto pericolosa mi balzò alla mente; stavo proprio in quel momento attraversando il portone della Sala Grande, quando mi fermai improvvisamente con un’espressione del volto che non prometteva nulla di buono.

-James? Cos’hai?-, mi chiese Remus fermandosi con gli altri Malandrini.

-Andate sopra... devo controllare una cosa-, risposi, guardandomi attorno.

-Sicuro di stare bene, Prongs? E’ da oggi pomeriggio che ti comporti stranamente... c’entra qualcosa la Evans?-, mi chiese preoccupato Sirius, guardandomi intensamente.

-N... no, non c’entra... Lily... devo solo vedere una cosa... poi vi racconto. Andate, ora-, ordinai loro. Restarono ancora qualche secondo a palesare le mie parole, per poi decidere che avviarsi al Dormitorio in quel caso sarebbe stata la cosa migliore.

Continuavo a cercare tra la folla, che proprio in quel mentre si stava diradando; dei bagliori dorati furono il segnale: l’avevo trovata.

-Ehi,O Neal!-, esclamai.

Una finta bionda dal fisico mozzafiato, le labbra rifatte e la verginità distrutta sin dal primo anno si voltò verso di me, fissandomi interrogativa, per poi distendere la bocca in un sorriso sornione.

-Potter-, pronunciò Angelica ‘O Neal in tono falsamente meravigliato con la bocca plastificata, -che vuoi?-, domandò, avvicinandosi.

Io mi limitavo ad indugiare sulle sue ciglia finte e su un piccolo neo sul mento disegnato da lei stessa; niente era vero in quella ragazza, solo un insieme di falsità e inganni. Ma mi serviva per attuare il piano del secolo, che nemmeno le menti geniali dei Malandrini messe insieme avevano mai architettato in tutti quegli anni.

Scrollai le spalle con fare indifferente.

-Nulla... desideravo solo un po’ di compagnia-.

Lei inarcò un sopracciglio – rigorosamente finto.

-Un po’ di compagnia? Potter, ti rendi conto che è da ben due anni che non ci parliamo? Il nostro rapporto è durato sì e no due ore, il tempo di divertirci un po’, chiuso. Quindi... che vuoi?-, mi ripeté.

-Davvero non credi che io voglia solo parlare con te?-.

-Parlare? Abbiamo mai parlato io e te?-.

Mmmh... no, in effetti abbiamo fatto un po’ di più...

-C’è sempre una prima volta!-, replicai con un sorriso sgargiante.

Lei alzò gli occhi al cielo.

-Potter, sei ridi...-.

Ma non fece mai in tempo a finire la frase, perché l’avvicinai di scatto a me e la baciai, ignorando i conati di vomito a causa del contatto con tutta quella plastica, le esclamazioni divertite e le risatine nervose di alcuni studenti che avevano assistito alla scena. Lei rispose con trasporto, infilzando la sua lurida lingua nella mia povera bocca (non tanto casta, a dire la verità...) e facendo scivolare le sue braccia dietro la schiena. Ehm, no, ora le stava abbassando. E... oh. Oh. Bene. Un po’ troppo in basso per stare appoggiate alla mia schiena. Beh, fa niente.

Alzai gli occhi sul corridoio. Ebbi appena il tempo di vedere una chioma rosso fiammante e due paia di occhi splendidamente verdi che questi corsero alla volta delle scale mobili. Quando Lily Evans sparì dalla mia visuale mi staccai da quella sottospecie di bacio e fissai le scale.

Angelica si accostò ancora a me, ma questa volta le sue labbra sfiorarono il mio orecchio sinistro.

-Stasera a mezzanotte davanti la Stanza delle Necessità... non farmi aspettare, altrimenti sarà l’ultima volta che ti rivolgerò la parola... e stavolta faccio sul serio-.

Poi alzò i tacchi e se ne andò, percorrendo lo stesso tragitto che poco prima il piccolo e tenero giglio aveva attraversato correndo e... in lacrime. Non aveva voluto che io vedessi, ma non c’era riuscita. Perché, poi, piangeva? D’altronde mi detestava, no?

Sospirai e, asciugatemi le labbra da quel contatto viscido e a dir poco schifoso, mi avviai verso la Sala Comune. Non mi sarei mai recato a quell’appuntamento; ormai Angelica non mi serviva più, avevo ottenuto il risultato che temevo… stavolta avevo davvero perso Lily Evans. A causa della mia stoltezza e del mio comportamento infantile l’avevo persa... per sempre. Niente più risate, niente più sfuriate, niente più sorrisi, niente più rapporti con lei…

Fu quel pensiero a scuotermi e a farmi bloccare, impalato, con gli occhi sbarrati fissi sul punto dove poco prima il fragile giglio era sparito.

Ma che ho fatto?

Iniziai a rincorrere quella macchia rossa ancora visibile, mentre l’odio e il ribrezzo per le mie azioni scorreva in me.

-Lily! Lily!-.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO DELL’AUTRICE

 

Salve a tutti, lettori!!!

Innanzitutto vorrei precisare alcune cose: questo mini-chap è una sorta di presentazione dei fatti, in modo da far comprendere a tutti ciò che è accaduto, ecco spiegata la sua brevità (nel prossimo prometto che mi farò perdonare – se non sbaglio è più della metà di questo!).

Secondo, James non è Cercatore come tutti credevano, ma Cacciatore (sì, lo so, è stato scioccante anche per me ç___ç). L’ha detto la stessa Rowling in un’intervista (se la trovo la posto nel prossimo capitolo, ma se non sbaglio è riportato anche in Wikipedia…). Ergo, se avete letto la parola Cacciatore riferita a James, sappiate che non si tratta di un errore!

Gradirei sapere il vostro giudizio su questa FF, se è il caso di continuare o se devo abbandonare i miei futili tentativi di diventare una scrittrice… quindi recensite, recensite e recensiteeeee!! Anche se per fare delle critiche, sono sempre ben accette per migliorare!! Perdonate anche i probabili errori di scrittura e/o battitura, se li trovate vi prego di segnalarmeli!!

Grazie e al prossimo capitolo!!

Miss Prongs :P

   
 
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