Bussi
alla porta e mentre aspetti che lei
apra osservi la bambina che è al tuo fianco: minuta, la
pelle candida come
neve, in netto contrasto coi
lunghi capelli neri, legati semplicemente in una treccia dalla quale
sfuggono
alcune ciocche ribelli e due splendidi occhi dalla diversa
tonalità, viola il
destro e azzurro il sinistro … esattamente come i suoi.
Ma c’è una cosa che rende particolare quella
fanciulla: lo sguardo perso nel
vuoto, e privo di una qualsivoglia emozione, proprio il contrario di
quelli sempre
così espressivi della madre … ma per il resto hai
fatto un buon lavoro: il suo
corpo è identico a quello di una volta, con
l’unica differenza che questo non è
marcito in una tomba.
Ti stai congratulando mentalmente con te stesso quando un rumore ti
desta dalle
tue constatazioni su quel piccolo corpo, attirando la tua attenzione
verso l’ esile
figura di nero vestita che si trova in piedi davanti alla porta, negli
occhi e
sul suo bel viso leggi un certo stupore; e come può essere
altrimenti?
Sei sparito per giorni dopo quello che hai combinato.
Eh, sì, quella volta l’hai fatta davvero grossa.
E ne hai pagato le conseguenze.
Sei stato cacciato. Obbligato a non tornare.
Pena: la morte.
Tutto questo per lei.
Perché loro
hanno ucciso ciò che aveva di più prezioso, loro
le hanno rubato quel sorriso
tanto dolce.
E tu li hai puniti. Uccidendoli. Perché era a causa loro se lei piangeva sempre.
“O forse sei stato tu, con le tue azioni, a renderla triste,
a farla diventare
l’ombra di se stessa. Forse sei tu, che con la tua gelosia
ossessiva hai
condotto alla rovina quella piccola creatura ai tuoi occhi
così simile ad una
candida fata, uccidendo la cosa più bella che
aveva.”
Fai tacere la vocina dentro la tua testa e la osservi.
<< Ciao,
ti ho portato un piccolo regalino …
per
farmi perdonare per le azioni che ho fatto … >>
senza darle tempo di dire
nulla, fai cenno alla piccola bambina che era al tuo fianco, e
quest’ultima si
avvicina, leggera e silenziosa, a quella che un tempo era sua madre. E
senza
dire una parola le prende la mano, stringendola nella sua,
più piccola.
<< Madre. >>
La voce è candida e soave. O almeno così ti
sembra, forse perché l’associ alla sua
voce, così armoniosa, come le onde
di un mare che ti cullano in un dolce riposo. Ma ti accorgi ben presto
del
fatto che non è uguale, che quella voce non è
simile a quella della donna che
ti sta di fronte e che sta facendo passare velocemente il suo sguardo
da te,
alla bambina e poi di nuovo a te.
Capisci che hai fatto un errore, l’ennesimo,
perché lei non ti sembra
felice, ma al contrario, ti sembra sia
arrabbiata. I suoi occhi, di solito così limpidi, si sono
ridotti a due fessure
e lo sguardo, sempre così pieno d’amore,
è diventato duro in un colpo solo.
Guardi la bambina, sollevarsi in aria, come fosse una piccola nuvola e
baciare
la sua guancia, quella che tu
vorresti solo per te, per poi dissolversi nell’aria,
così come l’involucro
usato per il suo corpo, che diventa polvere al vento.
La osservi, e ora il suo bel viso
è
rigato dalle lacrime, sul viso un’espressione piena di
sentimenti che tu
interpreti come rabbia, sofferenza e infine delusione. Scappa in
camera, non ti
vuole vedere.
E’ troppo satura di dolore per riuscire a dirti che hai
sbagliato, ancora, con
quella calma che di solito la contraddistingue.
Tuo malgrado abbassi lo sguardo, non l’hai mai fatto, e in te
si fa largo un
sentimento ormai sopito da tempo, come tutte le sensazioni che lei, con la sua
semplice presenza, con le sue
parole e col suo sorriso,
è stata in
grado di farti riscoprire.
Decidi
che non puoi lasciare tutto così com’è,
perciò anziché scappare come fai di
solito, preferisci entrare nella sua stanza, perché lei, così piccola e
così adorabilmente sciocca, nella foga del
momento ha dimenticato di chiudere la porta a chiave.
Tuo malgrado sorridi, di tutta quell’innocenza.
Varchi la soglia e la trovi, sdraiata sul suo letto a pancia in
giù, il viso
nascosto sul cuscino.
“Ora non si torna più indietro” scacci
nuovamente la vocina che senti solo tu e
valuti attentamente le possibili opzioni: dirle che la ami, come hai
sempre
fatto, oppure far uscire l’unico spruzzo di
umanità che sembra ti sia rimasto.
Decidi per la seconda ipotesi e ti siedi sul letto, accanto a lei. La tentazione di carezzarle il capo
è grande, ma tu resisti. Solitamente quando vedi una donna
impazzisci ( e a
questo punto ti verrebbe da ridere) e ti vengono alla mente pensieri
non
propriamente leciti.
Ma con lei è diverso.
L’unico istinto
che provi non è dettato da ciò che si trova in
mezzo alle tue gambe, né da un
bisogno momentaneo … ciò che lei
ti
provoca, è un miscuglio di sentimenti, sensazioni
più profonde.
Allunghi la mano verso la sua testa, ma
lei è più veloce e si tira su, il viso
arrossato rigato dalle lacrime. La
osservi pulirsi il viso, mentre cerca di riprendere un certo contegno.
“Non
voglio dargli questa soddisfazione” sei sicuro che stia
pensando a questo,
adesso. E avresti voglia di rispondere ai suoi pensieri, di dirle che
no, non è
questo ciò che volevi e no, non erano le sue lacrime, quello
cui ambivi.
<< Perché? >> ti rivolge una semplice domanda,
alla quale ti accorgi di non
saper dare risposta. O per lo meno, non ti viene in mente nulla di
“normale” da
dire. Ma piuttosto che fare scena muta, preferisci dar sfogo ai tuoi
pensieri,
tutt’altro che comuni.
<< Perché ti amo. E pensavo che riportare in
vita tua figlia, o meglio,
mettendo la sua anima in un nuovo involucro, saresti stata
felice. >> e
ora ti guarda. Il suo sguardo comincia a tornare quello che tanto ti
piace:
attento e pieno di dolcezza.
Decidi di andare avanti nel racconto, pregando la tua stella (ammesso
che tu ne
abbia ancora qualcuna, lassù) che lei
ti stia ad ascoltare fino alla fine, ma non hai bisogno di fortuna,
né di
pregare nessun Dio, perché sai che ti ascolterà.
Come ha sempre fatto.
<< Ti amo. O almeno credo. Voglio venire a trovarti
sempre, accarezzare il
tuo viso, abbracciarti, sentirti mia e solo mia. Non ti voglio
condividere con
nessun altro. Tu sei solo mia, sei la mia luce, la mia aria, il mio
… >>
la sua mano alzata ti ferma.
<< Aspetta
… >> E ora ti guarda negli occhi, sul suo viso
non scorgi più alcuna
traccia del dolore che prima sembrava la stesse divorando
dall’interno.
La guardi di rimando e attendi che continui.
<< … procediamo con calma e
analizziamo attentamente i fatti: tu hai tentato di uccidere delle
persone la
cui unica colpa era quella di proteggermi, hai distrutto un edificio,
sei
andato nell’aldilà, hai ucciso degli angeli solo
perché ti volevano impedire
l’accesso al giardino delle anime per recuperare lo spirito
di mia figlia e
riportarla qui … giusto? >> mentre la ascolti (
o almeno ci provi, visto
che sei più interessato al suo viso candido, a quella pelle
fresca come una
pesca, a quelle labbra che, immagini, siano morbide come un petalo di
rosa) non
puoi fare a meno di pensare a quanto sia bella, anche da arrabbiata.
Alla fine,
quando noti che la sua bocca, quella che guardavi con insistenza
malcelata, si
chiude, capisci che sta aspettando che tu dica qualcosa
<< E’ vero, ho
fatto tutto quello che hai detto. Ma se l’ho fatto, era per
un motivo. Per
quanto folle possa essere … >> la guardi e ti
avvicini un po’ a lei. La
voglia di stringerla, di
abbracciarla, si sta facendo troppo forte. Ma la vedi scostarsi un
poco, quindi
decidi di lasciare stare, momentaneamente. <<
… vuoi la verità? >>
ora la tua voce ha assunto
un’ inaspettato tono rassegnato “Che anche lei
stia iniziando a considerarmi pazzo? Non avrebbe tutti i torti, visto
che le
mie azioni parlano per me”
ti ritrovi a
pensare che, forse, anche lei sia
come
tutte quelle persone, quei vermi che ti giudicano un pazzo, un folle.
Devi
avere uno sguardo strano perché ora vedi lei
allungare la sua mano e sollevarti il viso, delicatamente.
<< Se non mi
dici nulla … come posso capire le intenzioni che si
nascondono dietro i tuoi
gesti? Io … >> e la senti, la sua voce si fa
titubante << Io … vorrei
sapere perché. Perché hai riportato qui
l’anima di mia figlia? >>
Risposte.
Lei
cerca
solo risposte.
Ti
dai mentalmente dell’idiota, perché per un istante
hai dubitato di lei.
Hai pensato che anche lei fosse
uguale agli altri.
Ma come
può una candida fata essere
paragonata ad un orco?
<< Io
pensavo che se avessi rivisto tua figlia, saresti stata felice. E
avresti
ritrovato il tuo sorriso. Sei così bella quando sorridi.
Voglio vederti sempre
raggiante. >> Va sempre a finire così. Quando
parli con lei, fai fuoriuscire
tutti i tuoi
pensieri, come un fiume in piena. Nessun altro ti fa questo effetto e
la cosa,
lo devi ammettere, ti fa quasi paura.
<< I morti devono essere lasciati nell’aldilà. Non
puoi fare quello che vuoi. C’è
una netta distanza tra i due mondi. >>
<< Volevo
solo vederti felice >>
<< Felice?
Non hai fatto la mia felicità. Vuoi sapere cosa provo in
questo
momento? >> si è alzata. E ti guarda.
Brutto segno.
<< Sono
delusa. E triste. Mi sento come se avessi un enorme masso sulle mie
spalle …
prima i miei cavalieri, poi mia figlia … ti prego
… dimmi
cosa ti frulla in testa … perché da
sola non lo capisco >> Sollevi lo sguardi e la scruti,
è in piedi, bella
come solo lei sa esserlo, la
avverti
tremare, la sua voce ridotta ad un sussurro.
Capisci che sta per cedere, e allora ti alzi e la abbracci. “
E chi se ne frega
se poi mi odierà.”
Aspetti
che ti tiri uno schiaffo per aver osato tanto, ma inaspettatamente si
lascia
circondare dalle tue braccia e affonda il viso, nuovamente rigato dalle
lacrime, sul tuo petto. E allora non resisti e tiri fuori tutto
ciò che provi:
<< Sono geloso. >> Lei
solleva il viso, ti guarda e attende di sentire il resto, ma non ti
mette
fretta. Ti dà tutto il tempo che vuoi. Come ha sempre fatto.
Le accarezzi la guancia.
<< Ti ho sempre guardata, da quel lontano giorno, quando tu venisti a
parlarmi.
Eri tranquilla, calma come solo un lago sa essere. Non hai avuto paura
di me,
non ti sei curata degli altri che ti mettevano in guardia, da quel
pazzo quale
sono io … >> prendi un bel respiro,
perché sai che ora le stai aprendo il
tuo cuore, come non hai mai fatto in vita tua.
E speri che lei capisca, per quanto
possa essere difficile …
<
La gelosia ti sta uccidendo. Ormai te ne rendi conto ad ogni minuto che
passa.
Lei è sempre stata al
tuo fianco, è
stata con te quando nessun altro ne voleva sapere, ma in
realtà, non è mai
stata più lontana.
Ti
viene voglia di paragonarla ad un’onda, che ti sfiora e
fugge. E tu, miserabile
pazzo, continui a correrle dietro. Come un idiota. “Sei
proprio sicuro di non
far parte di quel gruppo da te prima menzionato?”.
Vuoi
quella piccola creatura solo per te, ma lei,
LEI! Così pura e candida, non si
è mai fermata davvero
sul tuo fiore, ti ha sempre e solo sfiorato, illudendoti. Preferendo
gli altri
a te.
Desideri avere solo per te quella piccola farfalla stretta dalle tue
braccia,che ora ti guarda, non sta tremando, sussurra solo poche
parole:
<< Mi fai male … >> e allora
allenti la presa.
Ti sta facendo diventare pazzo.
Perché sai che non la potrai mai avere. Sai che tutti i tuoi
sforzi sono
inutili. Lei non sarà
mai tua.
La tua parte razionale, quella che cerca di farsi strada nella tua
follia, ti
dice che è meglio così, perché tu le
fai sempre e solo del male, e lei merita
molto di meglio. Ma
nonostante questo non puoi fare a meno di essere geloso di quelle
persone che
stanno attorno a lei, la tua unica
fonte di luce in quel profondo abisso dal quale, lo sai benissimo, non
riuscirai mai ad uscire da solo.
Ti sei calmato, per il momento, e ti siedi sul letto, portandoti una
mano alla
fronte, i capelli a coprire il tuo viso.
Stai
un attimo in silenzio.
E
poi inizi a ridere. Ma la tua non è una risata di gioia.
E’
disperazione. Follia.
Ridi.
Ridi.
Ormai
non hai più scampo. Sei impazzito completamente.
E
tutto a causa della tua gelosia verso quella piccola donna che, forse
inconsapevolmente, ti sta salvando dall’ autodistruzione.
“Come può una normalissima femmina, avere questo
effetto su di te, grande
guerriero da tutti temuto?”
Ti rendi conto che non puoi continuare così. Le stai
impedendo di condurre
un’esistenza felice per un tuo misero desiderio egoistico.
Come un bambino con
il suo giocattolo.
Ma lei non è un
giocattolo da usare e
buttare via.
Lei
è
molto di più.
Lei è tutto quello che
hai, e non
vuoi condividerla con nessuno.
“Ma lo sai meglio di chiunque altro, che così le
farai solo del male” Smetti
di ridere e la guardi.
Sul suo bel viso ci sono ancora i segni delle calde lacrime appena
versate, ma
ora ti sta guardando. In attesa, come sempre, di una tua parola, di un
tuo
gesto.
Ti
alzi e ti avvii alla porta. Lei ti
segue con lo sguardo, ma sei sicuro che abbia già capito
ciò che hai intenzione
di fare. << Addio >>.
Una semplice parola.
Una lacrima solitaria, l’ennesima versata in quella giornata.
E poi sparisci, senza lasciare nulla dietro di te.
--- Note di Ribrib ---
Vorrei ringraziare Bellina3000 per la recensione. Inoltre avviso che la storia sarà pubblicata esattamente così come l'ho consegnata per il contest, ma è prevista una revisione.