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Autore: ribrib20    10/04/2010    0 recensioni
“Ciò che stai facendo è sbagliato, e tu lo sai bene”.
A volte il confine tra gelosia ossessiva e follia è davvero sottile...
Seconda classificata al contest SOUNDTRACK AND GELOSY indetto da meli_mao.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Bussi alla porta e mentre aspetti che lei apra osservi la bambina che è al tuo fianco: minuta, la pelle  candida come neve, in netto contrasto coi lunghi capelli neri, legati semplicemente in una treccia dalla quale sfuggono alcune ciocche ribelli e due splendidi occhi dalla diversa tonalità, viola il destro e azzurro il sinistro … esattamente come i suoi.
Ma c’è una cosa che rende particolare quella fanciulla: lo sguardo perso nel vuoto, e privo di una qualsivoglia emozione, proprio il contrario di quelli sempre così espressivi della madre … ma per il resto hai fatto un buon lavoro: il suo corpo è identico a quello di una volta, con l’unica differenza che questo non è marcito in una tomba.
Ti stai congratulando mentalmente con te stesso quando un rumore ti desta dalle tue constatazioni su quel piccolo corpo, attirando la tua attenzione verso l’ esile figura di nero vestita che si trova in piedi davanti alla porta, negli occhi e sul suo bel viso leggi un certo stupore; e come può essere altrimenti?
Sei sparito per giorni dopo quello che hai combinato.
Eh, sì, quella volta l’hai fatta davvero grossa.
E ne hai pagato le conseguenze.
Sei stato cacciato. Obbligato a non tornare.
Pena: la morte.
Tutto questo per lei. Perché loro hanno ucciso ciò che aveva di più prezioso, loro le hanno rubato quel sorriso tanto dolce.
E tu li hai puniti. Uccidendoli. Perché era a causa loro se lei piangeva sempre.
“O forse sei stato tu, con le tue azioni, a renderla triste, a farla diventare l’ombra di se stessa. Forse sei tu, che con la tua gelosia ossessiva hai condotto alla rovina quella piccola creatura ai tuoi occhi così simile ad una candida fata, uccidendo la cosa più bella che aveva.”
Fai tacere la vocina dentro la tua testa e la osservi.

<< Ciao, ti ho portato un piccolo regalino …  per farmi perdonare per le azioni che ho fatto … >> senza darle tempo di dire nulla, fai cenno alla piccola bambina che era al tuo fianco, e quest’ultima si avvicina, leggera e silenziosa, a quella che un tempo era sua madre. E senza dire una parola le prende la mano, stringendola nella sua, più piccola.

<< Madre. >> La voce è candida e soave. O almeno così ti sembra, forse perché l’associ alla sua voce, così armoniosa, come le onde di un mare che ti cullano in un dolce riposo. Ma ti accorgi ben presto del fatto che non è uguale, che quella voce non è simile a quella della donna che ti sta di fronte e che sta facendo passare velocemente il suo sguardo da te, alla bambina e poi di nuovo a te.
Capisci che hai fatto un errore, l’ennesimo, perché lei non ti sembra felice, ma al contrario, ti sembra sia arrabbiata. I suoi occhi, di solito così limpidi, si sono ridotti a due fessure e lo sguardo, sempre così pieno d’amore, è diventato duro in un colpo solo.
Guardi la bambina, sollevarsi in aria, come fosse una piccola nuvola e baciare la sua guancia, quella che tu vorresti solo per te, per poi dissolversi nell’aria, così come l’involucro usato per il suo corpo, che diventa polvere al vento.
La osservi, e ora il suo bel viso è rigato dalle lacrime, sul viso un’espressione piena di sentimenti che tu interpreti come rabbia, sofferenza e infine delusione. Scappa in camera, non ti vuole vedere.
E’ troppo satura di dolore per riuscire a dirti che hai sbagliato, ancora, con quella calma che di solito la contraddistingue.
Tuo malgrado abbassi lo sguardo, non l’hai mai fatto, e in te si fa largo un sentimento ormai sopito da tempo, come tutte le sensazioni che lei, con la sua semplice presenza, con le sue parole e col suo sorriso, è stata in grado di farti riscoprire.

Decidi che non puoi lasciare tutto così com’è, perciò anziché scappare come fai di solito, preferisci entrare nella sua stanza, perché lei, così piccola e così adorabilmente sciocca, nella foga del momento ha dimenticato di chiudere la porta a chiave.
Tuo malgrado sorridi, di tutta quell’innocenza.
Varchi la soglia e la trovi, sdraiata sul suo letto a pancia in giù, il viso nascosto sul cuscino.
“Ora non si torna più indietro” scacci nuovamente la vocina che senti solo tu e valuti attentamente le possibili opzioni: dirle che la ami, come hai sempre fatto, oppure far uscire l’unico spruzzo di umanità che sembra ti sia rimasto. Decidi per la seconda ipotesi e ti siedi sul letto, accanto a lei. La tentazione di carezzarle il capo è grande, ma tu resisti. Solitamente quando vedi una donna impazzisci ( e a questo punto ti verrebbe da ridere) e ti vengono alla mente pensieri non propriamente leciti.
Ma con lei è diverso. L’unico istinto che provi non è dettato da ciò che si trova in mezzo alle tue gambe, né da un bisogno momentaneo … ciò che lei ti provoca, è un miscuglio di sentimenti, sensazioni più profonde.
Allunghi la mano verso la sua testa, ma lei è più veloce e si tira su, il viso arrossato rigato dalle lacrime. La osservi pulirsi il viso, mentre cerca di riprendere un certo contegno. “Non voglio dargli questa soddisfazione” sei sicuro che stia pensando a questo, adesso. E avresti voglia di rispondere ai suoi pensieri, di dirle che no, non è questo ciò che volevi e no, non erano le sue lacrime, quello cui ambivi.

<< Perché? >> ti rivolge una semplice domanda, alla quale ti accorgi di non saper dare risposta. O per lo meno, non ti viene in mente nulla di “normale” da dire. Ma piuttosto che fare scena muta, preferisci dar sfogo ai tuoi pensieri, tutt’altro che comuni.
<< Perché ti amo. E pensavo che riportare in vita tua figlia, o meglio, mettendo la sua anima in un nuovo involucro, saresti stata felice. >> e ora ti guarda. Il suo sguardo comincia a tornare quello che tanto ti piace: attento e pieno di dolcezza.
Decidi di andare avanti nel racconto, pregando la tua stella (ammesso che tu ne abbia ancora qualcuna, lassù) che lei ti stia ad ascoltare fino alla fine, ma non hai bisogno di fortuna, né di pregare nessun Dio, perché sai che ti ascolterà. Come ha sempre fatto.  
<< Ti amo. O almeno credo. Voglio venire a trovarti sempre, accarezzare il tuo viso, abbracciarti, sentirti mia e solo mia. Non ti voglio condividere con nessun altro. Tu sei solo mia, sei la mia luce, la mia aria, il mio … >> la sua mano alzata ti ferma.

<< Aspetta … >> E ora ti guarda negli occhi, sul suo viso non scorgi più alcuna traccia del dolore che prima sembrava la stesse divorando dall’interno.
La guardi di rimando e attendi che continui. << … procediamo con calma e analizziamo attentamente i fatti: tu hai tentato di uccidere delle persone la cui unica colpa era quella di proteggermi, hai distrutto un edificio, sei andato nell’aldilà, hai ucciso degli angeli solo perché ti volevano impedire l’accesso al giardino delle anime per recuperare lo spirito di mia figlia e riportarla qui … giusto? >> mentre la ascolti ( o almeno ci provi, visto che sei più interessato al suo viso candido, a quella pelle fresca come una pesca, a quelle labbra che, immagini, siano morbide come un petalo di rosa) non puoi fare a meno di pensare a quanto sia bella, anche da arrabbiata. Alla fine, quando noti che la sua bocca, quella che guardavi con insistenza malcelata, si chiude, capisci che sta aspettando che tu dica qualcosa << E’ vero, ho fatto tutto quello che hai detto. Ma se l’ho fatto, era per un motivo. Per quanto folle possa essere … >> la guardi e ti avvicini un po’ a lei. La voglia di stringerla, di abbracciarla, si sta facendo troppo forte. Ma la vedi scostarsi un poco, quindi decidi di lasciare stare, momentaneamente. << … vuoi la verità? >> ora la tua voce ha assunto
un’ inaspettato tono rassegnato “Che anche lei stia iniziando a considerarmi pazzo? Non avrebbe tutti i torti, visto che le mie azioni parlano per me”  ti ritrovi a pensare che, forse, anche lei sia come tutte quelle persone, quei vermi che ti giudicano un pazzo, un folle.

Devi avere uno sguardo strano perché ora vedi lei allungare la sua mano e sollevarti il viso, delicatamente. << Se non mi dici nulla … come posso capire le intenzioni che si nascondono dietro i tuoi gesti? Io … >> e la senti, la sua voce si fa titubante << Io … vorrei sapere perché. Perché hai riportato qui l’anima di mia figlia? >>
Risposte.

Lei cerca solo risposte.

Ti dai mentalmente dell’idiota, perché per un istante hai dubitato di lei.
Hai pensato che anche lei fosse uguale agli altri.
Ma  come può una candida fata essere paragonata ad un orco?

<< Io pensavo che se avessi rivisto tua figlia, saresti stata felice. E avresti ritrovato il tuo sorriso. Sei così bella quando sorridi. Voglio vederti sempre raggiante. >> Va sempre a finire così. Quando parli con lei, fai fuoriuscire tutti i tuoi pensieri, come un fiume in piena. Nessun altro ti fa questo effetto e la cosa, lo devi ammettere, ti fa quasi paura.

<< I morti devono essere lasciati nell’aldilà. Non puoi fare quello che vuoi. C’è una netta distanza tra i due mondi. >>

<< Volevo solo vederti felice >>

<< Felice? Non hai fatto la mia felicità. Vuoi sapere cosa provo in questo momento? >> si è alzata. E ti guarda.
Brutto segno.

<< Sono delusa. E triste. Mi sento come se avessi un enorme masso sulle mie spalle … prima i miei cavalieri, poi mia figlia … ti prego …  dimmi cosa ti frulla in testa … perché da sola non lo capisco >> Sollevi lo sguardi e la scruti, è in piedi, bella come solo lei sa esserlo, la avverti tremare, la sua voce ridotta ad un sussurro.
Capisci che sta per cedere, e allora ti alzi e la abbracci. “ E chi se ne frega se poi mi odierà.”

Aspetti che ti tiri uno schiaffo per aver osato tanto, ma inaspettatamente si lascia circondare dalle tue braccia e affonda il viso, nuovamente rigato dalle lacrime, sul tuo petto. E allora non resisti e tiri fuori tutto ciò che provi: << Sono geloso. >> Lei solleva il viso, ti guarda e attende di sentire il resto, ma non ti mette fretta. Ti dà tutto il tempo che vuoi. Come ha sempre fatto.
Le accarezzi la guancia.

<< Ti ho sempre guardata, da quel lontano giorno, quando tu venisti a parlarmi. Eri tranquilla, calma come solo un lago sa essere. Non hai avuto paura di me, non ti sei curata degli altri che ti mettevano in guardia, da quel pazzo quale sono io … >> prendi un bel respiro, perché sai che ora le stai aprendo il tuo cuore, come non hai mai fatto in vita tua.
E speri che lei capisca, per quanto possa essere difficile …
<> e ora urli quasi, strattonandola non molto delicatamente.
La gelosia ti sta uccidendo. Ormai te ne rendi conto ad ogni minuto che passa.
Lei è sempre stata al tuo fianco, è stata con te quando nessun altro ne voleva sapere, ma in realtà, non è mai stata più lontana.

Ti viene voglia di paragonarla ad un’onda, che ti sfiora e fugge. E tu, miserabile pazzo, continui a correrle dietro. Come un idiota. “Sei proprio sicuro di non far parte di quel gruppo da te prima menzionato?”.

Vuoi quella piccola creatura solo per te, ma lei, LEI! Così  pura e candida, non si è mai fermata davvero sul tuo fiore, ti ha sempre e solo sfiorato, illudendoti. Preferendo gli altri a te.
Desideri avere solo per te quella piccola farfalla stretta dalle tue braccia,che ora ti guarda, non sta tremando, sussurra solo poche parole: << Mi fai male … >> e allora allenti la presa.
Ti sta facendo diventare pazzo.
Perché sai che non la potrai mai avere. Sai che tutti i tuoi sforzi sono inutili. Lei non sarà mai tua.
La tua parte razionale, quella che cerca di farsi strada nella tua follia, ti dice che è meglio così, perché tu le fai sempre e solo del male, e lei merita molto di meglio. Ma nonostante questo non puoi fare a meno di essere geloso di quelle persone che stanno attorno a lei, la tua unica fonte di luce in quel profondo abisso dal quale, lo sai benissimo, non riuscirai mai ad uscire da solo.
Ti sei calmato, per il momento, e ti siedi sul letto, portandoti una mano alla fronte, i capelli a coprire il tuo viso.

Stai un attimo in silenzio.

E poi inizi a ridere. Ma la tua non è una risata di gioia.

E’ disperazione. Follia.

Ridi.

Ridi.

Ormai non hai più scampo. Sei impazzito completamente.

E tutto a causa della tua gelosia verso quella piccola donna che, forse inconsapevolmente, ti sta salvando dall’ autodistruzione.
“Come può una normalissima femmina, avere questo effetto su di te, grande guerriero da tutti temuto?”
Ti rendi conto che non puoi continuare così. Le stai impedendo di condurre un’esistenza felice per un tuo misero desiderio egoistico. Come un bambino con il suo giocattolo.
Ma lei non è un giocattolo da usare e buttare via.

Lei è molto di più.
Lei è tutto quello che hai, e non vuoi condividerla con nessuno.
“Ma lo sai meglio di chiunque altro, che così le farai solo del male”  Smetti di ridere e la guardi.
Sul suo bel viso ci sono ancora i segni delle calde lacrime appena versate, ma ora ti sta guardando. In attesa, come sempre, di una tua parola, di un tuo gesto.

Ti alzi e ti avvii alla porta. Lei ti segue con lo sguardo, ma sei sicuro che abbia già capito ciò che hai intenzione di fare. << Addio >>.
Una semplice parola.
Una lacrima solitaria, l’ennesima versata in quella giornata.
E poi sparisci, senza lasciare nulla dietro di te.

Alla fine hai scelto la soluzione più facile.


--- Note di Ribrib ---
Vorrei ringraziare Bellina3000 per la recensione. Inoltre avviso che la storia sarà pubblicata esattamente così come l'ho consegnata per il contest, ma è prevista una revisione.
   
 
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