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Autore: Ryta Holmes    13/04/2010    6 recensioni
"Delle volte appariva anche quel viso angelico che non aveva fatto in tempo ad amare come avrebbe voluto. Rivedeva la piccola Freya, impaurita e avviluppata nei suoi stracci, come l’aveva vista per la prima volta nei sotterranei della città bassa. Incontrava quegli occhi scuri addolciti solo dalla sua presenza, da lui che non la faceva sentire un mostro, da lui che la comprendeva e non la incolpava. Ricordava le labbra morbide che aveva baciato un’ultima volta, prima che la barca si allontanasse e il fuoco donasse quel corpo al lago."
Genere: Romantico, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Gaius, Merlino, Principe Artù
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Desclaimers: personaggi, storie e luoghi non appartengono a me. Se lo fossero sarei ricca e sarei probabilmente una sceneggiatrice, ma questi sono solo vaneggiamenti  Ad ogni modo scrivo senza nessuno scopo di lucro, tranne quello di divertirmi!

IRRAGIONEVOLE


.2.

Non si era più avvicinato alla riva da allora. Anche quando per qualche coincidenza si era dovuto avvicinare alla zona, aveva sempre fatto di tutto per lasciare una sorta di distanza di sicurezza tra le acque del lago e lui.
Troppo intenso era ancora il ricordo, perché potesse far finta di nulla, soprattutto se accanto aveva il principe Artù che non smetteva di studiarlo, come se da un momento all’altro lui potesse fare un passo falso e fargli capire il perché dei suoi comportamenti anomali.
E difatti risultò visibilmente agitato, mentre lo specchio d’acqua si faceva sempre più vicino e nella mente l’immagine della barca avvolta dalle fiamme che si inabissava, gli dava l’illusione di poterla vedere ancora realmente.
“Merlino, hai paura per caso?” Artù lo costrinse a distogliere gli occhi dal centro del lago. Scosse il capo con convinzione, ma per la voce esitante poté fare ben poco.
“Non… ho paura.”
Artù sbuffò sprezzante. “Certo. E vorresti farmi credere che quella faccia ce l’hai così di tuo.”
Il giovane mago proseguì con gli occhi sul dorso del cavallo che portava al trotto, evitando il contatto visivo sia col padrone, che con il lago.
“Non ho detto questo… stavo solo pensando ad una cosa.”
“E di grazia sarebbe possibile sapere cosa ti passa oggi per la testa? Delle volte sei veramente un rompicapo!”
“Vi state preoccupando per me, sire?” Merlino sapeva perfettamente che ripiegare sul piano personale, avrebbe fatto desistere Artù da ogni tentativo e infatti, un attimo dopo, lo vide schioccare la lingua e scrollare le spalle.
“Certo che no! Mi preoccupo invece di me. Se non ho un servo che faccia bene il suo lavoro…” Artù glissò senza mezzi termini e poi mandò il cavallo al galoppo, per raggiungere le guardie che si erano già appostate vicino al lago.
Merlino preferì non avvicinarsi. Rimase sulla sella in silenzio, chiudendo gli occhi. Nelle orecchie i discorsi dei soldati e dei cavalieri che accompagnavano il principe ereditario.
“Sire, non c’è nulla qui. Abbiamo dato un’occhiata in giro, ma le tracce di quella creatura non ci sono.”
“Non è detto che sia una creatura. E’ come se il vento improvvisamente diventi tanto forte da spazzare ogni cosa.”
“Ma qui non c’è segno di questo… sortilegio.”
“Sortilegio? Pensi che ci sia uno stregone, dietro tutto questo?”
“Non lo so, sire… era un’ipotesi… questi non sono fenomeni che capitano tutti i giorni…”
Merlino lentamente smise di ascoltarli. C’era qualcos’altro invece, che riempì le sue orecchie. Un canto, dolce e melodioso. Quel canto che aveva sognato la notte precedente uscire dalla bella bocca della sua dama. Riaprì gli occhi, puntandoli sullo specchio d’acqua e riconoscendo la voce. Lo stesso odore che aveva avvertito la mattina, mentre lucidava l’armatura di Artù si aggiunse ad incantargli i sensi.
Nel lago non c’era niente che potesse fargli pensare a lei, solo la voce e quel profumo gliela ricordavano, ma unicamente perché li aveva sognati.
Freya non aveva mai cantato per lui, non aveva fatto in tempo e data la situazione, il giovane non aveva mai sentito sulla sua pelle quel profumo così buono.
Scese da cavallo come in trance e si avvicinò alla riva, senza curarsi di bagnarsi gli stivali. Lo sguardo che vagava e scrutava il pelo dell’acqua inutilmente.
Non poteva vederla, ma la percepiva chiaramente. Come era possibile?
Che fosse diventata parte del lago?
“Merlino! Non mi sembra il momento per farsi un bagno. Dobbiamo tornare a Camelot!”
Artù, sempre Artù, lo risvegliò. Questa volta sobbalzò e trattenne il fiato, mentre cercava di mettere a fuoco la situazione e di ricordare cosa dovesse fare.
“S-sì… d’accordo…”
Si allontanò a cavallo, rimanendo nella coda della spedizione, la faccia rivolta verso quel luogo in cui sarebbe sicuramente ritornato da solo.

*

Non gli fu facile perseguire quel proposito. Re Uther aveva imposto il coprifuoco, perciò girovagare di notte e soprattutto uscire da una Camelot ben sorvegliata e attenta a qualsiasi accenno di magia, diventava una vera e propria impresa.
Quella notte quindi, Merlino fu costretto a ritornare nella sua stanza preferendo non dare troppo nell’occhio; anche perché ad Artù non era sfuggito quel suo strano comportamento verso il lago e durante il viaggio di ritorno lo aveva subissato di domande a cui lui non aveva risposto in alcun modo.
Così il principe, resosi conto che non avrebbe cavato nemmeno un ragno da un buco, rinunciò alle domande ma per tutta la sera, lo tenne occupato con ogni possibile compito pur di tenerlo d’occhio.
Anche Gaius poi, aveva notato uno strano atteggiamento in lui; il medico di corte conosceva tutta la storia, ma Merlino ancora non se la sentiva di parlarne, perciò finì col rifugiarsi nella sua stanza e decise di rimandare la visita al lago per il giorno successivo.
Quella notte sognò ancora Freya, la sua voce che cantava, quel profumo e dormì come cullato da quelle gentilezze e da quelle sensazioni di assolute libertà e felicità.
Risvegliarsi al mattino fu un duro colpo, tanto che il suo umore apparve tetro già quando uscì dalla camera, diretto verso le stanze reali per il risveglio del reale babbeo.
Fu una vera e propria sorpresa trovare il letto vuoto e sfatto e nessuna faccia sorniona, pretendere efficienza già di primo mattino.
“Dov’è andato Artù?” Merlino incrociò nel corridoio Gwen, che portava un cesto di biancheria pulita nelle stanze, probabilmente, di re Uther.
La ragazza sorrise salutandolo, nonostante il peso dei panni. “Il re lo ha convocato di buon ora per quella storia dei raccolti… credo ne avranno per molto.”
“Sai più cose tu, su Artù, di me… lo sai vero?” Merlino la punzecchiò, godendosi l’espressione imbarazzata che ebbe in risposta.
“Ma cosa ne sai, tu? Devo…. Devo portare questa biancheria, scusami!”
Ginevra si dileguò velocemente tra i corridoi del castello, lasciando Merlino a ridacchiare alle sue spalle. Di sicuro stuzzicare lei e il principe sui loro sentimenti, era diventato il passatempo più divertente che conoscesse. Anche se sapeva perfettamente quanto fosse pericoloso scherzare con un padrone arrogante come Artù.
Mentre rientrava nella stanza e si accingeva a rimetterla a posto, un pensiero lo colse riportandogli definitivamente il buonumore. Se Artù era impegnato tutta la mattinata con il re, poi avrebbe avuto da fare con gli allenamenti. Questo voleva dire libertà.
Senza indugio affrettò i suoi compiti, mentre già si immaginava al galoppo del suo cavallo, verso il lago e verso la sua dama.

*

Lo specchio d’acqua era immobile, solo dove si trovava lui si formavano delle piccole increspature, che lentamente si allargavano fino a svanire. Merlino aveva abbandonato gli stivali contro un albero e aveva immerso i piedi nell’acqua gelida, rabbrividendo non poco quando era entrato.
Tornò a scrutare tutta la superficie, ma questa volta solo silenzio e immobilità intorno a lui. Allora, iniziò a chiamare il nome di Freya a gran voce, quasi sperando che lei comparisse dall’acqua e gli corresse incontro.
Si rendeva conto egli stesso di quanto fosse impossibile una cosa del genere, ma era perfettamente lucido il giorno prima, quando l’aveva percepita. E poi cercava ancora una risposta a ciò che lei gli aveva detto in punto di morte. Troppe cose combaciavano, perché allora non tentare?
Improvvisamente il buon odore di fiori e la sua voce. Per istinto voltò le spalle al lago, verso la riva e la vide.
I capelli scuri scendevano morbidi sulle spalle, l’abito che era stato di Morgana, ancora indosso, una luce guizzante negli occhi scuri e sorridenti. Così come le labbra, che ridevano e lo chiamavano.
“Merlino!”
Il giovane uscì dall’acqua con passi veloci e la raggiunse, abbracciandola forte. Per un attimo temette in un illusione, ma quando sentì il contatto della sua pelle, il calore e la consistenza della persona tra le mani, qualcosa gli esplose in petto. Gioia sicuramente, mista a commozione per averla ancora con sé.
“Freya… Freya…” balbettò il suo nome più volte, non trovando altro da dire. Allora la baciò con foga e poi di nuovo se la strinse al petto, mentre sentiva la sua risata felice che lo rese ancora più ebbro e confuso per la contentezza.
“Come… come è possibile?”
Si scostò da lei, quel tanto che gli consentiva di guardarla negli occhi e nel contempo di continuare a tenerla il più vicina possibile.
“Non me ne sono mai andata, Merlino! Adesso faccio parte del lago, della montagna. Sono con loro, ma sono anche viva, come loro. E volevo così tanto rivederti…”
Il giovane le accarezzò il viso, la fissava non riuscendo a capacitarsi di ciò che vedeva. “Non dirlo a me…”
La baciò ancora e ancora, accasciandosi con lei sul prato e tenendola stretta. Adesso voleva sapere tutto e voleva recuperare il tempo perduto.

Continua....

Ovviamente non è ancora finita ;-) il bello deve ancora arrivareeeeeeeeee!!
Ringrazio di cuore _Valux_ e MissMiluna (credo di aver di nuovo scatenato la tua commozione! XD) per le recensioni!! :-)
Baciiiii
Ryta
   
 
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