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Autore: Esther    14/04/2010    4 recensioni
Voglio uccidere l’usurpatore del mio tesoro, quel mezzo cane senza forma e razza.
- Edward. - la voce di mia sorella rivendica l’attenzione mancata - devi calmarti, Bella è tornata. - termina passandomi una mano sulla fronte, come a voler togliere tracce di sudore invisibili.
- Non riesco a controllarmi, mi sta facendo impazzire. -
- Non le farai del male, io l’ho visto fidati. -
- Fidarmi? - rispondo scettico scoppiando a riderle in faccia e come un folle mi passo la mano tra i capelli disordinandoli, per infine farla scivolare sul volto. - Tu vedi ciò che vuoi vedere, non provi, non senti il turbine di sensazioni che prendono possesso di me, non controllo più il mio corpo, desidero solo prenderla. -
- Devi stare calmo. -
- Come faccio a stare calmo, come puoi pretendere da me ciò? Tu non sai, io… mi sento strano. Sto impazzendo. -
- Sei innamorato. -
- Questo non è amore, è qualcosa che supera il comprensibile, è più simile ad una droga che ad altro, credevo d’essere un essere dannato ma solo in questo istante mi rendo conto. -
- Edward… -
- È lei la mia condanna e se non farai qualcosa, io sarò la sua. Perché l’istinto non possiede ragione. -
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Dedico questo capitolo a Stella,

una persona splendida.

Ti voglio bene, e spero che tutto vada come deve andare.

Sei un’amica vicina e affettuosa, sono contenta d’averti conosciuto.

Ricordati che non sei mai sola.

 

 

 

  

 

 

Non era amore

 

    

 

Sento i delicati raggi del sole sfiorare la mia pelle. Un contatto invisibile, ma percepibile, capace di rilassarmi. Indosso un vestitino di cotone bianco, lungo sino al ginocchio. Ad ogni mio movimento il tessuto si piega in morbide onde, non fastidiose, ma spensierate. Non mi curo d’avere un portamento posato. I miei occhi si soffermano sulla natura circostante, osservando con curiosità e gioiosità ogni dettaglio si presenti di fronte ai miei occhi. Rallento il passo, rendendomi conto di star percorrendo un piccolo sentiero. Il terriccio è di un marrone chiaro, delineato da una serie di pietre che ne formano il bordo, e dietro alle quali si mostrano in tutta la loro bellezza una serie di fiori, ognuno di diverso colore: bianchi, rosa, viola, gialli, rossi; sono accessi a danno l’effetto di un tappeto che ricopre il suolo, creando con la luce del sole dei riflessi stupendi.

Il loro odore viene esaltato, arriva al mio olfatto, un profumo inebriante che porta alla mente un ricordo, un volto. Scaccio con forza questo pensiero inoltrandomi tra la fitta boscaglia. Come una bambina mi avvicino ad ogni pianta che riesca ad attirare la mia attenzione.

A passi veloci mi reco sino ai piedi di un albero, ne rimango incantata, per non dire stupita di fronte ad una simile visione. Non conosco il motivo, ma mi ispira forza, sicurezza, stabilità sulla terra, perché una creatura così maestosa non può essere né piegata né spezzata, non può essere ferita in alcun modo, ma nonostante gli anni continuerà a vivere sovrastando tutto il resto.

Alzo il volto e avvicino la mia mano destra al tronco, toccandolo, sentendo sotto le dita ogni sporgenza di quel legno così duro rispetto alla mia pelle. Spingo lentamente, tremante, finché sento un fastidioso pizzichino sui polpastrelli, ma, incurante del segnale che il mio copro mi manda, continuo fino a provare dolore. Ed è in quel momento che un brivido mi attraversa, partendo dal fondo della schiena si propaga in ogni centimetro di me. Mi allontano, compiendo alla cieca alcuni passi indietro.

Sono spaventata. Quel senso di famigliarità mi confonde.

Poi, all’improvviso tutto cambia. Lo scenario che mi circonda muta sotto i miei occhi.

La brezza si trasforma in un turbine, un vento freddo mi sfregia il viso, graffiandolo con la sua prepotenza. I miei capelli sciolti iniziano a scompigliarsi coprendomi gli occhi, non permettendomi in questo modo di vedere ciò che sta accadendo. Inquieta per una tale situazione, mi porto entrambe le mani verso le varie ciocche e cerco di raccoglierle per tenerle con una sola mano. Dopo esserci riuscita i miei occhi si sgranano di fronte alla morte, perché solo con questa parola posso indicare l’orrore di cui sono testimone. 

L’azzurro del cielo si ricopre di spesse nuvole grigie, sempre più oscure sino a diventare nere. Mi porto le mani alla bocca, scioccata, per poi far saettare il mio sguardo da un angolo all’altro della radura.

Vedo ogni cosa perdere vita.

- Piccola umana. -

Una voce alle mie spalle richiama la mia attenzione. Non pronuncia il mio nome, ma lo so, solo io posso essere associata ad essa. Così  mi volto di scatto, trovandomi di fronte due ombre. Due sagome immobili, entrambe in posizione dritta e fiera.

- Chi siete. - 

Chiedo con voce timorosa, continuando ad osservare quegli alberi tanto forti seccarsi per sgretolarsi sotto il loro stesso peso. I colori vivaci dei fiori cominciano a perder tonalità mentre le piante perdono linfa, il loro ramo si piega di lato e i petali si staccano… tutto sta  appassendo.

- Chi sei tu? -

Mi rispondono entrambi, la loro voce è grave, mi inquieta.

- Io… -

- Non sei nessuno. -

- No, non è vero. -

Cerco di ribattere con enfasi.

Cosa vogliono?

Perché mi fanno sentire così?

Perché?

Voglio tornare a casa, dove sono?

Il panico sta lentamente prendendo possesso di me. Comincio a girare a vuoto, a correre con tutto il fiato che ho, ma ciò non può portarmi verso la salvezza, sono in trappola. Il posto dove mi trovo si trasforma subito in un labirinto sotto i miei passi, ovunque vado mi ritrovo nello stesso punto. Giro prima a destra, poi a sinistra, infine la paura blocca la logica portandomi a muovermi a scatti istintivi, fissando con terrore le ombre avanzare sempre più velocemente verso di me. Quei pochi punti ancora illuminati vengono avvolti fino a spegnersi, è tutto buio ormai.   

- Corri… corri… puoi farlo all’infinito, ma non uscirai mai da qui. -

Quella voce.

- Chi sei? -

- Chi sei tu? -   

- Mostratevi a me, cosa volete. -   

Dico tra le lacrime, non capisco più niente.

- Hai sempre avuto la risposta davanti a te. -

Una figura compare di fronte a me. Resto paralizzata, non riesco più a muovermi.

- Guardavi dalla parte sbagliata. -

La seconda la sento dietro di me. La paura mi blocca. Resto ferma a fissarla, ma non sento nulla. È così vicina… se mi sporgo un po’ la potrei toccare. Il suo respiro dovrebbe infrangersi sul mio, dovrei percepire il suo calore ma così non è. Provo una sensazione strana, che non riesco a collocare. Ma quell’ombra scompare nuovamente per riapparire molti metri più in là.

- Siete come queste rose. -

Dice mostrandomi tre rose rosse. I petali sono grandi e si curvano con armonia, il busto verde è ricoperto da una serie di spine sporgenti e appuntite.

- In apparenza belle, ma fragili, come il vostro destino. -

Dice l’altra voce. Dal suono posso capire che si tratta di un uomo, ma non lo conosco, è la prima volta che lo sento parlare. I suoi lineamenti non sono definiti, entrambe quelle figure sono come ombre, ma con consistenza. Irreale!

- Le vostre strade si sono incrociate tre volte, in tre circostanze avete avuto modo di incontrarvi… -

- …vi cercavate senza saperlo, vi desideravate senza esserne consapevoli… -

- ...per un soffio le vostre vite prendevano strade diverse conducendovi ai due lati opposti… -

- …con forza il vostro profumo vi inebriava i sensi… -

- …spegnendo la ragione, potete vivere lontani ma…  -

- …incontrerete la morte se vi unirete. -

Continuano a parlare alternandosi. Non riesco a seguire il filo logico del loro discorso, mi sembra tutto così assurdo, nonostante ciò un senso di disagio sta prendendo possesso di me.

- Come le rose anche il vostro destino ha un corso breve, che vi può condurre solo verso una fine… -

- …una dopo l’altra hanno perduto la speranza, sono appassite man mano la distanza si imponeva su di voi… -  

- …manca poco, è rimasta l’ultima. - 

Due rose restano in mano alla figura più lontana, mentre la terza è tenuta su un dito dalla seconda ombra. I petali sono percorsi da una sostanza rossa. Quel liquido scivola su ogni piccolo petalo sino a ricadere macchiando la terra secca, una goccia dopo l’altra come se piangesse.

Il nero si sta propagando su tutto il fiore.

- Puoi decidere… -

- … se te ne andrai vivrà… -

- …se deciderai di restare morirà. -

Dice la seconda. La rosa viene chiusa tra le sue dita che in automatico si serrano distruggendo quel bocciolo.

    

 

 

 

 

 

 

Apro gli occhi, il mio respiro è affannato mentre il buio continua a circondarmi. Mi guardo attorno spaesata, ogni oggetto lo vedo offuscato data la poca luce. Questo mi fa andare nel panico e senza pensare scalcio le coperte liberandomi dalla loro costrizione. Mi alzo dal letto portando in avanti  le braccia in modo tale da avvitare di sbattere contro i mobili. A passi lenti ed insicuri arrivo sino al muro dove appoggio le mani a palmi aperti, lo percorro sino ad arrivare all’interruttore. Un senso di sollievo nasce in me appena le mie dita si posano su di esso. Finalmente il buio venne scacciato da questa stanza.

Non da me, perché l’inquietudine che provo non mi vuole abbandonare.

- Bella. - ancora in piedi vedo Jacob fare irruzione.

- Cos’hai, è successo qualcosa? - domando con apprensione. - Billy? - continuo avvicinandomi, il suo volto è rosso e accaldato come se avesse corso. - Ti prego rispondimi, la mia mente sta iniziando a immaginare le cose più impensabili, e ti garantisco che non è piacevole. - concludo gesticolando in modo convulsivo.

Quando all’improvviso mi abbraccia.  

- Bella. - il mio nome pronunciato da lui ha un suono così malinconico. Ogni sillaba è intrisa di quel dolore che lo pervade.

- Jake, se è successo qualcosa, dimmelo. -

- Sh… resta così, solo per ora, resta con me. - termina stringendomi con maggiore forza. E’ molto più alto di me, per cui mi metto in punta di piedi mentre faccio pressione sulle sue braccia perché si allontani, e così fa, un piccolo spazio si crea tra i nostri corpi. Raccolgo tutta la delicatezza che ho e faccio scorrere le mani sul suo petto, sino ad arrivare al collo dietro al quale incrocio le braccia. Nel frattempo Jacob si è ulteriormente abbassato ed ha appoggiato il suo volto nell’incavo del mio collo aspirando con forza il mio odore. - Ogni notte il tuo sonno è agitato ed io non ce la faccio più a vederti in queste condizioni. -

- Non voglio farti preoccupare. -   

- Ma lo fai, quando siamo a tavola e sposti il piatto mettendolo da parte, alzandoti in piedi e iniziando a compiere faccende già fatte solo per distrarti, per evitare che io ti possa domandare qualcosa. Il tuo corpo ha bisogno di cure e invece tu rifiuti ogni aiuto, affermi di stare bene eppure posso vedere dal tuo colorito, dalla magrezza del tuo fisico che così non è. Resti tutto il giorno chiusa in camera a piangere, li sento i singhiozzi che scuotono il tuo corpo, le tue lenzuola portano ancora l’odore di quelle lacrime che bagnano il tuo viso. Perché continui a farti del male, dimentica, volta pagina io ci sarò sempre. -

- Lo amo. -   

- Lo ami? - mi chiede allontanandosi quanto basta per guardarmi negli occhi. - questo non è amore. Bella la tua è un’ ossessione, non ti rendi conto che ciò che provi non è reale? -  

- Cosa cerchi di dirmi? Ma ti senti, la mia sarebbe una fissazione senza fondamenta, una cosa non vera ed inventata dalla mia mente malata. - dico cercando di liberarmi dal sua abbraccio, l’aria comincia a mancarmi, ho bisogno d’uscire. - sei pazzo se credi questo, io lo amo, ciò che provo e vero ed eterno non è una infatuazione. Lo amo oggi, lo amerò domani  e anche fra cent’anni, il mio amore sarà solo suo e di nessun altro! - urlo, le mie gambe cedono, mi sento così stanca, perché nessuno vuole capire il mio dolore. 

- Devi capire. - dice cercando d’attirarmi nuovamente verso di sé, ma io lo respingo.

- L’unico che deve capire qualcosa sei tu, perché ti è così difficile accettare il sentimento che provo nei confronti di Edward? -

- È un mostro, non è umano, non prova emozioni, non prova l’amore di cui tanto parli. -   

- E tu che ne sai, sei dentro la sua testa? Senti i suoi pensieri, tu non sai niente. In quei momenti c’ero io, lui non è indifferente. -

- Certo che non lo è, lui ti vuole, ma non come tu vuoi lui. - dice sospirando. Mi prende la mano, io la ritiro, ma la sua presa è troppo forte e non riesco a fuggire da questo contatto. - Ascoltami, dammi una possibilità di spiegarti le ragioni che mi portano verso questa conclusione.  -   

- Sei geloso, è questa la ragione. Non sei obiettivo. - affermo strattonando il braccio.  

- Nemmeno tu. La tua mente è annebbiata non riesci più a distinguere la realtà, dalla menzogna che quel succhia sangue ti ha messo davanti. -  

- Vedi di metterti in testa una cosa, la sottoscritta non è stata influenzata da niente e da nessuno, chiaro? Ed adesso lasciami la mano, subito. – termino. Mi sento ardere dalla rabbia. Come osa parlare di qualcosa che non conosce? Solo io posso sapere il dolore che sento, le emozioni che provo e che ho provato in quei momenti, non erano frutto della mia fantasia, no, quella era la realtà.

- Va bene. - con lentezza scioglie la presa lasciando ricadere la mia mano. - Non ti toccherò, se vuoi mi posso anche mettere dall’altra parte della stanza, a debita distanza da te, ma ti scongiuro non mi cacciare via, permettermi di spiegarti le mie ragioni. Non mi escludere a priori, non lo fare. - dice con voce lieve.  

- Perché lo fai? - domando abbassando lo sguardo a terra.

- Perché l’amore rende stupidi e masochisti. -

- Non mi amare. - 

- E tu non amare lui. - 

- Impossibile. - affermo rialzando il viso e fissandolo con sicurezza.

- Allora non mi chiedere di non amarti, non mi chiedere il perché, se conosci l’amore conoscerai la risposta, saprai che non siamo noi a decidere chi amare. -   

- La solo idea che tu possa provare il male che mi invade in questo momento, mi devasta. - dico singhiozzando. - Non lo meriti, io non merito te. -  

- Non è vero. -  

- Sì, che lo è. -

- Ti sbagli. -

- Mi sei sempre rimasto accanto, sulla tua spalla ho pianto per lui. Sono stata insensibile perché mi ero accorta del tuo interesse, ma nonostante questo ho continuato a far finta di niente, troppo prese dai miei problemi. Non voglio che ti riduca in questo stato. -

- Bella, non ti dare colpe che non hai. - lo sento avvicinarsi, poi mi sfiora una guancia. - Non piangere, troppe lacrime sono state versate. - le dita scivolano sino al mento che prende e alza. I nostri sguardi si incontrano, il marrone dei miei contro il nero pece dei suoi, così profondi ed espressivi, non conoscono menzogna, ma su di essi posso leggere ogni pensiero.

-  Stringimi a te e dimmi che mi vuoi bene. -    

- La mia bocca non pronuncerà mai questa bugia, non è affetto ciò che nutro per te. -

- Jacob… - senza continuare mi butto tra le sue braccia stringendomi a lui. Posso sentire il calore del suo corpo, mi sento al sicuro, ma i sensi di colpa non mi permettono di rilassarmi, con forza mi riportano indietro.

- Non ti chiedo di dimenticarlo, ma di capire la differenza, ciò che ti spinge verso di lui. -  

- Non lo fare, non cercare di illudermi. - 

- Non è questa la mia intenzione. -    

- Anche se fosse come dici tu, nulla cambierebbe. Posso cercare di crederti, ma sarebbe un inganno nei miei stessi confronti e gli inganni non durano a lungo. Passa tempo, ma vengono smascherati e poi cosa mi resterà? Non mi è possibile vivere mentre la persona alla quale tengo di più non c’è . - 

- Dove vuoi arrivare? - 

- Se non faccio subito qualcosa lo perderò. - 

- Non è mai stato tuo. - sibilla con astio.

Chiudo le dita a pugno. - Non è vero. Anche se per poco è stato mio, ed io sono stata sua. -   

- Che diavolo stai dicendo? - dice prendendomi dalle spalle.

- Questi non sono affari tuoi. -  

- Ed è qui che ti sbagli, tutto ciò che riguarda te è affar mio. -  

- Non siete poi così diversi, entrambi vi predette il diritto di intromettervi nella mia vita, ma quando sono io a dire o fare qualcosa vengo messa a tacere. -  

- Non mi offendere, non mi paragonare a quel mostro. -  

- Allora dovresti evitare di toccarmi, perché il mostro, come lo chiami tu, ha toccato questo corpo, ora sono sua. -

Si scosta da me, come scottato, il suo volto è una smaschera d’orrore. - No. -

- Abbiamo fatto l’amore. -  

- Sta zitta. - dice voltandomi le spalle. - Come ti è saltato in mente, hai rischiato la vita. -   

- Sono stata io a volerlo, all’epoca non conoscevo la sua natura ma dopo… è stato inevitabile. -  

- Dopo cosa? -  non rispondo ed evito il suo sguardo, vorrei parlane con lui ma conosco la sua reazione, Jacob non è un amico, il nostro rapporto va oltre e se lo tratto come se lo fosse, rischio di ferirlo. - Lui ha perso il controllo, vero? -   

- Cosa ti fa credere questo? -   

- Hai appena detto d’averci fatto sesso… - 

- L’amore. - ribadisco.

- …ma sino a quel momento non sapevi che fosse un mostro, questo mi fa capire che è stato durante il rapporto, avrà fatto qualcosa che l’abbia spinto a mostrasi per ciò che è. -

- Evita di parlarne così, non ha fatto niente che non abbia voluto. Ti ricordo che sono stata io a provocarlo, ma, cosa fondamentale, sono stata io a volere ogni cosa, anche la più piccola e banale. -   

- Questo non conta. -   

- Come? -  

- Eravate insieme, per cui sarebbe stato impossibile riuscire a ragionare. In quel momento eri completamente succube di lui, ti avrebbe anche potuto chiedere di buttarti dalla finestra e tu l’avresti fatto, per questo ti dico di non credere in ciò che provi, non è vero. Bella, quell’essere è un vampiro che guarda caso è il predatore per eccellenza, ogni cosa di lui ti attira, la sua bellezza, il suo odore… tutto. -  

- Se fosse come dici tu a quest’ora non dovrei provare nulla, siamo lontani, non lo vedo da tempo eppure ciò che provo non scompare, anzi, giorno dopo giorno aumenta portandomi sino alla pazzia. -

- Perché ormai ti sei convinta d’amarlo. -  

 

Mi sono innamorata, che suono dolce hanno queste parole.

Ogni qualvolta le penso,

ogni qualvolta le sussurro mi sento strana.

È triste sapere che sia solo un inganno,

così simile alla realtà che porta i miei occhi a scorgere ciò che non c’è.

Permettendo al destino crudele di prendersi gioco di me. 

Ho sempre creduto che il nostro fosse un sentimento immortale.

Né il tempo né il resto del mondo ci avrebbe potuto dividere eppure…

Loro considerati i nostri nemici, sono stati solo testimoni di questa illusione.

Non era amore.

Fa male questo pensiero.

Un’ ossessione la tua?

Solo il mio sangue ti attirava?

Quel sapore mai provato, ma agognato come la peggiore delle droghe.

Nulla di più.

Nulla.

In quel cuore di pietra non circola sangue ma veleno.

Quel veleno che ora è dentro di me.

Perché?

Non ho mai creduto che tu mi potessi amare, i dubbi, i timori, le insicurezze…

accompagnavano ogni mio passo, anche il più piccolo era intriso da tali pensieri.

Maledetto sentimento, se solo potessi non amarti.

 

Dopo la discussione con Jacob gli ho chiesto d’esser lasciata sola. Ho cercato di negare quell’ipotesi tanto crudele, perché non voglio prendere in considerazione la possibilità, che ciò che sento per Edward sia solo frutto della sua influenza. È impossibile che abbia avuto un tale potere su di me, talmente forte da persistere nonostante il tempo.

Ricordo ancora la prima volta che l’ho visto, la paura che ho provato appena ho sentito la morsa con la quale aveva imprigionato il mio polso, con la sua mano, rammento che era fredda. Mi sentivo terrorizzata ma appena mi voltai verso di lui, rimassi incantata dalla bellezza del suo volto. Per i giorni seguenti, lo stato di disagio che provavo ogni volta che mi trovavo nella stessa stanza con lui, non passava, ma, aumentava e con essa anche il rossore delle mie guance. Non posso far almeno di sorridere, senza nemmeno accorgermene me ne innamorai.

Cominciai a pensarlo durante le ore scolastiche, invidiando in silenzio tutte le persone alle quali volgeva la parola, i sorrisi rivolti a quelle ragazze un po’ civette che si concedevano a lui con tanta facilità, solo dopo sono stata in grado di capirle, e nello stesso tempo, ho saputo collocare quel fastidio all’altezza dello stomaco che mi prendeva. La mia era gelosia.

E dire che sino a quel momento non lo ero mai stata, lui mi ha fatto scoprire parti di me dormienti.

Un passo alla volta la cotta è mutata trasformandosi in amore. Mi sentivo così strana, confusa e timorosa, un’infatuazione la potevo pure superare ma l’amore, no, e questo lo sapevo bene. In silenzio lo osservavo e quelle poche volte che notavo che mi guardava, il mio cuore perdeva un battito, gioivo di una così lieve attenzione, non era nulla, il suo sguardo era indifferente ma per me, era come se mi avesse parlato o rivolto uno sguardo pieno di dolcezza.

La verità è che mi accontentavo.

Sospiro frustrata.

Poi non mi basto più, ed ho cominciato ad avvicinarmi a lui. All’inizio rifiutava in mal modo la mia compagnia, non lo vedevo quasi mai, così ogni volta ne avevo l’occasione mi avvicinavo, e con scusa infantili e poco credibili cercavo di instaurare una conversazione. Lì ho capito d’avere una possibilità, ho intravisto nei suoi sbalzi d’umore, nel suo modo, talvolta, confuso di parlarmi che c’era di più, la sua non era indifferenza, non gli ero antipatica.

Quanto fui felice quando me ne resi conto.    

La prima volta che sentii la sua risata desiderai di non udire altro, era calda ma conteneva delle note dolci, rimassi ferma ad osservalo, come ipnotizzata. Poi le sue labbra si distesero e il suo sguardo si posso su di me, sono stata sciocca, ma, solo dopo interminabili secondi sono stata capace di formulare una frase di senso compiuto. Imbarazzata sino la punta dei capelli, balbettai una scusa e mi chiusi in camera.

Mi manca.  

Si dice che per ogni situazione ci sia una colonna sonora, la mia è la sua, un dolce suono invade la mia mente soggiogandola con falsi ricordi. È così tenera e piena d’affetto, perché mi riporta in quella stanza tra le sue braccia?

Trattengo il fiato prima di cercare il coraggio che mi manca, perché ovunque vada, qualsiasi cosa faccia, il pensiero corre verso di lui e questo fa male. In fondo sapevo che sarebbe finita così, me ne sono resa conto nel momento in cui ha rilassato i muscoli, abbassando leggermente le spalle come se qualcuno le avesse spinte verso il basso. Un sospiro sfuggì dalle sue labbra socchiuse e tutto finì. Ho visto la rassegnazione in quelle iridi dorate, insieme al desiderio d’allontanarmi in maniera definitiva. Non sarebbe tornato indietro, non avrebbe lottato contro il destino che ci voleva divisi.

In quell’attimo la mia mente è entrata nel panico, non potevo permettere che tutto finisse così, perché la mia vita non avrebbe avuto un continuo, si sarebbe fermata e congelata nell’esatto momento in cui mi avrebbe voltato le spalle e se ne fosse andato, così l’ho preceduto raccogliendo e lasciando quel luogo che mi ha fatto scoprire l’amore, un sentimento che mi scaldò l’animo ma che nello stesso tempo lo ferì, con una dolcezza crudele.

Prendendo il borsone e riempiendolo dei miei vestiti mi sono sentita forte. Avevo ben chiare le mie intenzioni, il mio unico obiettivo mi avrebbe condotto anche verso il modo in cui avrei compiuto tutto. Le conseguenze dei miei atti non mi toccavano perché ero disposta a tutto, ma più si susseguono i giorni e più mi rendo conto di quanto sia impossibile, perché non posso fare tutto da sola, ho bisogno d’avere la persona che amo accanto che mi possa una mano sulla spalla sostenendo le mie scelte, non interferendo andandomi contro.   

La mia sicurezza si piega di fronte alla sua indifferenza, possibile che abbia visto male? Forse negli suoi occhi non c’era amore ma solo un pizzico d’attrazione. Del resto il mio sangue cantava per lui, lo attirava verso di me come una sirena traditrice fa con il marinaio, tentandolo con la sua soave voce, ingannando i suoi sensi fino a portarlo verso la distruzione, come stavo facendo io. Ho smascherato la sua identità mettendo in pericolo non solo lui ma la sua intera famiglia, come mi aveva detto Alice il loro era un secreto, infatti, a nessun essere umano è consentito conoscere la loro vera natura, pena la morte.

Una settimana, sette giorni, 168 ore, ventotto minuti e trenta secondi, trentuno, trentadue…

Maledetto tempo, da quando sono uscita dalla vita della famiglia Cullen per me è come se si fosse fermato. Ogni istante è un’agonia, ogni momento lo passo sperando di vederlo comparire all’orizzonte ma così non è, lo so che non verrà a prendermi, non si presenterà al confine di La Push rivendicandomi, non farà nulla di tutto ciò eppure non riesco a spegnere questa speranza, debole rispetto alla realtà ma pur sempre presente in me.

Sono ancora immensa nei miei pensieri lugubri quando sento il cellulare, mi volto verso quell’oggetto elettronico fissandolo con attenzione. È sopra il tavolo di legno, il colore nero risalta su marrone chiaro, la vibrazione porta a creare un rumore fastidioso tra la superficie e l’oggetto posato sopra. Non so che fare, per un attimo ho creduto che fosse lui, ormai rassegnata all’ennesima chiamata di mia madre prendo in mano il cellulare e senza guardare lo porto all’orecchio.

- Pronto. - Sgrano gli occhi appena sento la voce del mio interlocutore, com’è possibile? - Cosa vuoi? - domando con astio. - E da quando in qua ti importa della mia salute? Non prendiamoci in giro e dimmi perché mi hai chiamato. - resto in silenzio ad ascoltare le sue parole. - Lo so, ma ho cambiato idea, non riesco a restare con le mani in mano. Hai letto tutto il messaggio che ti ho mandato? - domando ansiosa. - Non hai cambiato idea? - forse non è tutto perduto, mi ritrovo a pensare. - Dove? -  incredula mi ritrovo  a rispondere senza che nemmeno me ne accorga. - Va bene. - e con questo chiudo la conversazione, cos’ho fatto? Non sentivo quella voce da quel giorno, possibile che abbia accettato?  

 

Se solo potessi…

Non si decide chi amare.

Una frase che non scorderò, vera come la realtà che mi circonda.

Non importa il male che mi hai fatto.

Non importa il male che mi farei.

Ti ho amato ancor prima di conoscere chi tu fossi e ti amo oggi, che so chi sei.

Perché senza di te non posso vivere, mi annullo.

E non mi pento.

Perché non esisto senza di te.

Pazza, drogata, assuefatta da te.

Tu mi scaldi il cuore, sei una presenza costante, l’unica nella mia arida vita.

Il mio corpo è stato scosso dalla paura di queste emozioni, troppo forti per me.

Eppure quei pochi secondi in cui ti ho avuto accanto, erano gli unici in cui mi sono sentita libera.

Ed ora… tu non ci sei, non ti vedo, non ti posso toccare.

I miei sogni ti appartengono.

Solo lì posso rubare al mondo la tua immagine.

Sono sbagliata, come posso continuare in questo modo?

Non vivo, non muoio, non esisto.

Tutto ciò che ti riguarda per me è aria, è essenziale.

L’uomo non può vivere senza uno scopo.

Non oggi, non domani.

Nel presente e nel futuro avrò questa speranza.

Lì nascosta al mondo custodisco il mio desiderio.

Tu non lo sai.

Ma cosa posso pretendere dall’ uomo, che con tanta facilità mi ha permesso d’uscire dalla sua vita?

 

Percorro questo sentiero con lentezza, non osservo la natura che mi avvolge, non bado ai suoni che arrivano sino  a me, niente riesce a riportarmi sul mondo reale, perché ora il mio unico pensiero è lui. Non so cosa mi riserverà il futuro, questo purtroppo non mi è dato saperlo e anche quando ero a casa Cullen, non ho mai avuto il  coraggio di chiedere ad Alice. Il timore d’avere conferma che non eravamo fatti per stare insieme sarebbe stato troppo, un colpo che non avrei potuto sopportare, ed è per questo che le ho chiesto di non dirmi nulla. Il mio futuro lo creo io, non voglio essere influenzata in alcun modo, non voglio che la speranza che mi porta in questo luogo si spenga.

- Isabella. - sento una voce conosciuta pronunciare il mio nome, non mi volto ma mi fermo.

- Sei venuta. -

- Credevo d’avertelo detto. -  

- Sì, ma non ero sicura che accettassi. -  

- Sono stata io a cercarti. - 

- Lo so, e non immagini la sorpresa a vederti ma soprattutto a sentire, e a  capire il significato della tua proposta. -  

- Ormai l’ho perso e voglio che sia felice. - 

- Scusami se fatico a crederti. - 

- Non mi devi credere, non è questa la ragione per cui siamo qui. -

- Uscendo di casa da sola, oltrepassando i confini, venendo da te mi sono esposta… ti sto donando la mia vita. Dovrei avere un pizzico di fiducia. - dico, sedendomi su un tronco.

- Non ti fidi di me… e con ciò, cambierebbe qualcosa? - ribatte iniziando a camminare  senza un apparente senso. - Non credo, la ragione per cui hai ascoltato ogni mia parola ma cosa fondamentale il motivo per cui ora sei qui, e non braccata dai cani. È perché sei disperata, la disperazione porta ad essere poco caute. - si ferma puntando i suoi occhi dorati sui miei. - Oltre al fatto che non hai paura della morte. Se ti avessi detto una bugia e ti uccidessi le tue sofferenze cesserebbero, se invece avessi detto la verità potrai tornare da Edward e vivere un’ esistenza felice e rosea per l’eternità. La classica favola del ventunesimo secolo. -  

- Tu lo ami, per questo comprendi ogni mio pensiero, non sono io ad essere prevedibile. Se tu fossi stata umana saresti stata disposta, come me, a prendere in considerazione questa strada. - dico con sicurezza, a dispetto degli altri membri della sua famiglia lei non mi intimorisce. Nonostante tutto quello che è successo non credo d’averla mai odiata, la capisco. 

- Sì, l’avrei fatto senza alcun ripensamento. - risponde avviandosi verso di me.

- Sai quando vedevo le sue mani sfiorare il tuo corpo… - sospiro. - … in quei attimi ho creduto di odiarti, mi sentivo tradita. Non riuscivo ad accettare che sino a pochi giorni prima quelle stesse mani toccassero la mia pelle, mi era impossibile paragonare le due situazioni e nel frattempo ricercavo in ogni vostro gesto la risposta che tanto mi tormentava. - parlavo misurando le parole, volevo che lei capisse, mi sentivo in dovere di spiegarle cosa ho provato.

- Cosa ti domandavi. - 

- Se lui ti ama. Questa domanda mi ha accompagnato a lungo e tuttora me lo chiedo. -

- Se ti può far stare meglio, lui non mi ha mai amato, forse ha provato dell’affetto per me, sono stata la sua compagna per molto tempo. L’unica che abbia fatto avvicinare, almeno così credevo. Solo dopo averlo visto con te mi sono resa conto di non averlo mai conosciuto realmente, un muro invisibile si frapponeva tra di noi, tenendoci lontani, impedendoci di far parte uno dell’altro. Questo ostacolo l’ha rialzato Edward, non ero abbastanza per lui. -  dice con amarezza.

- Perché lo fai? - 

- Te l’ho detto. - 

- Credevo che avresti fatto di tutto per dividerci. -  

- Non lo posso avere. È vero, te ne sei andata da casa nostra, ma lui non ha mai smesso di pensarti, d’amarti. L’ho perso per sempre. - 

- Anche se con un’altra donna? -  

- Se fossi al mio posto non l’avresti fatto? Umana e premurosa come sei, non ho dubbi nel dire di sì. Ti saresti messa da parte senza pensare al male che ne avresti ricavato, e tutto questo per consentire ad Edward una vita serena accanto all’unica persona che abbia mai amato e che mai amerà. L’amore per le creature come me, non è come il vostro. -

- Cosa intendi, l’amore non ha differenze secondo la specie. - affermo alzandomi in piedi, un po’ infastidita dal suo tono, come se volesse sottovalutare i miei sentimenti. Riesco senza fatica a comprendere il perché di questa mia reazione, temo che mi dica ciò che pensa Jacob.

- Non voglio offenderti in alcun modo, è un dato di fatto che umani e vampiri abbiano un modo d’amare diverso. Voi umani potete amare più persone, noi no. -  

- Amo solo lui. -

- Ora, ma domani, puoi essere sicura che lo amerai per i resto dei tuoi giorni? -

- Sì. - rispondo fronteggiandola.

- Sbagliato. Il vostro amore è forte, ma non duraturo. -

- Non è vero. -  

- Perché neghi la realtà. Non metto in dubbio il sentimento che ora provi, ma puoi essere sicura che presto si attenuerà per infine scomparire lasciando il posto a del semplice affetto. Lo troverai sempre bello, ti piacerà la sua compagnia, ma quel senso di appartenenza che provi ora non ci sarà più. Lo potresti vedere con quante donne vuoi, forse ne sarai gelosa ma non starai male, perché non sarà come ora. - lei credeva ad ogni singola parola, non era un concetto detto tanto per affievolire le mie sicurezze ma solo per spiegarmi un pensiero ormai radicato in lei. - per noi vampiri è molto diverso. -

- Spiegati. -   

- Siamo immortali, né il tempo né le malattie ci possono uccidere. Questo ci porta a vivere molte situazioni, abbiamo la possibilità di conoscere molte persone, ma il nostro animo è vuoto. -finì chiudendo gli occhi.

- Non capisco. - ed è vero.

- Vedi quando il veleno comincia a circolare nel nostro corpo l’unica cosa alla quale riusciamo a pensare è al bruciore che proviamo, ogni centimetro di noi è come se prendesse a fuoco, in quel momento non importa la ragione per cui ti stai trasformando perché l’unica cosa che si desidera è di morire, tutto purché quel dolore svanisca. Poi il cuore inizia a battere sempre più piano, puoi sentire ogni singolo battito, finché si ferma. È così la vita mortale diventa solo un lontano ricordo, tua madre, tuo padre come tutti i tuoi ricordi ed esperienze verranno cancellate dalla tua memoria, infatti appena aprirai, nuovamente gli occhi, il tuo ultimo ricordo sarà quello del dolore provato durante la trasformazione, ma non muore solo il tuo corpo ma anche la tua umanità. - riapre gli occhi, sembrano tristi. - Sei una creatura della notte, tutti gli ideali che si avevano da vivi sono sconosciuti alla tua nuova te. Sentimenti come:l’amore, l’affetto, la pietà, la paura, il dispiacere, la gelosia; non saprai cosa siano, perché ora tu vivi per uccidere. Ed è quello che farai. Ovunque tu sia inizierai a correre finché il tuo olfatto ti porterà dalla tua preda che prenderai ed ucciderai, potrebbe trattarsi di un uomo, o di un animale, di una donna o persino di un bambino in fasce, per te non farà alcuna differenza. Per i primi anni sarà questa la tua vita. -

- Ma voi vivete in mezzo agli umani. -

- Sì, ma noi siamo vampiri da molto tempo, ad esempio io sono immortale da duecentotredici anni. Comunque tornando a prima, per i primi anni o per meglio dire decenni penserai solo a nutrirti in seguito sarai in grado di farti una vita, con un po’ d’allenamento potrai anche trovarti un lavoro e vivere tra gli umani, ovviamente cacciando regolarmente. Possiamo vivere da mortali ma non possiamo provare ciò che provano loro, saremmo immuni ad ogni emozione e sentimento, come ti ho detto prima il nostro animo sarà vuoto. - dopo una breve pausa continua. - Alcuni di noi sono più fortunati d’altri, perché trovano quella persona capace di farli sentire umani. Si innamorano, cominciano ad amare e provare ogni emozioni ne derivi, non sono più in grado di fare almeno del proprio compagno, perché come inciso sulla pietra questa persona entra dentro il vampiro in questione, lasciando un segno che durerà in eterno. Quando un vampiro perde la propria compagna o compagno resta da solo per sempre, o ricerca la morte. Per questo sono fermamente convinta che tra le nostre nature ci siano delle differenza, tu potresti andare avanti, Edward no. -  

- E tu? -   

- Io sono abbastanza forte per continuare. -  

- Non era questo… - 

- Lo so, ma non ha importanza. - mi interrompe a pochi passi da me.

- Sei ancora convinta di volerlo fare? -  

- Sì, diventare una creatura più simile ad una belva non mi entusiasma, ma voglio avere la possibilità di stare con lui, con il tempo riuscirò a controllarmi, ad essere all’altezza. -    

- Come vuoi, ti ho spiegato quello che comporta la trasformazione, mi sembrava giusto che tu ne fossi a corrente. - detto ciò, porta una sua mano al mio collo, scosta il bordo della maglietta e con il pollice accarezza la mia pelle. - Non potrai tornare indietro. -

- Lo so. - 

- Così sia. - avvicino il suo volto a quella porzione di pelle che tocca con l’indice, per infine appoggiare i suoi canini e spingere.

   
 
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