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Autore: marghepepe    15/04/2010    6 recensioni
Là, oltre lo stipite della porta bianca, tra il corridoio luminoso e l’interno della stanza, lo vidi.
Era bello, più di quanto ricordassi.
Lo vidi, il mio primo amore:...
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Sana Kurata/Rossana Smith
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Immbile

Autore: Marghepepe

Tipologia: Long-fict

Genere: Romantico, Drammatico

Avvertimenti: Alternative Universe, OOC

Raiting: Arancione

Personaggi: Sana Kurata/Rossana Smith, Akito Hayama/Heric Akito

Pov: Sana

Note: -parlato-

Pensato o flash-back

Attenzione: Questa FF è pubblicata esclusivamente su EFP, se pubblicata in qualsiasi altro forum o sito è un plagio. Lottiamo contro questi ‘falsi autori’ che si spacciano per noi aiutandoci a vicenda. Per favore, se trovate questa storia su un altro forum o sito ecc... segnalatemelo alla mia e-mail: Marghepepe@hotmail.it

Piccolo spoiler del prossimo capitolo in fondo alla pagina

 

 

-Stanza Numero Nove-

La mia stanza era al primo piano: stanza numero nove.

Guardai fuori dalla finestra le nuvole grigie di Tokio.

La clinica aveva un bel giardino.

Non era come l’ospedale. Che fortuna.

Si poteva andare in giro per la clinica, anzi si doveva, ma io ero nuova e potevo starmene in camera, troppo stufa dei cambiamenti per abituarmene ancora.

Doveva essere un modo per avere nuovi amici, ma mi accorsi che non li volevo.

Forse era meglio se fossi morta quel giorno.

Aspettavo solo che qualcuno mi dicesse signorina Kurata oltre che l’immobilità delle gambe ha danneggiato una parte del suo cervello, le restano tre mesi, ci dispiace.

Tzè. Vi dispiace, a me no...

Odiavo i medici, così freddi, poco umani... li odiavo con tutta me stessa. Li odiavo quando ti guardavano (finti)compassionevoli, quando ti parlavano con quella freddezza fingendo di essere veramente dispiaciuti, quando ti iniettavano quel sonnifero che ti faceva dormire...

Li odiavo punto e basta.

Loro che sanno, loro che predicano...

Ma in cosa credono?

Questa stanza è vuota.

Sola.

Come sempre.

Sola.

E immobile.

Le parole di Mama erano solo un eco lontano.

-Sei fortunata Sana! Avrai un compagno di stanza che ha la tua età-

Me ne frego.

-Ah si... e come si chiama-

-Akito Hayama-

-

Avevo fatto un ‘giro’, costretta dalla mia infermiera. Kaede? Kae?

E appena rientrata in stanza avevo notato una figura maschile alla finestra e del fumo venire da lì.

-Ehy... tu... lo sai che in ospedale non si fuma e questa è camera mia! Ti prego di uscire subito-

Gli buttai la sigaretta giù dalla finestra.

In quell’istante desiderai ardentemente di essere quella sigaretta.

Il ragazzo che mi dava le spalle si girò.

 Che figo.

I ragazzi così si incontrano i discoteca, non in cliniche mediche.

-Salve- salutò lui atono con un cenno della mano.

-Tu... tu... tu...-

-Occupato?- disse ghignando.

E fu in quel momento che lo riconobbi.

-Ma certo- battei un pugno sulla mano –Io so chi sei, Akito Hayama, il bulletto che mi dava filo da torcere alle medie jimbo!-

-Ah... Invece io non so proprio chi tu sia...- per un momento mi parve di cadere dalla sedia a rotelle, se potessi muovere le gambe sarei già caduta.

-Kurata, l’attrice?-

-Ah la gallina- mi scaldai.

-Cosa?!? Gallina a chi?!?-

-A te... comunque c’è da dire che questa è anche la mia stanza per cui io fumo quanto mi pare- disse tirando fuori dal pacchetto un’altra sigaretta e accendendola.

Si avvicinò al mio viso e ci mandò contro un’alitata di fumo allo stato puro, tossicchiai, mentre lui mi superò.

-Smettila... Per favore-

-Se prendi la sigaretta la smetto- era ovvio che io seduta sulla mia nuova ‘poltrona d’onore’ non potessi prendere la sigaretta ben pinzata tra le sue labbra.

Poi mi prese i polsi, fermandomeli ambi e due con la mancina, e buttò fuori altro fumo dalla bocca che teneva bene ancora la sigaretta.

E fu in quel momento che mi venne “l’idea del secolo”.

Lo baciai.

La sigaretta cadde sulle mie ginocchia, macchiandomi il vestito, mentre lui ancora stupito mi guardava, immobile.

Che bello usare questo aggettivo per qualcun altro.

-Mha. Non ero io il demonio dei baci?- chiese con un pizzico di malizia.

-Sai. Akito. A volte l’alunna supera il maestro- dissi saccente, calcando il suo nome.

1-0 per Sana Kurata.

-

Mi stavo rilassando: la musica era la medicina migliore in questo momento.

Chiusi gli occhi ma ben presto fui costretta a riaprirli per colpa di quel cretino di Hayama, che rientrando aveva sbattuto la porta.

-Che cazzo fai!?!- gli urlai contro, mentre lui, indifferente come sempre, si sdraiò sul suo lettino e tirò bellamente la tendina che ci separava.

Io, dal canto mio adirata più che mai, feci retrofronte e mi spinsi fino a lui appoggiando la testa sul suo letto.

-Come mai?-

-Cosa?-

-Come mai sei qui?- mormorai chiudendo gli occhi ancora.

-È anche la mia stanza questa, sai- ribatté atono lui.

-Intendo che ci fai in clinica? Mi sembri apposto...-

Non è che è un maniaco? Oddio Sana! Ma a che pensi...

Lui si alzò tirando su la manica della maglietta e in quel momento capii perché si trovasse lì accanto a me... Anche lui aveva perso qualcosa... La mano destra.

-

-Cos’è quell’attrezzo?- gli chiesi ignorando bellamente le sue richieste di silenzio.

-Questo- disse indicando, quel pezzo di plastica che gli teneva su il polso.

-È per sorreggere la mano- fece una piccola pausa come se fosse assorto in chissà quale pensiero -L’ho persa in una rissa, per difendere un ragazzo più grande, non che m’interessasse, ma non volevo che finissimo arrestati tutti. La mano...Non posso più usarla, come tu con le tue gambe. Ammetto che ci sia stato anche per me un periodo difficile, ma ora l’ho accettato. Che la mano ritorni o no, ho sempre la testa, no? Anche se non sembra... Sono uno che si impegna nella riabilitazione, cosa che i dottori non pensano di te- affermò deciso.

-Uffa! Sapete solo parlarmi di questo voi!- sbuffai incrociando le braccia al petto.

-Spiegami... Perché non ti vuoi curare?-

-Le ferite non sempre rimarginano, Hayama-

-Tu non hai mai provato ad essere ferita veramente, Kurata-

Risi isterica. Le mie gambe immobili non erano state ferite da quell’auto?

-E allora dimmi, dove tu saresti stato ferito veramete, Hayama?- lo sfidai.

-Tu... Kurata... Non hai mai provato ad uccidere?- chiese nascondendo le iridi ambrate sotto la frangetta bionda.

-No... certo che no!- sbottai -non vorrai dirmi che...?!?-

-Si... Io ho ucciso... mia madre-

Sbarrai gli occhi.

Chi è Akito Hayama?

Mi voltai e ritirai la tendina separatoria: non gli avrei permesso di invadere i miei pensieri e di convincermi a ritornare a vivere, a curarmi...

La vita è difficile, la morte è molto più semplice.*

-

Ci fa così paura il buio.

Non solo i piccoli ne hanno paura.

Anche noi ne abbiamo, anche se non ci possono definire propriamente grandi.

Facciamo le cose che fanno gli adulti solo perché vogliamo decidere noi, senza sapere che decidere, soprattutto per gli altri, non è una bella cosa.

Quella notte ebbi un attacco.

A volte, capita.

Quando sogno l’incidente soprattutto, e di recente questo accade spesso.

Sarei potuta morire, cosa che un po’ mi faceva paura, un po’ mi attraeva (com’è la morte? C’è un’altra vita? Esistono i Kami? Allora perché non mi hanno protetto?), se non fosse stato per Akito.

Ha avuto sangue freddo...

Mi ha portato direttamente in braccio al reparto d’urgenza, dove mi diedero un po’ di quella droga per non sentire male, per calmarmi...

Per non pensare.

Credo di esserne intossicata ormai. 

Forse ho paura del buio perché sono sola?

Non trovo più la mia luce.

Non splendo più.

Ho consumato la mia aurea prima del dovuto e ora ne sto pagando le conseguenze.

Immobile.

Immobile.

Immobile.

Ormai è un eco lontano, come la voce di Akito...

Chiusi gli occhi.

Non m’importa più niente.

Dopotutto il buio non fa così paura...

-

 

Quando mi svegliai, Kaede mi avvertì che erano passati ben tre giorni dal mio ultimo attacco; indolenzita mi alzai sui gomiti,cercando di mettermi seduta, anche perché quel giorno mi toccava un po’ di terapia intensiva. Scocciata, come al solito, dalla mia routine fuori dall’ordinario, rimasi totalmente sconvolta quando di fianco al mio lettino per la fisioterapia trovai Hayama che fissava un punto imprecisato della stanza.

-Che ci fa qui lui?- chiesi sottovoce alla mia infermiera.

-Il medico ha detto che potreste fare progressi insieme, adatta spesso questa tecnica a compagni di stanza. Sai, serve per conoscervi meglio-

-Al diavolo. Se solo potessi alzarmi, quel dottore sarebbe già morto-

-Se, Sana... Se-

-Ciao- sussurrai al demonio-Hayama.

-Mhm- rispose semplicemente lui.

-Molto loquaci anche oggi, Akito?- chiese Kaede, sorridendo, ma lui non rispose.

Kaede mi fece accomodare sul lettino e mi tolse con facilità i pantaloni della tuta, in quel momento mi sentii non poco in imbarazzo.

Subito dopo entrò il medico.

Il dottor Hatashi era uno dei medici più rispettati di tutto l’ospedale; peccato che il mio caso fosse davvero assurdo e la mia cocciuta stupidità e il mio poco impegno seriamente compromettevano la mia ripresa, ma a quell’epoca non importava. Non sarei rinata dalle mie tenebre personali, tanto non sarebbe servito a nulla combattere se alla fine non ci sarebbe stato nessuno con cui condividere le proprie vittorie.

Il dottore iniziò a farci svolgere i soliti esercizi di routine, nei quali naturalmente io non mi impegnavo per niente, ma poi, circa dopo mezz’ora, mi chiese una cosa totalmente stupida e insensata: -Signorina Kurata pizzichi Hayama sul braccio-

-Eh?!?- urlai sorpresa, ma poi felice di quella che si prospettava una piccola vendetta diedi un pizzicotto ad Hayama, ma lui sembrava impassibile.

Quando mi adoperai a cercare di fargli del male in tutti i modi (anche mordendolo), il dottore e Kaede scoppiarono in una risata liberatoria.

-Sentito qualcosa signorino Hayama?-

-Lieve bruciore- rispose lui, sorridendo sghembo.

-Bene, facciamo progressi- borbottò il medico, scarabocchiando sulla sua cartella medica.

Io, invece, presa dall’imbarazzo più totale, sprofondai sotto il lenzuolo leggero del lettino che venne però subito tolto dal dottore: -E ora Hayama accarezzi le gambe della signorina Kurata- i miei occhi finirono fuori dalle orbite, mentre Hayama continuava a sghignazzare divertito.

Akito allungò la sua mano sinistra verso la mia gamba destra, accarezzandola lentamente dalla caviglia fino al ginocchio.

-L’interno coscia è più sensibile, potrebbe dare qualche impulso, provi lì-

-Va bene- biascicò lui, proseguendo al disopra del ginocchio e lasciandomi totalmente spiazzata.

Eh, no! Così non va!

Lui prese a far dei piccoli cerchi leggeri sulla mia pelle, fermandosi un attimo, le sue mani ebbero un fremito quando si incamminò più in alto e io trattenni il respiro, mentre la mia mente era divisa tra due pensieri: ‘Ma che cazzo di fisioterapia è questa!?!’ e ‘Adesso lo assalgo’.

-Signorina Kurata!- sbraitò felice la mia infermiera -Ha... lei ha...- articolò quasi con le lacrime agli occhi-Le sue gambe hanno tremato-

Io spalancai gli occhi, sbalordita, mentre Hayama si sistemava sulla sedia con una faccia letteralmente soddisfatta.

-

Per quanto quella giornata fosse tediosa e grigia, buia come le nuvole che aleggiavano per il cielo che minacciava pioggia, io ero felice.

Ero felice.

Uno sprazzo di allegra confusione in mezzo a tutta quella lucidità, che faceva male.

Sapevo che era difficile per me: sentire tutto questo era come se fosse tornato indietro il tempo, come se avesse smesso di correre avanti ad solo, lasciandomi indietro.

Come se si fosse preso una lunga pausa, nella quale io mi immergevo; e mi beavo di quegli strani istanti di felicità.

Qualcosa di così totalizzante, come solo il tempo poteva esserlo.

E per quanto mi sembrasse che fossero passati secoli, era come se mancasse solo un istante alla perdita di tutto ciò, come se fosse tanto labile da svanire da un istante all’altro.

La mia felicità lo era.

Era momentanea, piena, stancante, qualcosa che lascia un vuoto dentro, perché i ricordi riaffiorano sempre, così come le nuvole che non spariscono all’orizzonte, ma diventano ancora più scure.

Pioverà; non potrò evitare l’acquazzone.

E noi siamo qui, sperando solo che dopo ritorni il sole.

Chissà dov’è finito il mio sole?

Ed è un attimo: la pioggia ha preso a scrosciare sul vetro e dietro ai miei occhi.

Piango, non ne posso fare a meno.

E sono felice.

 

 

-Spazio Autrice-

 

Ciao a tutte, come al solito, perdonate il ritardo. Sono veramente stanca in questo periodo e non posso ringraziarvi tutte, in tutte le ff. Già voglio dire che concluderò le mie ff su Kodocha (eccetto per ‘Memories’ e per ‘Copione’, quelle credo le sospenderò); per questo questa fan fiction la sto “usando” per migliorare il mio stile, ehm... e su questo c’è tutto da ridire, inoltre secondo me va troppo veloce, salta periodi interi ecc... Però ho un urgente bisogno di finire almeno questa e Cohabit e siccome Cohabit è il mio “capolavoro” personale ho deciso di non rovinarla.

Devo dire che mi sono messa d’impegno è ho scritto anche il prossimo capitolo e un pezzo di quello dopo: lo so è noiosa, ma ehy! Non tutte le ciambelle vengono col buco XD. Comunque vi sono ancora grata per i vostri commenti *siete voi che mi spronate a scrivere* continuiamo così! XD Senza scherzi, ora parto con le spiegazioni su alcune cose del capitolo...

Allora, l’inizio è stato scritto tempo fa, da metà capitolo l’ho scritto recentemente; la terapia di Sana con Akito è inverosimile, ma siamo sempre in Kodocha, no? Mi piace moltissimo l’ultima parte, mi rispecchia molto, come Sana anche io a volte mi sento “spacciata” eppure ci sono degli attimi in cui la lucidità si affievolisce, la realtà scompare, e sto bene, alcuni di questi sono quando scrivo; inoltre mi è piaciuto molto farla piangere, per una volta, di felicità; credo che le lacrime di gioia siano le più belle che esistano.

Altra cosa in questo testo ci saranno delle ellissi, cioè interi periodi di tempo non narrati, infatti nel prossimo capitolo Akito e Sana si conosceranno già da un po’ e sarà tutto diverso. Credo che questo renda il ritmo narrativo molto veloce, forse meno noioso ma anche meno emozionante; a volte mi autocritico ed è un bene.

Si nota bene il cambio di Sana da inizio capitolo a fine capitolo, io l’ho sentita molto, però non so se sono riuscita a passarvela, non mi sembra.

*questa frase -mi pare- appartenga al film di Twilight, alla fine della battaglia quando Bella si sveglia in ospedale, non è mia e non ne posseggo i diritti.

Ora passando ai ringraziamenti; grazie a tutti coloro che hanno aggiunto la fan fiction nelle seguite, nei preferiti ecc...

Ma soprattutto grazie a chi ha commentato, cioè: 92titti92, Trixina, Kula e

Ryanforever. Vi voglio bene ragazze.

Ora vado di fretta, però vi lascio lo spoiler del prossimo capitolo, baci.

 

-Spoiler prossimo capitolo(Titolo:Operazione: divisione):

Là, oltre lo stipite della porta bianca, tra il corridoio luminoso e l’interno della stanza, lo vidi.

Era bello, più di quanto ricordassi.

Lo vidi, il mio primo amore:.......

Il nome lo saprete quando posterò il prossimo chap! XD *che cattivona che sono!*

E grazie anche a te...

...che leggi soltanto...

 

  
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