Storie originali > Introspettivo
Segui la storia  |       
Autore: Smolly    17/04/2010    2 recensioni
Aidamòs ha 17 anni, nessun amico e un nome che odia. Vorrebbe vivere un'altra vita, avere qualcuno che gli vuole bene e cambiare città, ma non si aspetta che la svolta della sua vita partirà da una semplice ricerca....
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il risveglio

CAPITOLO 2:

Il risveglio

 

Aidamòs si chiese ad occhi chiusi come mai non sentiva la voce di Clarice che lo esortava a svegliarsi, come accadeva invece tutte le mattine.:se suor Clarice era rigorosa su qualcosa, normalmente era la sveglia. Poi, lentamente, realizzò che c’era qualcosa di strano, e aprì gli occhi. Una luce chiara e accecante lo abbagliò in pieno viso, costringendolo a coprirsi la faccia con la mano destra. I sensi si risvegliarono all’improvviso tutti insieme: l’udito cominciò a percepire dei rumori non consueti, il tatto della mano sinistra percepì invece qualcosa di troppo duro per essere un letto, la sua lingua era impastata, il suo olfatto percepiva odore di terra. Lentamente scostò la mano dagli occhi, stando attento a far abituare gli occhi alla luce, per non avere l’effetto di piochi minuti prima. Non appena la sua vista si schiarì, osservò che sopra di sé non c’era affatto il soffitto pieno di crepe della sua piccola stanza, ma un cielo azzurro, intensamente azzurro, appena macchiato da piccole nuvole bianche e soffici. Lentamente il ragazzo si mise a sedere, cercando di risvegliarsi completamente dal torpore del sonno, per capire che cosa gli stava succedendo. Si guardò attentamente attorno, per scoprire qualche trucco, ma non ne trovò, e ne fu sorpreso. Egli pensava infatti che intorno a se avrebbe trovato qualcuno che conosceva, pronto a dirgli “sei su scherzi a parte”, o qualcosa del genere, ma non fu affatto così. Intorno a sé si stendeva una vasta pianura verdeggiante, piena di gigantesche querce nodose, che si trovavano spante per tutto il terreno davanti ai suoi occhi, ed egli stesso si trovava sotto una di queste, vestito di tutto punto, come se non fosse mai andato a letto; in lontantanza si intravedeva una grande città circondata da alte mura bianche, e al di fuori di queste delle case sparse qua e là, come tanti piccoli puntini. Dietro di sé il paesaggio cambiava molto: la pianura durava infatti per un pezzo, poi si fermava, e da lì iniziava una distesa di terra bruciata e nera come il carbone; il cielo diventava più scuro man mano che si allontanava da lui, fino a diventare una massa nera sulla linea dell’orizzonte, così inquietante che il giovane distolse lo sguardo dal paesaggio con un leggero tremito. Aidamòs immaginò di essere in realtà addormentato, perfettamente addormentato, e che si stava semplicente immaginando di essersi svegliato. Tuttavia non si spiegava come mai i suoi sensi funzionassero così bene. Si tirò schiaffi, si riempì di pizzicotti, ma non diede segno di svegliarsi da quella specie di sogno. Poi notò che accanto a lui vi era il libro che appena la sera prima aveva iniziato a leggere; lo sfogliò attentamente e scoprì che il posto che stava vedendo era proprio all’interno di quel tomo: Aidamòs si trovava all’interno di un libro.

Come comprese sfogliando il libro, il la città che egli intravedeva in lontananza era a circa una ventina di leghe dal punto in cui lui si trovava, ed era all’interno del Regno della Luce, e più in particolare ne era la capitale, cioè Aletheimora. Il giovane ara assolutamente incredulo, poiché non aveva la benché minima idea del motivo per cui si era trovato improvvisamente lì; forse il libro era ancora più insolito di quanto aveva presupposto e leggeva nei desideri delle persone; o forse era…ma non terminò mai quel pensiero, perché d’un tratto il libro tremò violentemente e gli esplose in mano, lasciandogli un piccolo segno a forma di triangolo rovesciato sul palmo sinistro, indelebile e chiaro. “oddio, ci mancava solo questa” sospirò Aidamòs sconsolato. Si passò una mano fra i capelli ramati, poi si alzò in piedi con uno scatto e cominciò ad avviarsi in direzione della lontana città fortificata, con la speranza di ottenere qualche informazione decente.

***

 

Il viaggio si rivelò più complesso del previsto. Anche se venti leghe, o poco più, non erano una distanza poi così grande, erano pur sempre un centinaio di chilometri e poi il ragazzo non aveva idea della strada giusta da intraprendere, anche se era sicuro che il suo senso d’orientamento doveva avere un minimo di senso; per il cibo non ebbe grossi problemi, perché aveva uno stomaco di ferro e inoltre aveva studiato perfettamente tutti i metodi di sopravvivenza esistenti. Nonstante che il primo giorno non riuscì a fare neanche un quarto della strada, nonstante fosse scombussolato e quant’altro, Aidamòs non riuscì a non sentirsi libero. Si sentiva il cuore decisamente leggero come non lo era mai stato negli ultimi diciassette lunghi anni. Non sentì la mancanza delle suore, che per una volta non erano accanto a lui a borbottargli di continuo di fare le sue preghiere, di pulire, lavare, fare i compiti, e bla bla bla. Non sentì la mancanza della sua classe, che lo aveva saputo solo odiare e bistrattare né tanto meno della sua stupida scuola, che non gli aveva dato che noie e brutti pensieri. Non sentì la mancanza della preside e dei suoi concorsi, che odiava con tutta l’anima che aveva. Gli dispiaceva solo di non aver potuto rendere il suo libro alla signora Nott, e di non averla potuta salutare un’ultima volta. In fondo era l’unica a considerarlo come un ragazzo normale. Stese le braccia e alzò la testa, osservando il cielo azzurro, e gli uccelli che vi volavano tranquilli. Girò su se stesso, assaporando il tepore del sole; rise di cuore, e si passò una mano fra i capelli, scompigliandoli. Sospirò e sorrise nuovamente, poi tornò in sé e si concentrò sul da farsi.

Arrivò al quinto e ultimo giorno di marcia con un po’ di difficoltà. D’altra parte non era abituato a stare cinque giorni in marcia e non era solito inoltre dormire a terra. Questo che stava compiendo era un tipo di viaggio tipico dei libri di avventutra o dei libri fantasy che aveva divorato fin da quando aveva imparato a leggere, e non certo tipico di un diciassettenne inglese dell’ultima generazione. Proprio un paio di chilometri prima della città, iniziò a calare il sole, e allora Aidamòs si fermò sotto una quercia, non volendo entrare nelle mura in piena notte, e si preparò per riposare e mettere nello stomaco qualcosa di sufficientemente buono, di modo da essere pronto per l’entrata in città del giorno seguente. Il giovane non stava più nella pelle, perché finalmente avrebbe visto una faccia dopo cinque giorni, e finalmente avrebbe potuto mangiare qualcosa di più sostanzioso e scoprire il perché di tutti quegli strani eventi, a cominciare dl segno sulla mano, che si era scurito sempre di più col passare dei giorni, e che aveva nascosto fasciandolo con un fazzoletto.Prese sonno molte ore dopo, con la schiana appoggiata al tronco e le braccia conserte, sognando come poteva esserel’interno della bianca città.

***

 

Aletheimora risultava molto caotica già di prima mattina: grandi banchi di merce ingombravano le strade più grandi e bloccavano quelle più piccole. Una fiumana di gente borbottante se ne andava in giro vestita in modo assai stravagante, o almeno era stravagante per il londinese. Piccoli dall’aria paffuta e donne dall’aria severa, uomini armati e mercanti andavano e venivano, e qualcuno, occasionalmente, gli lanciava un’occhiata incuriosita. Le strade pullulavano di gente di ogni tipo, e Aidamòs era rimasto più scombussolato di prima. Era tanto frastornato che andò a sbattere contro due o tre persone consecutive, beccandosi non pochi accidenti in una lingua a lui sconosciuta. Dopo aver vagato per un po’ senza una meta, decise che era il momento di chiedere a qualcuno dove fosse il palazzo del Re, perciò attirò l’attenzione di un signore piuttosto serio.

-Mi scusi, sa dirmi dove si trova il palazzo del re?- cercò di chiedere educatamente.

-e tu che vuoi dal re?- ribattè burberamente il suo interlocutore

-Beh, cercavo una persona importante a cui rivolgermi per esporre il mio grave porblema-

-e che diavolo di grave problema dovrebbe avere un giovanotto come te, conciato da idiota, per giunta?-

-Non credo di poterlo dire a lei, signore. Ma se fosse così gentile da indicarmi…-

-Senti, non ho voglia di essere disturbato. Vai di là e cercati il tuo palazzo da solo-

-Volevo solo avere una misera informazione, niente di più-

Ma l’uomo se ne era andato borbottando, senza neanche ascoltare quello che Aidamòs aveva appena detto. “che gente strana c’è qui”, pensò lui. Ma non aveva ancora visto niente. Mentre si aggirava in una viuzza molto carina e poco trafficata, stranamente, si imbattè in una guardia., che lo bloccò all’istante.

-Tu, straniero, da dove vieni, dove vai e soprattutto, chi sei?e cos’hai fatto alla mano?-

- Sono Aidamòs, vengo da molto lontano, e vorrei vedere il re per una faccenda molto molto importante. Ciò che ho fatto alla mano non sono affari tuoi -

-e chi mi dice che posso fidarmi, ragazzino?e adesso fammi vedere la tua mano-

-Ha la mia parola, signora guardia. E poi perché tutta questa insistenza. La mia mano è ferita. Punto e fine della storia; non sono qui per fare del male e questo dovrebbe bastarle-

-la tua parola non mi basta, giovanotto. E di questi tempi non ci si può findare di nessuno, ci sono molti maghi in giro. Fammi vedere la tua mano-

-No, se non le basta la mia parola non è mica colpa mia-

per tutta risposta, la guardia gli sferrò un sonoro man rovescio, poi gli afferrò la mano, gli tolse il fazzoletto e osservò il marchio. Aidamòs si divincolò allora dalla presa e rispose ancor più sonoramente, dunque la guardia non perse tempo e lo prese di peso, trascinandolo con sé.

-Non si risponde né si maltratta una guardia reale del Re. Al Re i buffoni che fanno troppo gli spiritosi non piacciono, per giunta dei buffoni con strani simboli oscuri sulla mano, perciò tu adesso vieni con me e ti becchi una bella punizione-

***

Il palazzo reale era enorme, ma di costruzione più semplice e meno appariscente di quanto Aidamòs aveva immaginato. Di forma circolare, il palazzo occupava il centro della grande città di Aletheimora. Era di un bianco quasi accecante, e all’entrata vi era un grande portone di legno massiccio sorvegliato da un paio di guardie armate di lancia e armatura bianca.; da fuori sembrava tutto piuttosto rassicurante. Ma da dentro la prospettiva cambiava un poco. Difatti, appena entrato, Aidamòs notò una maggiore ricchezza negli ornamenti e un’aria più cupa rispetto all’apparenza esterna, nonostante l’insieme continuasse a trasmettere un senso di tranquillità rassicurante che si percepiva anche venendo da fuori. La guardia che lo aveva preso allentò la presa fino a mollarlo, ma sguainò la spada e gliela conficcò nella schiena; lo invitò dunque ad avanzare lentamente per l corridoio.

-Non ti azzardare a fare un passo falzo, o ti ritroverai infilzato prima che possa gridare aiuto-

-Chi ha mai detto di fare una cosa del genere?-

-Non sembri un tipo affidabile. E quel simbolo, che cosa significa?sei una SUA spia, per caso?-

-non ne ho idea, davvero. E poi spia di CHI dovrei essere? Non so di cosa stia parlando-

-ci sono due spiegazioni possibili alla questione: o sei un imbecille, o sei una Sua spia e cerchi di convincermi di no-

-E io ti dico che c’è una terza spiegazione: io non sono né un imbecille né una spia, tantomeno di una persona che non conosco!-

-Sì, vallo a dire a qualcun altro. Io non ci casco-

-Senti, o mi credi o mi credi, io non so che altro dirti-

-infatti non devi dire niente, devi solo stare zitto e camminare-

Detto ciò, l’uomo lo bloccò, aprì una piccola porta in fondo al lungo corridoio che avevano percorso, spinse dentro il ragazzo e i due cominciarono a scendere una ripida rampa di scale illuminata debolmente dalle torcie. Qui l’aria si addensava notevolmente e la semioscurità associata con il più totale silenzio metteva in soggezione; i passi dei due risuonavano chiari e forti, e mettevano in risalto la totale assenza di suono intorno alle due figure. La rampa scendeva di parecchi metri sotto il piano terreno del palazzo, e qui vi era un forte odore di acqua stagnante, che però non produceva alcun rumore. Dopo molti minuti interminabili, che parvero ore nella mente di Aidamòs, le scale terminarono, e la guardia lo spinse in un corridoio stretto e umido. Da un lato vi erano delle porte di legno molto scure e resistenti, piccole e molto vicine l’una all’altra. Il giovane realizzò immediatamente che quel luogo puzzolente, buio e umido doveva costituire le prigioni della città. Sembravano in disuso, ma in qualche modo mantenute, perché appunto le porte, nonostante apparissero molto vecchie, non mostravano segni di cedimento. L’uomo, che si trovava appresso a lui, lo spinse burberamente dentro ad una, richiuse la porta e se ne andò, lasciando Aidamòs solo al suo destino dentro una cella. Quello provò a richiamare l’attenzione della guardia, per farla tornare indietro, ma le sue urla furono assolutamente ed evidentemente inutili. Il ragazzo si guardò intorno, in cerca di qualche via d’uscita, o qualche possibile appiglio di idea,  ma il buio era quasi totale, eccettuato uno spiraglio che veniva da un buco della porta, e non vi era niente che permettesse di fare alcunché.; la cella dove si trovava rinchiuso era piccola, rettangolare, con un pagliericcio da un lato e una sedia di legno sgangherata e inutile. Per un poco il giovane provò a pensare ad una via di fuga, ma ben presto si accorse che tentare di fuggire non sarebbe servito a niente, poiché non conosceva minimamente il posto dove si trovava; perciò incominciò a contare lo scorrere del tempo, ma non riuscì a resistere molto al gioco. Allora pensò a Londra, poi alla sua casa, alla preside, ai suoi genitori, alla sua stanza e a quel libro, che lo aveva condotto in quel guaio dal quale non riusciva a tirarsi fuori. Si passò le mani sulla faccia, come per rinfrescarsi, si scompigliò i capelli, e maledisse mentalmente il girno in cui era nato.


SPAZIO AUTRICE:VOLEVO SEMPLICEMENTE RINGRAZIARE CHI HA RECENSITO (A PROPOSITO, AUGURI AFANEIA!!!)E CHIEDERE SE C'E' QUALCHE ANIMA NOBILE CHE MI POTREBBE LASCIARE QUALCHE PARERE/CONSIGLIO/ CRITICA/ALTRO...MI SERVE SAPERE I PARERI DELLA GENTE...Thanks
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Smolly