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Autore: SunVenice    17/04/2010    7 recensioni
Il governo mondiale ordina una strage oltre la Red Line, tre ragazzi sono costretti ad un doloroso esodo per recuperare almeno un pezzo della propria vita, e due mondi, da anni separati, si incontreranno sulla Grande Rotta, svelando un segreto che nessuno avrebbe mai voluto venisse divulgato. "Vuoi sapere chi sono?"
La storia continua dopo quasi tre anni di assenza! (psss! è anche ON HIATUS,perchè? Perchè sono masochista!)
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Barba bianca, Marco, Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
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- Questa storia fa parte della serie 'Le Sirene di Fuoco'
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Kaizoku no Allegretto

L’allegretto del pirata

Atto 2 -parte seconda-

 

Atto 2, scena 6, Arioso senza nome

Ero frastornata. Tutto quello che volevo era scomparire in quel preciso istante, magari avvolgendomi in  una di quelle lenzuola di cui era colma la mia cesta e dissolvermi sotto di essa.

Le lacrime non facevano che scendermi copiose lungo le guance una dietro l’altra, dandomi a malapena il tempo di respirare tra i singhiozzi.

Dio che vergogna.

Dovevo essere davvero penosa e il solo pensiero non faceva che accentuare di più il mio pianto.

Oltre il suono dei miei stessi lamenti, sentivo attorno a me il vociare di altre persone, e tra esse due più vicine, indice che qualcuno mi si era avvicinato accanto al moro di poco prima. Francamente però non mi interessava affatto quello che si stessero dicendo, né tantomeno chi fossero. Ne avevo abbastanza. Volevo essere lasciata sola. Ero arrabbiata.

Sì, proprio quello: arrabbiata, ma più con me stessa che con loro, a causa della mia incapacità di reagire alla situazione. Non sapevo da che parte girarmi. La mia lingua era troppo diversa alla loro e anche sforzandomi non sarei riuscita a tirare fuori un ragno da un buco.

Quel pensiero non fece che farmi stringere ancor più ostinatamente le braccia attorno alle ginocchia, facendo mici affondare con più decisione la testa . Non avevo alcuna intenzione di alzare gli occhi e, oltre a mostrare a tutto l’equipaggio, radunatosi senza dubbio attorno a me, le mie lacrime, rivedere il sorrisetto del moro.

No… avrei finito col deprimermi ancor di più.

Percepii qualcuno avvicinarsi a me, sovrastandomi con la propria ombra, e dirmi qualcosa in quella strana lingua di cui non capivo una sillaba, ma non mi mossi di un millimetro, decisa a rimanere rannicchiata su me stessa anche a costo di metterci le radici su quel maledettissimo ponte.

E dire che di notte era così bello quel posto… pensai quasi senza accorgermene, prima di sentire qualcosa spingermi all’indietro premendo semplicemente al centro delle mie braccia incrociate.

Il mio equilibrio vacillò pericolosamente facendomi cadere sul ponte di schiena con un lieve tonfo, costringendomi a sciogliere il mio corpo dalla posizione nella quale mi era costretta per evitare di ritrovarmi con la colonna vertebrale dolorante per il colpo.

Mentre attutivo la caduta rivolgendo i palmi delle mani all’indietro ebbi l’occasione di vedere chi fosse il responsabile di quel gesto.

Spalancai gli occhi, ancora un po’ umidi, stupita ed a bocca leggermente spalancata.

Il simbolo tatuato sul torace fu la prima cosa che mi apparve, mettendomi addosso una strana ansia, poi venne la belle abbronzata, l’espressione mezza annoiata e poi i capelli biondi dalla forma strana.

Davanti a me c’era lo strano ragazzo che mi ero messa a guardare durante la mensa.

Il respiro mi si bloccò in gola, rischiando di soffocarmi a causa della prolungata mancanza di ossigeno, poi le guance mi si riscaldarono di botto per l’imbarazzo.

I…i..” balbettai non capendo neppure io cosa volessi dire a quello strano individuo che ora, affiancato dal moro che tutto preoccupato mi guardava in aspettativa, mi osservava con occhi socchiusi ed attenti.

Proprio come quelli di un rapace.

Un brivido mi percorse la schiena a quella similitudine venutami spontanea alla mente.

Lentamente lo vidi chinarsi davanti a me, con un braccio poggiato su un ginocchio flesso, mentre l’altro si piantava per terra, dandogli appoggio.

Io repressi l’istinto di alzarmi e scappare via verso una delle infermiere, mentre sentivo il corpo tornare a tremare.

O namae wa nani desu ka?”

Sul mio viso si stampò un’espressione allibita, mentre il mio corpo smetteva di colpo di tremare, vinto dalla sorpresa. Mi aveva appena chiesto qualcosa?

Ohnamae… ua…?” balbettai in risposta non capendo bene.

Vidi il biondo sospirare leggermente scocciato e questo mi fece corrucciare infastidita: che ci potevo fare io se parlavamo lingue diverse?  Stavo appunto per rispondergli, inutilmente, per le rime prima di vederlo alzare la testa con decisione ed indicare se stesso con un dito inchiodandomi con il proprio sguardo fisso su di me.

Watashi.” Disse semplicemente per poi spostare il proprio dito indice da lui a me.

Anata.” Disse poi.

Rimasi bloccata ad osservarlo ripetere l’azione un paio di volte, poi, finalmente capii.

Le mie labbra si distesero automaticamente in un sorriso nel capire quello che stava succedendo.

Mi stava insegnando la lingua! E io avevo capito! Avevo capito! Il cuore mi saltò in petto per l’entusiasmo mentre mi rialzavo da terra mettendomi a carponi per sporgermi verso di lui con occhi trepidanti.

Mi indicai con un dito come aveva fatto lui “Uàtashi” ripetei con la mia solita pessima pronuncia, facendogli capire che la parola indicasse me stessa “Io” per poi indicare lui con la stessa mano “Anàta” che senza dubbio stava a significare “Tu”.

Vidi le sue labbra, puntellate da una leggera barbetta, piegarsi appena con qualcosa di molto simile alla soddisfazione, prima che la voce dell’altro ragazzo, il ragazzo dai capelli neri ed il cappello arancione, intervenisse di nuovo, rivolgendosi a quello davanti a me.

Maruko wa subarashii! Anata ga shitte morau koto da~tsu ta no!  disse ridacchiando dando al biondo un paio di pacche sulla spalla alla quale quest’ultimo rispose con uno sbuffo conciato da un mugugno

Īe, anata mo suru oroka da.

Il moro ci rimase un po’ male, visto che il suo sorriso allegro evaporò come se non fosse mai esistito lasciando dietro di sé un’espressione delusa ed imbarazzata. Per un attimo mi fece addirittura tenerezza, vedendolo imbronciarsi come un bambino dispiaciuto. Quella visione mi fece quasi vergognare. Che stupida, mi ero comportata peggio di una bambina e lui forse non voleva fare altro che tirarmi su il morale.

Lentamente alzai la testa su di lui, accennando con la mano ad un timido gesto atto a richiamare la sua attenzione.

Ehm…” balbettai, vedendo tutti e due concentrare la propria attenzione su di me “Senti… mi dispiace… per come mi sono comportata.”

Vidi sul volto lentigginoso apparire un’occhiata interrogativa. Da lì capii che continuando in quel modo non sarei andata da nessuna parte. Sospirando unii le mani davanti al viso, abbassandolo in segno di umiltà, come se lo stessi pregando.

“Mi dispiace.” Ripetei con più convinzione, sperando che mi avessero capito.

Attorno a me si levò un boato di esclamazioni eccitate, facendomi ricordare di essere al centro dell’attenzione di almeno metà ciurma. Sentii il viso farsi quattro volte più caldo del normale e sentii gli occhi inumidirsi di nuovo: mi vergognavo da morire.

Una mano bronzea del biondo mi ondeggiò davanti agli occhi richiamando la mia attenzione su di lui.

Di colpo mi ritrovai di nuovo inchiodata dai suoi occhi scuri che, come se riuscissero a perforarmi da parte a parte, mi bloccarono facendo scomparire tutto quello che mi circondava, incentrando la mia attenzione su di lui che ora mi osservava come se mi stesse avvertendo di starlo ad ascoltare.

Lo vidi indicarsi di nuovo come prima

Watashi wa Maruko.” Disse semplicemente facendo cadere un momento di silenzio tra di noi.

“Mar..co?” ripetei la nuova parola. Solo pochi istanti dopo ebbi l’illuminazione. Il nome! Mi aveva detto il nome.

Antàta Marco!!” esclamai indicandolo di nuovo, non riuscendo a fare a meno di sorridere a labbra strette nel vederlo annuire leggermente. Quindi, ricapitolando uatashi= io; anàta = tu, Marco era il suo nome… e di conseguenza doveva rappresentare il verbo essere o qualcosa di simile! Ero così felice da dimenticarmi per un attimo di dargli retta.

Avevo capito! Questa era la cosa più bella mi potesse mai capitare: se prima il mio umore era a livelli bassissimi, in quel momento sfiorava il cielo!

Oh, sentivo che mi sarei messa a volare. Ne ero certa.

Anata wa…?”

Fu quella domanda a rovinare tutto. Mi sentii come se mi avessero afferrato per le gambe e rigettata sulla fredda  e dura superficie della realtà, infrangendo quell’effimera sensazione di benessere che poco prima mi aveva invasa.

Mi stava chiedendo il mio nome.

Credo che il mio repentino cambio di umore non passò inosservato, visto come le loro espressioni cambiarono, facendosi più attente e preoccupate di prima.

Io abbassai la testa, sentendo lo sconforto assalirmi di nuovo, appesantendomi le spalle di un nuovo ed invisibile peso rinnovato dalla consapevolezza che non era cambiato nulla. Assolutamente nulla. Ero di nuovo punto e a capo.

Scossi la testa più forte che potei, combattendo contro la rigidità del mio stesso collo.

“Non lo so.”

 

Atto 2, scena 7

“Cosa?! Non ha nome?!” chiese incredulo Satch pochi minuti dopo, guardando stupito la figura piccola ed indifesa della naufraga, fatta sedere su uno dei barili del ponte, mentre lui, Vista e Jaws, ascoltavano a bocche spalancate le ultime scoperte di Marco ed Ace riguardo lo scricciolo.

Il biondo guardò di sottecchi la ragazza tenere ancora bassa la testa con fare quasi dispiaciuto, mentre attorno a lei si erano riuniti i 5 comandanti di Edward Newgate, giunti poco dopo la fine del suo pianto dettato dall’ isteria. Lo stesso fece Ace, messosi più vicino degli altri, scompigliandole affettuosamente i capelli con una mano nella speranza di farla sorridere o, per lo meno, reagire a quella situazione.

“Vuoi dire che ha perso la memoria?” domandò per ottenere ulteriore conferma Jaws, scoccando un’occhiata alla ragazza che, alla vista dell’espressione poco rassicurante del comandante in terza, fece apparire una lacrimuccia nell’angolo dell’occhio sinistro, iniziando a tremare come una foglia.

Jaws, smettila di guardarla.” Gli ordinò laconico Marco, alzando gli occhi al cielo come se fosse prossimo all’esasperazione.

“Già, non vorrai mica che si rimetta a piangere.” Lo spalleggiò Pugno di fuoco, approfittando tuttavia della situazione per iniziare a coccolare la ragazza, stringendosela al petto nudo per continuare ad accarezzarle la nuca.

“E tu non farti strane idee, Ace.” Intervenne prontamente la Fenice “Resisti fino alla prossima isola per certe cose, ma lei non si tocca.” Decretò infine, incrociando il sorriso malandrino del moro.

“Eh? Di che stai parlando? Io non sto facendo nulla!” disse con tono innocente. Subito dopo la ragazza gli si divincolò dalle braccia, ritornando seduta come prima e, Marco ne era sicuro, un poco rossa in viso.

Sbuffò un poco sollevato e si voltò nuovamente verso gli altri, che intanto avevano assistito in silenzio al loro rapido scambio di battute.

“Comunque mi sembra di capire che la piccola ha perso la memoria.” Si intromise Vista avvicinandosi di poco alla diretta interessata. Questa si ritrasse di poco all’indietro, facendo scattare confusa gli occhi verso gli altri, come per chiedere loro che cosa stesse facendo il baffone.

“Sono riuscito a farle imparare watashi wa e anata wa, ma quando le ho chiesto il nome ha cominciato a rispondermi scuotendo la testa.” Spiegò meglio il biondo.

Bhe. È già qualcosa.” Disse Satch. “Anche se a perso la memoria, non credo che per papà sarà un gran problema. Prima o poi dovrà ricordarsi chi è, no?”

“E fino ad allora che si fa?” domandò un poco scontroso il più muscoloso tra loro.

“Le diamo un nome, no?”

Tutti quanti si voltarono increduli verso Ace che, con un sorriso se possibile ancor più largo e birichino del solito, stava dando dei piccoli buffetti sulla testa della ragazza, manco fosse stata un cuccioletto. Dal canto suo la naufraga però non fece durare quella situazione molto a lungo e con un piccolo verso di disappunto cacciò via la mano del pirata, saltando giù dalla botte e rannicchiarsi ai piedi di quest’ultima, lanciandogli un’occhiataccia.

Gli altri risero, mentre Ace allungava il muso per lo stupore.

“Ehi, piccola, mica ci sarai rimasta male!” disse il moro alzandosi dal barile e sporgendosi per riuscire ad incontrare il volto della ragazza ancora un poco imbronciato.

Eddai tesoro, mi dispiace.”

A quelle parole, pronunciate in maniera quasi perfetta, la ragazza alzò lo sguardo stupita.

“Eh sì, ho imparato come si dice. Contenta?” si rallegrò un poco Ace vedendo la piccola smettere di evitare il suo sguardo, ottenendo però di rivederla voltarsi dall’altra parte.

“È inutile Ace, sembra che proprio che non le piacciano i tuoi modi.” Gli disse Marco ridacchiando sotto i baffi.

Il moro sbuffò, portandosi dietro la nuca le mani.

“Uffa.”

“D’accordo ragazzi, basta con le idiozie e pensiamo a che nome darle.” Concluse il biondo, dando inizio a quella che si sarebbe potuta chiamare una lunga ricerca.

“Che diamine le avete fatto?!”

Una ricerca interrotta dalle strilla di Betty.

 

Atto 2, scena 8, Arioso spiacente

Alla fine era arrivata un’infermiera a portarmi via. Non seppi bene se dirle grazie o meno, visto che appena si accorse che i miei occhi erano un pochino gonfi, cominciò a sgridare tutti e cinque gli uomini che si erano fermati attorno a me, senza fare eccezioni.

Non sapevo perché, ma un po’ mi dispiaceva per loro. In fondo non mi avevano fatto nulla di male. Ero stata io a reagire male alle parole, incomprensibili, di quel moro e, anche se a volte mi dava fastidio come mi trattava, non mi veniva da odiarlo.

Guardai da lontano sia lui che Marco, l’unico di cui conoscevo il nome, strofinarsi la testa dove l’infermiera dai grandi occhiali gli aveva colpiti senza pietà, facendo uscire dei piccolissimi bernoccoli.

Ancora non sapevo come classificare il biondo che mi aveva insegnato un poco la lingua. All’inizio mi era apparso un poco pericoloso, con quel suo sguardo inespressivo e serio,ma…

Sorrisi nel vederlo lamentarsi insieme agli altri, dimostrando un’espressione diversa da quella che gli avevo visto indossare fino ad allora. Era davvero…

La figura formosa ed austera dell’infermiera mora dagli occhiali mi si parò di fronte.

Daijobu. Chiisana ichi?” chiese con tono premuroso, per nulla simile a quello che aveva usato con i cinque uomini.

Non sapevo cosa mi avesse detto, eppure mi parve di capire che mi stesse chiedendo come stavo.

Daiijobu era la seconda volta che la sentivo, che strana parola. Me la annotai in caso mi potesse servire in futuro.

S-sì, sì. T-tutto bene.” Risposi un poco incerta “Ehm, Anàta vuà…?” cercai di dire facendo scempio della parola in meno di un secondo. Alla vista dell’espressione sconcertata dell’altra abbassai la testa sconsolata. Non ce la potevo fare. Ero pessima.

Singhiozzai appena, incavando la testa nelle spalle, ma poi senti le belle mani dell’altra prendermi dolcemente la testa dai lati e rialzarmela, costringendomi a guardarla in viso. La vedi stendere le labbra in un sorriso comprensivo e poi dirmi con tono dolce.

Watashi wa Betty, chiisana ichi.Hajimemashite.

Realizzai che mi aveva detto il proprio nome solo dopo un attimo di smarrimento, ma quando finalmente riuscii ad assemblare le parti mi resi conto di aver non solo capito che si chiamava Betty, ma che la parola che aveva detto alla fine come l’aveva pronunciato mi appariva come un “piacere di conoscerti.”

Mi buttai letteralmente al collo della signora, più alta di me di qualche centimetro, cominciando a saltellare e a ripetere sorridendo Hajimemashite come una scema, storpiando la pronuncia in tutti i modi possibili ed immaginabili, attirando su di me l’attenzione di tutti.

Io non me ne curai, anche se sentii qualcuno mettersi a ridere: ero troppo contenta. Liberai il povero collo di Betty, ancora un poco provata dal mio assalto per reagire, quando all’improvviso, lanciando una rapida occhiata a Marco che da lontano si era messo ad osservarmi insieme agli altri, mi venne in mente un’idea.

“Betty?” richiamai l’infermiera, facendole segno di avvicinarsi di più a me per chiederle una cosa.

 

Atto 2, scena 9

Satch stava ancora sorridendo, dopo aver visto la piccola saltellare al collo di Betty, ripetendo continuamente “Piacere”. Era stata davvero una scena degna di nota, specie il sorriso che la ragazza aveva mostrato senza volere all’intera ciurma.

Sospirò. Era la prima volta che la vedeva sorridere, da quando l’aveva vista in mensa il giorno prima e doveva ammetterlo che era stata una bella visione vedere quel faccino triste accendersi come un lumino per qualche semplice parola.

“I tuoi insegnamenti cominciano a dare i loro frutti, eh, Marco?” disse Vista, rivolto al biondo che intanto si era seduto sul parapetto insieme affiancato da Ace. Davvero, quei due erano inseparabili. Una coppia eterogenea capace di devastare con un sol gesto un’intera flotta di navi combattendo fianco a fianco e subito dopo cominciare a battibeccare come due bambini ansiosi di dimostrare la propria superiorità all’altro. Ma alla fine finivano sempre per equivalersi.

Marco si limitò ad annuire alle parole del comandante in quinta senza esternare alcuna opinione in proposito, ma Satch sapeva bene che il biondo nel profondo si sentiva soddisfatto di essere riuscito a rendere felice quello scricciolo. Anche se era molto bravo a non darlo a vedere, i suoi fratelli sapevano quanto buon cuore si celasse sotto quella scorza da duro che Marco si premurava di indossare ogni giorno.

 “Già, ma penso che ci sarà parecchio lavoro da fare ancora.” Si limitò a dire il biondo dallo strano ciuffo, alzandosi con un colpo di reni e cominciando ad allontanarsi sotto gli sguardi incuriositi degli altri.

“Ehi, ma dove vai? Non dovresti continuare ad insegnare qualcosa allo scricciolo?” domandò Ace fermando l’avanzata di Marco che si voltò verso di lui con la solita aria annoiata.

“Ti ricordo che ci eravamo organizzati in modo che tu le facessi vedere la nave al mattino e io le insegnassi la lingua al pomeriggio, ricordi?”

A quelle parole sulla testa di Ace parve accendersi una lampadina.

“Ah. Vero.”

“Ti consiglio di non addormentarti mentre stai con lei, la spaventeresti.” Si premurò di aggiungere il biondo, ricominciando a camminare.

“Forza andiamo a mangiare.” Disse infine, facendo ricordare improvvisamente allo stomaco di Ace quanto il cibo gli mancasse.

Yuhuu! Si mangia!” esultò Pugno di Fuoco mettendosi subito al fianco di Marco, tutto eccitato per l’imminente banchetto.

Marco si lasciò sfuggire un sorrisetto all’infantilità del fratellino, smettendo di guardare un attimo davanti a sé per poi ritrovarsi la strada bloccata da nientemeno che la naufraga.

“Uhm?” fece Ace inclinando la testa da un lato per l’improvvisa apparizione e il biondo accanto a lui si accigliò leggermente nel vedere l’espressione leggermente corrucciata e decisa della ragazza che spasmodicamente teneva il tessuto della sua camicia fermo al petto, come per darsi coraggio.

Tutti e cinque i comandanti la videro alzare lo sguardo su Marco e cominciare a parlare con una pronuncia non del tutto esatta ma abbastanza comprensibile alle loro orecchie.

Signor Marco… G-razie mille.” Concluse inchinandosi leggermente in avanti per poi sgattaiolare via come un cerbiatto impaurito tra le braccia accoglienti di Penelope e Betty, che intanto sorridevano alle espressione inebetite dei cinque pirati più temuti al mondo.

“La piccolina voleva dirle grazie, comandante Marco!” esclamò Penelope dande qualche amorevole pacca sulla schiena della piccolina.

Fu la risata a stento trattenuta di Ace a scuotere l’attenzione degli altri quattro.

“Che hai da ridere?” chiese con il solito tono burbero Jaws vedendo le spalle del moro venire scosse da dei singhiozzi soffocati, mentre quest’ultimo si copriva il viso con una mano, cercando di mettere insieme una frase.

“Si è tenuta … la maglietta per evitare … che le vedessimo … il seno!”

Non furono tanto quelle parole a lasciare basiti gli altri quattro, ma la loro veridicità, visto che tutti quanti solo in quel momento si accorsero che le manine della ragazza avevano tenuto più tessuto del dovuto, probabilmente in vista del dovuto inchino.

Marco dopo un attimo di stupore, voltò lo sguardo sbuffando, non sapendo come definire quella sensazione che gli aveva stretto lo stomaco, non appena si era visto costretto a dar ragione al fratellino.

“Ma non pensi ad altro tu?!” chiese scocciato il biondo, cominciando ad allontanarsi da Portuguese D. Ace il più presto possibile, prima che cedesse all’istinto di dargli un bel pugno in testa.

“Ma è vero!” obbiettò l’altro correndogli dietro, senza smettere di ridere “So che avresti preferito non saperlo, fratello! La prossima volta non te lo farò notare! Giuro.. ptff.”  Si fermò prima di rischiare di scoppiare in una fragorosa risata. Quanto si divertita a prenderlo in giro.

Era talmente occupato a tenersi la pancia che non si accorse del fatto che Marco si era termato davanti a lui.

“Fammi un favore Ace.”

“Uh?”

“Alla prossima isola, cercati un bordello.”

Fine secondo parte Atto Secondo

 

Finita la seconda parte!  Sì lo so non è un granché come contenuti ed appigli per eventuali proposte, ma ho comunque delle buone notizie!! Primo, il vero nome l’ho già scelto e parte del background sono riuscita a costruirlo ora devo solo scegliere tra un paio di opzioni. Allora, riguardo al nome nuovo in maggioranza avete suggerito Momo (fiore di pesco) e ho deciso di lasciarvi questo capitolo per decidere se questo nome vi va bene oppure vi andrebbe un altro.

Ringrazio KH4, Juli, angela90, maya_90 e Mishka per aver aderito a questo mio pazzo esperimento! XD In particolare vorrei tranquillizzare maya_90 riguardo il suo suggerimento del nome della naufraga: tranquilla non l’ho dimenticato ma riutilizzato nel background dandogli una certa importanza.

A proposito del background c’è una situazione di pareggio per ben tre proposte che dovrò cercare di mettere insieme al meglio.

E adesso passiamo alla domanda … bhe … in parte c’è la questione del nome e poi ci sarebbe un’altra cosina (giocherella con gli indici):

Quale altro personaggio di One piece volete che appaia?(tipo Shanks,..si lo so lui è immancabile … oppure qualche altro come Smoker una delle Supernove ecc.)

Insomma, vediamo cosa si può fare! ^^

Avverto che dopo di questa domanda penso che nell’Atto 3 non ci sarà alcuna domanda per far sviluppare la storia fin dove mi avete aiutato con le vostre idee. Tranquille, a questo punto vi potrà sembrare che sto solo prendendo tempo perché sono in alto mare, ma se vedeste la scheda che mi sono fatta sulla nostra ignota vi ricredereste subito!

Detto questo alla prossima! Kiss kiss! Vi adoro!

Su richiesta di HUNTERGIADA…

Note di LIBRETTO: Jap  >  Ita

O namae wa nani desu ka?  >  Qual è il tuo nome?/ Come ti chiami?

Daijobu. Chiisana ichi?  >  Tutto bene, piccina?

Watashi wa Betty, chiisana ichi.Hajimemashite.  >  Io sono Betty, piccina. Piacere di conoscerti.

 

   
 
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