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Autore: Edenya404    20/04/2010    5 recensioni
Avevi fatto i tuoi conti per evitare di farmi soffrire, i tuoi conti per dare un taglio netto che non lasciasse tracce di sangue dietro sé. Tuttavia non sei riuscito ad illudermi che non sarebbe cambiato poi molto, Colin, perché io lo so che, se varcherai quella soglia, non tornerai mai più da me… e non posso permettermelo.
Spiegazione di quello che è successo prima di "Alibi", come è finita e cosa ha si è trascinata dietro.
Genere: Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ebbene eccoci giunti finalmente alla vera storia, mi ha fatto un sacco piacere notare che comunque il prologo ha suscitato l'interesse di qualcuno, si è trattato soprattutto di una specie di test:). 
Per questo inizio subito ringraziando Adamic e floriana333 per i complimenti e perchè mi hanno dimostrato la loro curiosità, me felicissima**

E adesso passiamo ai convenevoli: Jared Leto e Colin Farrel, come già detto, non mi appartengono e non intendo insinuare nulla con questa storia. La canzone che da il titolo e che si trova all'interno del testo (anche se non proprio completa) è "La mia storia tra le dita" di Gianluca Grignani. Spero sia di vostro gradimento. Buona lettura.

La mia storia tra le dita
[we'll never ever learn]

Sai penso che
non sia stato inutile
stare insieme a te.
Ok te ne vai
decisione discutibile
ma si, lo so, lo sai.

 

-Lo so che è una bastardata dirlo adesso, ma lo sai anche tu che è meglio così.

Sono cinque minuti che parli, balbettando e scappando il mio sguardo, mentre io ti ascolto in silenzio, chiedendomi quanto mi sia veramente preparato a questo, perché se prima ero sicuro di riuscire a sopportarlo, ora non lo so più.
Che mi stai dicendo? Che adesso, finite le riprese, dobbiamo tornare alle nostre vite, che non possiamo uscire allo scoperto, sarebbe la rovina di entrambi (o forse solo la tua) e non possiamo permettercelo. “E poi quando potremmo stare insieme? Sarebbe un distacco lento che si trascinerebbe dietro brandelli di carne ogni giorno.” Hai aggiunto, deglutendo.

-Comunque possiamo continuare a sentirci e vederci ogni tanto per una birra, magari.

Io ho annuito. Che dovevo fare? La vedo la paura nei tuoi occhi Colin, la sento scivolarmi sotto la maglia e avvinghiarsi alla mia pelle, possessiva come te.
Non biasimo la tua scelta, né penso che tu sia un bastardo insensibile. Io lo so, Colin, quello che ci lega, li ho sentiti i battiti del tuo amore spingere contro ogni centimetro della mia pelle, le ho asciugate quelle due dense lacrime che ti sfuggivano dagli occhi ogni volta che venivi dentro me.
Stare insieme a te è stata la cosa più giusta che abbia mai fatto nella mia vita, la più stupenda cazzata che ripeterei mille e mille volte. E arrivato a questo punto non posso che ringraziarti, per avermi cambiato, per avermi insegnato ad amare, per aver fatto di me un uomo migliore.
Lo so che non vuoi veramente andartene, ma so anche che non sei ancora pronto a gettare la maschera, per cui che senso avrebbe continuare così?

 

Almeno resta qui per questa sera
ma no che non ci provo stai sicuro.
Può darsi già mi senta troppo solo
perché conosco quel sorriso
di chi ha già deciso.
Quel sorriso già una volta
mi ha aperto il paradiso.

 

-Adesso devo andare Jared.

Ti avvicini per poggiarmi un bacio sulle labbra, come fai di solito, ma a pochi passi da me qualcosa ti si avvinghia allo stomaco e ti fermi. Esiti, mi guardi.

-Resta qui almeno stanotte…

Non volevo chiedertelo, dico sul serio, mi ero preparato a questo momento, ma a quanto pare non è servito a niente tutto il tempo che ho perso a spiegare al mio cuore che sarebbe stato necessario. Sentirti dire che te ne vai, veder uscire la fine dalle tue labbra mi ha gettato inesorabilmente addosso la consapevolezza che io non sarò mai pronto a perderti. Al diavolo tutte le mie idee, tutti i miei fottuti propositi di lasciarti andare senza farti sentire in colpa. Non ci so stare senza te, l’ho capito adesso e dovessi lottare fino alla fine, ti convincerò a rimanere.
Tu mi sorridi, cercando di sdrammatizzare, inconsapevole della guerra che sto combattendo interiormente. Avevi fatto i tuoi conti per evitare di farmi soffrire, i tuoi conti per dare un taglio netto che non lasciasse tracce di sangue dietro sé. Tuttavia non sei riuscito ad illudermi che non sarebbe cambiato poi molto, Colin, perché io lo so che, se varcherai quella soglia, non tornerai mai più da me… e non posso permettermelo.

-Non ti è bastato il sesso di prima Jay?

Me lo dici in modo dolce ed io rispondo un po’ duramente, invece.

-Non ho intenzione di provarci con te, se è questo che ti preoccupa.

Abbassi gli occhi. Colpito e affondato. Il vecchio Jared, che sa sempre far sentire di merda le persone a comando, è spuntato di nuovo, senza che lo volessi. Autodifesa?

-Scusami, non volevo essere così brusco.

Aggiungo, cercando di salvare un poco questa situazione del cazzo. Tu torni a guardarmi, incespicando nelle tue stesse parole.

-Non mi hai mai chiesto di rimanere a dormire con te prima d’ora.

-Può darsi che stasera ne abbia voglia. Oppure può darsi che mi senta già troppo solo Colin.

Mi sorridi, sforzandoti di risultare rassicurante. Cavaliere fino alla fine, eh? Non posso credere che tu ancora stia lottando, con le unghie e con i denti, per evitarmi una separazione degna del migliore film drammatico. Oltretutto, neppure ti accorgi che già la stiamo mettendo in scena.

-Sono sicuro che riuscirai a resistere qualche giorno senza vedermi, Jay.

-Se lo dici tu.

Scetticismo e una punta di sfida. Sì, so essere un bastardo quando voglio.

-Ma certo… e poi quando tornerò qui prometto che ti chiamo e ti porto a bere la Guinness più buona di tutta Londra.

No, dico, ma ci stai credendo davvero o sei convinto che io sia uno stupido? Come puoi pensare che non mi renda conto che non ti vedrò mai più, che proveremo a telefonarci ma nel giro di qualche giorno sarà tutto messo a tacere? Ti ho dato io stesso l’autorizzazione a farlo.
Mi arrendo.

-D’accordo, vada per la Guinness.

Sorridi sorridi. Ma io già lo conosco quel sorriso, l’ho visto qualche mese fa, quando ti incontrai sul set e ci mettemmo a chiacchierare dei nostri ruoli. Avevo già avuto modo di lavorare con te, conoscevo la tua fama di “bad boy” e la tua solenne e seria espressione, tuttavia non ero pronto al contraccolpo che ricevetti quando ti vidi sorridere. Fu come se mi si aprissero dinnanzi agli occhi le porte del Paradiso. In un solo istante capii di essere fottuto: quell’irlandese musone e scontroso, in realtà, aveva un cuore enorme e, senza che io potessi fare o dire qualsiasi cosa, mi aveva già conquistato.

 

Ma questa volta abbassi gli occhi e dici:
“noi resteremo sempre buoni amici”.
Ma quali buoni amici maledetti.
Io un amico lo perdono,
mentre a te ti amo.
Può sembrarti anche banale
ma è un istinto naturale.

 

Ti guardo, forse un po’ troppo insistentemente, tanto da costringerti ad abbassare gli occhi. Non aspettare che sia io a smuovere questo silenzio, Colin. Non aspettare che sia io a darti l’autorizzazione a lasciarmi, perché non lo farò. Sì, forse avevi ragione quando mi rimproveravi di essere troppo influenzabile, ma la verità è che non mi sono mai innamorato, non così almeno, e non riesco a trovare la forza di spingerti verso un futuro senza di me. Fallo tu; allora potrò prendere una boccata di coraggio e lasciarti andare.

-Jay?

-Mmm…

Deglutisco con forza cercando d’inghiottire quest’ansia che mi soffoca. Sei tornato a guardarmi, Dio come amo quei tuoi occhi! Non ricordo se te l’ho mai detto.

-Questi mesi sono stati i migliori della mia vita.

Sbuffo dal naso, sorridendo amaramente.

-Ancora devi viverla più di metà la tua vita, come fai a saperlo?

Così non va, non sto collaborando. Ti vedo annaspare nelle tue emozioni e, invece di aiutarti a rimanere a galla, non faccio altro che darti forti spinte verso il fondo.
La tua mano si poggia lieve sulla mia guancia.

-Lo so e basta. Non è sufficiente?

-Arrivati a questo punto, forse sarebbe stato meglio che noi due fossimo stati solo una bella scopata l’uno per l’altro. Ci saremmo risparmiati tutto questo…

Adesso è il mio turno di abbassare gli occhi: non voglio che tu veda l’umido che li avvolge. Sai? A volte vorrei essere più forte, per far finta che va tutto bene.
Sento i tuoi piedi allungarsi a fare un passo ulteriore verso di me, adesso siamo vicinissimi. Mi afferri il mento e mi sollevi il volto, lanciandomi un sorriso dolce.

-Jared, tu sei stato indubbiamente la miglior scopata della mia vita. Ma questa non è una faccenda di sesso, c’è molto di più, anche senza andare a letto insieme io e te possiamo rimanere ottimi amici.

Rido, di una risata mista a pianto, sgraziata, secca, a singulti.

-Colin… Lo conosci il significato di amico? 

Mi guardi interrogativo. Non capisci dove voglio andare a parare.

-Tomo è un amico, Jonathan è un amico, o Francisco o Oliver o Eamon o chi cazzo vuoi metterci! Io non scopo con gli amici, non so tu. Ma di sicuro se lo faccio non mi lascio andare come se il resto intero del Mondo ci stesse svanendo intorno. Non mi godo ogni sensazione pensando che non c’è nulla che m’importi oltre al fatto di sentirti dentro di me!

Ho urlato, sputandoti addosso tutta la mia frustrazione e dandomi immediatamente dello stupido. Sto facendo una scenata inutile, non era così che volevo che andasse, ma non riesco a trattenermi; tu lo sai come sono fatto, quanto so essere testardo.
Se tu adesso ti voltassi e te ne andassi non ti biasimerei, perché non ci siamo mai detti che stavamo insieme, che non eravamo nient’altro che un po’ di fantastico sesso. Lo pensavamo, certo, ma dalle nostre labbra non è mai uscito nulla… vigliacchi. Per cui se hai solo voglia di mandarmi in culo e mollarmi qua a ingoiare le lacrime, fallo pure perché ne avresti tutto il diritto.
Ma tu non te ne vai, non ti sposti dalla tua posizione e, senza alcun segno di preavviso, mi afferri per le spalle attirandomi contro al tuo petto. Mani, mani che mi stringono la maglia, mani che affondano nei tuoi capelli, che accarezzano la mia schiena, che graffiano la tua nuca. Mani, mani, mani ovunque su di noi. Che stiamo facendo? Forse tentiamo di portarci via qualche pezzo di noi da annusare quando saremo lontani, come prova tangibile che siamo esistiti sul serio e non eravamo  solo due sbiadite copie di Alessandro ed Efestione.

 

Ma c’è una cosa che io non ti ho detto mai,
i miei problemi senza te si chiaman guai.
Ed è per questo che mi vedi fare il duro,
in mezzo al mondo per sentirmi più sicuro.
E se davvero non vuoi dirmi che ho sbagliato,
ricorda a volte un uomo va anche perdonato.
E invece tu, tu non mi lasci via d’uscita
E te ne vai con la mia storia tra le dita.

 

Forse era proprio di questo che avevo bisogno per trovare la forza: di un appiglio deciso alla tua pelle, del tuo profumo nelle narici, del tuo calore sul mio corpo. Forse adesso sarò abbastanza bravo per continuare a mentire. Sì, è giusto così. Per te, per me, per noi. Un taglio netto che sanguinerà copiosamente all’inizio, ma una volta risarcito non si aprirà più.
Mi conosco Colin, non riuscirò ad innamorarmi di nessun altro a questo modo, ma so anche che non ti vedrò più e questo mi faciliterà le cose. Sarà più facile farsela passare, o almeno provarci.
Ti ricordi la prima volta che siamo finiti a letto insieme? Era a Marrakech, appena usciti da quel bar. Francisco, Jonathan e Val erano sbronzi fino alle ossa e toccò a noi portarli all’hotel, a noi che, nonostante avessimo bevuto come spugne, eravamo sempre lucidissimi. Una volta che furono a letto ci incamminammo verso le nostre camere ed io, senza tanti giri di parole, ti invitai ad entrare per fare due chiacchiere. Ordinammo anche una bottiglia di vino dal servizio in camera, giusto per non rimanere senza alcolici in giro. Inutile dire che non finì nei bicchieri. La bevemmo tutta, certo, ma leccandola via avidamente dai nostri corpi, versandocela tra le labbra, per poi dirigerci ridendo sotto la doccia.
Mi viene da sorridere a ripensarci. Io che ti provocavo, facendo scivolare le mani a sfiorare casualmente le parti sensibili del tuo corpo, tu che, ridendo, mi ringhiavi contro quanto fossi fottutamente bastardo. E poi carezze e baci, era sempre così.
Per tutti questi mesi, Colin, mi hai fatto sentire come estraniato dal resto del Mondo; persino i miei problemi diventavano piccoli se c’eri tu con me. Chissà, forse è per questo che negli ultimi tempi sono diventato ansioso e malinconico, ricordandoti ogni sera che per noi non ci sarà futuro, perché io lo so, perché l’ho letto nei tuoi occhi dal primo momento che ci siamo incontrati.
Davvero, non volevo comportarmi così. Qualche ora fa, mentre ti sentivo affondare dentro me, mi sono detto che dovevo prepararmi, che la fine sarebbe arrivata a breve. Il fatto è che non sono mai stato bravo a nascondere le mie emozioni, né tantomeno ad affrontare i problemi direttamente; è per questo che adoro fare i concerti, arrampicarmi sulle impalcature, fare il cretino con Shan e Tomo… mi dà l’illusione di essere diverso. Mi dà l’illusione di essere più forte, meno vulnerabile. Adesso, invece, comportarmi così non mi riesce più; mi manca il fiato e qualcosa dentro il mio petto sta appassendo più veloce della luce. Lo sento, è una tortura lenta e dolorosa.
Vorrei urlare in questo momento, gridarti che ti amo, che senza te non so come andare avanti, che non ho abbastanza lacrime per consolarmi. Vorrei chiederti scusa per i miei momenti di silenzio, per non averti detto ogni cosa che provo per te, per le mie cazzate e le mie scene isteriche. Invece eccomi qua, Jared Leto è una statua inerme tra le braccia di Colin Farrell, silenzioso e arreso.
L’ho presa la mia decisione, ormai tanto vale portarla avanti, fingere di essere d’accordo con te e alleggerirti il cuore almeno dal senso di colpa. Ma il resto Col, quel calore che ci siamo infilati dentro a vicenda, quello non posso togliertelo.

 

Ora che fai,  cerchi una scusa
se vuoi andare vai.
Tanto di me non ti devi preoccupare
me la saprò cavare.
Stasera scriverò una canzone
per soffocare dentro un'esplosione.
Senza pensare troppo alle parole
parlerò di quel sorriso di chi ha già deciso
Quel sorriso che una volta mi ha aperto il paradiso.

 

Freddo. Ti sei staccato da me, le tue mani sulle mie spalle e un sorriso forzato sul tuo viso. Abbassi gli occhi, passandoti nervosamente le dita tra i capelli.

-Uhm… sono già le due di notte. Credo sia meglio che vada, domattina ho l’aereo presto.

Che stai facendo, Colin? Ti arrampichi disperatamente sugli specchi, cercando un qualsiasi appiglio? Non hai davvero bisogno di trovare delle scuse con me. Se hai deciso di andartene fallo e basta, sai benissimo che non ti tratterrò.
Ti guardo, forzando un sorriso tranquillo, che mi si allarga sulla faccia come la più tremenda e realistica delle maschere, e annuisco. Come se volesse sbeffeggiarmi, una lacrima è rotolata giù dall’angolo del mio occhio. È tutta una farsa, una perfetta finzione che stiamo tessendo disperatamente da un’ora ormai, te ne rendi conto anche tu?
Ti sei reso conto adesso della lacrima e l’hai asciugata.

-Però, se vuoi veramente, rimango qua stanotte e parto più tardi.

Il tuo pollice scorre lento sulla mia guancia, giocando con la curva degli zigomi e seguendo la linea dura della mascella. Il cervello che mi urla un “sì” disperato viene zittito da non so quale parte di me stesso ancora vagamente provvista di coraggio. Scuoto la testa.

-Ma no, non ti preoccupare. Vai pure, hai un sacco di impegni.

-Non posso non preoccuparmi.

Mi dici accarezzandomi le labbra con le punte delle dita, per poi ritrarre la mano. Io sorrido.

-Questo perché sei uno stupido.

Segue un minuto di silenzio in cui nei tuoi occhi si fa largo qualcosa, una dolcezza che speravo di non dover mai vedere, perché è talmente tossica che potrei morire adesso.

-Che farai Jay stanotte?

Una persona normale risponderebbe che probabilmente dormirà, ma tu mi conosci troppo bene ormai. Lo sai che non chiuderò occhio e ne hai paura.
Sono giunto alla conclusione che è troppo tardi per tornare indietro, sai? A questo punto stiamo riducendo il tutto ad una folle corsa a chi riesce a dare, per primo, il taglio netto. Persino tu, che eri partito coi migliori propositi cavallereschi di questo mondo, ti sei arreso all’evidenza: non mi puoi ingannare, perché io lo sapevo ancor prima che tu prendessi la decisione.
Rido piano, sbuffando dal naso. Con sarcasmo e un’amarezza fredda.

-Non lo so Colin, probabilmente adesso finirò di scrivere quella canzone.

 
Ma c’è una cosa che io non ti ho detto mai,
i miei problemi senza te si chiaman guai.
Ed è per questo che mi vedi fare il duro,
in mezzo al mondo per sentirmi più sicuro.
E se davvero non vuoi dirmi che ho sbagliato,
ricorda a volte un uomo va anche perdonato.

 
Se non fossi dilaniato dall’angoscia quasi riderei delle nostre condizioni: tu in piedi accanto al letto, completamente vestito e con una mano tra i capelli, io di fronte a te, in mutande e t-shirt. Ma dimmi, Colin, tu riusciresti anche solo a sorridere di cuore adesso? Io penso di no, voglio sperarlo almeno, che questa separazione ti faccia male anche solo un decimo di quanto ne fa a me.
Come siamo arrivati dal trattenerci a vicenda a decidere di finire questa scenetta da soap opera, non lo ricordo, so solo che mi hai detto che te ne andavi e ti sei avvicinato alla porta.
Adesso non so neanche più che cosa dovrei provare. Vorrei che tu cambiassi completamente idea e tornassi indietro sui tuoi passi, ma so che non lo farai, ecco allora che mi ritrovo assurdamente a sperare che tu esca al più presto da questa stanza. Cosa accadrà dopo, non voglio saperlo.
Ti ho accompagnato di fronte alla porta silenziosamente, chiedendomi quante possibilità ci sono che io stia solamente sognando e giungendo alla conclusione che sono un pazzo anche solo a pensarci.
Tu ti sei voltato, adesso sei di fronte a me, tanto vicino che sento il tuo respiro caldo sfiorarmi le guance e il naso. In pochi secondi azzeri la distanza tra i nostri volti e mi baci. È un bacio lento, assaporato, che mi toglie totalmente qualsiasi capacità cognitiva. Tuttavia, per me, sembra essere durato solo pochi secondi.
Avverto il calore della tua mano scendere lungo il mio petto e le unghie graffiare piano la stoffa della maglia che ho indosso.

-Cerca di non cambiare mai Jared.

Prendo tra le mani il medaglione che ci siamo scambiati con dentro le ciocche dei nostri capelli.

-Non farlo neanche tu.

Mi guardi. Ti guardo. E in un battito di ciglia la porta si richiude sulle tue spalle, colpendomi con una ventata d’aria fredda che odora di fine.

 E invece tu, tu non mi lasci via d’uscita.
E te ne vai con la mia storia tra le dita.

This is the end. Mi piacerebbe sapere che ne pensate, se vi va. Intanto ringrazio chiunque commenterà ma anche solo chi ha letto ed è arrivato fino in fondo.

Ah, stavo quasi per dimenticarmi! Dato che questa ff è strettamente collegata all'altra che ho scritto, colgo l'occasione per ringraziare tutti quelli che hanno commentato "Alibi":  Adamic (grazie per i tuoi commenti sempre presenti e positivi), GioH__xX(anche io ho adorato Shan mentre la scrivevo),  voltage (grazie per l'entusiasmo e, sì, ero anche io al concerto^^),  Ginny_Potter (io adoro come scrivi e la tua recensione è meravigliosa, grazie di cuore),  Michiru83 (vedo che Shan colpisce ancora^^, grazie),  floriana333 (un'altra sempre presente nei commenti, grazie mille! ) e Miss_Fefy (thnx a lot per i complimenti^//^).

Un grazie particolare va anche a tutti gli utenti del forum "Even in Death" in cui Serena (alias Euterpe) ha postato la mia ff "Alibi" , mi ha fatto leggere i commenti anche lì e mi sono tanto commossa. Grazie!!  Adesso però non vi tedio più. Alla prossima.

Giuly



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