SALVE.
LO SO,
SONO GIORNI, ANZI, SETTIMANE CHE NON PUBBLICO UN CAPITOLO, MA NON
RIUSCIVO A
SCRIVERE QUALCOSA DI DECENTE. NON CHE IL RISULTATO MI SODDISFI...
MI
SCUSO PER
IL RITARDO E PER IL PROSSIMO CAPITOLO CHE PER CERTI VERSI POTREBBE
DELUDERVI UN
POCO. FORSE E’ UN CAPITOLO DI PASSAGGIO... NON L’HO
ANCORA CAPITO! xD
SPERO
COMUNQUE
CHE LA VOGLIA DI CONTINUARE A SEGUIRMI NON VI MANCHI MAI.
RINGRAZIO
LA
MIA AMICA E BETA MAKIRI,
CHE SI FA OGNI VOLTA UN C**O COSI’ PER
RIUSCIRE A RIPARARE I MIEI ERRORI CON LE CONSECUTIO... PERDONAMI!
SARA’ LA
PRIMAVERA xD
BUONA
LETTURA!!
Capitolo
3
Passeggiavo
insistentemente su e giù senza darmi tregua, mentre
aspettavo
che suonasse la campanella della ricreazione. Erano ore che stavo
aspettando il
momento per vedere Carlo e chiedergli spiegazioni. Razionalmente
parlando lui
non ne poteva avere di certo, era solo un ragazzo e non era poi
così pratico
del suo potere, per cui molto probabilmente mi sarei ritrovato con la
polvere
in mano.
Ma
non ce la facevo davvero a non dirgli niente: una cosa del genere mi
stava facendo scoppiare dentro!
Qualcun
altro poteva vedermi!
Però,
riflettendoci un po’ sù, poteva anche darsi che
quella fosse una
parente di Carlo, magari anche molto lontana.
Ma
come spiegarsi il fatto che la stessa non se ne
fosse andata scappando inorridita?
O
era una santa, o... poteva vedermi come ero prima.
No,
era più probabile la prima ipotesi, pensai.
Guardai
l’orologio appeso al muro vicino la classe del
mio amico, e vidi che quelle lancette bastarde mi stavano prendendo in
giro:
mancavano ancora 35 minuti.
Erano
anni...no, secoli che non mi facevo più prendere
dall’agitazione.
Poi
qualcosa mi ridestò dai miei pensieri.
-
Il Capo vuole vederti. Ha un lavoro da affidarti –
esordì
una voce roca alle mie spalle. Mi voltai e vidi una delle bestie che
lavoravano
per colui che mi aveva ridotto in quello stato. Il
“messaggero” veniva chiamato
Aamon: era un essere particolare, dotato di una testa simile a una
civetta,
attaccata ad un busto da lupo, che terminava poi in una coda da
serpente. Non
mi arrivava nemmeno alla cintola.
Sbuffai
infastidito, ma lo seguii senza fare storie.
Arrivammo
all’Inferno passando di nuovo per il
giardino della scuola, ma questa volta ci mettemmo più
tempo, dato che non avevamo
anime da cosegnare: queste avevano la precedenza su tutto.
Per
l’ennesima volta entrai in quell’altissima grotta
dove ero stato trasformato... ancora provavo timore nel trovarmi in
quel luogo
nefasto.
Ed
eccolo lì, il grande essere indiavolato, Aegrefero.
Era tra i più vicini e fedeli servitori di colui che non
avevo mai visto: Lucifero.
- Devi
occuparti di alcune anime che presto moriranno. Vedi di portarmele
tutte e di
non fare casini – mi ordinò semplicemnte il
mostro.
Io
feci cenno di assenso con la testa, mantenendo
comunque la testa bassa, in segno di riverenza. Sentii poi il fruscio
tipico
della carta, e così dovetti alzare lo sguardo per vedere e
prendere al volo una
pergamena: lì c’erano tutte le informazioni che mi
sarebbero servite per
rintracciare le anime.
Diedi
una veloce occhiata al foglio; aggrottai però la
fronte non capendo un punto importante.
-
Mio signore, posso chiedervi una cosa? – osai dire.
-
Cosa vuoi? –
-
Perché mi vengono affidate tali anime? –
-
Ci sono pochi Governatori d’anime, e troppi morti.
Tu sei l’unico che possa lavorare con tante anime in una sola
volta. Ritieniti
fiero: è un’onore – rispose Aegrefero
con non curanza.
Naturalmente
quello stronzo non mi aveva degnato di
una vera risposta, questo lo sapevo bene, ma non mi azzardai a chiedere
altro.
Feci una lieve riverenza, girandomi sui tacchi e dirigendomi verso
l’uscita.
Scendendo
all’Inferno avevo perso tempo, per cui
quando finalmente riuscii a ritornare alla scuola di Carlo, la
ricreazione era
finita da un pezzo. Guardai il solito orologio appeso al muro del
corridoio,
pieno di avvisi e fogli con gli orari dei professori.
Le
anime sarebbero morte intorno alle 14, per cui
c’era ancora tempo.
Suonò
la campanella che segnava la fine delle lezioni,
e così un enorme vociare di studenti riempì la
scuola. Non senza difficoltà
vidi il mio amico, e lo avvicinai dicendogli che avevo bisogno di
parlargli;
lui mi lanciò una semplice occhiata per farmi capire che mi
aveva sentito.
Naturalmente non poteva mettersi a parlare da solo in mezzo ai suoi
compagni.
Una
volta usciti dall’edificio, ci dirigemmo entrambi
verso casa sua.
Quando
mi fui assicurato di essere da soli, iniziai a
raccontare della ragazza di quella mattina.
Alla
fine il giovane mi stava guardando come uno
studente che pur non avendo studiato, era riuscito a prendere la
sufficienza al
compito.
Non
sapeva cosa dire, ma si vedeva che era
contento, e nemmeno io seppi bene il perché.
-
Scusa, ma che ore sono? – esordii.
-
Perché? Comunque sono le 13 e 53... –
Merda.
-
Devo andare, ho un lavoro da sbrigare... –
-
Va bene, magari quando hai finito vieni da me che ne
parliamo con mio nonno, magari lui sa qualcosa! –
-
Ok –
-
Vai e mandali tutti all’Inferno allora! – mi
augurò.
Io feci un sorriso sghembo e mi dissolsi improvvisamente.
L’incidente
sarebbe dovuto avvenire alle
Mi
trovavo nel pieno centro dell’incrocio, ma le
macchine mi passavano oltre, non vedendomi. Sentivo lo spostamento
d’aria, ma
non mi mossi di un passo. Aspettai che una macchina blu metallizzata
con un
ragazzo alla guida arrivasse da destra, non curante del rosso che gli
ordinava
di fermarsi. Accadde tutto molto velocemnte, ma io non persi nemmeno un
attimo.
La
macchina blu, per la foga di riuscire a passare
prima che scattasse l’altro semaforo, accellerò,
ma così facendo si schiantò
con forza contro un’utilitaria con a bordo quattro persone.
Lo
scontro provocò un rumore fortissimo e spaventoso, cogliendo
l’attenzione di tutta la via.
Silenzio.
Poi il suono della gente che urlava, e di
macchine che dietro suonavano il clacson non sapendo cosa fosse
successo.
Le
macchine si erano come accartocciate su se stesse,
e il fumo stava cominciando a salire da entrambi i motori. Nessuno
dentro le
due macchine si mosse, ma intorno a loro iniziò ad esserci
un frenetico
movimento di gente.
Solo
a quel punto mi avvicinai al luogo
dell’incidente, estraendo poi la mia spada, pronto ad
accogliere quelle povere
anime.
Andai
prima di tutto dal ragazzo sconsiderato, sapendo
già che sarebbe stato il primo a morire; la scena era
raccapricciante, quasi
non riuscivo a vedere il corpo in mezzo a quelle lamiere, ma non mi
feci
impressionare più di tanto.
L’anima
di quel giovane dai capelli ossigenati mi
guardò con terrore, ma con due parole gli spiegai che era
morto e che io
l’avrei accompagnato nell’aldilà; omisi
il fatto che sarebbe andato all’Inferno
perché aveva ucciso delle persone: non avevo la voglia di
inseguirlo chissà
dove!
Così
mi voltai verso l’altra macchina, e allungai la
spada verso il guidatore e la donna che gli sedeva accanto; affondai la
spada
nella loro carne (quella che riuscivo a raggiungere), e trassi i due
spiriti.
Un
gemito però arrivò alle mie orecchie, e alzando
lo
sguardo incontrai quello di una ragazza...
La
stessa che
quella mattina mi aveva urtato.
Lei
sgranò gli occhi pieni di stupore, che mutò in
rabbia e disperazione.
-
Tu...- esordì flebilmente. Era messa male,
sicuramente aveva qualcosa di rotto, ma se la sarebbe cavata.
-
...li hai... uccisi...-.
Questa
volta toccò a me guardarla con stupore; aveva
frainteso, non ero stato io a far morire quei due... che dovevano
essere i suoi
genitori.
-
No, aspetta...- cercai di spiegare, ma lei iniziò a
piangere e a disperarsi, e spaventata iniziò a gridare
insulti e quant’altro.
Poi
un respiro affannato si fece strada tra le grida
della ragazza: quello che doveva essere il fratellino era ancora vivo.
Aveva
solo un taglio sulla fronte con un rivolo di sangue.
La
ragazza però non smetteva di urlare e di piangere,
spaventata a morte da quello che le era appena accaduto; intanto le
persone
riuscirono a forzare la portiera del fratello, che sedeva alla sinistra
della giovane.
Due uomini tirarono fuori il bambino, però esitarono un
momento alla vista
della sorella che urlava, per loro, contro il nulla, che dava
dell’assassino a
vanvera.
Per
la prima volta, dopo secoli, sentii un senso di colpa
invadermi; rimasi lì in mezzo alla strada, seguendola con lo
sguardo. Poi però
un singhiozzo alle mie spalle mi riportò alla
realtà. La mamma stava piangendo
e si stringeva tra le braccia di suo marito, triste di dover lasciare i
suoi
figli.
-
Non sono stato io a decidere la vostra morte... io
non ne ho colpa... mi dispiace – dissi con un filo di voce.
Mai
una volta mi ero permesso di dire una cosa
simile...
Forse
feci quell’eccezione giusto perché la figlia era
l’unica che dopo secoli poteva vedermi e toccarmi, e ora, con
tutta
probabilità, mi odiava.
ECCOCI
QUA. IL
CAPITOLO E’ FINITO E IO FREMO DALLA VOGLIA DI SAPERE COSA VE
NE PARE, QUAL’E’
STATA LA VOSTRA IMPRESSIONE. NON VI PREOCCUPATE PER I COMMENTI
NEGATIVI, PERCHE’
E’ PROPRIO CON ESSI CHE UNA COME ME PUO’
MIGLIORARE!!
PER
CHIARIRE,
IL NOME AEGREFERO L’HO CREATO IO, DAL LATINO
“FERO”, PORTARE, E “AEGRE”, CHE
SAREBBE UN AVVERBIO, ALTRIMENTI UN ABLATIVO.. SIGNIFICA COMUNQUE MALE,
DOLORE E
SIMILI. NATURALMENTE MI SONO ISPIRATA A LUCIFERO, CHE APPUNTO
SIGNIFICHEREBBE
PORTATORE DI LUCE. SPERO DI NON AVER SCRITTO DELLE FREGNACCE AHAHAH! xD
ANGORIAN:
GRAZIE MILLE PER IL SOSTEGNO, E SCUSA PER IL
RITARDO! CHE NE PENSI DI QUESTO? xD MI RACCOMANDO, NON SPUTARMI IN UN
OCCHIO SE
TI FA SCHIFO, EHEH! CIAO ^^
BABU17:
MIA AMATA! IL COMMENTO MI HA COMMOSSA, GRAZIE
MILLE ç___ç SONO DAVVERO FELICE CHE TI PIACCIA!!!
MA NON VORREI AVERTI DELUSA
ORA... VA BE’, ASPETTERO’ UN TUO COMMENTO... MI
RACCOMANDO, TI VOGLIO SINCERA!
GRAZIE MILLE ANCORA... SPERO DI SENTIRTI PRESTO
ç___ç TI ABBRACCIO... ^^ CIAO
STUPENDA!