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Autore: Chaosreborn_the_Sad    20/04/2010    2 recensioni
L’elfo correva, attraverso il sottobosco. Era l’ultima volta che si lasciava scappare una preda come quella. Il cervo galoppava in ciò che restava dell’Ithilien, fuggendo dal suo cacciatore. L’elfo, che dimostrava venticinque anni ma dai suoi occhi trasparivano almeno un paio di millenni, tese l’arco e tirò. La freccia penetrò la zampa posteriore dell’animale, costringendolo a rallentare la sua folle corsa. Nota: MOLTO AU
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Alternate Universe (AU), What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Cap XII Passi e Cenge

Il sentiero scendeva, ripido, perdendosi nel ghiaione sul fianco est della montagna. Più in basso v’era un bosco di conifere. Abeti, sembravano, visti dal passo.
Stephane strizzò gli occhi, guardando in basso. Sì, erano proprio abeti.
- Waith! Muoviti!-.
- Arrivo!- rispose il moro, muovendosi con circospezione, tenendo Frealaf per le redini.
Guthwine, accanto a lui, stava immobile. Stephane gli diede una pacca sul collo, mormorando:
- Non preoccuparti, presto saremo fuori da questi dannati monti-.

Era passata una settimana da quando avevano cominciato la traversata delle piane. Grazie ai cavalli, in tre giorni avevano coperto un tratto che avrebbe portato via loro almeno una settimana, a piedi.
Stephane sorrise, ricordandosi la prima sera dopo una giornata al galoppo.
- Cazzo!- aveva detto Zoe - Non ero così rigida da... da... cazzo, non ricordo di esser mai stata così rigida! Cazzo!-.
- E poi sarei io, quello volgare, eh?- aveva risposto egli, sorridendole.
Al terzo giorno di traversata avevano ricevuto la prima sorpresa di quel viaggio.
Si trovavano ancora in territorio Rohirric -seppur molto vicini al Vallo- quando avevano visto in lontananza una linea di cavalieri.
- Quanti sono?- aveva domandato Zoe, fermando il cavallo in cima al colle sul quale erano saliti i suoi due compagni.
- Molti. Troppi- aveva risposto Waith.
Stephane le aveva dato un mezzo sorriso, che aveva un che di sardonico.
- Che ne dite, andiamo a far conoscenza?-.
Senza attendere risposta, aveva lanciato Guthwine giù per la collina, andando incontro alla linea ordinata.
I due non avevano potuto far altro che seguirlo.
S'erano fermati a un miglio di distanza, vicino ad un affioramento roccioso, e lì avevano atteso.
Non era passato molto tempo, quando l'inizio della compagnia s'era fermata accanto a loro.
I cavalieri erano vestiti di cotte di maglia, coperte da sorcotti neri. Portavano lunghe lance e sui loro scudi v'era un rilievo di metallo raffigurante una torre cuspidale argentata.
Numenoreani.
Il capitano, in testa alla fila, aveva fatto fermare la sua compagnia e si era accostato ai tre, senza smontare.
- Che cosa abbiamo qui?- aveva detto, sguainando la spada.
Zoe poté notare che Stephane non si sbagliava: portavano effettivamente dei ridicoli stocchi.
Waith aveva preso parola.
- Buon pomeriggio, sior capitano. Che cosa possiamo fare per aiutarvi?- aveva detto, dando al suo tono di voce tutta la cadenza dialettale che gl'era possibile.
- Dirmi quale sia il vostro proposito in questa desolazione. Non vi sono villaggi per miglia, che cosa dovrebbe portare tre viaggiatori male in arnese in questa zona?-.
- Mia sorella ed io siamo in viaggio verso Salph. Partimmo due giorni fa da Ghal. Egli invece non so che propositi abbia ne dove sia diretto, lo abbiamo incontrato poco prima voi arrivaste-.
Il capitano si era tolto l'elmo, mostrando dei cortissimi capelli castani e una barba curata.
- Tu. Dove sei diretto?- aveva chiesto.
Stephane era rimasto impassibile.
- Ti ho fatto una domanda. Rispondi!- aveva domandato di nuovo il capitano.
- Purtroppo comprende poco l'Ovestron, sior capitano: parla solo uno stretto dialetto Rohirric di cui conosco qualche parola- aveva detto Waith, reggendo il gioco all'amico.
Il capitano aveva sbuffato, impaziente, mormorando improperi contro le altre lingue: era da così tanto tempo che tra le due nazioni non v'erano contatti che nessuno della fila conosceva il Rohirric.
- Ottima trovata- aveva detto Stephane, rivolgendosi a Waith.
- Che risposta volere che gli do?- aveva risposto Waith, fingendo un'incertezza nel tono e nella grammatica.
Stephane aveva riso.
- Digli che può ficcarsi quella lancia su per il culo-.
Waith aveva imprecato contro la leggerezza d'animo dell'amico.
- Ha detto che è diretto verso Kye. Non ha specificato quali propositi, ma suppongo sia originario di quella zona-.
Il capitano aveva sbuffato di nuovo.
- Se siete diretti a Salph, dovete arrivare al Vallo entro il tramonto. Da domani sarà chiuso per ordine del Re- li aveva avvertiti.
Poco dopo la compagnia di soldati era ripartita, in uno sventolare di stendardi nero e argento, dirigendosi verso sud.
- Simpatico, eh?- aveva asserito Zoe, quando anche l'ultimo della fila era ormai lontano da loro.
- E pensa che mi toccherà aver a che fare con gente del genere, una volta arrivati. Diamoci una mossa, dai, non vorrei dover scalare un muro, stanotte- aveva risposto Stephane, montando di nuovo su Guthwine.

Stephane guidò Guthwine giù per il sentiero, imprecando di tanto in tanto contro Eglerion: quelle povere bestie non erano fatte per inerpicarsi su e giù per i monti e le forcelle.
- Stephane, vedi di rallentare, cazzo!-.
Il rosso si voltò per vedere Zoe scendere a piccoli passi, seguita da Gareth. Il cavallo s'era dimostrato un ottimo animale, veloce e affidabile, ma non sembrava troppo felice di trovarsi continuamente tra quei monti.
Stephane ignorò le grida della ragazza e continuò a scendere a passo sostenuto, seguito dai due compagni.

Presto giunsero in una piccola radura, tra le conifere che avevano potuto vedere dalla forcella.
Zoe si sedé sull'erba, con il fiatone, dopo aver legato i cavalli ad uno dei pini.
- Non m'interessa nulla di quello che tu possa dire, Stephane, ma io adesso mi piglio un'ora di pausa. Fumati tutte le sigarette che vuoi, caccia la cena, fai quel cazzo che ti pare, ma io da qui non mi muovo- disse la ragazza.
Stephane sospirò, mentre le mani erano già impegnate nel rollo.

***

Quella sera i tre si accamparono in una stretta valle. Waith insisteva per proseguire ancora, ma Stephane e Zoe lo fecero desistere: i cavalli erano stanchi, loro erano stanchi ed era quasi un suicidio tentare d'inerpicarsi al buio per quei monti.
Accesero un fuoco e, mentre Waith preparava la cena, Zoe prese parola.
- Era da un paio di giorni che ci pensavo, ma non abbiamo ancora avuto occasione per parlare per bene: vi ricordate i Numenoreani?-.
- Certamente. Come potrei scordarmi capitan pomposo e la sua allegra marmaglia?- rispose Stephane, frugando nel suo bagaglio impegnato nella solita ricerca.
- Avete notato l'umore del resto delle truppe? C'era il capitano che faceva domande, serissimo, l'alfiere, accanto a lui, che sembrava avesse il palo dello stendardo infilato nel fondoschiena e il resto della compagnia che aveva un'aria veramente annoiata e rassegnata- disse Zoe.
- “Fondoschiena”, addirittura? Dov'è finita la Zoe volgare di sempre?- domandò Waith, senza distogliere gl'occhi dal coniglio che stava cucinando in una pentola.
- Fottiti, tu, e rispondete alla mia domanda-.
Stephane sospirò, trovando finalmente la sua busta di tabacco.
- Certamente l'abbiamo notata. Ne discutevamo giusto l'altra sera, vero Waith?-.
- Ricordo. Questo loro atteggiamento ci renderà le cose parecchio più facili, una volta nella capitale-.
Zoe assunse un'espressione oltraggiata.
- Ed io dov'ero, mentre voi ne parlavate?!-.
- Dormivi, mia cara, e non ho avuto cuore di svegliarti-.
- Stephane, se tu solo provi a combinarmene un'altra del genere, giuro che ti spengo una di quelle tue sigarette in una narice!-.
- Va bene! La prossima volta ti sveglierò- rispose il rosso.
Stephane s'alzò e si inoltrò nel bosco alle sue spalle.
- Dove vai, ora?!- gli gridò dietro la ragazza.
- A pisciare!-.
Waith sospirò.
- Ma dovete tirarla così per le lunghe, voi due?-.
Zoe lo guardò, non capendo.
- Si nota- disse semplicemente l'uomo.
- Non capisco di che cosa tu stia parlando- rispose la ragazza, nonostante il lieve rossore che le colorò le guance.
- Come vuoi, indianeggia pure-.
Zoe sbuffò.

Qualche ora dopo, Stephane gettò l'ennesimo mozzicone nel falò morente e si diresse verso Waith, che dormiva poco più in là.
L'aria era fredda e l'umidità pesante.
Strano, si disse, mi sarei aspettato di trovar neve, a queste altezze.
- Waith- sussurrò il rosso, scuotendo l'amico.
- È già ora? Che palle- rispose questi.
- O, io non ho sonno, ancora, resto a farti un po' di compagnia-.
Tuarwaithion si alzò e si stiracchiò, voltandosi verso l'amico.
- Però, non male come scena. Con questa nebbia sfido chiunque a trovarci- osservò, guardandosi attorno.
Stephane s'accese un'altra sigaretta, reprimendo un colpo di tosse.
- Scommetto che ne hai appena spenta una- fece Waith.
Stephane non gli rispose. Il moro si sedé accanto a lui, avvolto in uno scuro mantello da viaggio. I mantelli Sindar giacevano ripiegati sul fondo dei loro bagagli, per evitare di destare sospetti.
- Fumi troppo. E di certo questo non ti fa bene- continuò l'uomo.
Stephane, in risposta, soffiò fuori una voluta di fumo che si perse nella nebbia pesante. Poi si voltò verso Waith.
- Mi basta che lei non cominci- rispose.
Waith guardò verso la ragazza, che dormiva sul suolo, raggomitolata sotto una coperta.
- Certo che la state tirando veramente per le lunghe, voi due- disse Waith, ripetendo le parole di qualche ora prima.
Stephane lo guardò.
- Chi? Zoe ed io? Ma no, dai-.
- Stephane, basta che me lo diciate. Io son capacissimo di sprecar due ore a cercar legna, prima di tornare all'accampamento, domani sera-.
Stephane s'alzò in piedi e fece un paio di passi verso gl'alberi.
- Ehi, non c'è bisogno di offendersi, ora!- gli disse Waith.
Un secondo dopo Stephane s'era lanciato in terra. Anche Waith udì chiaramente il sibilo nell'aria e vide la freccia conficcarsi su un albero, poco lontano da dov'era seduto in quel momento.
Strisciando lentamente, s'avvicinò a Stephane.
- Quanti?-.
- Ne vedo solo uno. Ma solitamente nessuno viaggia mai da solo, in queste zone-.
Altre due frecce volarono, conficcandosi sugl'alberi attorno a loro.
I due uomini non si mossero, tenendo d'occhio il loro assalitore e scrutando la zona circostante per individuare altre minacce.
- Rischio e prendo l'arco. Magari vederlo crollare in terra farà saltar fuori i suoi amici- disse Waith. Rotolò dietro un masso e strisciò fino al suo bagaglio. Prese l'arco e, avvoltosi nel mantello, incoccò una freccia. Coperto da un albero tese la corda e cercò il suo avversario, nella foschia.
Una freccia si conficcò nel tronco, a pochi pollici dal suo viso.
Cambiando subito la direzione del suo sguardo, Waith individuò il secondo tiratore e scoccò.
Il colpo andò a segno, penetrando nella coscia dell'uomo, che rovinò in terra con un lamento.
Stephane, nel mentre, disfatosi del mantello e della spada, s'era avvicinato all'arciere che per primo aveva tirato, tenendo il pugnale stretto nella sinistra.
Silenzioso come non mai, si muoveva di ombra in ombra, passando da una copertura all'altra, avvicinandosi sempre di più all'uomo.
Waith si avvicinò all'uomo che aveva abbattuto. Lo trovò boccheggiante, che cercava di estrarsi la freccia dalla ferita.
Senza troppi complimenti, Waith gli mollò un manrovescio che gli fece perdere i sensi e lo trascinò per quei pochi metri che lo separavano dall'accampamento.

Stephane era sempre più vicino. Un passo dopo l'altro, aveva percorso quasi tutta la distanza tra l'assalitore e lui. Ancora poche decine di piedi.
L'uomo era vestito come i raminghi che avevano incontrato vicino alle Sale.
Raich, pensò Stephane.
Il ramingo gli dava le spalle. Il cappuccio gl'era scivolato via dalla testa, mostrando dei capelli corvini lunghi e mal curati.
Impegnato com'era a scrutare nel buio, l'uomo non si accorse dei movimenti alle sue spalle. Un braccio muscoloso gli cinse la gola, mentre sentiva il freddo del metallo poggiato sulla sua gola.
- Lascia cadere quell'arco-.
Il ramingo eseguì.
- Cammina, ora. Muoviti- ordinò Stephane, spingendolo verso l'accampamento.
In pochi minuti Stephane condusse l'uomo e lo fece sedere vicino al fuoco morente. Volse lo sguardo verso Waith e l'altro uomo, steso.
- Ha cuiol?- domandò, il rosso. È vivo?
- Per ora-.
Waith mosse lo sguardo verso l'altro uomo. Nonostante la situazione in cui si trovava, continuava a guardarli con un espressione tra le più sprezzanti.
- Pensi ci toccherà ucciderli?- chiese Waith, passando al Sindarin.
- Non dobbiamo rischiare. I due nelle Sale non possono nuocerci, questi due sì- rispose Stephane.
Waith annuì. Il moro si avvicinò all'uomo ancora cosciente.
- Sei parte dell'esercito?- gli chiese.
- Non parlo con i traditori- rispose quello.
- Ti conviene rispondermi. Perché ci hai attaccato?-.
- Vi ho riconosciuto. Voi siete quei bastardi della nave elfica!- disse.
- Abbiamo finalmente trovato qualcuno che lavora con quel bastardo da un occhio solo-.
- Non sarà l'ultimo- rispose Stephane, ricordando le parole dei tre raminghi.
- Che cosa volete da me? Io stavo facendo solo il bene per la mia patria!-.
I due lo ignorarono.
- Speriamo non se ne siano salvati molti altri-.
- In ogni caso, hai ragione: non possiamo tenerli in vita. Specialmente ora che sappiamo che loro sanno- rispose Waith.
- Dago hain- disse Stephane, con un tono svogliato. Uccidili.
- E tu che cosa farai?-.
- Andrò a dormire. È ancora il tuo turno di guardia, almeno per un'altra ora-.
Waith sospirò, mentre costringeva il prigioniero ad alzarsi.
Guardò l'uomo cosciente, che sembrava aver capito la situazione.
- Namarië- disse Waith.
Prima che l'uomo potesse protestare, Waith gli spezzò il collo in un rapido movimento.
Il corpo cadde con un tonfo, mentre l'uomo rivolgeva la sua attenzione al suo compagno.
- Certo che sei proprio uno stronzo, Steph. Il lavoro sporco te lo pigli te-.
- Cioè?- domandò il rosso, che già si stava stendendo in terra.
- Io non li sposto da qua-.
- Ah, quello... non preoccuparti. Li carichiamo sui cavalli, domani, e li lanciamo giù dal primo dirupo. Non ci vorrà molto-.
Waith si chiese come il suo amico potesse ironizzare anche in un frangente tale.
Provò a chiederlo all'amico, ma Stephane lo zittì.
- Sh! Ascolta!-.
Waith tese le orecchie, pronto a cogliere un altro rumore minaccioso.
Non capendo, volse di nuovo lo sguardo verso l'amico, che ridacchiava.
- Cosa?- domandò.
Stephane lasciò che fosse il silenzio a rispondere per lui.
O, meglio, il russare di Zoe, che ancora dormiva, nella posizione in cui l'avevano lasciata.

***

- Piano, Frealaf, piano!-.
Waith guardò avanti. La cengia si allargava, pochi metri più avanti, ma in quel punto erano stati costretti a procedere con le schiene attaccate alla parete e a condurre i cavalli uno per volta, molto lentamente.
- Ci siamo?- domandò l'uomo, una volta arrivato dall'altra parte.
Stephane gli rispose affermativamente, mentre osservava il dirupo sottostante.
- Direi che abbiamo trovato il punto giusto, Waith- disse.
I due presero i corpi esanimi dei Numenoreani e li spinsero oltre l'orlo del burrone, senza troppi complimenti.
- Bene, anche questa è fatta. Direi che possiamo avviarci. Se non erro, dietro quella forcella dovrebbe esserci la vallata dell'Uruiduin. Ancora un paio di giorni e saremo a Salph- disse Stephane. Dopodiché, s'avviò con passo sostenuto lungo la cengia, che a poco a poco ritornava ad essere un sentiero, canticchiando una vecchia canzone.
- I see the bad moon rising, I see trouble on the way...-.
- Proprio ottimista, Stephane- disse Zoe.
- Meglio non prendersi in giro, dolcezza, e cantar il proprio futuro tranquillamente- rispose il rosso, con un sorriso.
Continuarono imperterriti a camminare per i sentieri degli antichi Ephel Duath, attraversando radure e guadando torrenti di tanto in tanto, senza fermarsi se non per un breve pranzo.
Al tramonto i tre si fermarono in una macchia di conifere, sull'ultimo versante che avrebbero dovuto salire.

***

- Ci siamo, finalmente!- esclamò Waith.
Accanto a loro scorreva un torrente impetuoso, ma non più largo di sei piedi.
- Questo sarebbe l'Uruiduin?- disse Zoe.
- Esattamente. Questo torrente crolla in una cascata, tra qualche lega, raccogliendosi in un lago che ha dato vita al fiume che ha scavato la valle dell'Uruiduin. Quel fiume scorre per miglia, passa per la capitale e poi si dirige a Nord, verso Porto Veliko. Non dobbiamo far altro che scendere oltre la cascata e seguire il corso del fiume. Se abbiamo fortuna ed evitiamo incontri molesti, dovremmo arrivare a Salph al tramonto- spiegò Stephane.
Seguirono il torrente finché non udirono il rombo della cascata. Il sentiero, che fino a quel punto aveva costeggiato il torrente, deviava verso Nord.
I marinai condussero i cavalli lungo il sentiero, che discendeva a circa mezzo miglio dalla cascata in ripidi tornanti.
In quel punto il sentiero sembrava scavato direttamente nel fianco della montagna, ma mostrava vari segni di trascuratezza. In un punto furono costretti a fermarsi per mezz'ora, il tempo necessario a Waith e a Stephane per aprire un varco abbastanza largo da far passare i cavalli nel punto in cui parecchie rocce erano franate.
Dopo aver mosso l'ultima pietra, Waith si sedé in terra.
- Prendiamoci dieci minuti- disse semplicemente. Stephane estrasse il tabacco e si dedicò al suo vizio, mentre Zoe si guardava attorno.
- Ragazzi, sospetto che la nostra solitudine sarà interrotta, a valle-.
I due la guardarono, non capendo.
- C'è una casa, alla fine del sentiero. E ha tutta l'aria di essere un avamposto-.
- Ottimo. Direi che è ora di mettere in moto la nostra messinscena- disse Stephane.
- Concordo pienamente. Zoe, prima di tutto, le tue armi- disse Waith.
- Come?-.
- Nuova Numenor è un paese estremamente sessista, rimasto alle concezioni umane della Terza Era secondo le quali le donne dovrebbero restare a casa. S'insospettirebbero parecchio, se trovassero delle armi tra i tuoi bagagli. Le terrò io-.
La ragazza sbuffò, cominciando ad armeggiare sul proprio bagaglio.
- Secondo, chiamatemi Nick, d'ora in poi. Non posso presentarmi con un nome Sindarin- continuò Waith.
- Sinceramente, non penso sappiano distinguere l'etimologia di una parola derivante dal Sindarin da quella di una parola Haradrim. Ma hai ragione, Tuarwaithion è alquanto appariscente, come nome- concordò Stephane.

Mezz'ora dopo avevano raggiunto la base del precipizio e stavano sfilando silenziosi accanto all'avamposto.
Non c'era anima viva, intorno, e la cosa li insospettì non poco.
- Ci stanno sicuramente osservando. Espressioni tranquille, non abbiamo nulla da temere- mormorò Waith a Zoe.
Stephane camminava un po' più indietro rispetto a loro, con lo sguardo attento che scorreva la vegetazione circostante. Avevano deciso di cominciare fin d'ora a far finta di non conoscersi.
I tre costeggiarono il lago, finché gli abitanti di quella zona non si fecero finalmente vedere.
Erano una decina, vestiti di lunghi mantelli verdi e incappucciati. Le armature erano fatte di cuoio e portavano -almeno loro- delle spade a doppio taglio alla cintura.
Waith si trovò in mezzo ad una selva di lance, mentre Zoe faceva del suo meglio per assumere un espressione impaurita. Stephane, dietro di loro, mise mano al fioretto, ma i raminghi risposero puntando le lance anche verso di lui.
Un uomo si tolse il cappuccio, mostrando il volto segnato dalle intemperie. La barba castana aveva parecchi giorni e la fronte era segnata da parecchie rughe.
- Nominatevi e dichiarate i vostri propositi- disse, con un tono inflessibile.
- Mi chiamo Nick Ulrichsson, questa è mia sorella Zoe. Siamo diretti a Salph per trovare lavoro in una locanda- disse.
- E tu, Rohirrim? Sei con loro?- domandò il capitano a Stephane.
- Non li conosco. Scendevano lentamente il dirupo e li ho raggiunti camminando dietro di loro. Mi chiamo Stephane-.
- Per quale motivo vaghi per queste terre. Così armato, poi?-.
- Sono un mercenario e un maestro di spada. Anch'io sono diretto a Salph, in cerca di un'occupazione-.
L'uomo lo guardò, dubbioso.
- Avvicinati e dimostramelo- disse, estraendo la spada dal fodero.
Stephane si disfò del bagaglio, diede le redini di Guthwine ad uno dei raminghi e, estratto lo stocco, si avvicinò all'uomo.
- Al disarmo, messere?- domandò al capitano.
- E sia-.
Il ramingo e il marinaio s'avventarono l'uno sull'altro. Le lame cozzarono più volte, mentre i piedi dei due componevano una bizzarra e veloce danza, sul terreno.
Il ramingo pensava di essere avvantaggiato per via della sua spada ad una mano e mezza, ma dovette presto ricredersi: la destrezza di Stephane unita alla leggerezza dello stocco lo costringevano a parare continuamente con mosse che sarebbero state scomode per chiunque combattesse con un'arma diversa da quella del rosso.
Il duello durò lunghi minuti, mentre il resto dei presenti assisteva in silenzio.
Il ramingo era sudato e si stava stancando sempre di più, finché l'ennesima stoccata di Stephane non lo costrinse a parare con una strana torsione. Il Rohirrim non perse l'occasione e incalzò con un altro colpo, che il ramingo parò con ancora più difficoltà. Il capitano tentò un flebile attacco, ma poi, gettata la spada in terra, alzò le palme delle mani in resa.
- Ti credo, messere, e spero troverai presto lavoro tra le fila del nostro esercito: con un maestro come te, neppure un elfo potrà sconfiggere i nostri guerrieri- disse. Poi si rivolse a tutti e tre i viaggiatori:
- Potete andare-.

Sul far della sera giunsero finalmente nella capitale.
Al centro della città sorgeva un castello dalle linee morbide, le cui murature avevano assunto un colore rosato, mentre il sole tramontava ad Ovest. Le torri a pianta circolare erano poste ad ogni angolo dell'esagono formato dalle mura, mentre il mastio sorgeva alto sopra le case. Ad una distanza di circa un miglio dal castello sorgeva un'altra cinta muraria, di fattura decisamente più antica. Queste mura segnavano il confine tra la città vecchia e le costruzioni più recenti, infatti al di fuori di esse le case erano ammassate, coprendo una vasta porzione di pianura.
L'Uruiduin scorreva lento tra le case, costeggiando la cinta muraria esterna, per poi curvare verso Nord, dove i tre riconobbero dei moli ai quali molte zattere e chiatte erano ancorate e un piccolo porto fluviale.
Mentre le tenebre avanzavano, i tre viaggiatori entrarono nella città.
Le strade erano quasi deserte, se non per qualche drappello di guardie messo a pattugliare le vie più esterne. Le case ammassate proiettavano lunghe ombre sulle strade e formavano molti vicoli bui ai lati di esse.
Ogni tanto incrociarono dei mendicanti, appoggiati agli angoli delle abitazioni, o uomini dall'aria poco raccomandabile.
Delle donne semi-svestite sorrisero, vedendoli passare, e fischiarono a Stephane.
- Vieni a divertirti con noi, dai! Non te ne pentirai!-.
Raggiunte le mura esterne, i tre cominciarono a costeggiarle, chiedendo informazioni ad una sentinella per una locanda a buon mercato.
Poco dopo, Waith e Zoe entrarono nell'edificio a due piani denominato l'Osteria del Mirtillo, mentre Stephane restava con i cavalli.
Alla loro sinistra v'era il bancone, dove un uomo con una folta barba e l'attaccatura dei capelli che arretrava s'occupava di prendere le ordinazioni. La maggior parte dei tavoli era occupata da persone dall'aria poco raccomandabile, che bevevano le loro birre guardandosi attorno circospetti e parlando per mormorii. Tutta la sala comune era immersa nella penombra, e l'odore di tabacco regnava sovrano.
Un piccolo palcoscenico era posto sulla destra, dove cinque uomini suonavano un tango.
I tre viaggiatori si avvicinarono al bancone.
- 'Sera, stranieri. Che volete?- chiese il barista.
- Avete posto per dormire?- domandò Waith.
- Certamente. Dormite assieme?- rispose l'uomo, lanciando un sorrisetto a Zoe.
- Stessa camera, letti separati. Mia sorella dice che russo- rispose Waith.
- Bene. Vi serve altro?-.
- Spazio nelle stalle per i nostri cavalli. E due birre scure-.
Il barista fece un fischio ad un uomo alto e allampanato seduto ad un tavolino poco lontano.
- Tim, mostra le stalle ai signori. E dagli le chiavi di una camera-.
L'uomo si alzò e accompagnò i due, mentre Stephane entrava a sua volta nella locanda.

- Interessante, come posto. Mi chiedo come sarà lavorarci- disse Waith, una volta che egli e Zoe furono seduti davanti alle loro birre.
- Di certo c'è che quel fumatore se la sta passando- disse Zoe, accennando a Stephane.
Il rosso era seduto da solo ad uno dei tavoli, il fioretto bene in vista, che sorseggiava la sua birra con fare tranquillo, mentre fumava l'ennesima sigaretta.
- Di certo c'è che ha attirato l'attenzione degli altri avventori- mormorò Waith. Zoe seguì il suo sguardo e notò che due uomini dietro il Rohirrim s'erano alzati e si stavano dirigendo verso di lui. La ragazza trattenne il respiro, per poi sospirare di sollievo vedendo che questi oltrepassavano Stephane e si dirigevano al banco.
In quel momento i suonatori smisero di suonare per prendersi una pausa.
- Guarda un po' cosa abbiamo qui!-.
Waith e Zoe si voltarono verso il punto da cui proveniva la voce. In piedi dietro Zoe stava un uomo dalla mascella squadrata e le spalle larghe, con un boccale in mano.
- Desiderate, signore?- domandò Waith.
- Oh, stavo solo facendo un apprezzamento alla ragazza. Non se ne vedono spesso di così belle, da queste parti-.
L'uomo mise la mano sulla spalla di Zoe, che tentò invano di divincolarsi dalla stretta.
- Mia sorella accetta il complimento. Ora vi consiglio di lasciarci in pace- rispose Waith, mettendo mano all'elsa del pugnale, sotto il mantello.
- Perché tanta fretta?- domandò lo sconosciuto. Finì il boccale in due sorsi e lo poggiò sul tavolo più vicino.
- Se stai cercando rogne, ti consiglio di andartene. Potrebbe finire male-.
- Ne sei certo?-.
I due uomini estrassero le lame.
- Signori, vi prego di tranquillizzarvi. La notte è giovane e sono certo che entrambi preferireste un'altra birra. Offro io- intervenne una voce.
Entrambi si girarono. Stephane si era alzato e silenziosamente s'era avvicinato ai due.
Lo sconosciuto lasciò la spalla di Zoe e fronteggiò il nuovo arrivato.
- E tu chi saresti?- domandò, mentre i suonatori attaccavano un'altra canzone.
- Qualcuno che non ama vedere le ragazze importunate- disse il rosso, lanciando un'occhiataccia all'uomo.
Lo sconosciuto non parve apprezzare l'intrusione e puntò il coltello verso Stephane.
- Vi sconsiglio di non puntare quell'arma verso di me. Siete solo contro due persone e visibilmente ubriaco. Tornate a sedervi-.
- Solo?!- esclamò l'uomo. Rise e fece un cenno dietro di lui. Quattro persone si alzarono, avvicinandosi ai due.
- Chi è solo, adesso?- disse l'uomo.
- Vi avevo avvertito- rispose Stephane.
In un fluido gesto, estrasse lo stocco e disarmò l'uomo che aveva di fronte, per poi rivolgere la sua attenzione verso gl'altri. Questi avevano a loro volta estratto vari tipi di armi.
A breve Stephane e Waith erano uno di fianco all'altro, mentre tenevano a bada i cinque ubriachi. Attorno a loro si creò il vuoto, Zoe si allontanò verso il bancone e altre persone si unirono alla bolgia.
Lo scontro degenerò e, quando molti si trovarono disarmati, ogni suppellettile divenne buona per picchiare. Stephane era l'unico con ancora la spada in mano, e menava fendenti a destra e a manca, allontanando gli assalitori. Waith invece aveva presto lasciato perdere il pugnale, e al momento usava uno sgabello per tenere buoni quelli attorno a lui.
I suonatori continuarono imperterriti a suonare, cambiando canzone e cominciandone una dal ritmo parecchio veloce.

I'll wait for you till I turn blue
There's nothin' more a man can do
Don't get your bollocks in a twist
Settle down, don't take a fit

Stephane saltò su uno dei tavoli, mentre con un ampia rotazione della spada allontanava le tre persone più vicine.
Provò poi una stoccata verso un quarto, che parò con uno sgabello. La spada si incastrò nel legno, costringendo Stephane a lasciarla. Senza perdersi d'animo, Stephane saltò sull'uomo, continuando lo scontro a mani nude.

The ship went down we all near drowned
Ya stood there on the deck
Till the Elves came and flogged yer arse
And dragged you from the wreck

Parecchi avventori che s'erano uniti alla rissa s'allontanarono dal locale, boccali volavano senza sosta, Waith atterrò due uomini con un singolo fendente dello sgabello, spaccando le gambe di quest'ultimo.
Abbandonò anch'egli l'arma, continuando a però a picchiare chi gli si parava davanti.

One flew down plucked out yer eye
The other he had in his sights
Ya snarled at him, said leave me be
I need the bugger so I can see

Un uomo volò oltre il bancone e il barista vi salì sopra, con uno strano arnese in mano.
S'udì uno scoppio fragoroso e tutti ammutolirono, mentre il moschetto del barista ancora fumava.
- Che cosa diamine pensate di fare?! Dovrei uccidervi uno ad uno!- esclamò.
- Ben detto, Grant- disse un'altra voce, da uno dei recessi bui.
L'uomo s'alzò, lentamente. I capelli ingrigiti stavano arretrando, sul suo capo, e gli occhi castani avevano un brillio inquietante in loro. Indossava abiti ricchi e la faccia era rasata, eccetto per i baffi e la barba che gli circondava la bocca, piegata in un sorriso ironico. Dal labbro gli pendeva una sigaretta.
L'uomo si avvicinò ai due viaggiatori e all'uomo che per primo aveva cominciato ad importunarli, che al momento era tenuto per il bavero da Waith.
- Signori, permettetemi di presentarmi. Sono Francesco Costello, padrone di questo locale. Sareste così gentili da darmi il mio dipendente?- disse, facendo un gesto con la sigaretta verso l'uomo.
Waith rimise l'uomo in piedi, che si avvicinò a Costello, quasi con un timore reverenziale.
- Jackie, mi deludi. Non saresti dovuto essere qui, oggi, se non erro- disse Costello, calmo.
Jackie ebbe un tremito.
- No, avete ragione...-.
- E dove saresti dovuto essere?-.
Jackie mormorò qualcosa che solo Costello poté udire. L'altro annuì.
- E dunque, che cosa dovrei fare di te, Jackie?-.
Non udendo risposta, Costello sospirò.
- Vai a casa. Sei fin troppo sbronzo per capire qualcosa. Ma non finisce qui- aggiunse, con tono minaccioso.
Stephane e Waith erano stupefatti dal potere di quell'uomo. Con un semplice gesto, Costello invitò i due a seguirlo. Si fermò e si voltò verso Zoe, che era ancora rannicchiata vicino al bancone.
- Signorina, venite anche voi-.

I tre seguirono l'uomo in un salottino privato adiacente. Qualche poltrona e un paio di sedie circondavano un tavolino. Costello prese posto su una di esse, invitando gl'altri a sedersi. Stephane e Waith presero posto sulle sedie, invitando Zoe a sedersi sulla poltrona in mezzo a loro. Nel caminetto alle loro spalle ardeva un fuoco.
- Arnold- fece Costello, rivolgendosi al barista, che li aveva seguiti, - portaci una bottiglia di Scotch e cinque bicchieri-.
Il barista uscì e tornò poco dopo con quanto richiesto. Distribuì i bicchieri e prese posto accanto a Costello. I suonatori avevano ripreso a suonare la prima delle canzoni di quella sera.
- Ah, di nuovo “Il Tango del Defunto”. Ma non divaghiamo e veniamo al dunque. Signori, vi starete chiedendo perché vi ho chiesto di venire qui con me- disse Costello, spegnendo la sua sigaretta in un posacenere poggiato sul tavolino. Sorseggiò il suo Scotch, invitando i presenti a fare altrettanto.
- Se volete esser ripagato dei danni, signore, devo avvertirvi che il primo ad estrarre la lama è stato il vostro dipendente, Jackie- asserì Stephane.
- Ne sono certo. Jackie può esser molesto, specialmente in casi del genere. Ma mi è molto utile, quando è sobrio-.
Stephane bevve un sorso di Scotch, per poi estrarre il tabacco.
- Posso?-.
- Fate pure, non v'è problema- rispose, con un sorriso. Zoe sentì il sangue gelare, vedendo di nuovo quel sorriso. Bevve due sorsi di Scotch, per tranquillizzarsi. Quell'uomo la metteva a disagio, nonostante i suoi modi gentili.
- Bene. Stavo dicendo prima, che vi ho chiamati qui per un motivo. Voi tre siete volti nuovi, da queste parti-.
- Siamo arrivati oggi in città- affermò Waith, - mia sorella ed io siamo in cerca di un'occupazione. Potremmo ripagarvi per i danni causati lavorando qui, se volete. Entrambi eravamo imbarcati come cuochi su varie navi-.
Costello annuì.
- Mi sembra onesto. Grant, falli cominciare dopodomani. Per quanto riguarda domani, hanno il diritto di riposarsi dal viaggio- disse.
Poi si rivolse di nuovo a tutti e tre:
- Potrei conoscere i vostri nomi? D'altronde, io v'ho detto il mio-.
- Mi chiamo Nick, mia sorella è Zoe. Per quanto riguarda il nostro benefattore, qui presente, non lo conosciamo, né abbiamo avuto occasione di presentarci, prima-.
- Mi chiamo Stephane- rispose semplicemente egli, accendendosi la sigaretta.
- E che intenzioni avevate, qui a Salph?-.
- Sto cercando un impiego. Pensavo di presentarmi domani alla corte reale, per diventare uno dei maestri di spada- rispose.
Costello annuì di nuovo, pensoso.
- Questo è un caso fortuito. Decisamente fortuito-.
- Come, prego?-.
Costello sorrise.
- Diciamo solo che potreste avere il mio aiuto ad ottenere un posto simile, se vi presenterete domani al palazzo, diciamo verso la quarta ora dopo l'alba- disse, versandosi un altro bicchiere di liquore.
- Ovviamente, se decidete di restituire il favore, quando sarà il momento-.
Stephane annuì, esalando lentamente una voluta di fumo.
Costello batté le mani una volta.
- Allora, è deciso. Un brindisi, signori, che questo momento possa esser ricordato come l'inizio di una buona amicizia-.
Bevve il liquido ambrato tutto d'un fiato, mentre gl'altri vuotavano i loro bicchieri.
Costello li congedò e i tre seguirono Grant fuori della stanza, fino ai loro alloggi.
- Benvenuti a bordo- li salutò Grant, fuori delle porte.

- Che cosa ne pensi?- domandò Zoe a Waith, una volta che si furono sistemati.
- Non lo so. Questo Costello ha potere, potrebbe aiutarci molto-.
- M'inquieta, quell'uomo- disse Zoe. Waith sorrise.
- Su questo concordo, ha un aspetto alquanto inquietante. Ma non penso sia malvagio-.
- Speriamo. Buonanotte, Nick-.
- Buonanotte-.





Finally! Cominciavo a perdere le speranze di riuscire a scrivere questo capitolo.
Mi mancavano questi tre, in verità, e una volta cominciato a scrivere di loro non c'era voglia di finire.
Ovviamente, si ringraziano i lettori INFAMI che non commentano, oltre alle due irriducibili.
Silvia, i Maia sono delle semidivinità, inferiori ai Valar. Per darti un'idea, nel libro se ne incontrano ben cinque: Gandalf, Radagast, Saruman, Sauron e il Balrog.
In ogni caso sono felice ti sia piaciuto il capitolo. Gli spettri dei tumuli son venuti fuori all'improvviso, mentre le scene in latino e gli scleri di Talia e Meldarion risalgono ad anni fa, ormai, quando decidi di introdurre Hestia e Talia.
Giorgia, lo so che fumo troppo, te lo dico sempre e tu mi dici che dovrei smettere. Non avendone voglia, invece, ti tiro colpi bassi facendo cambiare gli occhi ai miei personaggi =D
In ogni caso, son felice ti piaccia la contaminazione. Come hai potuto leggere qua, non è l'unica. E visto, meno di un anno!

Infatti, si ringrazia Scorsese per avermi “prestato” il suo Francis Costello, da “The Departed”, un film che consiglio a tutti quanti, ispirandomi Francesco Costello. Non accusatemi di aver poca fantasia con i nomi, vi prego, perché sapete benissimo che non è così. Semplicemente, suona benissimo e preferisco lasciarlo là come omaggio.

Passando alla soundtrack, ci sono ben quattro canzoni da citare:
Bad Moon Rising, dei Creedence Clearwater Revival, cantata da Stephane mentre marcia felice tra i monti, The Departed Tango la sentiamo due volte nel locale e infine, mentre tutti si pestano allegramente, l'orchestrina suona Sway, di Dean Martin, e Salty Dog, dei Flogging Molly, di cui è riportata parte del testo. Un premio a chi nota il piccolo cambio nel testo, per renderla più in linea con la fiction.

Ci si risente tra qualche mese.

  
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