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Autore: Blustar    21/04/2010    1 recensioni
New York 2289.
Gli Stati Uniti hanno scoperto il segreto del viaggio nel tempo, usandolo per creare il mondo perfetto, libero da ogni male. Perché qualcuno allora dovrebbe cercare delle risposte?
"C’erano centinaia di persone che, come mio fratello, credevano ciecamente nel sistema, abbandonandosi ad esso. C’erano alcuni che, come mio padre, si opponevano fermamente ad esso pur non potendo fare nulla. E c’era chi, come me, era nel mezzo e tentava di capire cosa era verità e cosa era bugia, senza avere risposte"
*Storia in fase di rinnovamento*
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The last good day of the year


“Mancano dieci minuti al coprifuoco. Affrettatevi a rientrare!”
L’altoparlante tuonò da un angolo, facendomi sobbalzare.
“Accidenti… perché non tengono il volume un po’ più basso?” mormorai a me stesso.
Era il dieci dicembre dell’anno 2289, un giorno come tanti a New York, ed erano quasi le otto della sera. Faceva un freddo terribile, anche se non era ancora caduta la prima neve.
Avevo appena finito il turno, ma prima di tornare a casa c’era un posto dove dovevo assolutamente andare. L’avevo promesso a mio padre.
Aumentai i miei passi, procedendo ora quasi a ritmo di corsa. Svoltai a destra all’incrocio e proseguii dritto fino alla fine della via.
Suonai con insistenza al citofono, finché non ottenni risposta.
“Ma insomma… chi sei e cosa vuoi a quest’ora?”
“Signor Flanders, sono Jamie… vengo per mio padre. Mi scusi l’insistenza, ma gli ho promesso che sarei passato”
“Fai in fretta ragazzo, sai che questo non è un buon momento… fra poco inizia il coprifuoco” disse, e mi aprì la porta.
Salii le scale il più velocemente possibile, per trovarlo già sulla porta ad aspettarmi.
“Ecco… queste sono le medicine per tuo padre”
Afferrai il piccolo pacchetto e con un cenno ringraziai, ritornando sui miei passi.
A quel punto stavo veramente correndo.
“Manca un minuto al coprifuoco”
Fortuna che casa mia non stava molto lontano da Flanders altrimenti sarei stato sicuramente nei guai.
Farsi beccare a gironzolare per la strada poteva essere davvero molto pericoloso.
Passai dal retro, aprendo la porticina che portava ad una finta cantina. Subito dopo c’era il nostro vecchio garage in disuso, dove immaginavo che papà stesse ancora lavorando su quella 500 del 1963.
“Coprifuoco attivo” Aprii la porta, e scoprii che la mia previsione era esatta.
Papà era chino sul motore dell’auto, ma quando entrai mi venne incontro raggiante, togliendosi gli occhiali da saldatore.
“Ciao Jamie! Era ora che tornassi, è appena iniziato il coprifuoco! Tua madre è di sopra, ha fatto la pizza”
“Addirittura la pizza? Meno male, avevo giusto bisogno di qualcosa di buono. Questo è per te” dissi, lanciandogli il pacco accartocciato.
“Le hai prese? Wow, pensavo non ce la facessi… grazie!”
“Di nulla, ma dovresti imparare a controllare un po’ le tue esigenze. Lo sai vero cosa ti accadrebbe se venissi scoperto? E tutte le bottiglie di brandy, poi?”
“Sssh, zitto. Vuoi che ci scopra tua madre, prima di tutto? Comunque vedo che anche questa volta Bob ha avuto buon gusto. Sigari cubani… li adoro” disse scartando l’involucro ed estraendone i lunghi sigari profumati.
“Tu e le tue finte medicine… A proposito, cosa stai pensando di fare a quest’auto?”
“Ci sto mettendo dentro un impianto stereo di tutto rispetto e uno schermo, così mi farò una postazione sicura dove fumare in santa pace i miei sigari mentre guardo un bel film” disse senza fare una piega.
“Santo Dio, tu devi essere pazzo… come se non bastasse già tutto quello che hai. Già io sarei da sbattere in prigione per i libri che mi hai fatto leggere, figuriamoci tu!”
“E’ questo il bello della vita figliolo, essere delinquenti!”
“Ha! se ti sentisse Raymond… lui sì che ne andrebbe matto! Un padre delinquente e il figlio poliziotto, o per meglio dire, crono - poliziotto! Questa sì che sarebbe da scrivere”
“Non me ne parlare… è di sopra. Sta raccontando le sue avventure” aggiunse con un sorriso.
“Ray è tornato? Bene, vado a sentire anche io” dissi e salutai, salendo di fretta la scala a chiocciola che portava ai piani superiori.
Come al solito la prima a venirmi incontro fu Lola, un cyborg progettato dallo Stato per far fronte ad ogni incombenza familiare. Badante, babysitter, colf… una tuttofare a cui era stato dato un viso d’angelo.
“Buonasera signorino Jamie… bentornato a casa” disse con un lieve sorriso.
“Grazie Lola. Mamma e Raymond?”
“Sono in cucina. La stanno aspettando. Io finisco di pulire i vetri, poi mi spegnerei con il suo permesso”
“Certo Lola, fai pure”
Non eravamo così ricchi da poterci permettere due o più cyborg, ma a noi andava bene così.
D’altronde soltanto io e Raymond lavoravamo, e se io avevo uno stipendio non proprio cospicuo, Raymond d’altro canto era davvero ben pagato, e ciò ci permetteva di vivere in tranquillità.
Aprii la porta della cucina e mio fratello mi venne incontro per stringermi in un forte abbraccio, com’era tipico di lui.
“Jamie, fratellino! Come stai? Sono contento di vederti. Mamma ha appena messo sul piatto anche per te, e ho un sacco di storie da raccontarti”
Mamma mi salutò con una carezza sulla guancia, mentre mi sedevo a tavola.
Sinceramente ero un po’ imbarazzato, non essendo abituato negli altri giorni a tutte quelle attenzioni.
“Tuo padre ne avrà ancora per molto laggiù con i suoi modellini?”
“Ehm… penso che fra poco verrà su. Sta tentando di attaccare un pezzo importante e sai quanto lui ci tenga”
“Va bene, ma voi intanto mangiate, d’accordo?”
Addentai la mia pizza precotta con voracità, mentre mio fratello riprendeva a raccontare.
“Ah sì, stavo dicendo della promozione giusto? Jamie, dicevo a mamma che sono appena stato promosso! Mi alzano lo stipendio di 1000 dollari e dal prossimo anno potrò pure formare la mia squadra di agenti! Ci pensate?”
“Wow… complimenti, fratello! E adesso a che grado sei quindi?”
“Tenente. E’ una bella responsabilità” disse lui soddisfatto.
“In effetti sì. Caspita Ray, devi aver preso un bel po’ di criminali in questo periodo”
“Direi! Il capitano Ersatz mi ha pure fatto i complimenti. Ha detto che sto diventando davvero bravo. Pensa, ce ne sono alcuni di insospettabili. Questa settimana per esempio ho arrestato un industriale abbastanza conosciuto a Brooklyn per le sue donazioni in beneficenza. Domani avrebbe ucciso a martellate il vicino se noi non l’avessimo fermato. Dopo avergli rimosso tutti i ricordi l’abbiamo spedito in un campo di lavoro in California, pensa”
“Così lontano? E andrà a fare?”
“Reparto meccanica. Ogni giorno che passa mi sento sempre più soddisfatto. Pensare che tanta gente cadrebbe in tentazione e ucciderebbe, ruberebbe, stuprerebbe… ma noi li salviamo, e li mandiamo pure a lavorare per il Paese. La macchina del tempo è stata davvero l’invenzione più geniale in assoluto nella storia. Così noi che viviamo nel passato possiamo stare tranquilli”
“E cosa succederebbe se un giorno qualcuno venisse ad arrestarti, Ray?” aggiunsi scherzando.
Sapevo bene che il mio massiccio fratello Ray, con i muscoli di un pugile e il volto di un divo delle soap, aveva un cuore capace di pompare sangue per due persone. Vitale, energico, attivo… e fondamentalmente altruista. Non avrebbe mai potuto essere arrestato, nemmeno nel futuro.
“Ovviamente combatterei fino all’ultimo sangue. Non mi avranno mai vivo” disse ridendo.
“E poi lo sai che noi membri della Crusade abbiamo un certo grado di immunità… compresi i nostri familiari. E questo è un bel vantaggio non credi?” aggiunse, palesemente orgoglioso.
“Direi di sì. Ma ora meglio che io vada a farmi una doccia, e poi a nanna. Domani mi aspetta un’altra giornata di lavoro”
“No Jamie aspetta! E il dolce? Non mi hai ancora raccontato niente di come ti va la vita!”
“Sarà per un’altra volta Ray. E poi non c’è nulla di particolare da dire. Faccio il cassiere in un market… cosa vuoi che ci sia da raccontare? Faccio la mia vita, come tutti. Tu piuttosto, fino a quando starai a casa? Ti ho appena visto, e non vorrei ripartissi subito”
“Partirò tra due giorni Jamie, poi sarò a casa per Natale. Ma tu… non hai proprio nulla da raccontare?”
“No… sul serio. Non sto cercando di fare il difficile! L’unica cosa che potrei dirti è che domani mattina dobbiamo sistemare i festoni natalizi. Siamo all’inizio di dicembre e il Natale si avvicina” aggiunsi con un sorriso.
“Va bene Jamie… allora notte”
“Notte figliolo” intervenne mia madre, che stava caricando la lavastoviglie.
Così me ne andai di là, alla ricerca di tranquillità.
Ero davvero stanco per la giornata sfiancante che avevo passato.
Magari fossi stato contento del mio lavoro come mio fratello lo era del suo.
Ma dopo il mio diploma era stato deciso così. La nostra era una società gerarchica e se ti assegnavano un posto, quello doveva essere e non altrimenti.
Come operai di una gigantesca fabbrica, c’era chi faceva i piani e chi li eseguiva, chi era privilegiato e chi no.
Aprii l’acqua della doccia ed entrai. Domani sarebbe stato un altro giorno pesante e l’acqua mi avrebbe aiutato a rilassarmi più in fretta.
Avrei dovuto mettere a posto tutta la merce in arrivo, catalogarla e fare l’inventario di quanto era rimasto in magazzino. Poi avrei dovuto occuparmi di tutte le decorazioni natalizie e infine tornare ad occuparmi della spesa dei clienti.
Non capivo perché il governo non si decideva a togliere definitivamente quella festa.
Non si stava nemmeno a casa per tutto il giorno, che senso aveva sprecare tanto tempo per aspettare qualcosa che poi si festeggiava si e no per un paio d’ore?
Mio padre ripeteva sempre che tutto ciò era fondamentalmente ridicolo. Cancellare tutte le tracce del nostro passato per ritrovarsi a mantenere formalmente una tradizione come quella.
Io invece non lo trovavo del tutto insensato.
Dopo che il governo era venuto in possesso della macchina del tempo e aveva fondato la Chronologic U.s.a. Departement, alias Crusade, l’intera società era stata riformata da capo a piedi, salvo quelle tradizioni che per valore morale potevano venire in aiuto nel fondare la nuova classe americana. E cosa c’era di più utile del Natale? Una festa dove erano le famiglie a farla da padrone sarebbe stata utilissima per mantenere vivo lo spirito moralizzatore che avrebbe investito tutti gli Stati Uniti.
E così poi era successo. Ma con l’andare del tempo la smania di controllo e di ordine erano cresciute, e lo Stato aveva finito con l’insinuarsi pesantemente nella vita privata di ognuno di noi, senza che noi stessi ce ne accorgessimo e soprattutto senza percepirlo come un pericolo.
Lo Stato aveva il controllo su di noi come se fosse una madre premurosa, capace però di trasformarsi nella peggiore delle bestie ogni qual volta un cittadino violava i suoi limiti.
In tutta l’America, erano poche le persone che come me e papà pensavano che il mondo creatosi con la Crusade non sarebbe mai stato perfetto come si voleva far credere. Mio padre d’altronde era un ribelle per natura e aveva cercato di trasmettere le sue conoscenze anche a me, dopo che Raymond si era rivelato deludente. Mio padre perciò mi guardava sempre con la speranza che io, un giorno o l’altro, mi sarei unito a lui nella creazione di folli piani sovversivi.
E’ vero che io ero più consapevole di molti altri di quanto lo Stato fosse opprimente, ma ero anche un’amante della vita tranquilla, cosa che secondo mio padre non andava a mio favore.
Diceva che così avrei finito per arrendermi e sarei diventato come il resto della mia famiglia.
Non che Ray e mamma fossero cattive persone, anzi. A loro volevamo davvero bene, ma avevano una fiducia incondizionata nel governo e nelle sue decisioni.
Uscii dalla doccia, finalmente ristorato, e mentre mi stavo asciugando i capelli non potei non notare le occhiaie che mi si erano formate sotto gli occhi. Decisamente stavo lavorando troppo, e ormai non avevo neanche più tempo per curarmi. I miei folti capelli biondi erano davvero disordinati, e avevo lasciato che crescesse anche una leggera barba, ma avrei rimediato per il fine settimana. Così mi infilai il pigiama e pochi minuti dopo mi addormentai nel mio letto, quasi senza accorgermene.

* * *

Un trillo e la radio si accese.
“Buongiorno amici ascoltatori! Sono le ore 7 e mezza e il vostro speaker preferito vi da il buongiorno! Anche oggi non dovrete preoccuparvi di nulla! E intanto mancano dieci giorni al Natale! Non è…”
Spensi la radio con una mano e balzai giù dal letto.
Cercai di fare tutto il più in fretta possibile. Mi lavai, rifeci il letto, e mi vestii.
“Jamie scendi che è tardi! Devi andare a lavoro!” urlò mio padre dal fondo del corridoio.
“Mi sto infilando il maglione! Arrivo subito!”
Come al solito ero in ritardo. Inutile farsi promemoria mentali.
Attraversando la casa per andare in cucina vidi l’orologio. Erano le 8 meno un quarto, così salutai alla svelta, presi una brioche e mi infilai il cappotto per uscire.
Controllai di avere il tesserino del market e poi mi fiondai in strada.
Accanto a me le persone passeggiavano tranquille, guardando i negozi o chiacchierando al telefono.
Dandomi un’occhiata intorno osservai il paesaggio familiare del quartiere.
I caseggiati e i grattacieli erano belli, colorati vivacemente e spesso fiancheggiati da alberi. Qui il macellaio, lì la pescheria. E sopra uffici, saloni di bellezza e altro ancora.
Di là della strada il fiorista e poi il barbiere. Tutto era perfetto, come in una città virtuale.
Svoltando all’angolo vidi che il camioncino della segnaletica si era messo al lavoro per addobbare le strade con le luci natalizie.
Dritto di nuovo, poi destra, ancora un po’ di strada e infine eccomi arrivato.
Ci avevo messo come al solito dieci minuti spaccati. Solo che quel giorno tutto il personale mi stava aspettando prima dell’apertura, il che era insolito.
“Buongiorno… mi state aspettando?”
Il padrone del locale, un uomo pelato sulla cinquantina, mi fece cenno di sì e mi invitò a prendere posto assieme agli altri.
“Purtroppo ho una notizia da darvi… fra poco il negozio dovrà chiudere”
“Come?” disse una ragazza dai capelli scuri vicino a me. “Non dovevamo semplicemente trasferirci?”
“Sì in teoria avrebbe dovuto essere così… ma tra poco verrà inaugurato un nuovo market, e io sono ormai troppo vecchio per continuare questa attività. Sapete bene che per legge due attività uguali non possono coesistere nello stesso luogo se non ad una certa distanza tra loro”
“E hanno dato il permesso agli altri?” sbottò un ragazzino dall’accento spagnolo.
“Sì, perché hanno previsto che all’interno ci sarà anche un’edicola. Inoltre hanno già assunto parecchio del personale necessario. Mi dispiace molto, ragazzi”
Ci mancava solo questa. Perdere il lavoro. Cos’avrei fatto altrimenti? Avevo una qualifica bassa e non potevo applicarmi in molti altri settori. Già per fare l’impiegato in un’azienda si richiedeva il grado successivo al mio, figuriamoci per altro.
“E ora datevi da fare, che la giornata è lunga. Io vado ad aprire”
Mentre mi avviavo verso il magazzino, non potei fare a meno di pensare alla sera precedente. Non erano in fin dei conti contraddittorie queste leggi per tutelare il cittadino? Avevano lo scopo di favorire la tranquillità ma finivano solo per creare problemi.
Mia madre in fondo sarebbe stata contenta che avessi cambiato lavoro, ma sapeva bene quanto me che lo stipendio sarebbe rimasto lo stesso. Mio padre invece avrebbe vivacemente protestato, finendo col dirmi “E’ ora che ce ne andiamo nel futuro!” come se lì la situazione fosse migliore.
Il nostro mondo non era certo il massimo ma era sicuramente più civilizzato del futuro.
Eravamo il popolo più protetto da minacce criminali, di qualunque tipo fossero. E non solo da quelle. L’ordine e la sicurezza erano ciò che più stava a cuore allo Stato, e ciò aveva finito per rivoluzionare completamente il nostro modo di vivere.
Grazie alla Crusade e alla macchina del tempo, il governo aveva fatto proprio il motto “Conoscere il futuro per migliorare il passato”.
Così mentre da noi vizi come fumo e alcol erano stati debellati, nel futuro continuavano a dilagare come peste. Chi come mio padre si ribellava alla legge doveva rivolgersi al mercato nero, che comunque era un’eccezione. Il divorzio non era più ammesso e la famiglia era la più sacra delle istituzioni. I programmi televisivi prima di essere mandati in onda venivano controllati più volte perché non contenessero informazioni capaci di danneggiare moralmente il nostro cervello. Tutta la cultura passata era stata a poco a poco soppressa a favore di nuove forme artistiche, letterarie e musicali controllate dal sistema.
Grazie alla Crusade, che manteneva il segreto del viaggio del tempo, tutti gli orrori che avvenivano nel futuro erano prontamente cancellati nel passato e lo stile di vita della popolazione modificato al fine di proteggerci da noi stessi. Ogni reato punito ancora prima che venisse commesso, ogni eccesso smorzato dal sistema che come un’amorevole madre ci portava via dagli ostacoli della vita.
Mentre il futuro era l’inciviltà. Assassini e barboni, ladri e stupratori, eccesso e vizio, sporcizia e crudeltà dominavano questo inferno.
C’erano centinaia di persone che, come mio fratello, credevano ciecamente nel sistema, abbandonandosi ad esso.
C’erano alcuni che, come mio padre, si opponevano fermamente ad esso pur non potendo fare nulla.
E c’era chi, come me, era nel mezzo e tentava di capire cosa era verità e cosa era bugia, senza avere risposte.
La giornata trascorse veloce senza intoppi, tra una fatica e l’altra come ogni giorno.
Passavo la spesa dei clienti senza badare troppo a ciò che prendevano, dato che erano sempre le stesse cose.
Il caffè, il detersivo, una torta, i biscotti. Non avevamo nemmeno la difficoltà di scegliere cosa prendere dagli scaffali, dato che tutto era fornito dallo Stato. Ed era rigorosamente di ottima qualità.
Insomma, vivevamo in una campana di vetro.
Uscii alle 8, poco prima del coprifuoco, come al solito.
Poi sulla strada di casa vidi un capannello di persone rannicchiate contro qualcosa, senza dire nulla.
Trovai la cosa un po’ buffa, ma avvicinandomi vidi una cosa che non avrei mai osato pensare.
C’era una persona a terra, un uomo. Le persone tentavano di svegliarlo ma non succedeva nulla.
Era tutto sporco di sangue, gli occhi fissi nel vuoto, un buco nella fronte.
Era stato ucciso.
C’era stato un omicidio.

* * *

Mi bloccai, consapevole di ciò che era appena successo.
Com’era possibile che gli agenti della crono polizia non avessero previsto l’omicidio? Com’era possibile che avessero lasciato che ciò succedesse?
Le altre persone fissavano imbambolate l’uomo a terra, come se stessero osservando una rarità. Mi guardai intorno: tutti procedevano come al solito, ognuno per la propria strada senza badare a ciò che succedeva accanto.
Possibile che nessuno si rendesse conto della gravità della situazione?
Se la notizia si fosse propagata, sarebbe scoppiato il caos.
Era difficile ammetterlo, ma ero spaventato soprattutto dalla calma che accompagnava quel delitto.
Tutto era perfettamente immobile.
In un angolo del mio cervello qualcosa scattò: non dovevo restare lì. Lasciai alle mie spalle il cadavere e la gente che gli stava attorno, voltandomi indietro di tanto in tanto. La scena non era minimamente cambiata. Chi si era fermato guardava il corpo come se in realtà stesse fissando il vuoto, mentre tutti gli altri sembravano non realizzare quanto era successo, anzi.
Rientrai a casa ancora stordito dall’accaduto.
Era tutto così calmo che ora quasi faticavo a credere di aver visto quell’uomo a terra, in una pozza di sangue. Me l’ero solo immaginato? Ma no, era impossibile. L’avevo visto, lo ricordavo bene.
Quando entrai dal retro, non sentii nemmeno una parola di quello che mio padre mi disse.
Probabilmente dovevo avere una faccia parecchio strana.
“Jamie… tutto ok? Che ti succede?”
Mio padre mi guardava ansioso, le rughe del suo volto tese per la preoccupazione.
Che cosa dovevo fare? Raccontargli quello che avevo visto?
“Sì… mi sento solo un po’ stanco. Forse mi sono preso qualcosa, con tutto questo vento. Ho un po’ di mal di testa”
“Oh, mi dispiace figliolo. Ci dev’essere ancora un po’ di quello sciroppo contro l’influenza, guarda nella credenza sopra il frigo!”
“Ok, grazie pà”
Non me la sentii di dirgli nulla. Cos’avrebbe detto Raymond? Sapeva già quello che era successo?
Andai veloce di sopra, trovando Lola intenta a innaffiare le piante e mio fratello sul divano a guardare la tv. Era uno di quei documentari sulla natura africana.
Sul tavolino accanto al divano c’erano carte di caramelle. Lui andava matto per quelle alla fragola, mi ricordai sorridendo.
“Ehi ciao Jamie! La mamma ti ha lasciato un toast in cucina. Lei starà da una sua amica stasera… sai guardano quella soap spagnola che va tanto di moda. Ah, le donne… su, prendi il toast e vieni a farmi compagnia!”
Sorrisi. Raymond non sapeva ancora nulla... Ma quanto tempo sarebbe passato prima che qualcuno si decidesse ad entrare in azione? Decisi di accantonare momentaneamente il problema e fare come mio fratello aveva detto. Forse parlare un po’ con lui mi avrebbe distratto.
“Ah Jamie, sai che a volte non ti capisco proprio? D’accordo che tu e io siamo sempre stati diversi… io espansivo, tu introverso, ma mi sembra che ultimamente le cose siano un po’ peggiorate… o no? Ricorda che sono pur sempre tuo fratello, so vedere quando c’è qualcosa che non va”
Mi sedetti accanto a lui, sgranocchiando il toast che sapeva di pane vecchio.
“Non lo so Ray. Forse è il lavoro sempre uguale che mi stanca. Pensa, oggi mi hanno detto tra poco apriranno un nuovo market e quindi verremo sicuramente licenziati. Se perdo il lavoro…”
“Non ti devi preoccupare. So cosa potrebbe pensare mamma, ma devi contare sulle tue capacità. E’ stata una sfortuna che ti abbiano classificato con un grado così basso. Sei riflessivo e intelligente…”
“Avanti, ora non esagerare. Non mi pento della vita che faccio, cerco di tirare avanti come tutti, ma a volte mi sembra quasi di vivere fuori dalla realtà. Non so se riesco a spiegarmi…”
Le immagini di leoni e gazzelle si susseguivano veloci davanti ai miei occhi, mentre cercavo di trovare le parole giuste. Allora c’era veramente un problema nella mia vita? Un qualcosa che non riuscivo bene ad esprimere?
“A volte mi sembra che la vita mi stia stretta Ray”
Le parole mi uscirono spontanee. Era vero in fondo. Mi mancava qualcosa, ma non sapevo esattamente cosa.
Mia madre aveva con le amiche e il suo sentimentalismo, anche se si era costruita un suo mondo. Non si curava infatti della famiglia come avrebbe dovuto essere, ma lasciava fare tutto a Lola, che anche con tutta la buona volontà rimaneva sempre un cyborg.
Mio fratello aveva il suo lavoro pieno d’azione, nel quale ci si buttava con entusiasmo.
Mio padre invece aveva le sue automobili, i suoi sigari e le bottiglie di brandy, che lo distraevano da una fastidiosa realtà.
Mentre io avevo solo la routine.
“Stai passando un brutto periodo Jamie e ti capisco. Caspita, la prospettiva di perdere il lavoro proprio sotto Natale non è la cosa più entusiasmante… però ti rifarai, vedrai. Ecco, secondo me ti dedichi troppo al lavoro. Non hai mai tempo per guardare un po’ la tv, ascoltare buona musica… dovresti prenderti un periodo di ferie, dopo che le cose si saranno sistemate”
“Sì, forse hai ragione. Dici che non c’è motivo di preoccuparsi?”
“Ma no che non c’è. Poi in un mondo come questo, anche se perdi il lavoro ne troverai subito un altro, fidati” disse lui, sorridendomi sornione. “E comunque se alla fine non lo trovi potresti sempre iscriverti come recluta alla Crusade. Quello è l’unico posto dove puoi fare carriera, lo sai. Per il resto il mondo del lavoro è statico. A proposito… ci sono le giornate d’apertura tra poco. Potresti venire a dare un’occhiata”
“Wow… beh, grazie fratello. Ora vado a dormire, sono stanco e con il lavoro che faccio non riesco a stare sveglio a lungo”
Quanto avrei voluto possedere l’ottimismo di mio fratello! Ma forse chissà, le sue previsioni si sarebbero avverate, non si poteva mai dire.
“Notte fratellino” mi rispose lui, continuando a guardare il documentario.
“Buonanotte signorino Jamie” mi disse Lola, che stava raccogliendo tutte le carte dei dolci che Raymond aveva lasciato vicino al divano.
In quel momento papà chiuse la porta che portava al garage, raggiungendoci in salotto.
“Come mai su così presto? Io stavo andando a dormire” dissi.
Che qualcuno l’avesse informato di quello che era successo? Non era escluso. Ma le sue parole smentirono i miei dubbi.
“Oh, niente di che, stasera ho finito di montare i pezzi che mi servivano, così sono venuto di sopra prima. Hai preso lo sciroppo?”
“Ehm no… mi è passato”
“Che sciroppo Jamie?” intervenne mio fratello.
“Niente, solo quello per l’influenza… prima non stavo tanto bene”
“D’accordo. Notte allora!”
Appena chiusa la porta della camera, il silenzio mi invase. Ero di nuovo solo e i pensieri che mi avevano abbandonato prima, ritornarono ad assillarmi.
Che cosa poteva essere successo? Qualche crono poliziotto aveva commesso un errore e aveva permesso così che un assassino girasse a piede a libero per New York?
Era improbabile, ma non impossibile.
Mi sedetti sul letto a gambe incrociate, osservando pigramente la mia stanza: il mio letto nell’angolo, l’armadio a muro sopra di esso, e dall’altra parte la mia scrivania da qualche anno piena di polvere.
Sapevo che i libri di testo appoggiati lì sopra non mi sarebbero serviti. Avevo bisogno di distrarmi.
Così con una mano cercai sotto il letto, finché la trovai: un piccolo scanso e una serratura.
Quello era il mio personale baule del tesoro, pieno dei libri messi all’indice che mio padre aveva procurato per me diversi anni fa. La chiave era al solito posto, in un cassetto dimenticato del mio armadio.
Da quanto tempo non l’aprivo? Decisamente dovevo essere davvero nervoso perché mi mettessi a leggere.
Ma quella notte non avevo affatto sonno, così perché non approfittarne?
Presi due libri a caso, senza guardare: “Uno studio in rosso” e “Il segno dei quattro”.
Era incredibile quanto le coincidenze riuscissero a stupirmi.
Le avventure di Sherlock Holmes, senza dubbio le mie preferite, erano perfettamente indicate al momento.
Da piccolo avevo sognato parecchie volte di ritrovarmi nei panni dell’investigatore inglese più celebre, anche se sapevo che non sarebbe mai stato possibile.

“… il suo sguardo era acuto e penetrante; e il naso sottile aquilino conferiva alla sua espressione un’aria vigile e decisa. Il mento era prominente e squadrato, tipico dell’uomo d’azione. Le mani, invariabilmente macchiate d’inchiostro e di scoloriture provocate dagli acidi, possedevano un tocco straordinariamente delicato, come ebbi spesso occasione di notare quando lo osservavo maneggiare i fragili strumenti della sua filosofia”

Tutto mi era estremamente familiare.
Sapevo che era questo che avrei voluto fare, se mi fosse stato possibile. Ma gli agenti della Crusade non erano investigatori, loro vedevano e applicavano la legge senza sconti, senza farsi domande.
Io me ne facevo fin troppe, e andando avanti con il racconto, immerso in un clima piacevolmente intriso di suspense e mistero, ne affiorarono in me delle altre.
Cosa avrebbero fatto gli agenti della Crusade quando avessero scoperto che delle persone avevano visto il corpo? Ci avrebbero cancellato la memoria? Ci avrebbero deportato in qualche altro Stato, nei campi di lavoro per il bene della comunità? O tutti avrebbero continuato a fare finta di nulla? E se non fosse stato un errore di un poliziotto, cos’altro avrebbe potuto essere?
Ma di certo non avrei potuto, né dovuto indagare su fatti così oscuri, così al di fuori della portata di noi comuni cittadini.
Avrei finito solo con il cacciarmi in qualche pasticcio, nel quale avrei coinvolto anche la mia famiglia, e questo era l’ultima cosa che volevo.

“… eliminato l’impossibile, ciò che resta, per improbabile che sia, deve essere la verità”

Ma quale verità c’era dietro a tutto questo? Se ci pensavo, potevo ancora vedere l’uomo riverso sul pavimento. Sembrava avere più o meno la nostra età: aveva capelli neri corti, quasi rasati, il viso rotondo e un po’ paffuto e gli occhi scuri. Un buco in fronte, esattamente al centro.
Che fosse stato solo un caso?
Con queste domande in testa mi addormentai, sognando di essere inseguito da un killer.

   
 
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