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Autore: Blustar    02/05/2010    0 recensioni
New York 2289.
Gli Stati Uniti hanno scoperto il segreto del viaggio nel tempo, usandolo per creare il mondo perfetto, libero da ogni male. Perché qualcuno allora dovrebbe cercare delle risposte?
"C’erano centinaia di persone che, come mio fratello, credevano ciecamente nel sistema, abbandonandosi ad esso. C’erano alcuni che, come mio padre, si opponevano fermamente ad esso pur non potendo fare nulla. E c’era chi, come me, era nel mezzo e tentava di capire cosa era verità e cosa era bugia, senza avere risposte"
*Storia in fase di rinnovamento*
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Due


Un trillo e la radio si accese.
“Buongiorno amici ascoltatori! Sveglia!! Sono le 7 e mezza del mattino, e anche oggi non avete nulla di cui preoccuparvi! Ma ascoltiamo le prime notizie della giornata: sei in linea, Dorothy?”
“Certo Gary, buongiorno! Una notizia sorprendente: nuovo Guinness dei Primati a Kirkburg, dove un gruppo di panifici ha sfornato il nuovo sfilatino più grande del mondo! L’eroe della giornata è il signor Mandelson, che…”
Chiusi la radio con un colpo, come al solito. Dunque non c’era nulla di nuovo.
Con uno scatto mi rigirai nel letto: mi accorsi che mi ero addormentato con i vestiti del giorno prima, e Sherlock Holmes era ancora lì tra le coperte, pericolosamente in vista.
Anche se di malavoglia mi alzai e in fretta rimisi tutto a posto. Se qualcuno fosse entrato e avesse visto, a meno che non fosse mio padre, non mi avrebbe certo fatto i complimenti.
Rimisi la chiave al solito posto, appena in tempo perché qualcuno bussasse alla porta.
“Jamie, ma quante volte devo chiamarti? Scendi immediatamente. Sei sempre in ritardo, cosa dovrò mai fare perché tu sia puntuale?”
“Grazie mamma, anche io ti voglio bene. Faccio in fretta”
Ma anche correndo come un fulmine, ci misi più di dieci minuti per cambiarmi e rendermi presentabile.
Quasi inciampai andando in cucina, dove gli occhi verdi di mia madre mi stavano aspettando, pieni di rimprovero. Ma non ci badai, causa l’assenza di Raymond.
“Dov’è mio fratello?”
“E’ uscito per lavoro. Si è svegliato presto, povero caro, ha avuto una chiamata urgente ma ha promesso di essere a casa per il coprifuoco. Tu invece oggi hai poltrito più del solito” mi fece notare.
“Mi sono addormentato tardi. Avevo un po’ di mal di testa… ma com’è andata la serata ieri?”
“Bene grazie. Ci siamo divertite un sacco”
“Mh, bene direi. Prendo qualche biscotto ed esco” dissi, cominciando a rovistare nel sacchetto dei biscotti alla vaniglia.
“Esci dal retro però. Tuo padre è già di sotto che traffica con i suoi modellini e ha detto che ti deve chiedere un favore. Non capirò mai perché tu lo assecondi nelle sue stramberie” disse lei, i suoi capelli dorati che ondeggiavano di qua e di là mentre metteva in ordine la tavola assieme a Lola.
“Faccio quello che posso per renderlo felice. Ciao, a stasera!”
Mi diressi subito al garage. Certe mattine era davvero insopportabile, ma non gliel’avrei data vinta.
Pensai alla proposta di mio fratello. Chissà se la mamma avrebbe iniziato ad adorarmi come con Ray se avessi accettato di diventare una recluta della Crusade.
“Ah, Jamie sei tu. Guarda come sta venendo bene! Visto?”
Mio padre, i capelli bianchi disordinati e il viso sporco di olio del motore, mi stava mostrando le modifiche che aveva apportato alla 500. Ora era completamente bianca, verniciata a puntino, le gomme nuove e alcune luci di sua invenzione attaccate vicino ai fanali davanti.
All’interno invece era ancora un ammasso di fili aggrovigliati tra loro.
“Beh dai direi che ti sei dato parecchio da fare. Ora è davvero bella”
“Già” disse, visibilmente soddisfatto.
“Hai bisogno di pezzi nuovi, non è vero?”
“Sì esatto. Ho bisogno che tu vada a prenderli per me. E’ da Joe che devi andare però. Sai dove abita, no?”
“Sì. Nella 143esima, no? Una delle prime case a sinistra. Passerò di sicuro se mi avanza del tempo, ok?”
“Bravo figliolo. Ecco qui i soldi”
“Ma… 770 dollari?? Ti rendi conto che…”
“Sì sì lo so, Jamie, non farmi la predica. Mi servono. Sono dei pezzi particolari… originali, oltretutto! Fili e un piccolo apparecchio per installare lo schermo. E il lettore blu ray, anche”
“D’accordo. Però non ti stupire se un bel giorno mi cancelleranno la memoria ok?”
“Tranquillo, non lo faranno” se la rise mio padre. “Abbiamo una protezione speciale, lo sai. E poi, cosa vuoi che succeda?”
Salutai e uscii in strada, il vento gelido sul viso. Già. Cosa vuoi che succeda, quando c’è appena stato un omicidio?
Mio fratello Raymond era stato richiamato prima del solito però. Era sicuramente legato a quella faccenda.
Ero davvero curioso di sapere cosa ci avrebbe raccontato a casa. La verità o una bugia? O avrebbero raccontato bugie pure a lui?
Passando per la via che portava al market, non notai niente di strano.
O meglio: non vidi nulla. Il che significava che il cadavere era stato rimosso e il sangue asciugato e poi pulito. Incrociando i passanti, nessuno avrebbe mai potuto dire che era stato ucciso un uomo.
Sul viso tutti avevano la solita espressione tranquilla e sicura di sempre. Alcune coppie si davano la mano, camminando felici, altre persone parlavano con il video talk andando a lavoro.
Anche la giornata al market fu delle più tranquille. I ragazzi che come me erano impiegati lì, svolgevano tutti le loro mansioni in silenzio, collaborando quel poco che bastava per riordinare gli scaffali al meglio.
Io passavo la spesa dei clienti, ascoltando le loro conversazioni, sicuro che avrei trovato qualcuno che avesse visto, o sentito qualcosa.
“Hai visto la soap ieri sera? Ah, com’è intrigante Terence! Quello sguardo farebbe sciogliere chiunque, credimi…”
“Uff, per Natale mi hanno assegnato un turno straordinario come giardiniere… ma tornerò in tempo per il cenone e i regali. A mia moglie ho preso un libro da cucina. Non le piace lasciare tutto a Betsy, il nostro cyborg…”
“Oggi alla radio hanno detto che la prossima settimana nel Queens organizzano delle partite di carte. Io ci vorrei andare, e tu?”
Niente da fare.
Per tutta la giornata tesi l’orecchio, ma non sentii niente di inquietante, o quantomeno strano.
Arrivarono presto le sette, e così chiesi al ragazzino spagnolo che lavorava con me di darmi il cambio.
Porché? Hai qualche impegno?”
“Sì, devo andare a ritirare dei farmaci per mio padre”
Era incredibile come quella scusa funzionasse sempre. Non mi piaceva mentire certo, ma lo facevo unicamente per lui.
“Ah ok amigo. Vai pure, resto io qui. Tanto tra un po’ finiamo no?”
Presi le mie cose e me ne andai.
L’oscurità delle sere di dicembre mi avvolse, mentre svoltavo a destra, diretto verso casa Rubens.
Joe non stava così vicino a noi come Bob Flanders, e non potevo presentarmi a casa sua cinque minuti prima del coprifuoco.
Girai a destra e mi diressi verso Flower Park. Dopo aver attraversato i viali di ghiaia mi mancavano solo due isolati, che superai velocemente. Il palazzone giallo ocra dove Joe abitava mi stava aspettando.
Questa volta però non dovetti salire le scale, bensì scendere in uno scantinato simile al nostro garage, solo molto più disordinato e senza vecchie 500 bianche.
“Entra ragazzo, entra”
Joe era davvero un omone, anche se qualcuno avrebbe potuto dire che somigliava a Babbo Natale. Ovviamente se quel qualcuno l’avesse detto davanti a Joe, sarebbe stato molto sfortunato.
“Buonasera, signor Rubens. Come va il lavoro?”
“Bene, ti ringrazio, ma come già saprai le maggiori soddisfazioni le ho dal riparare oggetti. E ancora di più nell’aiutare chi come me li ripara” disse rivolgendomi un sorriso bonario.
“Sì, mio padre è veramente contento di come stanno andando le cose. Spera di riuscire a mettere a posto quella vecchia 500 entro la fine dell’anno”
“Cosa? E’ per questo che gli servono tutti questi trabiccoli?” se la rise. “Herbert è davvero coraggioso”
“Ah, non le aveva detto su che cosa stava lavorando?”
“No. Mi ha detto solo che quando l’avrei visto sarei rimasto senza fiato… e ora capisco perché!”
Mi sentii arrossire. Non potevo sapere che fosse una sorpresa, e avevo svelato il segreto con troppo anticipo.
“Beh ecco tieni i pezzi. Augura buona fortuna a Herbert anche da parte mia! Prima o poi verrò a fargli visita”
“La ringrazio signor Rubens. Arrivederci” dissi prendendo il sacchetto con tutte le strane cose metalliche che servivano a mio padre, e poi pagai.
“E chiamami Joe! Ormai ci conosciamo no?”
“Oh beh, certo. Ciao Joe” dissi.
Che persone strane conosceva mio padre. Ma erano tutte anche molto simpatiche, pensai sorridendo.
Stavo per uscire dalla via, quando un sibilo sordo attirò la mia attenzione.
In quel momento ne fui certo. I guai mi volevano perseguitare.
Nel vicolo che tagliava la via di lato, c’era una donna con una pistola in mano, a fianco a lei un uomo riverso a terra, certamente morto.
Sentii un peso in fondo allo stomaco, mentre il mio cuore iniziava a martellarmi in petto. Sarebbe stato imbarazzante ammetterlo, ma ero paralizzato dalla paura.
Cos’avrebbe fatto? Io non riuscivo a muovermi.
Lei si avvicinò, fino ad essere illuminata dalla luce del lampione poco distante.
Era la ragazza più sorprendente che avessi mai visto.
Aveva capelli rosso fuoco tagliati corti, che le ricadevano con grazia sul viso. Era piccola, minuta, ma le sue mani tenevano saldamente la pistola, ora bassa, ma sempre pronta a scattare verso l’alto.
E mi guardava con gli occhi grigi, spalancati da un’emozione non ben definita.
Cosa fare? Come avrei potuto reagire in modo da salvarmi la pelle e allo stesso tempo catturarla?
Perché lei era un’assassina e doveva pagare.
“Jamie…” sussurrò, come se davanti a sé avesse un fantasma.
Mi si seccò la gola. Come faceva a sapere il mio nome? Sapeva chi ero?
Ma soprattutto, sembrava che si stesse aspettando una risposta.
Provai a parlare, senza successo.
Perché mi stavo fermando lì? Ero coinvolto da un’emozione strana. Ero spaventato e curioso allo stesso tempo.
Come faceva… come faceva a sapere il mio nome? Io di certo non l’avevo mai vista.
Alla fine le parole mi uscirono, rotte e più acute del normale.
“Conosci il mio nome?”
“Sei tu…” disse, abbassando definitivamente la pistola.
Mi conosceva? Sì, era evidente. Peccato che non l’avessi mai vista.
“Jamie, vai via da qui. Vai a casa, ti prego”
Io restai immobile. Cosa voleva dire?
A quel punto mi puntò la pistola in faccia, venendo più vicina.
Guardandomi intorno, non c’era nessuno.
“Corri hai capito? Vai via, altrimenti ti sparo. Giuro che lo faccio” ringhiò.
“Perché lo fai? Perché l’hai ucciso?”
La mia domanda la spiazzò. Era confusa.
“Perché è giusto”
E poi, prima che potessi aggiungere altro, corse via, allontanandosi da me e dalla strada principale.
Correva come se qualcuno la stesse inseguendo, finché non scomparve girando l’angolo.

* * *

Era giusto uccidere? Ma in quale mondo possibile un’azione così disumana poteva essere giusta?
Solo uno: il futuro. Quella ragazza, ne ero certo, veniva da lì.
Non soltanto perché nel nostro tempo la polizia era l’unica forza che poteva disporre di armi, ma anche per il suo stesso aspetto fisico. Le donne della nostra epoca trovavano ripugnante l’idea di tagliarsi i capelli e soprattutto di tingerseli con un colore così vistoso come il rosso fuoco!
Mi avvicinai senza un perché all’uomo disteso a terra nel vicolo.
Il suo viso era contorto in una maschera di paura. Come poterlo biasimare? Nessuno si aspetterebbe mai di venire ucciso, non in un mondo così.
Girandomi per tornarmene a casa però, vidi qualcosa luccicare poco distante. Avvicinandomi, vidi con orrore che era un tesserino della polizia. Quell’uomo doveva essere un agente.
Perché proprio io dovevo essere coinvolto in un affare simile?
Una volta sarebbe anche potuta bastare.
Tornai indietro il più in fretta possibile, cercando di indovinare un’espressione che fosse la più tranquilla possibile.
Speravo di riuscirci, ma in cuor mio sapevo che non ce l’avrei mai fatta.
Pensai al cadavere dell’altro giorno.
Se la polizia non mi aveva ancora scovato significava che ero stato molto, molto fortunato.
Aver visto un cadavere per strada e poi continuare a vivere con la memoria intatta era senza dubbio qualcosa di unico. O forse mi avevano trovato, ma Ray era intervenuto in mio soccorso.
Ma se fosse andata veramente così me ne avrebbe parlato in privato e invece non era ancora successo nulla.
In ogni caso l’episodio appena accaduto andava ben oltre le mie possibilità di sopravvivenza.
Ero arrivato a vedere in faccia l’assassina, ed eccomi qui a camminare verso casa come se niente fosse.
Sinceramente cominciavo a sentirmi un’idiota.
Avrei potuto provare a bloccarla, fermarla in qualche altro modo, o dirlo prontamente a Raymond sperando che non mi cancellassero la memoria e invece mi mandassero in qualche altro Stato.
Però lei aveva con sé una pistola, mentre io ero disarmato. E soprattutto sembrava conoscermi. Come se quasi tenesse a me! Che cosa strana.
Perché altrimenti mi avrebbe detto di andare via, di fuggire da lei?
Sapeva che sarei stato in pericolo?
E poi, domanda ancora più fondamentale, perché non era stata individuata e fermata dagli agenti?
Sicuramente mi stava sfuggendo qualcosa, ma più ci pensavo più non ne venivo fuori.
Attorno a me le luci dei lampioni si stavano affievolendo e la gente affrettava il passo.
Mancava un quarto d’ora al coprifuoco.
I volti delle persone che osservavo erano sereni come al solito. Stavano tornando a casa, pronti per rilassarsi, mangiare e guardare in pace la tv. Probabilmente la giornata era andata secondo la norma: alcuni a scuola, altri a casa a studiare per l’università, altri a lavoro.
Qualcuno magari aveva avuto un incarico interessante da svolgere, qualcun altro si era divertito a parlare con i colleghi... ma nessuno aveva un’aria preoccupata, la mente tormentata da domande come lo era la mia.
La faccenda era oltremodo pericolosa: ci doveva essere sicuramente un motivo dietro questi omicidi, un filo conduttore. E se anche l’altra persona uccisa fosse stata un’agente della Crusade?
Quanti avevano subito il loro stesso destino? Che cosa stava succedendo, in realtà?
E perché, se la polizia era già entrata in azione, questi omicidi non erano ancora stati fermati?
Che qualcuno stesse complottando contro il governo? Forse dietro quell’assassina c’era un’organizzazione più potente, ecco perché non l’avevano individuata.
Ma anche se così fosse stato, come avrebbero potuto procurarsi le tecnologie per eludere la sorveglianza? Scivolai silenziosamente per le vie, tornando in tempo a casa.
Papà era al settimo cielo:
“Ah, vedere questi pezzi fa così bene alla salute! Sai, credo stiano diventando davvero una droga per me… mi sento ringiovanito di almeno dieci anni!”
“Dovresti stare attento invece, sai bene che non sei più quello di una volta” dissi, protettivo.
Non volevo che andasse a farsi male per niente.
“Sciocchezze, Jamie! Riuscirò a finire la 500 in un mese al massimo, e poi potrò tranquillamente dedicarmi a cercare un Picasso originale”
Incredibile quanta energia avesse ancora alla sua età.
Mamma, com’era prevedibile, era preoccupata per Raymond. Lo ero anche io, ma per tutt’altro motivo.
Se erano gli agenti della Crusade ad essere colpiti, questo significava che anche mio fratello poteva essere ucciso.
Mi tornavano in mente le parole di quella ragazza: uccidere per lei era giusto, ma per me non avevano significato. Era solo un’assassina.
Quell’assassina però aveva scelto di risparmiarmi.
Perché dovevo avere una coscienza, accidenti?
Per fortuna, Raymond rientrò quel giorno. Erano circa le undici quando sentii lo scalpiccio familiare di mio fratello in cucina.
Mia madre scese di corsa gettandosi tra le sue braccia, singhiozzando.
“Un’assenza di ben due giorni… nessuna notizia… e la tua partenza così improvvisa! Mi hai fatto stare in pensiero, lo sai?”
“Non preoccuparti mamma, sono fatto d’acciaio” se la rise Ray, abbracciandola.
Ma scendendo dalla mia stanza, avevo notato il colorito pallido di mio fratello, l’espressione tesa.
Ardevo dalla voglia di sapere le ultime novità.
E mi pareva incredibile l’ipotesi per cui io potevo anche essere più informato di lui.
“Cos’è successo?” chiese lei.
Il nostro vecchio non era ancora sceso. Probabilmente non aveva sentito nulla ed era ancora nel mondo dei sogni. Herbert era fatto così.
“C’è stato una specie di problema con gli agenti… hanno commesso un errore nel futuro, hanno preso la persona sbagliata e abbiamo dovuto controllare che fosse tutto apposto. Ci sono voluti due giorni per rintracciare il fuggitivo”
Ma la sua voce era incerta. Forse solo io l’avevo notato, ma sapevo che c’era qualcosa che non andava. Quella ragazza stava creando un sacco di problemi.
O forse, pensai raggelandomi, lei era solo una dei tanti.
Poi lui mi notò in piedi sulla scala, e mi sorrise.
“Ehi Jamie… anche tu alzato fino a tardi stanotte?”
“Non riuscivo a dormire e così ti ho sentito arrivare. Ci hai fatto prendere un bello spavento eh?”
“Già. Ma ora è tutto risolto”
“Con te in giro ci credo. Hai due spalle che metterebbero paura a chiunque” dissi, cercando di sollevare un po’ l’atmosfera.
Ray e la mamma risero, poi lei gli diede un pizzicotto sulla guancia.
“Me ne torno a letto. E voi due non state alzati ancora a lungo, va bene? Dovete entrambi riposare”
A me diede una piccola pacca sulla spalla e poi se ne tornò in camera.
“Caffè, fratellino?”
Era evidente che mi voleva parlare.
“Ma certo” dissi, scendendo e andando in cucina, dove lui stava preparando la caffettiera.
Mi sentivo in colpa. Raymond si stava fidando di me, mentre io non avevo avuto il coraggio di parlargli di ciò che era successo. E se lui fosse stato vittima di un agguato? Come avrei potuto perdonarmi il fatto di aver contribuito a lasciare in libertà un’assassina?
Stavo indugiando in un errore che non avrei mai dovuto commettere.
“Forse non sei l’unico che perderà il lavoro, Jamie”
La notizia mi colse impreparato.
“Come sarebbe a dire? Non eri stato promosso?”
“Sì ma… questi ultimi problemi… l’ho soltanto rassicurata, hai visto anche tu. Sai bene che non sono portato per mentire”
“Ho visto sì, e mi stavo appunto chiedendo cosa potesse essere successo. Ma da qui a perdere il lavoro?”
Ci prendemmo una pausa per bere. Il caffè fumava piacevolmente nelle nostre tazze, e il suo sapore dolce amaro ci aiutò a proseguire la conversazione.
Ray si fece più vicino, la sua voce un sibilo.
“Forse… forse c’è più di un assassino in libertà. Qui, nel nostro tempo. Stanno cercando di colpire la Crusade. E non sappiamo come questo sia potuto accadere”
Mi guardò, grave.
I miei sospetti erano stati confermati. Mi sentii pietrificare e Ray mi prese la mano, comprensivo.
Non immaginava nemmeno quali fossero i miei pensieri.
“Lo so, lo so che sembra impossibile, ma bisogna mantenere il più assoluto riserbo su questa faccenda. Posso contare su di te?”
“Certo che puoi contare su di me, fratello. Solo, la cosa mi spaventa. Potrebbero colpire anche te…”
Lui annuì. Era evidente però che questo non lo preoccupava.
“Io ho avuto l’onore di essere stato scelto come uno dei membri per quest’operazione speciale. Se falliamo però… verremo costretti a lasciare il Paese. Non ci sarà posto negli Stati Uniti per chi dovesse tradire la patria con un fallimento”
“Io ho fiducia in te. So che ce la farai. Se c’è qualcuno che può, quello sei tu”
“Grazie fratello. Ma in questi giorni abbiamo setacciato la città e i dintorni nel futuro, ma non siamo riusciti a trovare nemmeno uno straccio di indizio che ci possa portare a scoprire qualcosa di più. La gente lì si comporta come al solito… ogni caso di omicidio è stato vagliato fino all’esasperazione, ma sono sempre gli stessi. Un marito che uccide la moglie e il suo amante… un sicario che fa fuori un concorrente della banda rivale… un incidente stradale. Niente di sospetto, accidenti. Nemmeno un po’”
“Cavoli. Io però direi che non hai considerato bene il caso”
“Come?”
Raymond pareva piuttosto perplesso.
“Se gli omicidi sono avvenuti nel nostro tempo e colpiscono gli agenti della Crusade che si trovano qui… beh, allora sai già chi tenere d’occhio” dissi.
Almeno quest’aiuto glielo dovevo. Era vero che la strana ragazza dai capelli di fuoco mi aveva risparmiato, ma Raymond era mio fratello, e sentivo di doverlo aiutare.
Lui sorrise.
“Jamie… sai che se fossi in una delle nostre squadre ti avrebbero tenuto seriamente in considerazione per una promozione? A te può sembrare facile, ma c’è chi fa il crono - poliziotto perché non ha altre possibilità. Ripeto: se perdi il lavoro, considera l’opportunità di venire da noi. Potrai partire da soldato semplice dato il grado che hai, ma ci scommetto che con un cervello così farai carriera!”
Era visibilmente sollevato, e anche io.
“Grazie Jamie… domattina andrò al quartier generale e organizzerò subito una spedizione in borghese”
“Di niente Ray. Diciamo che è il mio modesto contributo per la sicurezza”
Ero contento di essere stato utile a mio fratello. Almeno a lui potevo risparmiare certe preoccupazioni. Ma, complice il caffè, non riuscii ad addormentarmi.
Il letto mi sembrava troppo scomodo, caldo e soffocante, e poi io ero decisamente troppo poco assonnato.
Sperando di riuscire almeno a dormire qualche ora, ritirai cautamente fuori i libri sulle avventure di Sherlock Holmes, che però richiusi poco dopo.
Non avevo voglia di leggere, né di dormire, né di fare altro. Mi sentivo in trappola.
Rimasi seduto sul mio letto per non so quanto a osservare il soffitto, prima di aprire gli occhi e guardare fuori dalla finestra. Era mattina.
Mi ero sicuramente addormentato senza saperlo, eppure non mi sentivo stanco, proprio come la sera prima.
E, caso strano, ero in anticipo. A mamma sarebbero venuti i capelli bianchi per la sorpresa!
Così mi lavai, mi vestii con un maglioncino beige e i miei soliti jeans, e mi diressi tranquillo di sotto.
“Buongiorno signorino Jamie! Siamo in anticipo questa mattina?” mi salutò Lola, intenta a pulire un ripiano con sopra vecchie foto di famiglia.
“Direi di sì. Dev’essere l’atmosfera natalizia”
La sua strana risata metallica rimbombò per il salotto.
E poi li trovai tutti a fare colazione.
Mamma mi stava guardando incredula, mentre mio padre diede in un “Oh!” di stupore.
“Finalmente in anticipo! Aspettavo questo momento da tanto tempo” disse mia madre, porgendomi subito un piatto con uova, pane e burro.
“Dev’essere per via della ragazza” disse mio papà, un tono di voce a metà tra il malizioso e l’accusatorio.
Alzai la testa di scatto, spaventato. Era finita. Erano venuti a sapere di quell’assassina. Sapevano che l’avevo incontrata in quel vicolo, che non avevo fatto niente per catturarla. Ero finito.
Raymond mi guardava, una strana luce negli occhi.
Oh, santo Dio, perché tutto questo era dovuto capitare a me?
“Avanti, confessa Jamie. Ecco perché ieri sera non riuscivi a dormire” disse Ray, ora divertito.
Si stava prendendo gioco di me? Quando c’era in pericolo la mia vita? In quel momento lo odiai, poi risposi con l’unica cosa che avrei mai potuto dire per cercare di salvarmi la pelle.
“Non è come pensate voi”
Mia madre si mise a ridere. Perfino lei? Ero sicuro che prima o poi sarei scoppiato.
“Sempre così voi uomini quando dovete nascondere i vostri sentimenti! Avanti Jamie, perché non ci hai parlato di lei?”
Mio padre tirò fuori una lettera da dietro la schiena. Era già aperta.
“Scusa ma non abbiamo resistito! Ci siamo chiesti: da quando in qua il nostro piccolo Jamie riceve lettere da una ragazza? Ora devi raccontarci tutto”
Ero senza parole. Ero sicuro di essere spacciato, che diamine! Ma c’era qualcosa che non tornava.
Una lettera? Per me? E da parte di una ragazza? Non poteva essere.
“Visto? L’abbiamo colto con le mani nel sacco” fece mio fratello.
“Come vi siete permessi di leggere la mia posta?”
“Ma su Jamie, non è niente di speciale. Ti ha scritto il suo indirizzo. Questo varrà pur qualcosa no? Un appuntamento o forse…”
Ma Ray non fece in tempo a finire la frase, perché mia mamma l’aveva appena fulminato con lo sguardo.
“Dai qua papà”
Lui mi porse la lettera, ancora divertito.
Guardai il mittente.
Lei era una certa Verity Rosebud. Non c’era scritto altro.
Ero sicuro di non aver mai conosciuto nessuno che si chiamasse Verity. Al massimo Veronica, ma nessuna Verity.
Che fosse lei? Come diamine faceva a sapere il mio indirizzo?
Eppure quella lettera era proprio intestata a me, Jamie Naite.
Notai che il timbro postale era 0111, cioè quello del quartiere vicino a Flower Park.
Proprio quello in cui avevo incontrato la ragazza. Dunque si chiamava Verity? Che nome strano.
Guardai il foglio che c’era all’interno.
Al centro, in una calligrafia ordinata e tondeggiante, c’era scritto un indirizzo:

16, Hesterville Road, 0187

Che significava?
“Allora? Chi è questa Verity?” chiese mia mamma, elettrizzata dalla novità.
“A noi puoi dirlo Jamie!”
“Su fratellino, ti puoi fidare!”
Li guardai uno ad uno, le loro espressioni raggianti di giubilo, ansiose di sentire una risposta.
Sinceramente mi veniva da ridere. Chi ero io per non soddisfarli?
“E’ una ragazza che ho conosciuto un po’ di tempo fa al supermarket. Ci siamo fermati a fare una conversazione, lei mi ha invitato al bar e poi ci siamo tenuti in contatto”
Era la balla più colossale che mi potessi inventare, ma tanto valeva se li faceva stare buoni.
“E tu ci nascondi questa notizia?” disse Ray.
“Beh, aspettavo il momento giusto!”
Guardai l’orologio. Caspita, ora sì che ero in ritardo!
“Però non posso rispondere alle altre domande, devo andare a lavoro ora!”
Scappai, salutando in fretta la mia famiglia. “Traditore! Questa sera aspettati un interrogatorio di terzo grado! Voglio sapere tutto su quella ragazza! Verity… che nome incantevole!” berciò mio padre, mentre io uscivo.
Aveva ragione. Era un nome strano, ma suonava proprio bene. Era insolito il fatto che non avesse scritto assieme alla data un giorno preciso.
Se voleva che ci incontrassimo, perché aveva scritto solo l’indirizzo?
A lavoro erano tutti indaffaratissimi a fare l’inventario del magazzino.
Il ragazzino spagnolo però aveva preteso cinque dollari per avermi sostituito il giorno prima. Che razza di sanguisuga!
Ma quel giorno le sorprese non erano finite. Durante la pausa pranzo il titolare mi chiamò nel suo ufficio, ed era un evento unico!
Non ci ero mai entrato: la stanza sapeva di muffa e i pochi mobili di plastica erano disposti in disordine, mentre pile e pile di carte ornavano la scrivania.
“Mi ha fatto chiamare signore?”
“Ah sì. Ho una lettera per te”
“Un’altra?”
“Come scusa?”
“Oh no signore, scusi, è la seconda che ricevo oggi, per quello”
“Si tratta di una proposta di lavoro in un nuovo locale che aprirà l’ultimo dell’anno. E’ un sollievo, perché da quel che ho sentito assumeranno quasi sicuramente alcuni di voi. Forse quel ragazzino spagnolo no, però ho convinto il padrone a prendere in considerazione almeno chi lavora qui da tanto, come te”
“Sono sollevato signore”
“Anche io, anche io figliolo. Dopo tanti anni potrò finalmente andare in pensione”
“Congratulazioni. Si goda il riposo”
“Grazie ragazzo. Mi raccomando, che non ti ho salvato il posto di lavoro per niente, eh?”
“Si, certo signore”
Uscito dall’ufficio, lessi attentamente la lettera. Dovevo un favore a quel vecchio. Almeno avrei conservato il posto di lavoro!
Era una presentazione lunga e noiosa.
Dopo aver descritto tutto il progetto del locale e le diverse attività proposte dallo stesso, il titolare diceva di aver esaminato il mio caso, e per quello mi offriva un posto di lavoro come cameriere.
Non sarebbe stato poi così male. Era pur sempre una nuova esperienza.
Mi invitava dunque a presentarmi nel locale per un colloquio di lavoro.
Lessi l’indirizzo e maledissi le coincidenze.
Il bar/supermarket si trovava al 14 di Hesterville Road, nel quartiere contrassegnato dal numero 0187.
Qualunque cosa sapessero, gli abitanti del futuro dovevano avere un pessimo senso dell’umorismo.



Ecco qui il secondo capitolo... volevo ringraziare in particolar modo sophia90 che ha aggiunto la storia ai preferiti, e Naotokun92 per averla inserita tra le seguite. :)
Spero che anche questo vi piaccia!

   
 
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