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Autore: bravesoul    25/04/2010    3 recensioni
Risorgere. Difficile. Ammettere di avere un problema, impossibile. Accettare che la donna che ami abbia un problema, è assurdo.
E quando non puoi rinascere e non puoi andare avanti, puoi solo sprofondare.
E mai più riemergere. Kakashi, Yugao e Kurenai.
fic classificata prima al contest "Mental" indetto da Globulo rosso e da Bimba_Chic_Aiko.
Genere: Dark, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Kakashi Hatake, Kurenai Yuhi
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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Mi scuso tremendamente per il ritardo... è davvero inaccettabile fare aspettare così tanto x il seguito di una storia già scritta... comunque... questo è l' ultimo capitolo, spero  vi piaccai e che vi ricordiate ancora di questa storia =)
Grazie mille per avermi seguito, per me è davvero utile quando si commenta e... solo grazie, davvero.
Un bacio Brave

Capitolo 5:

Requiem for a Blues soul.

 

Lo sguardo violetto si appunta sulla donna stesa sul lettino di fronte a lei.

Fosse per lei la sbatterebbe in un manicomio, getterebbe la chiave e affiderebbe il figlio della ragazza agli assistenti sociali.

Ma non è lei a decidere di questa donna in particolare.

Prende una cartella clinica, appunta qualcosa con una penna blu, in una calligrafia piccola e quasi incomprensibile, mentre osserva con la coda dell’occhio il comportamento della paziente.

Gli occhi rossi del soggetto si muovono lentamente, quasi che non ci sia nervosismo in lei, le mani sono incrociate sul petto, immobili.

Non muove un muscolo, le gambe accavallate, vestita di un pigiama di seta.

La psichiatra diviene gelida, posa la cartella, apre le finestre, annusa lo smog di Seattle, poi le chiude.

- Come va, oggi?-

Pausa, nessuna risposta, lo sguardo di Kurenai che scorre per lo studio, soffermandosi su una boccetta di antipsicotici.

- Quando potrò riavere mio figlio?-

Possibile che non le prema latro? Yugao stenta  a crederlo. Dopo una serie di incontri lunghissimi ed estenuanti quella è l’unica frase riguardante la sfera emotiva che la paziente abbia mai pronunciato.

- Quando migliorerai.-

Yugao vorrebbe fermarsi lì, come ogni volta. Ma questa volta è diverso, tremendamente diverso. Non si può fermare lì, dopo quello che è successo un paio di sere prima, dopo che… lui è praticamente quasi volato da venti metri di edificio…

La donna non fa una smorfia, chiude gli occhi e si chiude nell’imperterrito silenzio.

E questo, la psichiatra, non lo può sopportare.

- Sai cosa credo?-

La donna la guarda senza capire.

- Io credo che tu sia una dannata ingrata. Io credo che tu sia talmente concentrata su quanto tu sia povera e miserabile da non capire quanto questo faccia soffrire gli altri.-

- Chi?-

Yugao la guarda, esterrefatta. Non l’ha capito sul serio.

- Come chi? Non ti sei accorta di nulla?-

Silenzio, occhi che volano sulle unghie smaltate.

- Kakashi, ecco chi. Gli hai proibito di tenere il bambino.-

Occhi che si alzano.

- Non lo guardi, lui ti viene a trovare e tu non lo guardi. Lui ha dato tante di quelle cose per te e tu…-

- Cosa ha dato per me, cosa? Mio marito è morto e lui… Kakashi fa solo quello che aveva promesso ad Asuma prima di morire!-

Yugao socchiude gli occhi, mentre le immagini dell’amico mezzo morto di affacciano alla sua mente e un brivido le attraversa la schiena.

- No, sta facendo molto di più. Tuo figlio sarebbe dovuto andare in adozione da un pezzo, lui l’ha tenuto qui, mettendo a rischio la sua carriera per te. Credi lo faccia per Asuma? No, piccola stupida. Lo fa per te! E’ per te che rimane al tuo capezzale la notte, è per te che ti procura i migliori farmaci in commercio. La tua patologia è così grave che io dovrei ricorrere all’elettroshock. Non lo faccio perché lui me l’ha chiesto..-

- E io lo ringrazio per questo. Ma non gli faccio del male.-

- Credi sia facile stare accanto ad uno psicotico! Credi che gli faccia piacere stare accanto ad una donna talmente malata da riuscire a malapena ad essere autosufficiente? Credi che sia piacevole vederti scivolare verso un baratro senza fine?Perché è questo che stai facendo. Non parli, mangi poco, ti devo drogare di antipsicotici, il vedere il tuo bambino non ti provoca che crisi. Non tenti nemmeno di reagire, ti lasci scivolare. E lui è qui, lui rimane nonostante sia dannatamente difficile.-

Silenzio, gli occhi rossi si velano di un‘ombra scura.

- E’ stanco, fa fatica  mantenere i suoi impegni, è distratto. Fuma più del solito, beve più del solito, parla meno del solito. –

- Io non lo sapevo.-

- Non hai voluto capirlo.-

Silenzio, Yugao vuole infierire.

- Il tuo uomo è morto, Kakashi è quasi diventato cieco. Non si dovrebbe stancare troppo, non dovrebbe strafare,lo sai. Per te lo fa. L’ altra sera è quasi svenuto, rischiando di cadere dal terrazzo dell’ospedale.-

Kurenai porta le mani al volto, assaporando il cocente dolore dei sensi di colpa.

Possibile che non si sia accorta di nulla?

Possibile l’avere dormito per così tanto tempo?

Affonda le unghie nella carne, vorrebbe solo chiudere gli occhi e non saperne più nulla, fuggire così a quella depressione atroce.

- Sei solo un’ingrata.-

Lo so, grida una vocina. Ma Kurenai non la darà vinta a quella dona che di lei non sa nulla.

- Lui per te prova qualcosa di enorme. Lui per te darebbe la vita, ma tu non te ne sei mai accorta. E…-

Silenzio, silenzio e solo uno sguardo tra le due donne che sono passato e futuro dello stesso uomo.

 

Solo strada, corre dritta.

Le mani, guantate, stringono il controller della moto, le gambe si stringono ai quei fianchi come al corpo di un’ amante.

Piego il mio corpo per girare a destra.

La Kawasaki ninja corre silenziosa per le macchine, sorpassando con estrema grazia.

Il semaforo segna il rosso, mi fermo, lascio il motore in folle.

Il verde, un rettilineo dritto e senza curve.

Metto mano all’acceleratore, il contachilometri si alza, mentre il vento passa sotto il casco, dandomi quella sensazione di libertà che poche, pochissime cose mi danno.

Ed è un orgia folle di piacere.

Fino a che…

Un bambino mi taglia la strada, troppo distratto per avvedersi del mio arrivo.

E, come al solito, è solo un secondo.

Reagisco ancor prima che il cervello abbia materializzato cosa stia per succedere. Sterzo con la moto, evito il bambino, posso sentire il grido della madre.

Ma, nello sterzare, perdo il controllo della moto.

E…

Ed è come un film.

Solo che al posto dell’attore ci sono io.

Invado l’altra corsia, la macchina che mi è di fronte non fa in tempo a frenare.

Mi prende in pieno.

E’ un dolore soffocante, mentre la moto si alza in aria e io mi stracco da questa, finisco  per essere lanciato come una palla di cannone.

Energia cinetica = ½ mv2

Il che, razionalizzo in un attimo, significa che sono un uomo morto.

Il dolore si propaga per il mio corpo.

E poi…

Il suolo.

Vicino.

Vicino.

Troppo vicino.

Lo schianto.

Le ossa che si rompono.

Le gente che urla.

La testa che batte a terra con tanta violenza che il casco si incrina.

Il sangue sulla visiera.

L’intorpidimento.

La difficoltà disumana per respirare.

La moto che cade.

La gente che corre, la madre del bimbo che strilla.

E poi…

Il dolore.

Caldo.

Vischioso.

Insopportabile.

Il nulla.

 

- E te ne accorgerai troppo tardi.-

Un brivido che le passa attraverso la schiena.

Qualcuno che bussa alla porta, lei che si alza, il cuore in gola.

Quelle frasi.

Sbianca, entra nello studio bianca come un cencio e caracollante.

- Forse è davvero troppo tardi.-

Kurenai sgrana gli occhi, non capendo.

- Ha avuto un incidente stradale. L’hanno ricoverato in condizioni critiche proprio in questo ospedale. Non sanno se… ce la farà. -

E quelle parole spezzano tutte e due.

Futuro e passato, o forse… semplicemente due gocce nell’infinito.

 

 

***

Testa fasciata strettamente.

L’hanno intubato, una macchina respira per lui.

Il collo è cinto da un collare ortopedico, ha due vertebre incrinate.

Il braccio sinistro è appeso ad una trazione, la clavicola si è fratturata per l’impatto.

Cinque costole si sono rotte, con interessamento polmonare, perforando lo stomaco.

La milza è stata lacerata dall’impatto, hanno dovuta esportarla in gran parte.

Una tibia è spezzata, come se fosse il problema più grande.

Continue trasfusioni tentano di mantenerlo in vita.

Una macchia controlla il suo battito cardiaco, un’altra segna il suo elettroencefalogramma.

Ed è  così da una settimana.

Kurenai si siede su quel letto di morte, prende la mano sinistra, alla quale è collegato un sensore per percepire il battito cardiaco dell’uomo.

Stringe quella mano con dolcezza, quasi in modo infantile.

Quel volto infranto la piega in due.

Sa di averlo condotto lei a quella fine.

Con i capricci senza senso, con una depressione che non aveva una minima ragione per essere.

- Mi dispiace. E’ troppo tardi, forse, amico mio. Mi di spiace di essere stata una tale stupida, mi dispiace di aver tradito la tua fiducia. Tu avevi così tanta fede in me, in questo mio bambino. E io non ho fatto che deluderti. Ti ho scacciato, quando non volevi cha aiutarmi, ho finto indifferenza con te, che con me ti sei sempre aperto più degli altri. Dalla morte di Asuma non ho fatto che incolparti di tutto, senza vedere che la vera responsabile di questa dannazione non ero altri che io. E ti ho trascinato con me, non ti ho lasciato riprendere. Sei tu che hai tentato di salvarmi. Sono arrivata al pronto soccorso con un taglio auto inflitto, terrorizzata,  ti ho negato mio figlio. E tu hai capito, mi hai affidata alla migliore psichiatra che conoscessi, nella speranza che mi salvassi. E questi miei occhi egoisti non hanno visto che tradimento e servilismo. Il mio cervello ha creduto che tu volessi solo liberarti di me. Ti ho negato mio figlio, hai dovuto correre a chissà quali ripari per poterlo tenere qui, vicino a me. Eppure tu eri sempre lì a consolarlo quando io non c’ero, quasi fossi tu il padre di questa creatura.  Quando hanno iniziato a drogarmi con gli antipsicotici ho creduto che fosse solo un modo più rapido escogitato da te per liberarti di me, e non vedevo quello sguardo perso, quelle mani  nervose che tremavano nel darmi quel medicinale.

E io non capivo, chiudevo la mia mente, sentendomi esclusa. Non ho lottato per nulla, Kakashi.

Non volevo lottare, non avevo nulla per cui risorgere? Mio figlio? Mio figlio era per me la causa latente e quanto mai vicina di questo dolore e pazzia. E tu? Tu eri solo uno dei tanti che scappano al momento del bisogno. Mi sbagliavo.  Ho solo pensato a me stessa, non ho mai incontrato i tuoi occhi per capire quanto soffrissi, non ho mai tentato di capire cosa  fosse stata per te la morte del tuo migliore amico e la mia pazzia.

Non ho mai realizzato… cosa fossi io per te.  Mai i tuoi sentimenti. Per me e per lei, per la psichiatra. Lei che è ed era la fuga dall’inferno che io ti ho creato attorno. Non ho mai capito nulla, non sono stata che un ostacolo per te. Per farti risorgere. Io … non potevo risorgere dalla morte di mio marito e volevo trascinarti con me, per non essere la sola a sentirsi colpevole.  Sai… non ho ancora un  motivo per cui riemergere, non so se sarà meglio, poi. Ma c’è una cosa che so. Tu sei finito su questo letto per me. L’unica cosa che io posso fare è lottare, se non per me, almeno per quello che tu hai fatto per noi. –

Uno sguardo, una stretta a quella mano, un bacio gentile sulla guancia.

- Kakashi, io risorgerò, come una fenice. Io tornerò più forte di prima, lo farò perché te lo devo.  Il mio cuore è ancora di Asuma ma non posso lasciarmi morire, io devo andare avanti, e ti devo lasciare andare. Kakashi, ti prego… svegliati. Non per me, io non merito nulla. Fallo per lei.-

Silenzio, passi.

Yugao raggiunge Kurenai, che si volta e le sorride.

La psichiatra ha in braccio un bambino, il bimbo della paziente.

- Tieni. Ce la puoi fare. – Un sorriso triste, il bimbo che scappa e si arrampica sul  corpo esanime di Kakashi.

Gattona con estrema dolcezza, poi afferra una ciocca di capelli argentati che sfugge alle bende sul capo.

La tira, senza reazione.

E piange, piange perché il bimbo vuole una reazione sia anche di dolore.

Piange perché ha capito quello che le due non hanno capito, Kakashi non tornerà più indietro se non in quel momento.

Tira i capelli dell’uomo con quasi una violenza disperata.

Le due donne fanno per afferrarlo ed allontanarlo.

Una mano carezza il volto del pargolo e due occhi si aprono.

Kakashi si apre alla vita.

Deve risorgere, deve farlo per forza.

Una lacrima scivola per le sue guance.

Passato e futuro sono davanti a lui.

L’inferno e il paradiso sono davanti a lui, anima del purgatorio.

L’inferno, con occhi rossi e boccoli marroni, prende il piccolo in braccio, volge lo sguardo sorridendo.

Paradiso, occhi viola e capelli viola chiede un cenno.

E Kakashi…

Risponde.

E, per la prima volta…

Inferno si chiude, purgatorio sparisce.

Rimane solo il paradiso.

La potenza dell’amare che si trasforma in atto.

I baci, l’amore da troppo rubati e troppo temuti.

 

E come Dante amò e trovò Beatrice tra i beati, Kakashi trovò Yugao, passando per l’inferno ed il purgatorio.

Inferno sorrise, strinse il pargolo.

Lasciò andare il postulante, e, nata dal fuoco, risorse in un mare cremisi e sconfisse l’amara morte dell’intelletto. Risorse come una fenice e spiccò il volo, libera dal giogo ad osservare i mortali amare.

Amare di quell’amore perfetto che lei non avrebbe mai più conosciuto.

Perché lei…

Lei era andata oltre.

E l’araba fenice cantò una dolce ballata blues, lasciandola riecheggiare per l’eternità.

Eterna nella memoria come lei, ceratura mistica, era eterna nel tempo.

E per sempre lo sarebbe stato.


  
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