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Autore: giadadarla    27/04/2010    11 recensioni
...Come ogni notte feci un incubo,ma questa volta lo ricordai perfettamente. Ero nel vicolo dove ero stata trasformata,riprovai le stesse emozioni di quella notte,la paura,il freddo,la consapevolezza che tutto sarebbe finito da un momento all’altro,l’unica differenza è che non c’era il vampiro. Dalla penombra notai un ragazzo. Era alto,magro e dall’aria elegante. Non riuscivo a vederlo bene perché era in parte immerso nell’oscurità. All’improvviso si fece avanti … era un angelo,doveva essere un angelo perché in tutta la mia vita non avevo mai visto niente di così bello...
Genere: Romantico, Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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The day that never comes

 

                                                                                                                                               Aspettando quel giorno 
                                                                                                                  Quel giorno che non arriva mai
                                                                                                                  Quando ti alzi e senti il calore
                                                                                                                  Ma la luce del sole non arriva mai 
                                                                                                                  No, non arriva mai

                                                                                               “The day that never comes “ Metallica

 

 

 

 

Non avevo mai avuto paura del buio, in un certo senso mi ero sempre trovata bene nell'oscurità ma quella volta fu diverso. Quella volta il buio mi terrorizzava.

Avevo voglia di aprire gli occhi, vedere la luce, sentire la mia famiglia intorno a me ma non ci riuscivo.

Era come se fossi intrappolata in un corpo che non era il mio, ero cosciente ma nello stesso tempo non avevo il controllo di me stessa.

Riuscivo a sentire a stento le gambe e le braccia, anch'esse immobili e intorpidite.

Non sapevo cosa mi stesse accadendo ma di certo non poteva essere nulla di positivo.

L'ultimo ricordo che avevo era la festa al matrimonio di Cynthia, Edward che mi proponeva di andare a vivere con lui e poi … il vuoto più assoluto.

Avrei voluto piangere, urlare ma non potevo.

Era come se fossi morta.

Ero morta forse?

No, certo che no, altrimenti la mia mente non avrebbe potuto produrre alcun pensiero ma nonostante ciò quella era l'unica spiegazione che riuscivo a darmi.

Improvvisamente mi sembrò di sentire delle voci, erano lontane, indistinte ma in un certo senso famigliari . Non riuscivo a riconoscerle e nemmeno a capire cosa stessero dicendo, stranamente il mio udito formidabile non servì a molto.

Beh, se sentivo delle voci era un conferma in più al fatto che non fossi morta!

A tutto quel vociare si unì un rumore, fastidioso, ripetitivo, un bip continuo e regolare come uno di quegli apparecchi che controllano il battito cardiaco.

Probabilmente ero in ospedale, ero svenuta e mi avevano portata lì.

Sicuramente Carlisle aveva fatto in modo che nessun altro, eccetto lui mi visitasse.

Cercai di muovere le gambe ma la sofferenza era atroce. Una scossa dolorosa si propagò all'interno del mio corpo seguita da un intenso bruciore a tutti i muscoli.

Mi sentivo come se stessi per prendere fuoco e non sapevo cosa fare per fermare tutto quello.

Provai a gridare, a chiamare aiuto ma non emettevo alcun suono.

Perché mi stava accadendo tutto questo? Cosa avevo fatto per essere costretta a dover sopportare altro dolore?

Il mio respiro divenne affannoso, mi manca l'aria e sentivo un enorme peso sul petto.

Era come se qualcosa mi stesse schiacciando e in più sentivo il rumore del bip aumentare in maniera esponenziale poi, con mio grande stupore … spalancai gli occhi.

L'intensa luce che illuminava la stanza mi accecò letteralmente, così fui costretta a serrare di nuovo gli occhi.

Provai a fargli abituare alla luce ma era troppo doloroso.

Nel frattempo le voci intorno a me si fecero più chiare.

Ero in ospedale, almeno di quello ero sicura.

Qualcuno mi stava toccando il polso, qualcosa di gelido si appoggiò sul mio petto e un idiota mi aprì gli occhi con la forza, illuminandoli con una piletta.

“ La luce.” rantolai con tutte le energie che avevo.

Rabbrividii sentendo il suono della mia voce, era rauca, bassa e la mia gola era secca e bruciava tremendamente.

Finalmente la luce divenne più tenue, forse avevano chiuso la finestra e così potei mettere a fuoco la stanza nella quale mi trovavo.

Ero sdraiata su un letto, con i tubicini e flebo infilati nel naso e nelle braccia. Mi guardai intorno e non riconobbi niente di famigliare.

“ Chiamate il dottore, presto!” gridò una donna per poi avvicinarsi a me.

Mi voltai verso di lei molto lentamente poiché il mio corpo era totalmente atrofizzato, mi sembrava di essere stata immobile per mesi.

“ Riesci a sentirmi?” mi domandò dolcemente la donna accarezzandomi la fronte.

“ Dove sono?” cercai di parlare ma un attacco di tosse mi impedì di proseguire.

L'infermiera mi fece alzare delicatamente sulla schiena e mi diede dell'acqua che spense il fuoco all'interno della mia gola.

“ Sei in ospedale, cara.” rispose la donna rimettendomi giù.

“ Dov'è Carlisle?” le chiesi dopo aver preso un bel respiro.

“ E' un tuo famigliare?”

“ E' il primario dell'ospedale, lavora qui!” le dissi corrugando la fronte.

Forse la signora era nuova e non conosceva ancora tutti i medici.

“ Qui non lavora nessun dottore con quel nome.” continuò lei con un sorriso apprensivo.

“ F-forse non lo conosce ma la prego, ho bisogno di vederlo.” ribadii prendendole una mano.

“ Tesoro, lavoro qui da quindici anni, conosco tutti ormai.”

“ Non è vero!” la mia voce fu simile ad un sibilo e dubito che lei mi avesse sentita.

Che diavolo stava succedendo? Se era uno scherzo, era davvero di pessimo gusto.

“ Dove siamo?” domandai alla donna sempre più confusa e spaventata.

“ Te l'ho già detto, in ospedale.” e mi mostrò di nuovo un'espressione compassionevole.

“ No.” gridai appena “ la città.”

“ Los Angeles, naturalmente.”

“ No, no. Sto sognando, sto ancora sognando.” e cercai di darmi un pizzicotto sul braccio ma, a malincuore, il dolore sembrava piuttosto reale.

“ Non è possibile, io mi trovavo a Forks la sera prima quando ho perso i sensi, come ci sono finita qui?”

“ Forks?” ripeté la donna con aria perplessa.

“ D- devo andare.” e iniziai a strapparmi di dosso tutti quei tubicini che mi impedivano di alzarmi.

Logicamente l'infermiera provò in tutti i modi di fermarmi ma io fui più rapida e riuscii a strapparmi la flebo dal braccio e a scendere giù dal letto.

Le mie gambe cedettero all'istante come se al posto di due arti avessi due budini, fui costretta ad appoggiarmi al carrello delle medicine vicino a me per evitare di cadere.

“ Mi serve aiuto!” urlò la donna schiacciando un pulsante al lato del letto e in pochi secondi nella stanza entrarono due infermieri che mi bloccarono senza troppe difficoltà.

Carlisle mi aveva sempre insegnato che per nessun motivo avrei dovuto usare la mia forza contro degli umani ma quella era una vera emergenza e avrei pensato in seguito a quale scusa inventare.

Strattonai l'uomo alla mia destra e contemporaneamente sferrai una ginocchiata a quello alla mia sinistra e poi mi lanciai contro la porta.

Peccato che quei due mi tenevano ancora ferma!

Mi bloccai allibita, erano entrambi incolumi e ancora più furiosi di prima.

Non avevo le forze, continuavo a dimenarmi come un'ossessa e su di loro non sembrava avere alcun effetto.

Un tempo, quegli essere inutili sarebbero schizzati via come pupazzi sotto i miei colpi e invece in quel momento non accadde nulla.

Ero io quella debole e loro quelli forti.

“ Rimettetela a letto.” ordinò la donna con un'espressione ferma e non più dolce come qualche minuto prima.

“ No, no!” gridai “ c'è un errore, io sono Elizabeth Kane, vivo a Forks, sono andata via da Los Angeles due anni e mezzo fa. Chiamate mio padre, lui vi spiegherà tutto!”

“ Abbiamo già avvertito i tuoi genitori, saranno qui a momenti.”

“ Carlisle e Esme stanno venendo qui?” domandai con un filo di sollievo.

“ John e Mary, vorrai dire!” disse la donna guardandomi come se fossi pazza.

“ No, i miei veri genitori sono morti.” continuai con un filo di voce.

“ Elizabeth, sei ancora sotto shock, vedrai che tra qualche ora ti sarà tutto più chiaro.”

“ No, ma che diavolo sta succedendo qui?” e ricominciai ad urlare con tutta la forza che avevo in corpo. “ voglio la mia famiglia. Dov'è Edward?”

Improvvisamente qualcun altro fece il suo ingresso nella stanza che stava diventando fin troppo affollata.

“ Edward.” esultai con gioia.

Sapeva che lui non mi avrebbe mai abbandonata.

L'aveva promesso e lui manteneva sempre la parola data.

“ Quando si è svegliata?” domandò alla donna.

“ Dieci minuti fa.” rispose lei prendendo la cartella alla base del letto e porgendola al vampiro.

“ Come ti senti?” mi chiese senza sollevare lo sguardo dalle carte.

“ Non mi piace questa situazione, riportami a casa e smettiamola con questa farsa.” ringhiai inferocita. Mi stavo stufando di quel gioco assurdo.

“ Come, prego?” e il suo sguardo incrociò il mio.

Il suo sguardo. No, non poteva essere vero.

Stavo dormendo, ne ero certa.

Quello che stavo vivendo era solo un incubo.

“ I tuoi occhi.” balbettai “ sono verdi.”

“ Certo, gli ho sempre avuti così.” rispose sollevando un sopracciglio.

Approfittando di un momento di distrazione degli infermieri che avevano allentato la presa su di me, con un rapido scatto mi lanciai contro di lui.

Edward rimase immobile e nessuno nella stanza si mosse di un solo passo.

Ero ad un centimetro da lui. Potevo sentire il profumo fresco unito a quella fragranza di fresco che adoravo ma c'era qualcosa che non andava in lui.

Era Edward, ne ero certa, ma nello stesso tempo non era lui.

Il suo aspetto non era come quello che ricordavo, era più grande … più maturo. I suoi occhi verdi dalle mille sfumature mi fissavano confusi. Il suo volto era circondato da un accenno di barba e aveva perso la sua aria da immortale diciassettenne.

Avvicinai timidamente una mano all'altezza del suo cuore e in quel momento pensai di morire.

Il suo cuore batteva.

Un suono bellissimo, regolare unito al ritmo del suo petto che si alzava e si abbassava seguendo i suoi respiri.

“ Tu sei vivo.” sussurrai mentre una lacrima scendeva lungo il mio volto.

L'ennesimo colpo al cuore mi fece quasi perdere i sensi, dietro di lui un piccolo specchio rifletteva la mia immagine.

Mi avvicinai lentamente a quell'oggetto come ipnotizzata da ciò che vedevo.

Quella non ero io.

I capelli erano più lunghi, i tratti del viso più adulti … cosa stava succedendo?

Come per timore di quello che avrei trovato, o meglio che non avrei trovato, scostai i capelli dal collo e non c'era nulla.

La cicatrice del suo morso era sparita lasciando la pelle liscia come un tempo.

Presa da una crisi isterica iniziai a controllare tutte le altre cicatrici del mio corpo. La ferita sulla gamba, il morso di Paul... niente, era tutto sparito.

Solo un segno sul polso era rimasto.

Lì, dove doveva esserci il primo morso, quello della mia trasformazione, c'era solo una linea netta, un taglio ormai cicatrizzato.

Edward si avvicinò a me, entrando anche lui nella visuale dello specchio.

Era meraviglioso, come sempre.

I suoi capelli sempre disordinati, la sua bocca perfetta, la sua pelle sempre pallida.

“ Cosa sta succedendo?” gli domandai voltandomi verso di lui.

“ Elizabeth.” e fece una pausa, proprio come faceva sempre quando doveva dirmi qualcosa di brutto “ sei stata in come per due anni e cinque mesi. Ormai avevamo perso ogni speranza e invece, finalmente, ti sei svegliata.”

Sentendo quelle parole scoppiai a ridere istericamente.

“ In come, per due anni? Ma per favore! Ho vissuto a casa tua, con la tua famiglia, siamo stati insieme, abbiamo affrontato migliaia di problemi e ora tu mi dici che sono stata in coma?”

“ Elizabeth, noi non ci siamo mai conosciuti.” rispose corrugando la fronte.

“ Basta!” gridai portandomi le mani sulla testa” sono stufa di questi giochetti!”

“ Non sto fingendo. Sono il medico che ti ha assistita per tutto questo tempo.”

“ Ah, si?” e mi avvicinai al telefono sul comodino vicino al letto “ vediamo come la pensa tuo padre!”.

Lui si scostò lasciandomi il passaggio libero.

Composi velocemente il numero e …

“ Il numero da lei composto è inesistente , la ...”

No, non potevo aver sbagliato.

Con le mani che tremavano come foglie feci in numero di Cynthia e di nuovo rispose quel messaggio registrato.

Mi accasciai a terra perché tutte le forze che mi avevano tenuto in piedi fino a quel momento mi abbandonarono improvvisamente.

Non poteva essere vero, non potevo essere stata in coma per tutto quel tempo. Doveva esserci una spiegazione valida a tutto quello che mi stava accadendo.

Il mio respiro divenne affannoso e di nuovo il petto mi faceva male come se mi stessero strappando tutto quello che avevo dentro.

La testa girava vorticosamente e tutto intorno a me si faceva sempre più confuso.

Edward si inginocchiò vicino a me e mi sollevo il mento con una mano.

“ Sei, viva dovresti essere contenta.” mi disse con un sorriso.

“ No, sono morta.” risposi scuotendo la testa.

“ Hai detto di aver vissuto a casa mia, per quanto tempo?” mi domandò lui.

“ Due anni e cinque mesi.” sussurrai rendendomi conto di quello che avevo detto. “ ho sognato tutto.” realizzai a stento e in quel momento tutto il mondo mi crollò addosso.

“ Credo di si ma come fai a conoscere il mio nome?”

“ Te l'ho detto, vivevamo insieme.”

“ Sai qual'è il mio cognome?”

“ Cullen, Edward Cullen. Tuo padre si chiama Carlisle e tua madre Esme. Hai quattro fratelli e vivi a Forks, nello stato di Washington e …” mi bloccai senza la minima espressione nella voce.

“ No Liz, il mio nome è Edward Cullen, mio padre si chiama Carlisle, mia madre è morta quando avevo diciassette anni e sono figlio unico. Sono nato e cresciuto a Los Angeles e sono un medico da poco tempo.”

Chiusi gli occhi e non potei fare a meno di piangere, dolorosamente e in silenzio.

Quella non era la mia vita, io vivevo a Forks con i Cullen, era quella la vera Elizabeth, non la ragazza spaventata in quella stanza d'ospedale.

Più ripensavo alle sue parole e più mi sentivo morire.

Eve, Jazz, Emmet, Rose, Esme, Carlisle, Cynthia, Jake, loro non esistevano, erano solo frutto della mia mente, solo frutto di un meraviglioso sogno.

Ma come avevo potuto creare una tale fantasia, non era possibile!

I ricordi, le emozioni, le sensazioni, il dolore, quelle cose io le avevo sentite veramente e come potevano non essere reali?

“ Sei arrivata in ospedale in fin di vita dopo aver subito una violenta aggressione. Hai riportato un forte trauma cerebrale e “ si bloccò immediatamente quando sollevai lo sguardo verso di lui “ suppongo che in questo momento non ti importi nulla di ciò che ti è accaduto.”

“ Esatto.” risposi con la voce rotta dal pianto.

“ Lasciateci soli.” ordinò lui agli infermieri che continuavano a fissarmi come se fossi una pazza.

Edward mi prese in braccio e mi fece stendere di nuovo sul letto. Mi coprì con la coperta e si accomodò vicino a me.

“ Dev'essere stato piuttosto bello il sogno che hai fatto per farti rimpiangere di esserti svegliata.” commentò lui.

“ Non immagini quanto.” sospirai raggomitolandomi su un fianco.

“ E c'ero anch'io nel tuo sogno?”

Io mi,imitai ad annuire.

“ E com'ero?” mi chiese incuriosito.

“ Uno stronzo, però mi amavi.” e arrossii per la facilità con la quale riuscii a formulare quella frase.

“ Scommetto che ero simpatico.” e mi mostrò il suo sorriso sghembo che mi lasciò senza fiato.

“ Smettila di prendermi per il culo.” sbottai interrompendo quella situazione assurda.

“ Scusa volevo solo tranquillizzarti.” si giustificò passandosi una mano fra i capelli imbarazzato.

Oddio, non potevo aver immaginato anche i suoi gesti, il suo sorriso, il suo profumo …

“ Vuoi tranquillizzarmi? Allora ridammi la mia vita!” e scoppiai di nuovo a piangere, questa volta più forte.

“ Non posso, mi dispiace.” rispose prendendomi una mano che io automaticamente strinsi, come facevo ogni volta che avevo bisogno di lui.

Il mio Edward …

Lasciai la presa e mi asciugai le lacrime. Non sarebbero state le ultime che avrei versato perché quella volta era diverso.

Non c'era nessuna luce alla fine di quell'orribile tunnel che mi stava risucchiando.

“ Forse è meglio che ti lasci sola, hai bisogno di riflettere.” e si alzò in piedi “ il mio turno è finito, ci vediamo domani.”

Mi mostrò un ultimo sorriso e poi si voltò verso la porta pronto a lasciare la mia stanza.

No, non potevo aver sognato tutto.

Io non potevo vivere la mia vita senza di lui.

“ Edward!” lo chiamai prima che sparisse dalla mia visuale “ cioè dottor Cullen.”>

“ Dimmi.”

“ Potresti rimanere qui un altro po'? Non voglio stare sola.” ammisi abbassando lo sguardo.

“ Certo.” e tornò a sedersi vicino a me. “ ti va di fare qualcosa?”

“ Ah, proponi tu, non sono brava in queste cose.”

“ Sai giocare a scacchi?”

“ Dovrai rinfrescarmi la memoria ma credo di saper giocare.”

“ E scacchi siano, allora!” sorrise.

E sorrisi anch'io.

 

 

 

 

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Ok, sono pronta per essere lapidata viva da voi!! Su, su siate clementi! Alla fine non è finita proprio male! Beh, aspetto con ansia i vostri commenti e non vi preoccupate, ci sarà un piccolo epilogo dove metterò le risposte alle recensioni di questo capitolo, quindi se avete domande, fate pure!!!!

E ora passiamo alle risposte dei commenti al precedente capitolo:

AleR: beh, i tuoi presentimenti erano giusti, lo svenimento non prometteva nulla di buono! Grazie per i complimenti ! baci!

 

Sierracullen , Saretta_trilly: ragazze vi faccio un’unica risposta perché avete avuto la stessa idea … no, da come avete potuto capire Liz non era incinta! Spero di non avervi deluse con questa botta finale!!! Purtroppo quando l’ispirazione chiama non riesco proprio a frenarla! Grazie e baciii!!!

 

YesYes: guarda non puoi immaginare quanto sono contenta che tu abbia recensito, fa sempre piacere sapere che c’è qualcuno che ama ciò che scrivi! Anche se è l’ultimo capitolo, sono contenta che tu l’abbia fatto! Ti capisco quando dici che non ti piacciono le storie dove va tutto per il verso giusto, anche io faccio come te, dopo un po’ mi stufo e non leggo più! Grazie mille per avermi seguita fino alla fine e poi quando hai scritto che Liz è meglio di Bella ho riso per un’ora! Ahahah sei troppo buona!!!!! Grazie ancora e baciiiii!!!!!!

   
 
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