Capitolo
IX
Ore 11.00 –
Mosca
Irina guardò il
soffitto della sua nuova stanza, la luce fioca e polverosa che proveniva dalla
finestra parzialmente oscurata dalla pesante tenda. Sospirò e allungò le gambe
indolenzite, lasciandosi crogiolare nel calduccio del letto, la coperta gettata
malamente da una parte, il telefono dall’altra. Aveva telefonato a Xander prima
di andare a dormire, ma nonostante lui fosse preoccupato e in ansia e l’avesse
sfinita di domande sul viaggio, su Dimitri, sulla zona, e su un’altra marea di
cose, lei aveva preso sonno comunque, abbastanza tranquilla.
“E’ il caso di iniziare a mettere a posto qualcosa…” si disse, portando
le mani dietro la testa.
Come ogni volta che
doveva sbrigare qualche faccenda, Irina non amava rimandare. Ormai era
totalmente proiettata nella sua missione, e non poteva pensare di rimanere
sdraiata tranquilla in quel letto aspettando che fosse qualcun altro a prendere
l’iniziativa.
Si alzò e si infilò le scarpe, dandosi una rapida pettinata, riflessa
nello specchio dell’armadio. Le sue valigie erano appoggiate vicino alla porta
chiusa; si avvicinò e le trascinò fino al centro della stanza. Una volta aperta
quella più pesante, si sedette per terra, pronta a organizzare il tutto.
Avvolte in un panno
bianco, c’era le due pistole che le aveva lasciato
Xander, con i proiettili di riserva e i ganci per poterle nascondere sotto gli
abiti. Ne prese una e controllò che ci fosse la sicura, poi la mise da parte di
fianco a lei; l’altra la riavvolse per bene nel pezzo di stoffa e la adagiò sul
letto, decisa a trovarle un nascondiglio adeguato.
In una scatola di
metallo c’erano invece alcune piccolissime microspie, che potevano tornarle
utili in qualche occasione, insieme a un kit per fare i calchi delle chiavi,
composto da una scatolina che conteneva un materiale
spugnoso verdognolo e un sacchetto di gesso. Mise anche quelli sul letto e poi
tirò fuori le minuscole chiavi che le aveva lasciato
Demidoff, quelle che aprivano il braccialetto di Dimitri.
Erano abbastanza
piccole da poter passare per ciondoli di una collana, ma non se la sentiva di
rischiare a portarle appese al collo: poteva perderle o Dimitri avrebbe
sospettato qualcosa. Le soppesò per un momento, poi le venne un’idea.
Si alzò e raggiunse
l’armadio a specchio; aprì le imposte e trovò una cassettiera interna che
doveva servire per contenere la biancheria intima. Raccolse dalla valigia
qualche slip, un paio di maglie e il pigiama e li adagiò nel cassetto,
nascondendo in mezzo le chiavi.
“Ok, adesso tocca alla pistola di scorta…”.
Si guardò intorno,
cercando un nascondiglio. Dimitri non era autorizzato a portare armi, ma
sicuramente sarebbe riuscito a procurarsene qualcuna
di straforo… Non voleva certo facilitargli il compito lasciandone una
incustodita e in bella vista.
Guardò il letto e
le venne un’idea. Sollevò leggermente il materasso all’altezza del cuscino e
infilò la mano sotto: le doghe di legno erano abbastanza strette da non far
cadere la pistola per terra. Recuperò l’arma e la posizionò
sotto, rimettendo a posto con cura il lenzuolo, osservando per capire se si
notava un rigonfiamento: tutto ok. Difficilmente a qualcuno sarebbe venuto in
mente di andare a cercare la sotto.
Guardò l’orologio,
poi sentì dei rumori provenire dalla cucina. Aveva sbrigato le faccende più
urgenti, e ora poteva dedicarsi alla parte iniziale del piano: la ricerca di informazioni.
Trovò Vilena
indaffarata a riempire i pensili della cucina con scatole di cibo e il frigo
con bottiglie di birra e alcolici, più una serie infinita di prodotti tipici
russi che Irina non aveva mai visto. Si muoveva con cautela, il pancione che la
rendeva più lenta e impacciata di quanto probabilmente fosse normalmente. Non
si era accorta di lei, e continuava a ordinare le cibarie con cura e in
perfetto ordine.
<< Ma non dovevamo andare più tardi? >> chiese Irina con
un sorriso, colpita dalla premura della donna.
Vilena si voltò di
scatto sentendo la sua voce. Chiuse il pensile e sorrise,
portandosi una mano al pancione.
<< Io ho
pensato che era meglio lasciarvi dormire >> disse, inciampando un po’ con
le parole, << Hanno saputo del vostro arrivo, e vorranno vedervi
>>.
Irina inarcò un
sopracciglio, senza capire. << Chi ha saputo del nostro arrivo? >>
domandò. In realtà sospettava che il loro arrivo non sarebbe passato
inosservato, ma non pensava che già qualcuno fosse venuto a
conoscenza del loro ritorno. Fare finta di niente però
contribuiva a renderla meno sospetta.
<< Boris
>> rispose Vilena, << Non ci aspettavamo
il ritorno di Dimitri, ma qui le notizie corrono veloci… >>. Diventò
improvvisamente seria, come se la cosa non la rendesse particolarmente felice.
Irina annuì.
<< Grazie per
averci procurato da mangiare >> disse, << In effetti, non ero ansiosa
di affrontare il freddo di queste parti… >>. Guardò oltre il vetro della
finestra, il cielo di Mosca grigio e un vento forte che spirava
incessantemente, facendo vorticare piccoli fiocchi di neve.
Vilena sorrise.
<< E’ stato un piacere >> disse, poi la voce di una bambina arrivò
dal pianerottolo che collegava i due appartamenti. La donna gridò qualcosa in
russo come risposta.
Yana comparve come
una piccola bambola meccanica, un grosso pupazzo a forma di cane tra le braccia
e l’espressione incuriosita. Squadrò di nuovo Irina
con gli occhioni spalancati, i boccoli dorati che le incorniciavano il visetto
paffuto.
<< Ciao
>> disse Irina.
Trovava quella
bambina estremamente tenera, ed era sicura che Yana
provava nei suoi confronti lo stesso fascino misto a paura che si aveva davanti
alle cose sconosciute. Molto probabilmente non osava avvicinarsi, ma se solo
avesse avuto meno problemi con la lingua non avrebbe
esitato a sommergerla di domande.
<< Come si
chiama il tuo bel cane? >> chiese Irina, nella speranza che la bambina la
capisse.
Yana fece qualche
passo avanti, dubbiosa, senza rispondere. Irina accarezzò il peluches, e
indicandolo disse: << Cane >>.
La bambina sembrò
comprendere. Scosse il pupazzo e ripeté, concentrata: << Cane… Cane… >>.
Guardò la mamma, forse aspettandosi un complimento. Vilena disse qualcosa in
russo e Yana tornò a concentrarsi sul pupazzo.
<< Si…
Chiama… Buck >> scandì con un po’ di difficoltà.
Irina sorrise.
Quella bambina doveva imparare molto in fretta, com’era tipico di quell’età.
Sarebbe stato facile per lei imparare l’inglese, se le veniva
insegnato fin da piccola.
All’improvviso,
Dimitri sbucò a torso nudo e completamente sudato dalle scale che portavano di
sopra, nella mansarda, l’espressione come al solito di
ghiaccio e lo sguardo sprezzante puntato su di lei. Sembrava appena uscito da
una palestra, a giudicare dai pantaloni della tuta Adidas che portava in
completa disinvoltura.
Irina rimase un momento sconvolta quando si accorse che il torace di
Dimitri, diversamente da William e molti degli altri piloti clandestini, non
era solcato da nessun tatuaggio… In compenso, era striato di cicatrici.
Dimitri le rivolse
un’occhiataccia quando la vide indugiare con lo sguardo sui segni bianchi che
portava sui muscoli del ventre, sulle spalle, sul fianco destro, sotto il
braccio sinistro… L’unico pensiero che la colpì in quell’istante era un’immensa
pena: Dimitri aveva un bel fisico completamente rovinato da quelle cicatrici di
chissà qualche origine.
Fece mente locale,
rendendosi conto che da quando lo aveva conosciuto non lo aveva mai visto a
torso nudo: si sarebbe certamente ricordata di una
cosa del genere. Non che la cosa le fosse mai interessata, perché si era sempre
tenuta ben distante da Dimitri, ma ora capiva perché lo aveva sempre visto
indossare maglie e camicie quando era in sua presenza.
Vilena non sembrava
fare caso alle cicatrici di Dimitri, così come Yana, e Irina si ricompose. Se
non dicevano niente, significava che quei segni risalivano a prima che
diventasse amico di William e che lasciasse la Russia…
<< Porta la
tua macchina nel garage >> ordinò secco Dimitri, lanciandole un paio di
chiavi, << Non è sicuro che rimanga la fuori, anche se ci siamo solo noi
in questo palazzo… >>.
Imbambolata, Irina
afferrò le chiavi e annuì, senza sapere bene cosa dire. Non voleva essere
indelicata, ma non poteva che essere colpita da quella novità. Dove si era
fatto tutte quelle cicatrici?
Decise che non era
il caso di fare domande inopportune in quel momento, così ingoiò il magone che le era venuto a quella vista e si diresse verso
la porta, aggirando la piccola Yana ancora ferma in mezzo alla cucina.
<< Ok…
>> disse a bassa voce, << Da dove si
entra? >>.
<< C’è una
rampa che porta di sotto >> rispose Dimitri, aprendo il frigorifero e
tirando fuori una bottiglia di acqua, << Parcheggiala in fondo, e non
toccare niente >>. Sottolineò l’ultima frase con
una inflessione della voce per niente amichevole.
Irina sbuffò e si infilò il giubbotto, scendendo di sotto. Ok, era rimasta
spiazzata, ma Dimitri poteva cercare di essere almeno un po’ comprensivo: la
maltrattava anche in quella situazione, quando sapeva benissimo che lei non
aveva mai visto le sue cicatrici che avrebbero sconvolto chiunque.
Scoprì che l’aria
era meno fredda di quando erano arrivati, ma era comunque una temperatura a cui le non era abituata. Raggiunse l’Hummer con il
carrello trasportatore e guardò
Tirare giù una
macchina da un carrello non era proprio un lavoro da donna, ma non si sarebbe
mai abbassata a chiedere aiuto a Dimitri, visto che
stava chiaramente cercando di metterla in difficoltà. Forse era la sua
punizione per la sua ultima reazione. Aggirò l’Hummer e con un po’ di
difficoltà abbassò le due rampe, adagiandole sul terreno bagnato e scivoloso.
Controllò che non si muovessero, rischiando che l’auto cadesse giù mentre la
faceva scendere, e poi si arrampicò lungo la fiancata, cercando di entrare
dalla portiera.
“Avrei dovuto fare un po’ di palestra, prima di
partire…” pensò,
mentre si issava nella Punto e richiudeva la portiera
con un tonfo, il fiatone che si condensava in nuvolette di vapore bianco.
Accese il motore,
ringraziando che avevano anche cambiato la batteria, e fece retromarcia
lentamente, scendendo dal carrello con tutte le precauzioni possibili. Una
volta finito, rimise a posto le piccole rampe e si diresse verso la discesa che
portava al garage.
Una volta di sotto,
al riparo dal vento freddo e dalla neve, venne
abbagliata dai neon che illuminavano il garage dalle pareti azzurre, più
spazioso di quanto si fosse aspettata, e anche più pieno di quanto aveva
immaginato.
Disposte in ordine
perfetto, una di fianco all’altra, c’erano quattro auto dalla carrozzeria
scintillante, ognuna con il proprio spazio delimitato da una linea colorata per
terra come una sorta di striscia di partenza.
La prima era una
Chevrolet Camaro argentata, dai cerchi in lega a sette razze e i vetri
oscurati; la seconda era una Mitsubishi Lancer rosso
rubino, con grosse prese d’aria sul cofano bombato; la terza, una Audi R8 nera,
bellissima e sinuosa come un felino; e in fondo… Una Ferrari California bianco
ghiaccio.
Irina passò
lentamente davanti alle quattro auto, raggiungendo lo spazio vuoto lasciato in
fondo, che doveva essere appartenuto alla Ford GT rosso scuro che Dimitri aveva
usato per scalare la Black List e che era stata anche la sua auto “di
rappresentanza” a Los Angeles. Parcheggiò
Non si era
aspettata che Dimitri avesse tutte quelle auto, né
soprattutto possedesse una Ferrari California. William non aveva mai amato le Ferrari,
preferendo nettamente le Lamborghini o la sua Zonda, e credeva fosse la stessa
cosa per il russo… Inutile dire che le riservava sempre qualche sorpresa.
Si avvicinò
all’auto e poggiò la mano sopra il cofano con delicatezza, come se la vernice
potesse saltar via da un momento all’altro. La calandra sembrava una bocca
pronta a risucchiare tutta l’aria necessaria al potentissimo motore da 460
cavalli, i fari appuntiti come occhi di un felino, il tetto metallico richiuso
che la rendeva una normalissima coupé ma che
all’occorrenza poteva trasformarla in una spider super veloce… Come sempre,
quell’auto sortiva su di lei un fascino che nessun’altra poteva eguagliare.
Era solita salire
sulla 458 Italia di Xander, ma non si era mai abituata a quella sensazione
unica che sentiva quando saliva su una Ferrari. Per chi adorava le auto come
lei,
Le venne difficile
immaginare la Ferrari con il tetto aperto in mezzo alle gelide strade di Mosca:
aveva sempre visto una macchina del genere sfilare lungo le strade assolate di
Los Angeles, l’aria tra i capelli del fortunato che se la poteva permettere.
Dimitri si
riconfermava strano come al solito. Gettò un ultimo
sguardo alla macchina e individuò una porta che doveva portare alle scale. La
raggiunse e si ritrovò di sopra, nell’ingresso del palazzo, illuminato dai neon
appesi al soffitto.
Quando rientrò in
salotto, lo trovò vuoto, senza nessuna traccia né di Dimitri, né di Vilena, né
tantomeno di Yana. Lo stereo però era stato acceso, a volume piuttosto alto, e
trasmetteva quella che era inconfondibilmente una canzone di Rihanna.
Perplessa, Irina si
avvicinò alla radio, poggiata sul mobile di legno pregiato, e guardò la traccia
del cd sul display illuminato di azzurro: conosceva quella canzone, perché
faceva parte di una delle tracce del suo cd. Afferrò
la copertina del disco, lasciata in disparte, e lesse i titoli dei brani,
curiosa.
“Gli piace Rihanna, chi lo avrebbe mai detto…”.
L’occhio le cadde
sulla collezione di cd ordinatamente impilate sullo scaffale, in ordine
alfabetico per artista. Evanescence, Linkin Park, Ne-yo, Phil Collins, Rihanna,
U2… Rimase di sasso scoprendo qual’era la musica che
piaceva a Dimitri. Il loro era un mondo di discoteche
e serate di sballo, che avevano come colonna sonora brani dance e tekno, e non
certo musica di quel tipo. Tutti generi diversissimi da quelli che aveva sempre
visto ascoltare William.
“Bè, Rihanna piace anche a me” pensò, scrollando
le spalle.
Cercò il
telecomando dello stereo, per cambiare canzone, ma si fermò. Dimitri era di
sicuro da qualche parte, e non avrebbe gradito che qualcuno toccasse le sue
cose, visto com’era fatto. Figuriamoci permettersi di cambiargli brano nella
radio.
Si voltò e guardò
la scala che portava di sopra, nella mansarda, chiedendosi cosa ci fosse in
quella parte della casa. Era curiosa, ma decise di seguire la politica del non
ficcanasare in giro: se doveva instaurare un buon rapporto con Dimitri, era
meglio non innervosirlo troppo. Oltretutto, lui non sembrava quello dei due più
propenso ad adattarsi… Fino a prova contraria era sua ospite, anche se in un modo
tutto particolare, ed era giusto che osservasse qualche restrizione.
<< ‘Stasera ci incontriamo con Boris >>.
Irina sussultò per
lo spavento. Dimitri spuntò dal corridoio che portava alle camere, ora vestito
e con i capelli bagnati e gli occhi grigi piantati su di lei, neanche l’avesse appena sorpresa mettere piede in un posto proibito.
Forse voleva intuire quale fosse stata la sua reazione di fronte al suo garage
pieno di auto non da poco.
Irina annuì.
<< Bene, volevo chiederti di contattarlo,
infatti >> disse, << Sono tutte tue le auto di sotto? >>.
Dimitri si strofinò
la testa con l’asciugamano, abbassando il volume della radio. << Sì,
perché? >> rispose, distaccato.
<< Non
credevo ti piacessero le Ferrari >> disse Irina, con leggerezza. Non
voleva accusarlo né offenderlo, era solo una domanda innocente per togliersi
qualche curiosità.
<< E io non credevo che potessi essere così irritante >>
ribatté lui, secco.
Irina rimase
interdetta, ferma dov’era. Irritante lei? Certo, forse alcune volte era insopportabile, ma non annoverava tra i suoi difetti il
parlare troppo, anzi, di solito secondo Xander non parlava abbastanza.
Chiaramente Dimitri voleva provocarla.
<< D’accordo,
scusa per il disturbo >> disse, << Mi vado
a fare una doccia anche io >>. Gli gettò un’occhiataccia, ma il russo
stava cambiando traccia del cd.
<< Mangiamo
da Vilena >> concluse lui, chiudendo quella misera discussione.
Irina fissò
perplessa la gran quantità di cibo che era stata disposta sul tavolo rettangolare,
nella bella cucina dell’appartamento di Vilena, illuminata a giorno dal
lampadario che faceva brillare le ante lucide e laccate di blu oceano. Il
televisore ultrapiatto appeso alla parete trasmetteva il telegiornale, un russo
dall’aria arcigna che declamava le notizie senza che lei ci capisse niente,
mentre nel forno rosolavano quelli che sembravano dei fagottini di pasta
ripiena.
Yana, vestita nel
suo completino lilla, era seduta al tavolo con l’aria affamata, e spostava lo
sguardo dalla televisione a Irina, da Irina al forno e dal forno a Dimitri,
come se volesse dire qualcosa ma non osasse farlo.
Dimitri, seduto a
capotavola con l’espressione indecifrabile, parlava al cellulare in russo stretto stretto, quasi fosse arrabbiato; Vilena, indaffarata
con i fornelli, non gli prestava il minimo ascolto, come se nemmeno ci fosse.
Irina ipotizzò che o era abituata agli affari del fratello, o semplicemente non
si immischiava.
Nonostante si
trovasse in un luogo totalmente sconosciuto, a casa di persone che non aveva
mai visto, non si sentiva troppo fuori posto. A parte lo scombussolamento
dovuto al viaggio, stava bene e non era spaesata come aveva pensato di
trovarsi. Vilena era stata gentile e bendisposta nei suoi confronti, e nemmeno
lontanamente invadente. Voleva aiutarla in cucina, ma lei riteneva la cosa
disdicevole, quindi aveva lasciato perdere.
Osservò i tre posti
apparecchiati a tavola, chiedendosi se dovevano essere solo loro a cena, quella
sera: il cibo che Vilena aveva preparato bastava per il doppio delle persone.
Ma quello che si domandò era anche dov’era il padre di Yana, che non era stato ancora menzionato nemmeno una volta.
In effetti, c’erano un sacco di cose che avrebbe voluto sapere di Dimitri,
ma sapeva che lui non era il tipo da parlare di sé, soprattutto con lei, e non
le sembrava educato fare domande inopportune già appena arrivata. Forse avrebbe
scoperto qualcosa più avanti, quando avrebbe iniziato a godere
della fiducia di Vilena.
Con un gesto secco,
Dimitri appoggiò il cellulare sul tavolo e puntò gli occhi grigi su di lei,
innervosito.
<< Boris ci
vuole incontrare stasera >> disse, << Solo noi tre… Vuole sapere
come abbiamo fatto a fuggire senza farci arrestare, e
cosa siamo venuti a fare qui >>.
Irina annuì.
<< D’accordo. Dove dobbiamo incontrarlo? >> chiese.
<< A casa sua
>> rispose Dimitri.
Irina gli lanciò
un’occhiata eloquente: Vilena non sapeva e non avrebbe saputo mai qual’era il vero motivo per cui erano tornati a Mosca, ma
non sembrava nemmeno curiosa di saperlo, perché non aveva fatto domande.
Dimitri gli aveva solo detto che erano tornati per affari loro, o almeno era
quello che aveva raccontato a Irina riguardo alla discussione che avevano avuto mentre lei era in garage.
Yana si mosse
irrequieta sulla sedia, e chiese qualcosa a Dimitri. Il ragazzo arricciò il
labbro, poi si rivolse a lei.
<< Chiede se
sei russa, visto il nome… >> borbottò.
Irina sorrise alla
bambina, facendo cenno di no con la testa. << Lo ha
scelto la mia mamma >> rispose, << Ma non ho proprio nulla di russo
>>.
Dimitri tradusse
con una smorfia, poi tornò a guardare lei. Yana sembrava studiarli come fossero
stati due giocattoli particolarmente interessanti. A giudicare da come si
comportava, aveva preso molto dallo zio: silenziosa ma anche molto perspicace.
<< Vestiti
pesante, stasera >> disse Dimitri, osservando le spalle di Vilena che si
muovevano davanti ai fornelli.
Irina inarcò un
sopracciglio: da quando gli interessava come si vestiva? Di sicuro non sarebbe
andata in giro con un vestitino di quelli che aveva indossato ai tempi dello
Scorpione, ma non era così sciocca da mettersi in tiro già la prima volta che
incontrava Boris… Oltretutto, si ricordava che non era molto fine, nei suoi
confronti.
“Sarà stato Xander a dirgli di controllare anche come
mi vesto…”
pensò, leggermente divertita.
<< Ok…
>>.
<< E’ pronto
>> disse Vilena, appoggiando sul tavolo l’ennesimo vassoio carico di
cibarie.
Dimitri si sedette
più composto e Yana andò a prendere il suo bavaglino, lasciandoselo legare
dalla mamma, con aria felice.
<< Mia
sorella ha insistito perché assaggiassi i piatti tipici russi… >> spiegò
Dimitri, a bassa voce e notevolmente irritato.
<< Non ti
dovevi disturbare >> disse Irina, rivolta a Vilena, << Rimarremo un
bel po’ di tempo qui, quindi avrò il tempo di
assaggiare tutto quello che preparate… >>.
<<
Diversamente da tutti gli altri russi, siamo abituati a ricevere ospiti
>> spiegò la donna, << Altrimenti siamo molto diffidenti, nei
confronti degli stranieri… E poi vogliamo festeggiare il ritorno di Dimitri
>>. Si interruppe per rimproverare Yana che
aveva cercato di prendere uno degli sformati di pasta sfoglia, e che ora aveva
la mano bloccata a mezz’aria. << Assaggia >>.
Le mise davanti una zuppa che aveva l’aria di essere stata preparata con
carne e verdure, e che Dimitri prese con l’espressione disgustata. Irina la
annusò, curiosa, e la assaggiò davanti agli occhi spalancati di Yana.
Aveva un sapore
forte, molto diverso a quelli a cui era abituata, ma
non era sgradevole. Doveva esserci della cipolla dentro, oltre che qualche
altra spezia che non riusciva a riconoscere. A quel punto anche Yana iniziò a
mangiare, mentre Dimitri si limitò a un paio di cucchiai. Evidentemente non
amava quel tipo di piatto. Vilena non ci fece caso e si sedette a tavola, con
qualche difficoltà vista la pancia.
<< Eri una
pilota di Challagher? >> domandò all’improvviso la donna, porgendole una
fetta di pane con una salsa giallina. Il suo tono era disinvolto, quindi
considerava l’argomento abbastanza “tranquillo”. Dimitri però gettò
un’occhiataccia a Irina, come a dirle di fare attenzione a ciò che diceva.
<< Sono
ancora una sua pilota >> rispose lei, la voce controllata, << Anche
se è in carcere, non significa che non gli sia più fedele… >>.
<< Voi
americani avete un concetto di fedeltà molto diverso dal nostro >>
commentò Vilena, e per la prima volta ci fu una nota strana nella sua voce.
Guardò Dimitri e disse: << Sei ancora suo amico? >>.
<< Hai
sentito cosa ha detto >> ribatté Dimitri, << Lo sai come la penso.
Iosif quando torna? >>.
Il cambio di
argomento non sembrò infastidire Vilena, che accettò il tono brusco di Dimitri
senza fiatare.
<< Domani
>> rispose, << Sarà contento di vederti >>.
Irina rimase
sconcertata da come Vilena accettasse il comportamento scontroso e ombroso di
Dimitri senza fare commenti, né rimproverandolo di tanto in tanto. Prese con un
po’ di titubanza il dessert che le stava passando la donna e guardò il russo,
senza sapere bene cosa pensare.
Se c’era una cosa
di cui era sicura, era che Dimitri non era particolarmente felice di essere
tornato a Mosca, diversamente da quanto si poteva pensare; in più, dimostrava
una certa insofferenza verso tutto quello che lo ricollegava al suo paese,
compreso Boris… Però era anche palese che c’era un
legame particolare tra lui e Yana, un legame che Irina poteva spiegarsi solo
come affetto.
Anche se li aveva
visti insieme solo qualche ora, si era resa conto che
quella bambina voleva molto bene a suo zio, nonostante il suo caratteraccio; e
Dimitri, dal canto suo, dimostrava il suo affetto verso la nipotina in modo
sottile e velato, quasi impercettibile dall’esterno. Ciò che Irina si domandava
era: perché Dimitri si comportava, e si era sempre comportato,
in quel modo distaccato e freddo?
<< Iosif
>> disse Yana all’improvviso, rivolta verso di lei, indicandosi il petto,
<< Mio papà >>.
Irina sorrise. Ora
sapeva chi era l’individuo di cui aveva parlato Dimitri. Ma
quella fu l’unica informazione interessante che riuscì a ottenere durante
quella cena, perché né Dimitri né Vilena parlarono d’altro che non fosse
terreno neutro.
<< Andiamo
con la mia auto >>.
Dimitri, in piedi
di fronte alla porta dell’appartamento, mostrò le chiavi di una macchina, l’espressione
fredda come quella di un ghiacciolo. Si era infilato un giaccone nero dall’aria
non troppo pesante, ed evidentemente non pensava di aver
freddo.
<< Ok
>>.
Irina chiuse la
giacca a vento che aveva tirato fuori dalla valigia e diede un’ultima sistemata
alla pistola che aveva nascosto nella tasca interna. Dimitri le lanciò
un’occhiata arrabbiata, ma lei lo ignorò: sapeva che non poteva avere armi.
<< Non
metterti nessuna microspia o qualsiasi affare del genere >> borbottò
Dimitri, << Cercheranno di controllarci, se possono >>.
<< Siamo
appena arrivati, non ci metteranno già le mani addosso… >> commentò
Irina, stizzita, << So che non sono stupidi, ma
dobbiamo vedere solo Boris: lui si dovrebbe fidare di noi >>.
<< Dovrebbe,
appunto >> ribatté Dimitri, << Se non vuoi far saltare tutto già
all’inizio, fa come ti dico >>.
Irina sbuffò, ma
non si mosse. Non aveva alcuna microspia addosso, perché non aveva ritenuto
necessario utilizzarla e aveva più o meno avuto lo
stesso pensiero di Dimitri: non era un’idiota, anche se lui pensava il
contrario.
<< Non ho
niente addosso >> sibilò, spalancando la porta. << Andiamo,
altrimenti facciamo tardi >>.
Lo precedette fuori
dall’appartamento, e non parlarono finché non furono davanti alle quattro belle
auto parcheggiate nel garage, sempre in fila una di fianco all’altra. Il russo
si diresse sicuro verso
Quando Dimitri
accese il motore della Audi, Irina lo sentì salire su
di giri in un attimo. Le lancette rosse del cruscotto si illuminarono
sopra il fondo bianco e gli indicatori neri, e i fari proiettarono sul muro la
loro luce azzurrina. Fluida, l’auto iniziò a muoversi, Irina che teneva
d’occhio il russo.
Come si era aspettata,
vide un’espressione di soddisfazione dipingersi sul volto di Dimitri: almeno
adesso dimostrava che almeno era contento di essere di nuovo libero. Risalì la
rampa del garage senza dire niente, saggiando il pomello del cambio in un modo
molto simile al suo.
<< Ti mancavano, le auto? >> domandò Irina, tranquilla.
Era una domanda
sciocca, ma voleva trovare un punto di incontro con
quel ragazzo così strano e silenzioso che aveva sempre un po’ temuto, per
cercare di capire chi si trovava veramente davanti. Continuava a provare un po’
di soggezione nei suoi confronti, ma sentiva anche un po’ di curiosità: ora che
ne aveva la possibilità, voleva sapere qualcosa di lui e della sua famiglia.
<< A te
mancavano? >> ribatté Dimitri, secco.
“Cercherò di avere pazienza, con lui…”.
<< Mi mancava
correre >> rispose Irina, decisa a non sembrargli troppo invadente.
<< Le auto ho sempre potuto guidarle, ma non come facevo prima >>.
Dimitri fece una
smorfia, lasciando scivolare rapida e sinuosa la R8 lungo la sopraelevata che
portava dall’altra parte della città, il cielo nero e i lampioni che
illuminavano la strada bagnata. << Non dirmi che ti sei pentita di essere
uscita dal giro >> disse.
<< No, non mi
sono pentita >> disse Irina, << Non era la vita che volevo fare,
quella, ma devo ammettere che mi piaceva correre in auto >>.
Dimitri non disse
niente, ma sul suo volto sembrò balenare un’espressione a metà tra il divertito
e l’esasperato.
<< Perché hai
accettato di aiutarci? >> domandò Irina, sentendo che era il suo turno,
per porre le domande.
<< Perché mi
andava >> rispose seccato il russo. Inchiodò secco al semaforo, lo
sguardo fisso sul rosso.
Irina inarcò un
sopracciglio. << Cosa significa? >>.
<< Mi andava
di farlo e basta >> disse Dimitri, << E’ un problema, per te?
>>.
“Mamma mia, quanto è bravo a fare l’antipatico…”.
<< No, non lo
è >> sussurrò Irina, mantenendo la calma, << Vorrei solo sapere
cosa ti ha spinto ad accettare, visto che si tratta di tradire la tua gente…
>>.
Dimitri le lanciò un’occhiataccia.
<< Cosa ti fa pensare che si tratti della “mia gente”, come dici tu?
>> ribatté.
Irina rimase
interdetta. Quelli con cui avrebbero avuto a che fare erano comunque suoi
compaesani, alcuni addirittura suoi parenti… Ci andava un bel coraggio a fare
la spia per il loro nemico, alla fine.
<< Cosa vuoi dire? >> sussurrò lei.
<< Se me ne
sono andato, un motivo ci sarà pure stato >> rispose secco e irritato il
russo.
<< E qual è?
>> incalzò Irina.
<<
Sicuramente è qualcosa che tu non puoi sapere >> la zittì Dimitri.
Irina abbassò lo
sguardo, più che altro turbata per averlo reso così scontroso con qualche
domanda. Forse Dimitri non era mai stato particolarmente incline a raccontare i
fatti suoi in giro, ma notò l’espressione infastidita e quasi addolorata che
gli si dipinse sul volto: doveva essere qualcosa di cui non amava parlare.
Decise di non insistere troppo su quel punto, almeno finché non avesse smesso
di considerarla un’impicciona rompiscatole.
<< Posso
chiederti da dove arriva
<< L’ho
comprata >> rispose Dimitri, senza che il suo tono di voce cambiasse di
una virgola.
<< Pensavo
l’avessi rubata… >> commentò Irina, << E’ una bella auto, mi piace
molto >>.
<< Tanto non
te la farò guidare >> ribatté il russo.
Irina alzò gli
occhi al cielo, esasperata. Sembrava che cercasse ogni modo per provocarla e
offenderla.
<< Non lo
dicevo perché volevo che me la facessi guidare… Xander mi fa
guidare la sua. Di solito non le compri, le auto;
anche William le rubava sempre. Sono solo sorpresa, tutto qui >>.
<< Una
Ferrari va comprata, non rubata >> ribatté Dimitri.
“Adesso se gli do ragione mi
dice che lo faccio perché ho secondi fini… Meglio stare zitta”.
<< Come funzionano
le cose da queste parti? >> chiese Irina.
<< In che
senso? >>. Dimitri svoltò a sinistra, le ruote dell’Audi che scivolavano
sul ghiaccio senza riuscire a scomporlo.
<< Che gare
si fanno, chi controlla cosa, cose di questo tipo
>> disse Irina, << La tua famiglia, per esempio, che ruolo svolge?
>>.
<< Le gare
sono sempre le stesse, ma qui non ci sono canyon
>> rispose Dimitri, << Abbiamo delle gare sul ghiaccio, che avrai
modo di vedere… Quanto alla mia famiglia, se togli mio zio Boris, non siamo
nessuno da queste parti >>.
Visti tutti i soldi
che sembravano avere, non si sarebbe detto.
<< Capito…
Come mai in quel palazzo ci siete solo voi? >>.
<< Perché è
di nostra proprietà >> rispose Dimitri, << Tutti gli appartamenti
sono della nostra famiglia, ma non ci viene mai nessuno… Ognuno sta in parti
diverse della città, al momento >>.
<< Perché?
>> chiese Irina, sentendo odore di qualcosa di strano.
<< Ognuno si
fa i propri affari >> rispose Dimitri, tombale.
Irina tacque,
accorgendosi che il russo iniziava a innervosirsi di nuovo: il tono basso e
irritato della sua voce diceva tutto.
<< Ehm… Credi
che Boris ci farà gareggiare subito? >> chiese, per cambiare argomento ed
evitare che si arrabbiasse ancora.
<< Non lo so
>> rispose Dimitri, << Non so che reazione
avrà quando gli diremo perché siamo qui. Potrebbe anche mandarci via, se
volesse >>.
Irina lo guardò.
<< Mandarci via?! >> sbottò, << Stai
scherzando, vero? Non siamo venuti qui per farci
rimandare indietro dopo un solo giorno! >>.
Dimitri arricciò il
labbro, infastidito dalla sua voce. << Diversamente da te, abbiamo
valutato anche questo >> ringhiò.
<< “Abbiamo”?
>>.
<< McDonall
ha voluto esaminare attentamente tutta la questione >>. Il tono con cui
stava parlando sembrava voler dire che la cosa gli era costata infinita
pazienza, e che il Vicepresidente doveva essere stato piuttosto invadente.
<< Ah… Quindi? >> fece Irina, sempre più stupita. Non aveva
valutato quella possibilità, e per fortuna qualcuno lo aveva fatto al posto suo…
Era un’altra lezione da imparare.
<< Quindi sta zitta e lascia parlare me >>.
Dimitri fermò
Un omone vestito di
nero, dai capelli a spazzola, si avvicinò al cancello chiuso fissandoli
arcignamente, e Dimitri fece un cenno con le due dita della mano stretta sul
volante. La guardia mostrò con aria truce quello che aveva tutta l’aria di
essere un mitra e che portava appeso al collo, e mimò un segno a qualcuno alla
sua sinistra, invisibile dall’esterno. Un attimo, e il cancello di ferro si
aprì lentamente, in un assurdo silenzio ovattato.
L’Audi R8 avanzò al
minimo lungo il vialetto scivoloso di neve a passo d’uomo, i sassolini che
scricchiolavano sotto le ruote, la guardia che camminava al loro fianco con
aria assassina. Dimitri parcheggiò la macchina in un piccolo spiazzo, e Irina
si accorse che altri tre uomini li stavano tenendo d’occhio da lontano, anche
loro armati fino ai denti e vestiti di nero come soldati in incognito.
“Boris teme per la sua salute personale… Strano, è uno
dei referenti, non dovrebbe correre molti pericoli…”.
Irina smontò
dall’auto insieme a Dimitri, mentre la guardia li
squadrava da capo a piedi. Un altro uomo si avvicinò, e ringhiò qualcosa in
russo, agitando l’arma che teneva in mano.
Dimitri allargò le
braccia con aria insofferente, facendo cenno di venire avanti. Irina lo guardò
interrogativa, senza capire cosa si fossero detti.
<< Ci
vogliono perquisire >> borbottò Dimitri, seccato.
Irina lanciò
un’occhiataccia al tipo vestito di nero, per fargli capire di non andare a
mettere le mani dove non doveva, e si lasciò palpare sotto le braccia, lungo le
gambe e sui fianchi, l’irritazione che cresceva. Tra loro due doveva essere
quella meno pericolosa, eppure la guardia sembrava avercela soprattutto con
lei. Infatti trovò subito la pistola che portava nella
tasca interna della giacca. L’uomo le fece cenno di passargliela, e lei ubbidì.
Dimitri disse
qualcosa, inespressivo. Le due guardie si guardarono in faccia, poi gli
passarono la pistola che lui infilò nella tasca dei pantaloni come niente
fosse.
<< Ehi!
>> protestò Irina, << Che stai facendo?
>>.
<< ‘Sta zitta e non gridare >> la sgridò Dimitri, ignorando
gli sguardo divertiti della guardia al loro fianco. << Mi conoscono, ma
non conoscono te. Non sanno se sei pericolosa o no.
Preferiscono che sia io a portare la pistola, visto che
sanno chi sono… >>.
Irina rimase in
silenzio, infastidita da quella situazione. Non si fidava di Dimitri, soprattutto
quando aveva una pistola e lei no. Poteva anche essere un imbroglio…
I due uomini li
accompagnarono dentro la villa, scortandoli come fossero due carcerati, pronti
a qualsiasi loro reazione. Nemmeno quando furono
dentro, accennarono a lasciarli soli.
Come aveva immaginato
Irina, la casa di Boris era un tripudio di lusso ed eccessività: le pareti
erano verniciate con colori spatolati molto vistosi,
che andavano dal pesca al blu cielo, adornate di quadri enormi di pittori
famosi; c’era addirittura quello che sembrava un Picasso. Il lungo corridoio d’ingresso
era coperto da un tappeto rosso che portava fino alle scale, illuminato a
giorno da lampade elaborate appese alle pareti. Riuscì a intravedere il
soggiorno quadrato ed enorme, arredato con mobili antichi e di legno
pregiatissimo, e il gigantesco televisore ultrapiatto che faceva uno strano
contrasto con l’antichità degli arredi. In un angolo vide quello che doveva
essere un autentico triclinium romano, intarsiato d’oro.
Le due guardie li portarono
davanti a una porta subito dopo aver risalito la scalinata dal mancorrente
dorato e lucidissimo. Bussarono e attesero un momento prima di entrare. Dimitri
le lanciò un’ultima occhiataccia, prima di sussurrare: << Lascia parlare
me, chiaro? >>.
<< E se mi
chiede qualcosa? >> ribatté Irina.
<< Rispondi,
ma limitati all’essenziale >> disse Dimitri.
La guardia li
lasciò entrare, rivelando che la stanza era un altro soggiorno, più piccolo ma
ugualmente ricco. Un allegro fuoco scoppiettava nel camino di mattoni,
sovrastato da un dipinto di un uomo anziano e dalla foltissima barba grigia in
una cornice d’oro massiccio, vestito in abiti che
dovevano risalire a una cinquantina di anni prima.
Boris, un po’ più
grasso di quanto lo ricordava lei, li aspettava seduto su una poltrona di
velluto rossa, il dente d’oro in bella vista nel suo sorriso strafottente e un
sigaro acceso e fumante nella mano occupata dall’anello d’oro che era solito
portare. La barba scura gli incorniciava il volto rugoso e pallido, da vero
russo qual’era.
<< Dimitri!
>> disse alzandosi, << Nipote, che piacere rivederti! >>. Il suo
marcatissimo accento fece digrignare i denti a Irina: aveva sempre detestato la
sua parlata.
Boris abbracciò il
ragazzo, che non si mosse nemmeno di un millimetro. Le due guardie si disposero
in fondo alla stanza, senza alcuna intenzione di andarsene. Una volta salutato
il nipote, il russo concentrò la sua attenzione su di lei, e Irina si sentì
ripiombare veramente alla vita di due anni prima.
<< Fenice…
>> disse Boris, la voce modulata ma il sorriso disgustoso sempre sul
volto, << Non mi aspettavo di rivederti più,
dopo quello che è successo… >>. Il fumo del sigaro mulinò nell’aria,
sparendo un attimo dopo.
Irina colse il
senso di quell’affermazione: come tutti, Boris aveva sempre sospettato che non
voleva continuare a fare la pilota clandestina, e una volta arrestato lo Scorpione
avrebbe dovuto defilarsi, vista l’occasione.
<< Nemmeno io
credevo di vederti ancora >> ribatté Irina, << Ho rischiato la
cattura più volte di quante immagini… >>. Si compiacque nel sentire che
il suo tono era lo stesso che aveva sempre usato quando si faceva chiamare
Fenice: diretto, secco, quasi inespressivo.
Boris sorrise
ancora di più e fece cenno di sedersi. Irina si accomodò sul divano di velluto
rosso di fianco a Dimitri, sentendosi meno in soggezione di quanto pensasse.
Aveva un piano preciso che doveva seguire, e aveva scoperto di essere una brava
attrice quando voleva. Non sarebbe certo stata zitta come gli era stato
ordinato, perché era lei a comandare.
Una cameriera
vestita un completo blu entrò nella stanza portando un vassoio con tre
bicchieri e una bottiglia di liquido bianco, più una scatola di quelli che
dovevano essere sigari. Riempì i tre bicchieri poi sparì oltre la porta
silenziosa come era arrivata.
<< Bene, sono
contento di avervi da queste parti >> disse Boris, << Sono curioso
di sentire la vostra storia… Vodka? >>.
Porse loro i due
bicchieri, che presero in contemporanea. Dimitri mandò tutto giù d’un sorso, nemmeno fosse stata acqua, e Irina rimase
bloccata. L’ultima volta che aveva ricevuto un bicchiere da Boris, era finita
nel letto di Xander cercando di molestarlo…
Ingurgitò la vodka
tutta d’un fiato, scoprendo che era molto più forte di
qualsiasi altra bevanda alcolica avesse mai bevuto. Fece una smorfia sentendo
il liquido bruciarle la gola e lo stomaco, ma poggiò il bicchiere sul tavolino
senza fare troppe storie. Vide Boris seguire i suoi movimenti con un sorriso,
come per essere sicuro che quella che avesse davanti era ancora la vecchia
Fenice.
<< Come hai
fatto a scappare, Dimitri? >> domandò, spostando lo sguardo sul nipote,
seduto con l’espressione imperscrutabile come quella di una statua.
<< Ho
sfruttato un momento di distrazione delle guardie >> rispose lui, atono,
<< Mi sono fatto dare una mano da un altro paio di detenuti… >>.
Boris fece una
smorfia. << Non ti controllavano abbastanza bene >> commentò,
<< Ma non mi stupisce che tu sia riuscito a fuggire… So che sei bravo in
questo genere di cose. Ciò che mi incuriosisce è come
la nostra cara Fenice sia riuscita a non farsi arrestare dalla polizia…
>>. La guardò dritta in faccia, strafottente.
<< E’ brava a
prendere gli uomini dalla parte giusta >> disse Dimitri, un mezzo ghigno
sul volto. Quella doveva essere la parte della loro bugia che lo divertiva di
più.
“Ah sì, credi che io stia veramente zitta?”. Irina lo fulminò
con gli occhi.
<< Non è
colpa mia se voi uomini siete facili da circuire >> ribatté irritata,
<< Intanto sono rimasta fuori dalla prigione… E
ricordati che l’idea di venire qui è stata mia >>.
Dimitri le rivolse
un’occhiata incendiaria, ma Boris parlò prima di lui. << E’ stata tua
l’idea? >> domandò, interessato, << Come mai? >>.
<< Come sai abbiamo avuto dei problemi… >> cominciò Irina, tenendo
d’occhio la sua espressione per cogliere eventuali reazioni, << William è
stato arrestato, e con lui tutti i membri della Black List… >>.
<< Sì, lo so
>> la interruppe Boris, << Le notizie sono arrivate anche qui.
Sappiamo cosa è successo… Tutta la Black List è finita dietro le sbarre,
persino lo Scorpione che era il più astuto e controllava tutto… Tutti arrestati,
tranne te >>. Aggiunse alla fine, quasi sarcastico.
Davanti a
quell’affermazione, Irina non si scompose. Boris era furbo, e stava giocando
bene la carta del sospetto: voleva vedere la sua reazione di fronte all’accusa
di tradimento, per capire se era c’entrata veramente qualcosa oppure no. Doveva
capire di quanto lui fosse al corrente, ma doveva
farlo senza essere diretta. Dimitri non poteva impedirle di parlare proprio
davanti al russo.
<< Se ti
aspetti che neghi di aver cercato la protezione dell’F.B.I.
ti sbagli di grosso >> ribatté secca, appoggiando la schiena al divano,
fintamente rilassata, << Non sono stupida, e non vedo perché non avrei
dovuto approfittarne… >>.
Boris ridacchiò.
<< In effetti, sarebbe stato da voi americani fare così… >>
commentò, << So che l’agente dell’F.B.I. che si
era infiltrato tra voi aveva un debole per te… Era il tipo con
“Cavolo, si ricorda di Xander…”.
Irina sorrise.
<< Sì, era lui >> rispose, << Mi ha tenuto fuori dalle
sbarre, in cambio di un paio di servizietti… >>.
“Scusami amore mio, lo so che non sei così”.
<< E cosa
siete venuti a fare qui? >> chiese Boris, quasi ghignando davanti alla
sua ultima affermazione.
<< Abbiamo
bisogno di aiuto >> rispose Dimitri, secco, guardandolo in faccia,
<< Siamo ricercati dalla polizia in tutti gli Stati Uniti, e non possiamo
sicuramente rimanere a Los Angeles >>.
<< Solo
questo, volete? >> disse Boris, rivolgendosi a lei, << Ci sono
delle cose che non mi sono chiare, e soprattutto che non mi piacciono… Perché
sei ricercata ora, se l’F.B.I. ha voluto tenerti
fuori? >>.
Irina gettò
un’occhiata a Dimitri, con in mente un piano. Nessuno
avrebbe mai veramente creduto che lui fosse riuscito a scappare da solo, né che
fossero tornati in Russia per chiedere il loro aiuto senza rivolgersi a qualcun
altro… Se sapevano che era stato proprio Dimitri a tradire Challagher, sarebbe
stato poco credibile vederlo arrivare dicendo di voler far fuggire lo
Scorpione, portandosi dietro la sua “ex-ragazza”.
La sua idea era
diversa. Se voleva apparire convincente, doveva far credere che fosse lei la
mente tra loro due, che fosse partito tutto da lei, soprattutto la parte della
fuga dello Scorpione…
<< Sono stata
io a far scappare Dimitri >> rispose Irina, mentre il ragazzo al suo
fianco spalancava gli occhi, arrabbiato. << Non fare quella faccia, butta
giù l’orgoglio e ammetti che sono stata io ad aiutarti a fuggire >>
aggiunse, per mascherare la sua espressione furiosa e dargli una
giustificazione.
Boris guardò prima
lei, poi suo nipote. << Sta dicendo la verità?
>> chiese, stupito.
Dimitri digrignò i
denti, poi rispose a bassa voce: << Sì >>. Anche se non era quello
il loro piano, doveva per forza starle dietro se non voleva buttare tutto all’aria.
<< E’ per
questo che me la sono cavata fino ad adesso >> continuò Irina, <<
Sono stata per due anni in giro, con il benestare dell’F.B.I.,
con tutta l’intenzione di fargli credere che avevano vinto davvero. Volevo far
uscire William, ma è rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di San
Francisco, e non so come fare. Nessuno vuole più avere a che fare con lo
Scorpione, da quando sanno che è dietro le sbarre… L’unico che mi poteva
aiutare era Dimitri, così ho cercato aiuto e ho fatto fuggire lui >>.
<< La mia
famiglia ti deve un favore, allora >> disse Boris, serio. << Quindi
vuoi far scappare Challagher? >>.
Irina annuì.
<< I pochi soldi che avevo li ho usati per ingaggiare dei complici per
far scappare Dimitri, e non mi è rimasto più niente >> disse, << La
polizia ci ha visti, sa che ci sono io dietro a tutto
questo, e ce ne siamo andati… Per qualche tempo è meglio far calmare le acque,
ma voglio tornare per liberare lo Scorpione >>.
Boris si passò una
mano sulla barba scura, accendendo un altro sigaro. << Vuoi il nostro
aiuto? >> chiese.
<< Il vostro…
E quello della Lince >> rispose Irina.
Boris tacque,
servendosi un altro bicchiere di vodka. << In effetti, abbiamo concluso molti affari vantaggiosi con Challagher e la sua
banda… Lui e
“William conosceva
<< Voglio
incontrarlo >> disse Irina, << Credo sia l’unico che
abbia abbastanza soldi e potere per aiutarci a tirare fuori William di prigione
>>.
<< La Lince
ha a che fare soltanto con noi referenti >> ribatté Boris, << Se
veramente la vuoi incontrare, devi meritarlo; cioè significa che devi prima guadagnare la fiducia di noi referenti, e ti
assicuro che non è facile >>. Gettò un’occhiata a Dimitri, sprofondato
nel più completo silenzio, come a chiedergli di confermare la cosa.
<< Non ho
tutto questo tempo >> ribatté Irina, seccata, << Ho già aspettato
due anni, non posso attendere ancora >>.
<< Perché
vuoi Challagher libero, Fenice? >> domandò all’improvviso Boris, <<
Sappiamo che non eri una dei suoi piloti più fedeli, anche se eri la sua
ragazza >>.
<< Forse non
mi piacevano i suoi metodi, a volte, ma questo non significa che io non volessi
più essere del suo giro >> rispose lei, giocando il tutto per tutto,
<< Anche io avevo i miei affari. In due anni ho
riflettuto a lungo, e ho capito di aver commesso un errore con lui… Ma questi
sono affari tra me e William >>. Ammiccò, per fargli capire che il
rapporto tra lei e lo Scorpione non era finito: Fenice si era vista portare via
il suo capo, ma anche il suo uomo. Era quello che dovevano pensare, per
crederla determinata e furiosa.
Boris sorrise.
<< Sei sempre la solita “belva”, come amava definirti lui >>
commentò, << Posso parlarne con
<< Sono disposta qualsiasi cosa >> disse Irina.
Boris si rivolse
ora al nipote, rimasto seduto come una statua di pietra.
<< In giro
non saranno contenti di sapere che vuoi aiutare Challagher >> disse,
<< Lo sai cosa pensano >>.
Irina osservò le
loro facce per capire a cosa si riferivano, ma si rese conto di non capirci
niente. Stavano parlando della stessa cosa per cui Dimitri se n’era andato, o
riguardava qualcos’altro?
<< Non me ne
frega un cazzo di quello che pensano >> ribatté lui, gelido.
Boris ghignò, poi
gli passò un altro bicchiere di vodka.
<< Brindiamo
al vostro ritorno, allora >> disse, alzando il bicchiere.
Spazio Autrice
Prima di tutto, mi
scuso per l’enorme ritardo con cui ho postato il capitolo: non è da me non
rispettare una scadenza, ma purtroppo ho avuto difficoltà a finire a causa di numerosi
impegni che sono sopraggiunti e mi accompagneranno fino alla fine delle
lezioni. Piuttosto che postare un capitolo breve e di bassa qualità, ho
preferito metterti qualche giorno in più.
Ora, visto che come
avrete capito sono davvero satura di cose da fare,
sono costretta a dirvi che posterò solo quando avrò tempo o quando il capitolo
sarà pronto. Quindi non vi posso garantire nessun
aggiornamento settimanale, almeno fin quando non sarò un po’ più tranquilla, ma
naturalmente cercherò di fare del mio meglio e vi garantirò in ogni caso un
capitolo degno di questo nome. Vi ringrazio anticipatamente per la
comprensione.
Adesso, se volete
un breve commento sul cap… Bé, Dimitri si sta rivelando un personaggio sempre
più complicato e “ombroso”: ci sono un sacco di cose
da sapere su di lui, che piano piano verranno fuori. In ogni caso, sta cercando
in ogni modo di infastidire Irina, ve lo garantisco e conoscendolo come lo
conosco io, ci riuscirà prima o poi. Altra cosa che voglio farvi notare è come Vilena e Yana siano
particolarmente tolleranti verso di lui, nonostante a volte sia rude e
scontroso. Anche qui c’è un perché, che sarà svelato più avanti…
Xander in questo
capitolo non è presente, ma tornerà al più presto, non vi preoccupate. Quanto
alle sostenitrici di William, mi frulla per la testa un’ideuzza che potrebbe
farvi felici…
Bene, ora scappo ma
vi ringrazio infinitamente tutti, chi segue, chi recensisce, chi ha votato per
il concorso e chi semplicemente legge e basta.
Un bacione grande
Lhea