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Autore: Lhea    29/04/2010    3 recensioni
[Seguito de “Il gioco dello Scorpione”]
Sono passati due anni da quando lo Scorpione è finito dietro le sbarre, due anni da quando Irina è tornata a essere una ragazza normale e due anni da quando tutto nella sua vita ha iniziato a prendere la giusta piega… Ma si sa che il passato è sempre difficile da dimenticare, e lei lo sa meglio di tutti.
Il passato si può nascondere, si può rinnegare, si può anche cercare di dimenticarlo, ma non si può cancellare. Perché rimane lì, a ricordarti ciò che sei stata e ciò che sei diventata; rimane lì a farti capire cosa hai perso e cosa hai guadagnato… Il passato torna. E quando torna, un motivo c’è sempre.
E se all’improvviso Fenice tornasse? E se all’improvviso se le venisse offerta la possibilità di correre ancora per una giusta causa, di passare dalla parte “giusta” e coniugare due cose che non aveva mai pensato di poter riunire? E se all’improvviso si rendesse conto che alla fine il suo passato non lo hai mai dimenticato, che ha sempre vissuto all’ombra di ciò che era stata?
Questa volta Irina deve fare una scelta che può cambiare definitivamente il suo mondo, il suo modo di vedere e di vivere… Una scelta che la dividerà da tutto e da tutti, e che sarà la sua unica possibilità per lasciarsi veramente il suo passato alle spalle. Per poi scoprire che in due anni molte cose cambiano, comprese le persone che hanno fatto parte della sua vita.
Questa volta, il passato torna per sconvolgere tutti, per dimostrare che si cade e ci si rialza; per dimostrare che si perde e si vince; per dimostrare che il bene e il male sono solo due visioni relative… Per dimostrare che alle volte le parti si invertono, e ti mostrano quello che veramente c’è da vedere.
[Nota dell’autrice: lasciatemelo dire: questo non sarà il solito seguito. Se torno, torno per stupirvi… E’ una promessa]
POSTATO ULTIMO CAP + EPILOGO
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Gioco dello Scorpione'
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Capitolo IX

Capitolo IX

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 11.00 – Mosca

 

Irina guardò il soffitto della sua nuova stanza, la luce fioca e polverosa che proveniva dalla finestra parzialmente oscurata dalla pesante tenda. Sospirò e allungò le gambe indolenzite, lasciandosi crogiolare nel calduccio del letto, la coperta gettata malamente da una parte, il telefono dall’altra. Aveva telefonato a Xander prima di andare a dormire, ma nonostante lui fosse preoccupato e in ansia e l’avesse sfinita di domande sul viaggio, su Dimitri, sulla zona, e su un’altra marea di cose, lei aveva preso sonno comunque, abbastanza tranquilla. 

 

“E’ il caso di iniziare a mettere a posto qualcosa…” si disse, portando le mani dietro la testa.

 

Come ogni volta che doveva sbrigare qualche faccenda, Irina non amava rimandare. Ormai era totalmente proiettata nella sua missione, e non poteva pensare di rimanere sdraiata tranquilla in quel letto aspettando che fosse qualcun altro a prendere l’iniziativa.

 

Si alzò e si infilò le scarpe, dandosi una rapida pettinata, riflessa nello specchio dell’armadio. Le sue valigie erano appoggiate vicino alla porta chiusa; si avvicinò e le trascinò fino al centro della stanza. Una volta aperta quella più pesante, si sedette per terra, pronta a organizzare il tutto.

 

Avvolte in un panno bianco, c’era le due pistole che le aveva lasciato Xander, con i proiettili di riserva e i ganci per poterle nascondere sotto gli abiti. Ne prese una e controllò che ci fosse la sicura, poi la mise da parte di fianco a lei; l’altra la riavvolse per bene nel pezzo di stoffa e la adagiò sul letto, decisa a trovarle un nascondiglio adeguato.

 

In una scatola di metallo c’erano invece alcune piccolissime microspie, che potevano tornarle utili in qualche occasione, insieme a un kit per fare i calchi delle chiavi, composto da una scatolina che conteneva un materiale spugnoso verdognolo e un sacchetto di gesso. Mise anche quelli sul letto e poi tirò fuori le minuscole chiavi che le aveva lasciato Demidoff, quelle che aprivano il braccialetto di Dimitri.

 

Erano abbastanza piccole da poter passare per ciondoli di una collana, ma non se la sentiva di rischiare a portarle appese al collo: poteva perderle o Dimitri avrebbe sospettato qualcosa. Le soppesò per un momento, poi le venne un’idea.

 

Si alzò e raggiunse l’armadio a specchio; aprì le imposte e trovò una cassettiera interna che doveva servire per contenere la biancheria intima. Raccolse dalla valigia qualche slip, un paio di maglie e il pigiama e li adagiò nel cassetto, nascondendo in mezzo le chiavi.

 

“Ok, adesso tocca alla pistola di scorta…”.

 

Si guardò intorno, cercando un nascondiglio. Dimitri non era autorizzato a portare armi, ma sicuramente sarebbe riuscito a procurarsene qualcuna di straforo… Non voleva certo facilitargli il compito lasciandone una incustodita e in bella vista.

 

Guardò il letto e le venne un’idea. Sollevò leggermente il materasso all’altezza del cuscino e infilò la mano sotto: le doghe di legno erano abbastanza strette da non far cadere la pistola per terra. Recuperò l’arma e la posizionò sotto, rimettendo a posto con cura il lenzuolo, osservando per capire se si notava un rigonfiamento: tutto ok. Difficilmente a qualcuno sarebbe venuto in mente di andare a cercare la sotto.

 

Guardò l’orologio, poi sentì dei rumori provenire dalla cucina. Aveva sbrigato le faccende più urgenti, e ora poteva dedicarsi alla parte iniziale del piano: la ricerca di informazioni.

 

Trovò Vilena indaffarata a riempire i pensili della cucina con scatole di cibo e il frigo con bottiglie di birra e alcolici, più una serie infinita di prodotti tipici russi che Irina non aveva mai visto. Si muoveva con cautela, il pancione che la rendeva più lenta e impacciata di quanto probabilmente fosse normalmente. Non si era accorta di lei, e continuava a ordinare le cibarie con cura e in perfetto ordine.

 

<< Ma non dovevamo andare più tardi? >> chiese Irina con un sorriso, colpita dalla premura della donna.

 

Vilena si voltò di scatto sentendo la sua voce. Chiuse il pensile e sorrise, portandosi una mano al pancione.

 

<< Io ho pensato che era meglio lasciarvi dormire >> disse, inciampando un po’ con le parole, << Hanno saputo del vostro arrivo, e vorranno vedervi >>.

 

Irina inarcò un sopracciglio, senza capire. << Chi ha saputo del nostro arrivo? >> domandò. In realtà sospettava che il loro arrivo non sarebbe passato inosservato, ma non pensava che già qualcuno fosse venuto a conoscenza del loro ritorno. Fare finta di niente però contribuiva a renderla meno sospetta.

 

<< Boris >> rispose Vilena, << Non ci aspettavamo il ritorno di Dimitri, ma qui le notizie corrono veloci… >>. Diventò improvvisamente seria, come se la cosa non la rendesse particolarmente felice.

 

Irina annuì.

 

<< Grazie per averci procurato da mangiare >> disse, << In effetti, non ero ansiosa di affrontare il freddo di queste parti… >>. Guardò oltre il vetro della finestra, il cielo di Mosca grigio e un vento forte che spirava incessantemente, facendo vorticare piccoli fiocchi di neve.

 

Vilena sorrise. << E’ stato un piacere >> disse, poi la voce di una bambina arrivò dal pianerottolo che collegava i due appartamenti. La donna gridò qualcosa in russo come risposta.

 

Yana comparve come una piccola bambola meccanica, un grosso pupazzo a forma di cane tra le braccia e l’espressione incuriosita. Squadrò di nuovo Irina con gli occhioni spalancati, i boccoli dorati che le incorniciavano il visetto paffuto.

 

<< Ciao >> disse Irina.

 

Trovava quella bambina estremamente tenera, ed era sicura che Yana provava nei suoi confronti lo stesso fascino misto a paura che si aveva davanti alle cose sconosciute. Molto probabilmente non osava avvicinarsi, ma se solo avesse avuto meno problemi con la lingua non avrebbe esitato a sommergerla di domande.

 

<< Come si chiama il tuo bel cane? >> chiese Irina, nella speranza che la bambina la capisse.

 

Yana fece qualche passo avanti, dubbiosa, senza rispondere. Irina accarezzò il peluches, e indicandolo disse: << Cane >>.

 

La bambina sembrò comprendere. Scosse il pupazzo e ripeté, concentrata: << Cane… Cane… >>. Guardò la mamma, forse aspettandosi un complimento. Vilena disse qualcosa in russo e Yana tornò a concentrarsi sul pupazzo.

 

<< Si… Chiama… Buck >> scandì con un po’ di difficoltà.

 

Irina sorrise. Quella bambina doveva imparare molto in fretta, com’era tipico di quell’età. Sarebbe stato facile per lei imparare l’inglese, se le veniva insegnato fin da piccola.

 

All’improvviso, Dimitri sbucò a torso nudo e completamente sudato dalle scale che portavano di sopra, nella mansarda, l’espressione come al solito di ghiaccio e lo sguardo sprezzante puntato su di lei. Sembrava appena uscito da una palestra, a giudicare dai pantaloni della tuta Adidas che portava in completa disinvoltura.

 

Irina rimase un momento sconvolta quando si accorse che il torace di Dimitri, diversamente da William e molti degli altri piloti clandestini, non era solcato da nessun tatuaggio… In compenso, era striato di cicatrici.

 

Dimitri le rivolse un’occhiataccia quando la vide indugiare con lo sguardo sui segni bianchi che portava sui muscoli del ventre, sulle spalle, sul fianco destro, sotto il braccio sinistro… L’unico pensiero che la colpì in quell’istante era un’immensa pena: Dimitri aveva un bel fisico completamente rovinato da quelle cicatrici di chissà qualche origine.

 

Fece mente locale, rendendosi conto che da quando lo aveva conosciuto non lo aveva mai visto a torso nudo: si sarebbe certamente ricordata di una cosa del genere. Non che la cosa le fosse mai interessata, perché si era sempre tenuta ben distante da Dimitri, ma ora capiva perché lo aveva sempre visto indossare maglie e camicie quando era in sua presenza.

 

Vilena non sembrava fare caso alle cicatrici di Dimitri, così come Yana, e Irina si ricompose. Se non dicevano niente, significava che quei segni risalivano a prima che diventasse amico di William e che lasciasse la Russia…

 

<< Porta la tua macchina nel garage >> ordinò secco Dimitri, lanciandole un paio di chiavi, << Non è sicuro che rimanga la fuori, anche se ci siamo solo noi in questo palazzo… >>.

 

Imbambolata, Irina afferrò le chiavi e annuì, senza sapere bene cosa dire. Non voleva essere indelicata, ma non poteva che essere colpita da quella novità. Dove si era fatto tutte quelle cicatrici?

 

Decise che non era il caso di fare domande inopportune in quel momento, così ingoiò il magone che le era venuto a quella vista e si diresse verso la porta, aggirando la piccola Yana ancora ferma in mezzo alla cucina.

 

<< Ok… >> disse a bassa voce, << Da dove si entra? >>.

 

<< C’è una rampa che porta di sotto >> rispose Dimitri, aprendo il frigorifero e tirando fuori una bottiglia di acqua, << Parcheggiala in fondo, e non toccare niente >>. Sottolineò l’ultima frase con una inflessione della voce per niente amichevole.

 

Irina sbuffò e si infilò il giubbotto, scendendo di sotto. Ok, era rimasta spiazzata, ma Dimitri poteva cercare di essere almeno un po’ comprensivo: la maltrattava anche in quella situazione, quando sapeva benissimo che lei non aveva mai visto le sue cicatrici che avrebbero sconvolto chiunque.

 

Scoprì che l’aria era meno fredda di quando erano arrivati, ma era comunque una temperatura a cui le non era abituata. Raggiunse l’Hummer con il carrello trasportatore e guardò la Punto, coperta da un sottilissimo strato di neve.

 

Tirare giù una macchina da un carrello non era proprio un lavoro da donna, ma non si sarebbe mai abbassata a chiedere aiuto a Dimitri, visto che stava chiaramente cercando di metterla in difficoltà. Forse era la sua punizione per la sua ultima reazione. Aggirò l’Hummer e con un po’ di difficoltà abbassò le due rampe, adagiandole sul terreno bagnato e scivoloso. Controllò che non si muovessero, rischiando che l’auto cadesse giù mentre la faceva scendere, e poi si arrampicò lungo la fiancata, cercando di entrare dalla portiera.

 

“Avrei dovuto fare un po’ di palestra, prima di partire…” pensò, mentre si issava nella Punto e richiudeva la portiera con un tonfo, il fiatone che si condensava in nuvolette di vapore bianco.

 

Accese il motore, ringraziando che avevano anche cambiato la batteria, e fece retromarcia lentamente, scendendo dal carrello con tutte le precauzioni possibili. Una volta finito, rimise a posto le piccole rampe e si diresse verso la discesa che portava al garage.

 

Una volta di sotto, al riparo dal vento freddo e dalla neve, venne abbagliata dai neon che illuminavano il garage dalle pareti azzurre, più spazioso di quanto si fosse aspettata, e anche più pieno di quanto aveva immaginato.

 

Disposte in ordine perfetto, una di fianco all’altra, c’erano quattro auto dalla carrozzeria scintillante, ognuna con il proprio spazio delimitato da una linea colorata per terra come una sorta di striscia di partenza.

 

La prima era una Chevrolet Camaro argentata, dai cerchi in lega a sette razze e i vetri oscurati; la seconda era una Mitsubishi Lancer rosso rubino, con grosse prese d’aria sul cofano bombato; la terza, una Audi R8 nera, bellissima e sinuosa come un felino; e in fondo… Una Ferrari California bianco ghiaccio.

 

Irina passò lentamente davanti alle quattro auto, raggiungendo lo spazio vuoto lasciato in fondo, che doveva essere appartenuto alla Ford GT rosso scuro che Dimitri aveva usato per scalare la Black List e che era stata anche la sua auto “di rappresentanza” a Los Angeles. Parcheggiò la Punto esattamente al centro del riquadro delimitato, e scese facendo attenzione a non sbattere la portiera contro quella della Ferrari.

 

Non si era aspettata che Dimitri avesse tutte quelle auto, né soprattutto possedesse una Ferrari California. William non aveva mai amato le Ferrari, preferendo nettamente le Lamborghini o la sua Zonda, e credeva fosse la stessa cosa per il russo… Inutile dire che le riservava sempre qualche sorpresa.

 

Si avvicinò all’auto e poggiò la mano sopra il cofano con delicatezza, come se la vernice potesse saltar via da un momento all’altro. La calandra sembrava una bocca pronta a risucchiare tutta l’aria necessaria al potentissimo motore da 460 cavalli, i fari appuntiti come occhi di un felino, il tetto metallico richiuso che la rendeva una normalissima coupé ma che all’occorrenza poteva trasformarla in una spider super veloce… Come sempre, quell’auto sortiva su di lei un fascino che nessun’altra poteva eguagliare.

 

Era solita salire sulla 458 Italia di Xander, ma non si era mai abituata a quella sensazione unica che sentiva quando saliva su una Ferrari. Per chi adorava le auto come lei, la Ferrari era l’auto per eccellenza, e la California era la sua preferita in assoluto. Assurdo che Dimitri ne avesse una parcheggiata nel suo garage e lei non lo avesse mai saputo.

 

Le venne difficile immaginare la Ferrari con il tetto aperto in mezzo alle gelide strade di Mosca: aveva sempre visto una macchina del genere sfilare lungo le strade assolate di Los Angeles, l’aria tra i capelli del fortunato che se la poteva permettere.

 

Dimitri si riconfermava strano come al solito. Gettò un ultimo sguardo alla macchina e individuò una porta che doveva portare alle scale. La raggiunse e si ritrovò di sopra, nell’ingresso del palazzo, illuminato dai neon appesi al soffitto.

 

Quando rientrò in salotto, lo trovò vuoto, senza nessuna traccia né di Dimitri, né di Vilena, né tantomeno di Yana. Lo stereo però era stato acceso, a volume piuttosto alto, e trasmetteva quella che era inconfondibilmente una canzone di Rihanna.

 

Perplessa, Irina si avvicinò alla radio, poggiata sul mobile di legno pregiato, e guardò la traccia del cd sul display illuminato di azzurro: conosceva quella canzone, perché faceva parte di una delle tracce del suo cd. Afferrò la copertina del disco, lasciata in disparte, e lesse i titoli dei brani, curiosa.

 

“Gli piace Rihanna, chi lo avrebbe mai detto…”.

 

L’occhio le cadde sulla collezione di cd ordinatamente impilate sullo scaffale, in ordine alfabetico per artista. Evanescence, Linkin Park, Ne-yo, Phil Collins, Rihanna, U2… Rimase di sasso scoprendo qual’era la musica che piaceva a Dimitri. Il loro era un mondo di discoteche e serate di sballo, che avevano come colonna sonora brani dance e tekno, e non certo musica di quel tipo. Tutti generi diversissimi da quelli che aveva sempre visto ascoltare William.

 

“Bè, Rihanna piace anche a me” pensò, scrollando le spalle.

 

Cercò il telecomando dello stereo, per cambiare canzone, ma si fermò. Dimitri era di sicuro da qualche parte, e non avrebbe gradito che qualcuno toccasse le sue cose, visto com’era fatto. Figuriamoci permettersi di cambiargli brano nella radio.

 

Si voltò e guardò la scala che portava di sopra, nella mansarda, chiedendosi cosa ci fosse in quella parte della casa. Era curiosa, ma decise di seguire la politica del non ficcanasare in giro: se doveva instaurare un buon rapporto con Dimitri, era meglio non innervosirlo troppo. Oltretutto, lui non sembrava quello dei due più propenso ad adattarsi… Fino a prova contraria era sua ospite, anche se in un modo tutto particolare, ed era giusto che osservasse qualche restrizione.

 

<<Stasera ci incontriamo con Boris >>.

 

Irina sussultò per lo spavento. Dimitri spuntò dal corridoio che portava alle camere, ora vestito e con i capelli bagnati e gli occhi grigi piantati su di lei, neanche l’avesse appena sorpresa mettere piede in un posto proibito. Forse voleva intuire quale fosse stata la sua reazione di fronte al suo garage pieno di auto non da poco.

 

Irina annuì. << Bene, volevo chiederti di contattarlo, infatti >> disse, << Sono tutte tue le auto di sotto? >>.

 

Dimitri si strofinò la testa con l’asciugamano, abbassando il volume della radio. << Sì, perché? >> rispose, distaccato.

 

<< Non credevo ti piacessero le Ferrari >> disse Irina, con leggerezza. Non voleva accusarlo né offenderlo, era solo una domanda innocente per togliersi qualche curiosità.

 

<< E io non credevo che potessi essere così irritante >> ribatté lui, secco.

 

Irina rimase interdetta, ferma dov’era. Irritante lei? Certo, forse alcune volte era insopportabile, ma non annoverava tra i suoi difetti il parlare troppo, anzi, di solito secondo Xander non parlava abbastanza. Chiaramente Dimitri voleva provocarla.

 

<< D’accordo, scusa per il disturbo >> disse, << Mi vado a fare una doccia anche io >>. Gli gettò un’occhiataccia, ma il russo stava cambiando traccia del cd.

 

<< Mangiamo da Vilena >> concluse lui, chiudendo quella misera discussione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Irina fissò perplessa la gran quantità di cibo che era stata disposta sul tavolo rettangolare, nella bella cucina dell’appartamento di Vilena, illuminata a giorno dal lampadario che faceva brillare le ante lucide e laccate di blu oceano. Il televisore ultrapiatto appeso alla parete trasmetteva il telegiornale, un russo dall’aria arcigna che declamava le notizie senza che lei ci capisse niente, mentre nel forno rosolavano quelli che sembravano dei fagottini di pasta ripiena.

 

Yana, vestita nel suo completino lilla, era seduta al tavolo con l’aria affamata, e spostava lo sguardo dalla televisione a Irina, da Irina al forno e dal forno a Dimitri, come se volesse dire qualcosa ma non osasse farlo.

 

Dimitri, seduto a capotavola con l’espressione indecifrabile, parlava al cellulare in russo stretto stretto, quasi fosse arrabbiato; Vilena, indaffarata con i fornelli, non gli prestava il minimo ascolto, come se nemmeno ci fosse. Irina ipotizzò che o era abituata agli affari del fratello, o semplicemente non si immischiava.

 

Nonostante si trovasse in un luogo totalmente sconosciuto, a casa di persone che non aveva mai visto, non si sentiva troppo fuori posto. A parte lo scombussolamento dovuto al viaggio, stava bene e non era spaesata come aveva pensato di trovarsi. Vilena era stata gentile e bendisposta nei suoi confronti, e nemmeno lontanamente invadente. Voleva aiutarla in cucina, ma lei riteneva la cosa disdicevole, quindi aveva lasciato perdere.

 

Osservò i tre posti apparecchiati a tavola, chiedendosi se dovevano essere solo loro a cena, quella sera: il cibo che Vilena aveva preparato bastava per il doppio delle persone. Ma quello che si domandò era anche dov’era il padre di Yana, che non era stato ancora menzionato nemmeno una volta.

 

In effetti, c’erano un sacco di cose che avrebbe voluto sapere di Dimitri, ma sapeva che lui non era il tipo da parlare di sé, soprattutto con lei, e non le sembrava educato fare domande inopportune già appena arrivata. Forse avrebbe scoperto qualcosa più avanti, quando avrebbe iniziato a godere della fiducia di Vilena.

 

Con un gesto secco, Dimitri appoggiò il cellulare sul tavolo e puntò gli occhi grigi su di lei, innervosito.

 

<< Boris ci vuole incontrare stasera >> disse, << Solo noi tre… Vuole sapere come abbiamo fatto a fuggire senza farci arrestare, e cosa siamo venuti a fare qui >>.

 

Irina annuì. << D’accordo. Dove dobbiamo incontrarlo? >> chiese.

 

<< A casa sua >> rispose Dimitri.

 

Irina gli lanciò un’occhiata eloquente: Vilena non sapeva e non avrebbe saputo mai qual’era il vero motivo per cui erano tornati a Mosca, ma non sembrava nemmeno curiosa di saperlo, perché non aveva fatto domande. Dimitri gli aveva solo detto che erano tornati per affari loro, o almeno era quello che aveva raccontato a Irina riguardo alla discussione che avevano avuto mentre lei era in garage.

 

Yana si mosse irrequieta sulla sedia, e chiese qualcosa a Dimitri. Il ragazzo arricciò il labbro, poi si rivolse a lei.

 

<< Chiede se sei russa, visto il nome… >> borbottò.

 

Irina sorrise alla bambina, facendo cenno di no con la testa. << Lo ha scelto la mia mamma >> rispose, << Ma non ho proprio nulla di russo >>.

 

Dimitri tradusse con una smorfia, poi tornò a guardare lei. Yana sembrava studiarli come fossero stati due giocattoli particolarmente interessanti. A giudicare da come si comportava, aveva preso molto dallo zio: silenziosa ma anche molto perspicace.

 

<< Vestiti pesante, stasera >> disse Dimitri, osservando le spalle di Vilena che si muovevano davanti ai fornelli.

 

Irina inarcò un sopracciglio: da quando gli interessava come si vestiva? Di sicuro non sarebbe andata in giro con un vestitino di quelli che aveva indossato ai tempi dello Scorpione, ma non era così sciocca da mettersi in tiro già la prima volta che incontrava Boris… Oltretutto, si ricordava che non era molto fine, nei suoi confronti.

 

“Sarà stato Xander a dirgli di controllare anche come mi vesto…” pensò, leggermente divertita.

 

<< Ok… >>.

 

<< E’ pronto >> disse Vilena, appoggiando sul tavolo l’ennesimo vassoio carico di cibarie.

 

Dimitri si sedette più composto e Yana andò a prendere il suo bavaglino, lasciandoselo legare dalla mamma, con aria felice.

 

<< Mia sorella ha insistito perché assaggiassi i piatti tipici russi… >> spiegò Dimitri, a bassa voce e notevolmente irritato.

 

<< Non ti dovevi disturbare >> disse Irina, rivolta a Vilena, << Rimarremo un bel po’ di tempo qui, quindi avrò il tempo di assaggiare tutto quello che preparate… >>.

 

<< Diversamente da tutti gli altri russi, siamo abituati a ricevere ospiti >> spiegò la donna, << Altrimenti siamo molto diffidenti, nei confronti degli stranieri… E poi vogliamo festeggiare il ritorno di Dimitri >>. Si interruppe per rimproverare Yana che aveva cercato di prendere uno degli sformati di pasta sfoglia, e che ora aveva la mano bloccata a mezz’aria. << Assaggia >>.

 

Le mise davanti una zuppa che aveva l’aria di essere stata preparata con carne e verdure, e che Dimitri prese con l’espressione disgustata. Irina la annusò, curiosa, e la assaggiò davanti agli occhi spalancati di Yana.

 

Aveva un sapore forte, molto diverso a quelli a cui era abituata, ma non era sgradevole. Doveva esserci della cipolla dentro, oltre che qualche altra spezia che non riusciva a riconoscere. A quel punto anche Yana iniziò a mangiare, mentre Dimitri si limitò a un paio di cucchiai. Evidentemente non amava quel tipo di piatto. Vilena non ci fece caso e si sedette a tavola, con qualche difficoltà vista la pancia.

 

<< Eri una pilota di Challagher? >> domandò all’improvviso la donna, porgendole una fetta di pane con una salsa giallina. Il suo tono era disinvolto, quindi considerava l’argomento abbastanza “tranquillo”. Dimitri però gettò un’occhiataccia a Irina, come a dirle di fare attenzione a ciò che diceva.

 

<< Sono ancora una sua pilota >> rispose lei, la voce controllata, << Anche se è in carcere, non significa che non gli sia più fedele… >>.

 

<< Voi americani avete un concetto di fedeltà molto diverso dal nostro >> commentò Vilena, e per la prima volta ci fu una nota strana nella sua voce. Guardò Dimitri e disse: << Sei ancora suo amico? >>.

 

<< Hai sentito cosa ha detto >> ribatté Dimitri, << Lo sai come la penso. Iosif quando torna? >>.

 

Il cambio di argomento non sembrò infastidire Vilena, che accettò il tono brusco di Dimitri senza fiatare.

 

<< Domani >> rispose, << Sarà contento di vederti >>.

 

Irina rimase sconcertata da come Vilena accettasse il comportamento scontroso e ombroso di Dimitri senza fare commenti, né rimproverandolo di tanto in tanto. Prese con un po’ di titubanza il dessert che le stava passando la donna e guardò il russo, senza sapere bene cosa pensare.

 

Se c’era una cosa di cui era sicura, era che Dimitri non era particolarmente felice di essere tornato a Mosca, diversamente da quanto si poteva pensare; in più, dimostrava una certa insofferenza verso tutto quello che lo ricollegava al suo paese, compreso Boris… Però era anche palese che c’era un legame particolare tra lui e Yana, un legame che Irina poteva spiegarsi solo come affetto.

 

Anche se li aveva visti insieme solo qualche ora, si era resa conto che quella bambina voleva molto bene a suo zio, nonostante il suo caratteraccio; e Dimitri, dal canto suo, dimostrava il suo affetto verso la nipotina in modo sottile e velato, quasi impercettibile dall’esterno. Ciò che Irina si domandava era: perché Dimitri si comportava, e si era sempre comportato, in quel modo distaccato e freddo?

 

<< Iosif >> disse Yana all’improvviso, rivolta verso di lei, indicandosi il petto, << Mio papà >>.

 

Irina sorrise. Ora sapeva chi era l’individuo di cui aveva parlato Dimitri. Ma quella fu l’unica informazione interessante che riuscì a ottenere durante quella cena, perché né Dimitri né Vilena parlarono d’altro che non fosse terreno neutro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

<< Andiamo con la mia auto >>.

 

Dimitri, in piedi di fronte alla porta dell’appartamento, mostrò le chiavi di una macchina, l’espressione fredda come quella di un ghiacciolo. Si era infilato un giaccone nero dall’aria non troppo pesante, ed evidentemente non pensava di aver freddo.

 

<< Ok >>.

 

Irina chiuse la giacca a vento che aveva tirato fuori dalla valigia e diede un’ultima sistemata alla pistola che aveva nascosto nella tasca interna. Dimitri le lanciò un’occhiata arrabbiata, ma lei lo ignorò: sapeva che non poteva avere armi.

 

<< Non metterti nessuna microspia o qualsiasi affare del genere >> borbottò Dimitri, << Cercheranno di controllarci, se possono >>.

 

<< Siamo appena arrivati, non ci metteranno già le mani addosso… >> commentò Irina, stizzita, << So che non sono stupidi, ma dobbiamo vedere solo Boris: lui si dovrebbe fidare di noi >>.

 

<< Dovrebbe, appunto >> ribatté Dimitri, << Se non vuoi far saltare tutto già all’inizio, fa come ti dico >>.

 

Irina sbuffò, ma non si mosse. Non aveva alcuna microspia addosso, perché non aveva ritenuto necessario utilizzarla e aveva più o meno avuto lo stesso pensiero di Dimitri: non era un’idiota, anche se lui pensava il contrario.

 

<< Non ho niente addosso >> sibilò, spalancando la porta. << Andiamo, altrimenti facciamo tardi >>.

 

Lo precedette fuori dall’appartamento, e non parlarono finché non furono davanti alle quattro belle auto parcheggiate nel garage, sempre in fila una di fianco all’altra. Il russo si diresse sicuro verso la R8 nera, facendo scattare l’antifurto.

 

Quando Dimitri accese il motore della Audi, Irina lo sentì salire su di giri in un attimo. Le lancette rosse del cruscotto si illuminarono sopra il fondo bianco e gli indicatori neri, e i fari proiettarono sul muro la loro luce azzurrina. Fluida, l’auto iniziò a muoversi, Irina che teneva d’occhio il russo.

 

Come si era aspettata, vide un’espressione di soddisfazione dipingersi sul volto di Dimitri: almeno adesso dimostrava che almeno era contento di essere di nuovo libero. Risalì la rampa del garage senza dire niente, saggiando il pomello del cambio in un modo molto simile al suo.

 

<< Ti mancavano, le auto? >> domandò Irina, tranquilla.

 

Era una domanda sciocca, ma voleva trovare un punto di incontro con quel ragazzo così strano e silenzioso che aveva sempre un po’ temuto, per cercare di capire chi si trovava veramente davanti. Continuava a provare un po’ di soggezione nei suoi confronti, ma sentiva anche un po’ di curiosità: ora che ne aveva la possibilità, voleva sapere qualcosa di lui e della sua famiglia.

 

<< A te mancavano? >> ribatté Dimitri, secco.

 

“Cercherò di avere pazienza, con lui…”.

 

<< Mi mancava correre >> rispose Irina, decisa a non sembrargli troppo invadente. << Le auto ho sempre potuto guidarle, ma non come facevo prima >>.

 

Dimitri fece una smorfia, lasciando scivolare rapida e sinuosa la R8 lungo la sopraelevata che portava dall’altra parte della città, il cielo nero e i lampioni che illuminavano la strada bagnata. << Non dirmi che ti sei pentita di essere uscita dal giro >> disse.

 

<< No, non mi sono pentita >> disse Irina, << Non era la vita che volevo fare, quella, ma devo ammettere che mi piaceva correre in auto >>.

 

Dimitri non disse niente, ma sul suo volto sembrò balenare un’espressione a metà tra il divertito e l’esasperato.

 

<< Perché hai accettato di aiutarci? >> domandò Irina, sentendo che era il suo turno, per porre le domande.

 

<< Perché mi andava >> rispose seccato il russo. Inchiodò secco al semaforo, lo sguardo fisso sul rosso.

 

Irina inarcò un sopracciglio. << Cosa significa? >>.

 

<< Mi andava di farlo e basta >> disse Dimitri, << E’ un problema, per te? >>.

 

“Mamma mia, quanto è bravo a fare l’antipatico…”.

 

<< No, non lo è >> sussurrò Irina, mantenendo la calma, << Vorrei solo sapere cosa ti ha spinto ad accettare, visto che si tratta di tradire la tua gente… >>.

 

Dimitri le lanciò un’occhiataccia. << Cosa ti fa pensare che si tratti della “mia gente”, come dici tu? >> ribatté.

 

Irina rimase interdetta. Quelli con cui avrebbero avuto a che fare erano comunque suoi compaesani, alcuni addirittura suoi parenti… Ci andava un bel coraggio a fare la spia per il loro nemico, alla fine.

 

<< Cosa vuoi dire? >> sussurrò lei.

 

<< Se me ne sono andato, un motivo ci sarà pure stato >> rispose secco e irritato il russo.

 

<< E qual è? >> incalzò Irina.

 

<< Sicuramente è qualcosa che tu non puoi sapere >> la zittì Dimitri.

 

Irina abbassò lo sguardo, più che altro turbata per averlo reso così scontroso con qualche domanda. Forse Dimitri non era mai stato particolarmente incline a raccontare i fatti suoi in giro, ma notò l’espressione infastidita e quasi addolorata che gli si dipinse sul volto: doveva essere qualcosa di cui non amava parlare. Decise di non insistere troppo su quel punto, almeno finché non avesse smesso di considerarla un’impicciona rompiscatole.

 

<< Posso chiederti da dove arriva la Ferrari? >> domandò, per cambiare argomento.

 

<< L’ho comprata >> rispose Dimitri, senza che il suo tono di voce cambiasse di una virgola.

 

<< Pensavo l’avessi rubata… >> commentò Irina, << E’ una bella auto, mi piace molto >>.

 

<< Tanto non te la farò guidare >> ribatté il russo.

 

Irina alzò gli occhi al cielo, esasperata. Sembrava che cercasse ogni modo per provocarla e offenderla.

 

<< Non lo dicevo perché volevo che me la facessi guidare… Xander mi fa guidare la sua. Di solito non le compri, le auto; anche William le rubava sempre. Sono solo sorpresa, tutto qui >>.

 

<< Una Ferrari va comprata, non rubata >> ribatté Dimitri.

 

“Adesso se gli do ragione mi dice che lo faccio perché ho secondi fini… Meglio stare zitta”.

 

<< Come funzionano le cose da queste parti? >> chiese Irina.

 

<< In che senso? >>. Dimitri svoltò a sinistra, le ruote dell’Audi che scivolavano sul ghiaccio senza riuscire a scomporlo.

 

<< Che gare si fanno, chi controlla cosa, cose di questo tipo >> disse Irina, << La tua famiglia, per esempio, che ruolo svolge? >>.

 

<< Le gare sono sempre le stesse, ma qui non ci sono canyon >> rispose Dimitri, << Abbiamo delle gare sul ghiaccio, che avrai modo di vedere… Quanto alla mia famiglia, se togli mio zio Boris, non siamo nessuno da queste parti >>.

 

Visti tutti i soldi che sembravano avere, non si sarebbe detto.

 

<< Capito… Come mai in quel palazzo ci siete solo voi? >>.

 

<< Perché è di nostra proprietà >> rispose Dimitri, << Tutti gli appartamenti sono della nostra famiglia, ma non ci viene mai nessuno… Ognuno sta in parti diverse della città, al momento >>.

 

<< Perché? >> chiese Irina, sentendo odore di qualcosa di strano.

 

<< Ognuno si fa i propri affari >> rispose Dimitri, tombale.

 

Irina tacque, accorgendosi che il russo iniziava a innervosirsi di nuovo: il tono basso e irritato della sua voce diceva tutto.

 

<< Ehm… Credi che Boris ci farà gareggiare subito? >> chiese, per cambiare argomento ed evitare che si arrabbiasse ancora.

 

<< Non lo so >> rispose Dimitri, << Non so che reazione avrà quando gli diremo perché siamo qui. Potrebbe anche mandarci via, se volesse >>.

 

Irina lo guardò. << Mandarci via?! >> sbottò, << Stai scherzando, vero? Non siamo venuti qui per farci rimandare indietro dopo un solo giorno! >>.

 

Dimitri arricciò il labbro, infastidito dalla sua voce. << Diversamente da te, abbiamo valutato anche questo >> ringhiò.

 

<< “Abbiamo”? >>.

 

<< McDonall ha voluto esaminare attentamente tutta la questione >>. Il tono con cui stava parlando sembrava voler dire che la cosa gli era costata infinita pazienza, e che il Vicepresidente doveva essere stato piuttosto invadente.

 

<< Ah… Quindi? >> fece Irina, sempre più stupita. Non aveva valutato quella possibilità, e per fortuna qualcuno lo aveva fatto al posto suo… Era un’altra lezione da imparare.

 

<< Quindi sta zitta e lascia parlare me >>.

 

Dimitri fermò la R8 davanti a una villa piuttosto grande, il cui giardino innevato era disseminato di lampioni dalla luce bianca che la rendevano visibile anche molto lontano da lì. Era molto diversa da quella di William, bianca e dall’aria “estiva”: il tetto nero risaltava sui muri grigi dalle finestre di legno scurissimo, il porticato che finiva in una sorta di piazzola con al centro una fontana completamente congelata, ma illuminata di azzurro. Il tutto era contornato da un alto cancello in ferro battuto con punte di freccia alle estremità, e decine di telecamere agganciate ai lampioni e sotto il tetto, dandole l’aria più che altro di un carcere di massima sicurezza. Irina guardò all’interno, incuriosita.

 

Un omone vestito di nero, dai capelli a spazzola, si avvicinò al cancello chiuso fissandoli arcignamente, e Dimitri fece un cenno con le due dita della mano stretta sul volante. La guardia mostrò con aria truce quello che aveva tutta l’aria di essere un mitra e che portava appeso al collo, e mimò un segno a qualcuno alla sua sinistra, invisibile dall’esterno. Un attimo, e il cancello di ferro si aprì lentamente, in un assurdo silenzio ovattato.

 

L’Audi R8 avanzò al minimo lungo il vialetto scivoloso di neve a passo d’uomo, i sassolini che scricchiolavano sotto le ruote, la guardia che camminava al loro fianco con aria assassina. Dimitri parcheggiò la macchina in un piccolo spiazzo, e Irina si accorse che altri tre uomini li stavano tenendo d’occhio da lontano, anche loro armati fino ai denti e vestiti di nero come soldati in incognito.

 

“Boris teme per la sua salute personale… Strano, è uno dei referenti, non dovrebbe correre molti pericoli…”.

 

Irina smontò dall’auto insieme a Dimitri, mentre la guardia li squadrava da capo a piedi. Un altro uomo si avvicinò, e ringhiò qualcosa in russo, agitando l’arma che teneva in mano.

 

Dimitri allargò le braccia con aria insofferente, facendo cenno di venire avanti. Irina lo guardò interrogativa, senza capire cosa si fossero detti.

 

<< Ci vogliono perquisire >> borbottò Dimitri, seccato.

 

Irina lanciò un’occhiataccia al tipo vestito di nero, per fargli capire di non andare a mettere le mani dove non doveva, e si lasciò palpare sotto le braccia, lungo le gambe e sui fianchi, l’irritazione che cresceva. Tra loro due doveva essere quella meno pericolosa, eppure la guardia sembrava avercela soprattutto con lei. Infatti trovò subito la pistola che portava nella tasca interna della giacca. L’uomo le fece cenno di passargliela, e lei ubbidì.

 

Dimitri disse qualcosa, inespressivo. Le due guardie si guardarono in faccia, poi gli passarono la pistola che lui infilò nella tasca dei pantaloni come niente fosse.

 

<< Ehi! >> protestò Irina, << Che stai facendo? >>.

 

<<Sta zitta e non gridare >> la sgridò Dimitri, ignorando gli sguardo divertiti della guardia al loro fianco. << Mi conoscono, ma non conoscono te. Non sanno se sei pericolosa o no. Preferiscono che sia io a portare la pistola, visto che sanno chi sono… >>.

 

Irina rimase in silenzio, infastidita da quella situazione. Non si fidava di Dimitri, soprattutto quando aveva una pistola e lei no. Poteva anche essere un imbroglio…

 

I due uomini li accompagnarono dentro la villa, scortandoli come fossero due carcerati, pronti a qualsiasi loro reazione. Nemmeno quando furono dentro, accennarono a lasciarli soli.

 

Come aveva immaginato Irina, la casa di Boris era un tripudio di lusso ed eccessività: le pareti erano verniciate con colori spatolati molto vistosi, che andavano dal pesca al blu cielo, adornate di quadri enormi di pittori famosi; c’era addirittura quello che sembrava un Picasso. Il lungo corridoio d’ingresso era coperto da un tappeto rosso che portava fino alle scale, illuminato a giorno da lampade elaborate appese alle pareti. Riuscì a intravedere il soggiorno quadrato ed enorme, arredato con mobili antichi e di legno pregiatissimo, e il gigantesco televisore ultrapiatto che faceva uno strano contrasto con l’antichità degli arredi. In un angolo vide quello che doveva essere un autentico triclinium romano, intarsiato d’oro.

 

Le due guardie li portarono davanti a una porta subito dopo aver risalito la scalinata dal mancorrente dorato e lucidissimo. Bussarono e attesero un momento prima di entrare. Dimitri le lanciò un’ultima occhiataccia, prima di sussurrare: << Lascia parlare me, chiaro? >>.

 

<< E se mi chiede qualcosa? >> ribatté Irina.

 

<< Rispondi, ma limitati all’essenziale >> disse Dimitri.

 

La guardia li lasciò entrare, rivelando che la stanza era un altro soggiorno, più piccolo ma ugualmente ricco. Un allegro fuoco scoppiettava nel camino di mattoni, sovrastato da un dipinto di un uomo anziano e dalla foltissima barba grigia in una cornice d’oro massiccio, vestito in abiti che dovevano risalire a una cinquantina di anni prima.

 

Boris, un po’ più grasso di quanto lo ricordava lei, li aspettava seduto su una poltrona di velluto rossa, il dente d’oro in bella vista nel suo sorriso strafottente e un sigaro acceso e fumante nella mano occupata dall’anello d’oro che era solito portare. La barba scura gli incorniciava il volto rugoso e pallido, da vero russo qual’era.

 

<< Dimitri! >> disse alzandosi, << Nipote, che piacere rivederti! >>. Il suo marcatissimo accento fece digrignare i denti a Irina: aveva sempre detestato la sua parlata.

 

Boris abbracciò il ragazzo, che non si mosse nemmeno di un millimetro. Le due guardie si disposero in fondo alla stanza, senza alcuna intenzione di andarsene. Una volta salutato il nipote, il russo concentrò la sua attenzione su di lei, e Irina si sentì ripiombare veramente alla vita di due anni prima.

 

<< Fenice… >> disse Boris, la voce modulata ma il sorriso disgustoso sempre sul volto, << Non mi aspettavo di rivederti più, dopo quello che è successo… >>. Il fumo del sigaro mulinò nell’aria, sparendo un attimo dopo.

 

Irina colse il senso di quell’affermazione: come tutti, Boris aveva sempre sospettato che non voleva continuare a fare la pilota clandestina, e una volta arrestato lo Scorpione avrebbe dovuto defilarsi, vista l’occasione.

 

<< Nemmeno io credevo di vederti ancora >> ribatté Irina, << Ho rischiato la cattura più volte di quante immagini… >>. Si compiacque nel sentire che il suo tono era lo stesso che aveva sempre usato quando si faceva chiamare Fenice: diretto, secco, quasi inespressivo.

 

Boris sorrise ancora di più e fece cenno di sedersi. Irina si accomodò sul divano di velluto rosso di fianco a Dimitri, sentendosi meno in soggezione di quanto pensasse. Aveva un piano preciso che doveva seguire, e aveva scoperto di essere una brava attrice quando voleva. Non sarebbe certo stata zitta come gli era stato ordinato, perché era lei a comandare.

 

Una cameriera vestita un completo blu entrò nella stanza portando un vassoio con tre bicchieri e una bottiglia di liquido bianco, più una scatola di quelli che dovevano essere sigari. Riempì i tre bicchieri poi sparì oltre la porta silenziosa come era arrivata.

 

<< Bene, sono contento di avervi da queste parti >> disse Boris, << Sono curioso di sentire la vostra storia… Vodka? >>.

 

Porse loro i due bicchieri, che presero in contemporanea. Dimitri mandò tutto giù d’un sorso, nemmeno fosse stata acqua, e Irina rimase bloccata. L’ultima volta che aveva ricevuto un bicchiere da Boris, era finita nel letto di Xander cercando di molestarlo…

 

Ingurgitò la vodka tutta d’un fiato, scoprendo che era molto più forte di qualsiasi altra bevanda alcolica avesse mai bevuto. Fece una smorfia sentendo il liquido bruciarle la gola e lo stomaco, ma poggiò il bicchiere sul tavolino senza fare troppe storie. Vide Boris seguire i suoi movimenti con un sorriso, come per essere sicuro che quella che avesse davanti era ancora la vecchia Fenice.

 

<< Come hai fatto a scappare, Dimitri? >> domandò, spostando lo sguardo sul nipote, seduto con l’espressione imperscrutabile come quella di una statua.

 

<< Ho sfruttato un momento di distrazione delle guardie >> rispose lui, atono, << Mi sono fatto dare una mano da un altro paio di detenuti… >>.

 

Boris fece una smorfia. << Non ti controllavano abbastanza bene >> commentò, << Ma non mi stupisce che tu sia riuscito a fuggire… So che sei bravo in questo genere di cose. Ciò che mi incuriosisce è come la nostra cara Fenice sia riuscita a non farsi arrestare dalla polizia… >>. La guardò dritta in faccia, strafottente.

 

<< E’ brava a prendere gli uomini dalla parte giusta >> disse Dimitri, un mezzo ghigno sul volto. Quella doveva essere la parte della loro bugia che lo divertiva di più.

 

“Ah sì, credi che io stia veramente zitta?”. Irina lo fulminò con gli occhi.

 

<< Non è colpa mia se voi uomini siete facili da circuire >> ribatté irritata, << Intanto sono rimasta fuori dalla prigione… E ricordati che l’idea di venire qui è stata mia >>.

 

Dimitri le rivolse un’occhiata incendiaria, ma Boris parlò prima di lui. << E’ stata tua l’idea? >> domandò, interessato, << Come mai? >>.

 

<< Come sai abbiamo avuto dei problemi… >> cominciò Irina, tenendo d’occhio la sua espressione per cogliere eventuali reazioni, << William è stato arrestato, e con lui tutti i membri della Black List… >>.

 

<< Sì, lo so >> la interruppe Boris, << Le notizie sono arrivate anche qui. Sappiamo cosa è successo… Tutta la Black List è finita dietro le sbarre, persino lo Scorpione che era il più astuto e controllava tutto… Tutti arrestati, tranne te >>. Aggiunse alla fine, quasi sarcastico.

 

Davanti a quell’affermazione, Irina non si scompose. Boris era furbo, e stava giocando bene la carta del sospetto: voleva vedere la sua reazione di fronte all’accusa di tradimento, per capire se era c’entrata veramente qualcosa oppure no. Doveva capire di quanto lui fosse al corrente, ma doveva farlo senza essere diretta. Dimitri non poteva impedirle di parlare proprio davanti al russo.

 

<< Se ti aspetti che neghi di aver cercato la protezione dell’F.B.I. ti sbagli di grosso >> ribatté secca, appoggiando la schiena al divano, fintamente rilassata, << Non sono stupida, e non vedo perché non avrei dovuto approfittarne… >>.

 

Boris ridacchiò. << In effetti, sarebbe stato da voi americani fare così… >> commentò, << So che l’agente dell’F.B.I. che si era infiltrato tra voi aveva un debole per te… Era il tipo con la Maserati Granturismo, vero? >>.

 

“Cavolo, si ricorda di Xander…”.

 

Irina sorrise. << Sì, era lui >> rispose, << Mi ha tenuto fuori dalle sbarre, in cambio di un paio di servizietti… >>.

 

“Scusami amore mio, lo so che non sei così”.

 

<< E cosa siete venuti a fare qui? >> chiese Boris, quasi ghignando davanti alla sua ultima affermazione.

 

<< Abbiamo bisogno di aiuto >> rispose Dimitri, secco, guardandolo in faccia, << Siamo ricercati dalla polizia in tutti gli Stati Uniti, e non possiamo sicuramente rimanere a Los Angeles >>.

 

<< Solo questo, volete? >> disse Boris, rivolgendosi a lei, << Ci sono delle cose che non mi sono chiare, e soprattutto che non mi piacciono… Perché sei ricercata ora, se l’F.B.I. ha voluto tenerti fuori? >>.

 

Irina gettò un’occhiata a Dimitri, con in mente un piano. Nessuno avrebbe mai veramente creduto che lui fosse riuscito a scappare da solo, né che fossero tornati in Russia per chiedere il loro aiuto senza rivolgersi a qualcun altro… Se sapevano che era stato proprio Dimitri a tradire Challagher, sarebbe stato poco credibile vederlo arrivare dicendo di voler far fuggire lo Scorpione, portandosi dietro la sua “ex-ragazza”.

 

La sua idea era diversa. Se voleva apparire convincente, doveva far credere che fosse lei la mente tra loro due, che fosse partito tutto da lei, soprattutto la parte della fuga dello Scorpione…

 

<< Sono stata io a far scappare Dimitri >> rispose Irina, mentre il ragazzo al suo fianco spalancava gli occhi, arrabbiato. << Non fare quella faccia, butta giù l’orgoglio e ammetti che sono stata io ad aiutarti a fuggire >> aggiunse, per mascherare la sua espressione furiosa e dargli una giustificazione.

 

Boris guardò prima lei, poi suo nipote. << Sta dicendo la verità? >> chiese, stupito.

 

Dimitri digrignò i denti, poi rispose a bassa voce: << Sì >>. Anche se non era quello il loro piano, doveva per forza starle dietro se non voleva buttare tutto all’aria.

 

<< E’ per questo che me la sono cavata fino ad adesso >> continuò Irina, << Sono stata per due anni in giro, con il benestare dell’F.B.I., con tutta l’intenzione di fargli credere che avevano vinto davvero. Volevo far uscire William, ma è rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di San Francisco, e non so come fare. Nessuno vuole più avere a che fare con lo Scorpione, da quando sanno che è dietro le sbarre… L’unico che mi poteva aiutare era Dimitri, così ho cercato aiuto e ho fatto fuggire lui >>.

 

<< La mia famiglia ti deve un favore, allora >> disse Boris, serio. << Quindi vuoi far scappare Challagher? >>.

 

Irina annuì. << I pochi soldi che avevo li ho usati per ingaggiare dei complici per far scappare Dimitri, e non mi è rimasto più niente >> disse, << La polizia ci ha visti, sa che ci sono io dietro a tutto questo, e ce ne siamo andati… Per qualche tempo è meglio far calmare le acque, ma voglio tornare per liberare lo Scorpione >>.

 

Boris si passò una mano sulla barba scura, accendendo un altro sigaro. << Vuoi il nostro aiuto? >> chiese.

 

<< Il vostro… E quello della Lince >> rispose Irina.

 

Boris tacque, servendosi un altro bicchiere di vodka. << In effetti, abbiamo concluso molti affari vantaggiosi con Challagher e la sua banda… Lui e la Lince si conoscevano, forse potrebbe volerlo tirare fuori… >>.

 

“William conosceva la Lince? Non lo sapevo…”.

 

<< Voglio incontrarlo >> disse Irina, << Credo sia l’unico che abbia abbastanza soldi e potere per aiutarci a tirare fuori William di prigione >>.

 

<< La Lince ha a che fare soltanto con noi referenti >> ribatté Boris, << Se veramente la vuoi incontrare, devi meritarlo; cioè significa che devi prima guadagnare la fiducia di noi referenti, e ti assicuro che non è facile >>. Gettò un’occhiata a Dimitri, sprofondato nel più completo silenzio, come a chiedergli di confermare la cosa.

 

<< Non ho tutto questo tempo >> ribatté Irina, seccata, << Ho già aspettato due anni, non posso attendere ancora >>.

 

<< Perché vuoi Challagher libero, Fenice? >> domandò all’improvviso Boris, << Sappiamo che non eri una dei suoi piloti più fedeli, anche se eri la sua ragazza >>.

 

<< Forse non mi piacevano i suoi metodi, a volte, ma questo non significa che io non volessi più essere del suo giro >> rispose lei, giocando il tutto per tutto, << Anche io avevo i miei affari. In due anni ho riflettuto a lungo, e ho capito di aver commesso un errore con lui… Ma questi sono affari tra me e William >>. Ammiccò, per fargli capire che il rapporto tra lei e lo Scorpione non era finito: Fenice si era vista portare via il suo capo, ma anche il suo uomo. Era quello che dovevano pensare, per crederla determinata e furiosa.

 

Boris sorrise. << Sei sempre la solita “belva”, come amava definirti lui >> commentò, << Posso parlarne con la Lince, ma dovrete comunque fare qualcosa per guadagnare la sua fiducia… Sarà lui ha decidere se incontrarvi o no >>.

 

<< Sono disposta qualsiasi cosa >> disse Irina.

 

Boris si rivolse ora al nipote, rimasto seduto come una statua di pietra.

 

<< In giro non saranno contenti di sapere che vuoi aiutare Challagher >> disse, << Lo sai cosa pensano >>.

 

Irina osservò le loro facce per capire a cosa si riferivano, ma si rese conto di non capirci niente. Stavano parlando della stessa cosa per cui Dimitri se n’era andato, o riguardava qualcos’altro?

 

<< Non me ne frega un cazzo di quello che pensano >> ribatté lui, gelido.

 

Boris ghignò, poi gli passò un altro bicchiere di vodka.

 

<< Brindiamo al vostro ritorno, allora >> disse, alzando il bicchiere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Prima di tutto, mi scuso per l’enorme ritardo con cui ho postato il capitolo: non è da me non rispettare una scadenza, ma purtroppo ho avuto difficoltà a finire a causa di numerosi impegni che sono sopraggiunti e mi accompagneranno fino alla fine delle lezioni. Piuttosto che postare un capitolo breve e di bassa qualità, ho preferito metterti qualche giorno in più.

 

Ora, visto che come avrete capito sono davvero satura di cose da fare, sono costretta a dirvi che posterò solo quando avrò tempo o quando il capitolo sarà pronto. Quindi non vi posso garantire nessun aggiornamento settimanale, almeno fin quando non sarò un po’ più tranquilla, ma naturalmente cercherò di fare del mio meglio e vi garantirò in ogni caso un capitolo degno di questo nome. Vi ringrazio anticipatamente per la comprensione.

 

Adesso, se volete un breve commento sul cap… Bé, Dimitri si sta rivelando un personaggio sempre più complicato e “ombroso”: ci sono un sacco di cose da sapere su di lui, che piano piano verranno fuori. In ogni caso, sta cercando in ogni modo di infastidire Irina, ve lo garantisco e conoscendolo come lo conosco io, ci riuscirà prima o poi. Altra cosa che voglio farvi notare è come Vilena e Yana siano particolarmente tolleranti verso di lui, nonostante a volte sia rude e scontroso. Anche qui c’è un perché, che sarà svelato più avanti…

Xander in questo capitolo non è presente, ma tornerà al più presto, non vi preoccupate. Quanto alle sostenitrici di William, mi frulla per la testa un’ideuzza che potrebbe farvi felici…

 

 

Bene, ora scappo ma vi ringrazio infinitamente tutti, chi segue, chi recensisce, chi ha votato per il concorso e chi semplicemente legge e basta.

 

 

Un bacione grande

 

Lhea

 

 

 

  
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