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Autore: _Kapoch_    30/04/2010    21 recensioni
Questa storia non considera alcun evento avvenuto in “Lady Oscar” dall’episodio numero ventinove, ma parte dal ventotto, ovvero “Un innamorato respinto” o titolo originale giapponese “Andrè, limone verde”: E se quella fatidica sera si fosse prolungata di qualche minuto, quel tanto che basta per sconvolgere più di una vita? Forse l’idea è inverosimile…Ma mi è venuta così, di getto, leggendo il manga. Spero apprezzerete…e… Perdonate lo stile, sono una principiante! Lasciate un commentino, please! Mi farebbe piacere ricevere consigli per migliorare.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia non ha alcun scopo di lucro

Questa storia non ha alcun scopo di lucro. Le ambientazioni, la storia e i personaggi sono nati dalla penna della mitica Riyoko Ikeda.

 

 

Capitolo 9:

 

 

Conte Hans Axel von Fersen,

 

faccio ammenda in anticipo per la lettera che state voi stesso leggendo; non credo di essere nelle condizioni di esprimere al meglio i miei sentimenti e per questo non vorrei turbarvi…

Ma la vostra assenza è per me fonte di grande malinconia, credo lo immaginiate. Malgrado tutto, non posso far altro che scrivervi, e questo mi fa morire di rabbia.

Mi è infine giunta la tanto attesa voce che annunciava il vostro ritorno dal viaggio in Svezia. Non sapete quanto ciò mi abbia allietato! Avrei tanto desiderato avervi qui per l’inizio del nuovo anno…ma non importa, ve lo giuro, mi basta sapere che siete in salute.

Attendo con impazienza il giorno di marzo che fra tre settimane mi permetterà di rivedervi. Credo proprio che l’inquietudine lascerà il posto alla felicità se avrò nuovamente la possibilità di parlarvi, mio amato!

Posso assicurarvi che Versailles è sempre la stessa. Io sono sempre la stessa, nonostante tutto. Nonostante la vostra assenza; nonostante l’odio e il rancore che i nobili cominciano a nutrire nei miei confronti; nonostante l’enorme carico di debiti che il regno è costretto a sopportare (mio marito il re sta invecchiando…non è più in grado di affrontare i problemi che gravano sullo Stato, sento sulle spalle un grosso peso). Ciò che mi permette ancora di sorridere sono soltanto i miei adorati figli. Inoltre…non vorrei accollarvi un ulteriore peso, sapendo delle condizioni di vostro padre, ma credetemi siete il solo, l’unico, del quale possa fidarmi.

Sono preoccupata. Molto preoccupata…per Oscar. Sono certa che anche voi abbiate udito le maldicenze. Nessuno sa dove sia, nessuno sa cosa le sia capitato. Il Generale suo padre si trova attualmente in Normandia. Non siete in ansia, come me? Non la vedo da quattro mesi, dall’ultima volta che l’ho ricevuta e vi giuro che quella dinanzi a me non era Oscar ma una persona a me estranea, evidentemente afflitta da un fardello insostenibile…non ha voluto confidarsi. Mi manca.

Forse sto così male proprio perché non ho accanto nessuno di voi due...in fondo siete i miei soli punti di riferimento.

Quindi ciò che sto per chiedervi, per quanto deprecabile, credo sia necessario; io non ne ho la possibilità, ma voi sì: al vostro ritorno in Francia, recatevi alla residenza de Jarjayes, scoprite quanto più potete…chiedete a chiunque, cercate un qualche indizio! Conto solo su di voi e confido nel fatto che accoglierete la mia egoistica richiesta...

Non ditemi di no.

Mi riferirete quanto prima possibile…Vi amo.

 

Maria Antonietta

 

“Oh maestà…” Il bellissimo uomo dai tratti nordici adagiato nel sofà di fronte al focolare rovente, richiuse lo scritto rimanendo non poco colpito dalle meste parole contenutevi: l’elegante ed armoniosa scrittura di Maria Antonietta trapelava decadenza…Fersen suppose che le cose non fossero rimaste realmente le stesse, come lei si ostinava ad affermare ma che, anzi, stessero degenerando, crollando inesorabilmente (non che ciò non fosse già prima della sua partenza)…Con poche righe lo aveva affranto terribilmente. In ogni caso gradiva enormemente ricevere i suoi pensieri, sapere di essere così importante per lei…Sentirla vicina, in qualche modo.

- Certo che ho pensato a Madamigella Oscar,  amore mio…- pensò tra sé

Purtroppo erano troppe le cose che la regina non sapeva, di cui non aveva idea. Non poteva immaginare in quali rapporti egli fosse con Oscar o come si fosse concluso il loro ultimo incontro; Fersen era venuto a conoscenza dell’amore che Oscar nutriva per lui: se l’era ritrovata tra le braccia durante un valzer, ad un ballo come un altro, nei panni di una contessa anonima dalle sembianze ultraterrene. Come avrebbe potuto immaginare che quell’angelo fosse lei, rigorosamente ‘uomo’ da oltre 29 anni?

Eppure i suoi occhi…Come aveva fatto a non accorgersene, guardando i suoi occhi? Quelle iridi oltremare un po’ inquiete…

La regina non poteva sapere che in seguito si erano chiariti in un mare di lacrime…appurando che entrambi avrebbero vissuto una ‘lenta e triste agonia’ insopprimibile ed eterna. Lui poi era ricambiato dalla donna amata…ma Oscar?

Ponendosi mille domande, aveva passato quegli ultimi mesi nell’oblio. L’improvvisa sparizione di Oscar difatti non lo aveva lasciato indifferente…si ritrovò a pensare ‘che questo sia dovuto proprio a me?’, ma sentirsi terribilmente in colpa non serviva a niente.

Tuttavia…

E se avesse compiuto un atto sconsiderato…per causa sua? Non poteva credere Oscar capace di un gesto simile. Ma se le fosse accaduto realmente qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato.

Non sarebbe bastata una vita intera per rimediare; un persona unica, così incredibile come lo era lei, non avrebbe mai più rimesso piede in quella terra…

La regina non poteva sapere quanto fosse difficile per lui.

Dio solo poteva immaginare cosa avrebbe trovato, una volta giunto alla residenza de Jarjayes. La cruda verità, forse. Cercò di non pensarci ulteriormente.

- Forse sono solo un vigliacco…E va bene, credo sia meglio risponderle…- Avrebbe scritto alla regina una lettera affermativa, benché sarebbe stato molto difficile metterla in pratica. Però doveva farlo, chiudere la questione una volta per sempre…ma più di tutto doveva sapere.

Era giusto intervenire? Pensò che la regina avesse ragione: lui era l’unico che poteva permettersi il lusso di conoscere la verità. Come più intimo confidente della regina, aveva il privilegio di esaudire un suo grande desiderio; oltre questo, si trattava del suo più grande amico (come aveva confessato lui stesso ad Oscar) anzi…della sua più grande amica.

 

Mia regina,

 

accoglierò la vostra richiesta… Ciò che mi chiedete non è in alcun modo deprecabile, siete preoccupata per un’ amica e ciò vi fa solo onore. Appena tornato in Francia andrò da lei. Partirò il prima possibile perché, come voi stessa avete scritto, anch’io sono molto preoccupato. Non solo per lei, sapete? Voi siete sempre il mio primo pensiero…

Non voglio tornare per vedere in quale orribili condizioni vi stia riducendo la vostra Francia. Non abbattetevi, so che vorreste avermi al vostro fianco e ben presto tornerò…ma dovete farcela con le vostre sole forze, se volete andare avanti. Se non per voi, almeno per Maria Teresa, Luis Joseph e il piccolo Luis Charles (confido nel fatto che stiano bene, sebbene conosca le condizioni del delfino…prego per lui ogni sera).

Sapete bene comunque quali siano i vostri doveri, ne abbiamo parlato più di una volta. Rimanetene costantemente cosciente.

Riguardo a madamigella Oscar, saprete il prima possibile.

Vi amo anch’io…più di ogni altra cosa al mondo.  

 

Hans Axel von Fersen

 

Spedì la lettera molto affrettatamente e nel giro di pochi giorni partì, non aspettò oltre. Di certo non poteva minimamente immaginare cosa lo attendeva…

 

 

***

 

“A me ‘Andréanne’ non dispiace…”

André parlò con non-chalance e improvvisamente scese il silenzio…

“……Andréanne”??? disse Oscar, dopo averci pensato qualche secondo, con fare canzonatorio quasi schifato.

“Be’, è un bel nome…” ribatté André “…oppure Andrée, Andrea, Andrie. Sono tutti dei nomi molto belli…” Era serio. Oscar lo osservò: dal suo viso non trapelava alcun barlume di scherno. Eppure non poteva dire sul serio.

“Stai…stai scherzando, vero?” chiese lei, incredula

“Se fosse una femminuccia credo proprio che dei nomi così le starebbero proprio bene…” disse lui con aria sognante ed esaltata.

Oscar fece una seconda pausa.

“Aspetta. No…no, tu stai certamente scherzando! Si è ovvio, vuoi farti beffe di me…”

“Oscar non prendermi in giro, io sono serio! Non li trovi dei nomi adorabili?”

“NO. Smettila, ti prego non continuare oltre... se mi tocca ascoltare bestialità del genere, me ne vado e chiudiamo la questione subito!” disse lei alterata, alzandosi dal divano e con non poca fatica (la sua pancia aveva assunto delle sembianze mastodontiche, dal momento che ormai si trovava al termine del suo sesto mese di gravidanza).

“E dai Oscar! Ti spazientisci subito!” Lei continuò a guardarlo in maniera feroce.

“Se solo ti azzardi a chiamare la mia bambina ‘Andréanne’…

“E va bene, va bene!!...Allora sentiamo qualche tua proposta visto che fai tanto la schifiltosa!”

 

Non era facile distinguere se quello fosse un litigio innocente o una discussione seria, fatto sta che Oscar e André quel pomeriggio stavano scegliendo un possibile nome da dare al bambino o bambina prossimo a nascere.

Nanny, dal ciglio della porta, non poteva credere che quei due stessero parlando realmente di un simile argomento. Ovviamente aveva proposto nomi che le garbavano, ma chiamandosi lei stessa Marron Glacè, le sue idee vennero scartate a priori (Oscar le aveva indirizzato quella stessa reazione iraconda e stizzita che avrebbe rivolto in seguito ad André). Perciò arresasi, se ne restò in disparte ad osservare, chiedendosi quale conclusione avrebbe visto quel dibattito.

 

“Vuoi le mie idee? Dunque vediamo…” Oscar prese a guardare pensierosa il foglio di pergamena nel quale aveva appuntato qualche possibile scelta.

Infine, indecisa, le rilesse tutte a voce alta: “…Vivienne, Belle, Elenoire, Valentine, Geneviève, Danielle, Odette

“Ma quanti nomi vuoi darle?” la interruppe lui. Ma lei riprese fingendo di non ascoltarlo. “…Roxanne, Simòne, Pauline - ecco Pauline mi piace proprio!”

Stavolta toccò ad Andrè guardarla stupefatto “…Pauline?”

“Si…Pauline!” disse irritata.

Terza pausa.

Oscar tornò lucida: “Ok, hai ragione…Pauline no. Allora…Nicole??

“Nicole?!...Sì, non male…” proferì Andrè non così tanto convinto

“E aspetta di sentire i nomi maschili…!” Oscar entusiasta tirò fuori un altro foglio di pergamena…

Stava per ricominciare a leggere, quando Andrè la interruppe di nuovo: “Se sarà un maschietto si chiamerà ‘André Junior’” disse con un tono che non ammetteva repliche.

“André…Junior??” sbuffò Oscar annoiata, nuovamente incredula.

“Certo! Perché? Cos’ha che non va?” chiese Andrè sulla difensiva.

“Non offenderti…ma il tuo nome è un po’…un pochino banale. Troppo comune forse…”

“Si certo, come se la tua lista contenesse nomi originali!!” disse schernendola.

“La mia lista va benissimo.”

“Ah be’ certo, la tua lista va benissimo!!” la imitò lui.

“Vedi, ti sei offeso!”

“Perché non vuoi dargli il mio nome???” disse a bruciapelo.

“Perché dovrei farlo?” ribattè Oscar.

“Perché i padri danno sempre il proprio nome al primogenito maschio!”

“Non le madri però…”

“Ma noi dobbiamo decidere insieme!”

“Sì è vero. Ma dobbiamo anche essere d’accordo, per decidere insieme…

Ci fu una quarta pausa in cui si fissarono.

“E’ incredibile quanto tu sia diventata irritante..” concluse Andrè gentilmente.

“No. Il problema sei tu che hai i paraocchi…questa storia dei nomi ereditati è solo una sciocchezza primitiva di stampo inglese

“Ma che dici? Il nostro stesso re ha il nome di suo nonno!

“Andrè, quella è un’altra cosa!” rispose Oscar seccata.

“Ok, ok…Vogliamo rimandare la discussione a un’altra volta?” disse Andrè infine.

Si, penso proprio di sì….Peccato però, i nomi maschili ti sarebbero piaciuti.

“No, non credo.”

 


La mattina seguente a colazione, Oscar divorò più cibo di quanto avesse mai fatto in tutta la sua vita. Nessuno però ne rimase stupito. Il dottore definiva quell’appetito avventato “nulla più che uno degli effetti concernenti una gravidanza”, il che lasciava intendere fossero innumerevoli questi ‘effetti’…e Oscar si ritrovò a doverci sbattere la testa molto presto.

Tanto per cominciare avvertì perennemente tremendi dolori di reni e fastidiosi crampi alle gambe, dovuti inequivocabilmente ai suoi tentativi di adottare ogni volta nuove posizioni, tali da permetterle di mantenere l’equilibrio e compensare la pesantezza, per quanto possibile. Come ripeteva spesso il dottore “il peso aveva indotto il suo corpo ad assumere un diverso centro gravitazionale” o altre cose del genere, che di certo non confortavano Oscar.

Se la sua pancia era tanto enorme, naturalmente era perché il bambino cresceva molto, e alla svelta, forse pesava già un chilo, ed eccettuato gli organi interni quali il fegato o i polmoni, il suo corpicino era quasi del tutto completo. Scalciava ogni mezz’ora.

Le sensazioni di gonfiore aumentavano e il seno di Oscar cresceva giorno dopo giorno, non mancando di farle anch’esso un gran male.

Come previsto dal dottore il suo umore sarebbe oscillato fino alla fine da lampi di gentilezza ad attacchi di rabbia, dei quali il più delle volte era vittima Andrè.

Quest’ultimo alle volte si chiedeva se gli insulti rivoltigli non rispecchiassero gli ormoni di Oscar, ma la pura e semplice opinione che lei stessa aveva di lui. Se lo era chiesto in particolar modo un pomeriggio, quando Nanny aveva servito loro il the. Ad Oscar era caduto il tovagliolo e Andrè, come suo solito, si era alzato per raccoglierlo…

“Lascia, faccio da sola.”

“Andiamo Oscar non essere sciocca!”

“Fa silenzio!”

Si era piegata verso il pavimento a gambe divaricate, cercando di vedere oltre la mongolfiera, con la mano tesa nella speranza di toccarlo.

E purtroppo Andrè, nel tentativo di trattenersi, era scoppiato in una risata fragorosa che Oscar aveva interrotto immediatamente rivolgendogli una sfuriata come si deve. In seguito non gli avrebbe rivolto la parola per giorni…

Niente la fermava quando si infuriava per un qualsiasi incidente domestico o una qualunque sciocchezza giornaliera, come il rumore di una tazza che va in pezzi (persino la sua sensibilità uditiva era aumentata) o lo scalpitio frettoloso dei cavalli al trotto mentre trasportano una carrozza (si trattava dei soliti messaggeri che portavano inviti a gran balli o ad importanti ricevimenti, ogni volta respinti senza, chissà perché, spiegarne mai la motivazione), che attraversava il suolo con “enormi ruote più rumorose che utili…a causa loro mi scoppia la testa!!” a detta di Oscar.

Era molto distratta, troppo, e talvolta l’angoscia le attanagliava le viscere senza che ci fosse alcun motivo apparente.

Si addormentava sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato (Andrè giurò di averla vista nel dormiveglia poco prima che a tavola venisse servito il dessert), mentre non chiudeva occhio la notte…si alzava a passeggiare per la stanza, cominciavano a farle male i piedi, e si riaddormentava. Andava avanti così per tutta la notte. Capitava che di soppiatto si dirigesse nella stanza di Andrè (percorso abbastanza familiare da due mesi a quella parte) per rilassarsi tra le sue braccia, cosa che a lui non sarebbe dispiaciuta affatto, se non fosse stato per il fatto che ogni volta Oscar coglieva l’occasione per lamentarsi.

“Non resisterò ancora a lungo…Andrè ti prego fa qualcosa, ho solo tanta voglia di vomitare!” si lagnò una sera a letto.

“Non so che dirti sinceramente. Forse, solo che devi avere tanta pazienza. E cerca di trattenerti…se proprio devi rigettare, corri alla bacinella.

“Ti ringrazio, Andrè. Mi sei di grande conforto.” Lui in risposta sorrise e le baciò la fronte. Oscar non fu così sicura che avesse intuito l’ironia.

 

 

Finalmente la primavera era alle porte e in particolare quel pomeriggio si presentò più soleggiato che mai, così che Andrè pensò di mettersi a ripulire e ferrare i cavalli nelle scuderie (che per troppo tempo erano rimasti fermi e in particolare il povero Cesàre, lo stallone di Oscar, aveva bisogno di muoversi e di riprendere il proprio ritmo, data l’interminabile sosta).

Circa mezz’ora dopo il suo arrivo alle scuderie, Andrè udì l’allontanarsi di un calesse, e pochi minuti dopo si vide arrivare Oscar.

Indossava un abito pre-maman celeste dai ricami dorati, confezionato da sua nonna, tanto entusiasta di poter scatenare la sua creatività utilizzando finalmente Oscar come modella. Il corpetto era quasi inesistente, copriva solo una piccola parte sotto il seno e ‘stringeva’ il seno stesso. Il pancione era coperto da una stampa a fiori.

Sei venuta qui per farti ammirare, tesoro?” chiese Andrè con apparente disinteresse.

“Cosa? No, perché?”

“Perché lo sai benissimo che non mi fa piacere vederti qui alle scuderie ad annusare lo sterco dei cavalli. Viste le tue condizioni ti preferirei altrove…Comunque sì, sei bellissima” e le donò uno dei suoi sorrisi più incantevoli.

Oscar sorrise a sua volta, tenendo saldamente in mano una lettera (probabilmente il motivo della precedente venuta di quel calesse).

“…cos’è quella lettera?” chiese Andrè allarmandosi.

“Mi è stata appena portata. Sai che giorno è oggi?” era piuttosto tranquilla, al che Andrè si rilassò.

“No…non lo so. Che giorno è?”

“E’ il 15 marzo.” Rimasero in silenzio. Andrè non ricordava affatto cosa significasse quella data.

“…E allora? Oscar di chi è quella lettera???” chiese impaziente

“Sta tranquillo è di Rosalie: mi augura unparto felice’ e si complimenta per la mia ottima salute” Andrè continuava a fissarla interrogativo.

“Certo, non dovrebbe farti piacere che io te lo ricordi, ma si tratta di una data molto importante…

“Non so di che cosa si tratti Oscar, vuoi dirmelo?”

“Be’, sono entrata proprio oggi nel settimo mese di gravidanza!” disse Oscar raggiante.

“Ah...” Andrè non voleva darlo a vedere ma si era inquietato un po’. Non gli fece certo bene ricordarsi dei fatti del 15 settembre; sentiva quel ricordo come una spina nel fianco…una spina ancora troppo dolorosa per essere ignorata.

Oscar si pentì di averglielo detto e cercando di confortarlo, lo abbracciò.

“Ti prego non abbatterti in questo modo; questa in teoria avrebbe dovuto essere una bella notizia per entrambi…

“Se non avessi avuto quel briciolo di buon senso che ho, forse mi sarei persino ammazzato” bisbigliò questo stringendola di rimando.

Oscar sorrise “E io che avrei fatto dopo, senza di te?”. Lui non seppe che dire, eccetto...

“Perdonami…”

“Basta! Ba-sta! Non ci pensare più, ok? Voglio vederti sorridere, perché oggi la tua Oscar compie ventotto settimane di gravidanza! Hai capito?” i loro sguardi si incrociarono.

“Ventotto setti…mane?!

“Si amore, perciò sii felice. Abbiamo davanti solamente altri due mesi e poi…be’, giorno più o giorno meno…

Si scambiarono un dolce bacio “Ti amo tantissimo” gli disse Oscar. Andrè barcollò dalla sorpresa. Nemmeno durante le numerose notti passate assieme gli aveva espresso i suoi sentimenti in maniera così…‘convincente’! Era incredibilmente radiosa, e vederla talmente serena era una gioia per il cuore di Andrè.

Così decise di stuzzicarla “Non c’è bisogno che te lo ripeta anch’io…” disse, assumendo un sorriso beffardo.

Lei si irritò “Cosa?? Dico di amarti con così tanta enfasi e tu non mi dici neanche…!?

Andrè ridacchio “Cosa? Che cosa ti aspetti che io dica?” chiese allusivo.

Oscar lo guardò con aria furente. “Va bene, se la metti così…” stava per staccarsi dall’abbraccio, ma la stretta di Andrè si fece più forte, e tornò serio  “Ti amo anch’io…”

Quelle quattro paroline furono più che sufficienti. Si baciarono nuovamente, stavolta in maniera molto appassionata.

“Vogliamo continuare la discussione in altra sede?” le chiese lui tra un bacio e un altro

“Sì, penso che si possa fare…”

Su per le scale Andrè disse:

“…Vogliamo ricontattare il dottore per una visita?”

“Ma se è venuto solo una settimana fa!?” fece Oscar sbalordita.

“Non importa, lo paghi profumatamente. Non credo che a lui scocci”.

 

***

 

“A cosa pensi?” disse Andrè ad una Oscar assorta nei suoi pensieri che contemplava il grande vaso di porcellana cinese posto al di sopra del piccolo tavolino intarsiato.

Ella poggiò la tazza di the senza rispondergli. Andrè non se ne curò e assunse come lei uno sguardo distratto.

“……Nessuna notizia…di tuo padre?” e prese a sorseggiare il suo the.

Oscar si sentì per l’ennesima volta fin troppo trasparente di fronte a lui, ma per forza d’abitudine se ne accorse ben poco.

“No…nessuna notizia.” rispose evidentemente preoccupata.

“Starà bene vedrai… è troppo fiero e altezzoso per pensare al suicidio. Cosa che tra l’altro disonorerebbe ancora di più la ‘dinastia’ dei de Jarjayes…Oh cielo, che spreco di sangue blu!” Oscar percepì l’enorme punta sarcastica del tono di Andrè. E si irritò terribilmente.

“Non pensavo a questa eventualità, comunque. E grazie…non ci avevo neanche pensato: ora ho una preoccupazione in più!

Andrè sghignazzando disse “E a cosa pensavi di grazia?”.

Come riusciva a mantenere quel suo atteggiamento così accomodante e pacato in qualsiasi situazione? Quasi come se non gli importasse nulla della sorte di suo padre…

“Pensavo che prima o poi tornerà. E che quando lo farà noi dovremo farci trovare pronti.

“Pronti per cosa? Non andiamo mica in guerra?”

“Be’…in un certo senso sì…dobbiamo aspettarci qualunque cosa” Oscar prese tra le mani il prezioso vaso e se lo rigirò tra le dita.

“E smettila di fare il noncurante! Mi dai sui nervi!” Andrè ridacchiò e lei lo ignorò.

Nanny!” chiamò Oscar.

Si udì il passo affrettato dei suoi piccoli piedini per tutto il corridoio.

“Oscar!!! Cosa c’è?? Stai male?” chiese affannata la governante di casa de Jarjayes.

“No no…”

“Nonna! Devi stare tranquilla, sennò a partorire sarai tu invece di Oscar!!!” la ammonì Andrè divertito.

“Oh dici delle cose scandalose nipote mio! E poi senti chi parla! In fatto di ansietà tu sei primo in classifica!...” e lui rise di gusto, ammettendo che quella era la verità.

“Dai, siediti e prendi una bella tazza di the con noi nonna!” fece Andrè gozzovigliante, neanche si trattasse di whisky, cognac o roba del genere. Era particolarmente allegro quel pomeriggio.

“Oh, sai che ho tante faccende da sbrigare! Senza di me questa casa non va avanti, quindi non posso permettermi soste

“AVETE FINITO???” sbraitò Oscar rabbiosa.

“Oscar…calmati!” disse Andrè dolcemente che, spaventato sulle prime, si era immediatamente tranquillizzato nel constatare di cosa si trattasse: Oscar era entrata in una delle sue solite crisi; e lui si era ormai abituato a gestire quei suoi sbalzi d’umore.

“Oh, madamigella…” quando Nanny cominciava a dare ad Oscar delvoi’ non era un buon segno, poiché da tempo ormai le si rivolgeva tranquillamente dandole del ‘tu’. Lei, al contrario di Andrè, temeva molto quei cambiamenti repentini d’umore.

“Se ho chiamato la mia governante, ci dovrà pur essere un qualche motivo, SBAGLIO???” disse in maniera isterica, stringendo a sé il vaso.

“Ma naturalmente Oscar…scusaci, ci siamo lasciati trasportare…” c’era un che di ironico in quella situazione.

“Cosa…cosa volevi chiedermi Oscar?” disse Nanny.

“Questo vaso è vuoto.”

E fu il silenzio. Nemmeno Andrè seppe che dire.

S-sì, è…è vuoto.” rispose Nanny incerta.

“I vasi sono stati ideati per essere riempiti.”

“Ma…sì, naturalmente…”

Andrè e la nonna per un attimo credettero di vedersela esplodere davanti; invece Oscar tirò fuori uno dei suoi più bei sorrisi, e con aria rapita disse:

“A marzo sbocciano i primi fiori! Uscirò per coglierne un bel mazzo da mettere in questo splendido vaso!” La rabbia era svanita per dare spazio all’euforia. Capitava anche questo alle volte. Andrè ridacchiò di nuovo:

- La gravidanza rende possibili fenomeni altrimenti impossibili! -

“Ma il sole è alto, ed è un terribile caldo. Non te lo consiglio Oscar, potresti prendere un insolazione” fece Nanny apprensiva. Oscar si irrigidì nuovamente e nel timore di un nuovo sbalzo, la governante si arrese:

“Va bene, come vuoi tu…almeno fammi il piacere di metterti un cappello”.

 

Mimose, gelsomini, primule, camelie, viole…Oscar avrebbe creato uno splendido bouquet.

Uscì con in testa un cappello di paglia rifinito di nastri di seta e fiori in ricamo che avrebbe tolto, non appena Nanny si fosse allontanata “da quella terrazza maledetta!”.

Il giardino de Jarjayes non era eccezionalmente enorme, ma in quanto a bellezza e manutenzione poteva benissimo essere equiparato allo sfarzo e alla maestosità dei giardini di Versailles. Ciascuna specie floreale era dotata di un’aiuola personalizzata, ovunque si ergevano una quantità spropositata di querce secolari, pinete, abeti, olmi e ogni cosa sembrava predisposta in funzione dell’ordine totale. Aleggiava ovunque quell’atmosfera di cambiamento che precede l’arrivo di una nuova stagione: avvicinandosi la primavera, tutto era in rinascita. Oscar non si era mai fermata ad osservare così attentamente quello scenario mozzafiato.

Primi tra tutti, scelse di cogliere i tulipani bianchi (i suoi preferiti) ma anche rossi, gialli, viola, arancioni…

Voltandosi a destra notò, sotto ad un noce, uno splendido accumulo di narcisi bianchi e gialli, mentre erano sbocciati molti giacinti rosa poco più avanti. Approssimò un mazzetto tra le mani: l’effetto di quei fiori messi tutti assieme era uno spettacolo per gli occhi.

Ne colse una quantità industriale, che mise poi nel cesto che aveva portato con sé.

Già le risultava complicato muoversi liberamente con quel pancione spropositato, in più tutto quel tessuto indosso rendeva il lavoro quasi impossibile…per un momento si sentì una bambola di porcellana.

Ed era veramente un gran caldo. Si era rifiutata di annodare i capelli; ora se ne pentiva, perché le andavano davanti alla faccia e la sua fronte stava letteralmente gocciolando! Si chiese quanto ancora avrebbe resistito.

Dopo aver raccolto delle margherita, che si trovavano lì al suo fianco (era impossibile proseguire oltre!), riconobbe di aver sbagliato a voler fare di testa sua.

Era sfinita, ma tentò in tutti i modi di mostrare il contrario: con la coda dell’occhio Andrè la stava fissando, piazzato comodamente nella stessa terrazza in cui prima si era appostata la governante ad osservarla (evidentemente aveva ceduto l’incarico al nipote). Non poteva mostrarsi in quelle condizioni, avrebbero riso della sua ostinazione…riprese fiato e continuò, fingendosi energica.

 

- Oscar che raccoglie dei fiori in giardino, e di gran carriera… è un evento imperdibile! E’ stanca, ma non vuole darlo a vedere; eppure la nonna glie lo aveva detto… -

Pensò dall’altra parte Andrè, che dall’alto del terrazzo, la stava osservando per davvero.

- Che sciocca, si è tolta il cappello!... -

Nemmeno cinque minuti dopo, però, se lo era rimesso…

- Ah ah, lo sapevo! -

La vide tutta presa dall’asciugarsi il sudore sul collo, sulle tempie, sulla fronte, scostarsi le ciocche di capelli dal viso, spostarsi le gonne mille e mille volte. Tra le altre cose, le maniche a sbuffo dell’abito color panna a stampa floreale verde, le erano di grande impaccio. Il sudore aveva raggiunto anche il suo seno, stretto come in una morsa, così che il respiro le si era fatto affannato.

- Dio quanto è bella, non smetterò mai di dirlo!...e non se ne rende nemmeno conto! -

Sentì dei rumori. La servitù era in fermento e dall’ingresso si sentiva un gran chiasso. Andrè non se ne curò; certamente le domestiche avevano combinato qualcosa e sua nonna, la governante, le aveva rimproverate tra le urla e gli schiamazzi generali. Rivolse nuovamente l’attenzione alla sua Oscar

- …sono mesi che non fa movimento. Non vorrei che ora, con questo sole, le facesse male…-

“Oscar, dai, rientra! Lo vedo che sei stanca, non fare la testarda!!” prese a dirle.

 

Uff, si vede tanto??” gli urlò di rimando Oscar, mostrando un bel sorriso affannato.

“Certo che sì!” il suo umore aveva riacquistato un livello di normalità, pensò Andrè.

“Eh va bene…vorrei solo raccogliere qualche iris. Manca il blu in questo bouquet!”

Un ultimo sforzo per abbassarsi, e infine colse anche un bel mucchio di iris. Il cestino era talmente colmo da pesarle, così lo poggio in terra.

 

Sentì degli schiamazzi anche lei, provenire questa volta dall’esterno:

“Vi prego non fatelo! Vi assicuro che non c’è nessuno, credetemi!!

Il chiasso si avvicinava…

“E’ vero! perché mai dovremmo mentirvi! Il Generale e suo figlio il Comandante si trovano attualmente…Tornate qui, per favore!!

 

“Perché questo baccano? Ma cosa sta combinando la servitù?” disse Oscar

Cercò lo sguardo di Andrè, che dopo essersi esposto lungo la ringhiera per sentir meglio, ricambiò il suo sguardo interrogatorio.

Oscar stava raccogliendo il cestino da terra. Ma nel farlo sentì una figura avvicinarsi; si rialzò immediatamente.

Ed era a pochi metri da lei.

Il cesto le ricadde ai piedi. Tutti quei bei fiori colti così amorevolmente si trovavano ora accatastati violentemente al suolo. Ad Oscar sembrò che il cuore le si fosse fermato. Il sudore aveva lasciato il posto a brividi di terrore. Le gambe le tremavano. Si sentì in trappola.

Andrè era rimasto lì, immobile. Nessuno dei due poteva credere a ciò che vedeva. Malgrado tutti gli sforzi, malgrado tutti i tentativi per cercare di nascondere la verità… Che avrebbero fatto ora?

Oh, che avrebbe dato Oscar, per poter fuggire via! Le sembrò impossibile... eppure lui era lì.

 

Il conte Fersen la stava fissando.

 

 

***

 

 

Andrè rientrò di corsa in casa e, dal secondo piano dove si trovava, cominciò a correre, correre più forte che potè, per i corridoi, giù per le scale… doveva raggiungere Oscar!

- Non può essere. Non lui…non lui, maledizione!!! – pensava mentre si affrettava

Gli passarono davanti mille ricordi, e troppi pensieri presero ad affollargli la mente senza che riuscisse a controllarli. Il terrore per l’immediato futuro si confuse con altre emozioni, che di certo non avevano nulla a che fare con la gravidanza di Oscar…

Quanto aveva sofferto! Quanto aveva patito a causa di quell’uomo che tanto rispettava…ma che allo stesso tempo detestava!

Aveva visto Oscar innamorarsi di Fersen! L’aveva vista piangere per lui!

E Andrè aveva pianto per lei, credendo che mai in vita sua, avrebbe potuto vedersi rivolgere quello sguardo, quel sorriso, esclusivi dell’affascinante conte.

Lei che gli parlava, come solo una donna innamorata può parlare. Lei che quando lo vedeva arrivare, gli occhi le brillavano. Lei che duellava con lui, sentendo di avere davanti un degno rivale. Lei che l’osservava andar via, con velata tristezza. Lei che soffriva per la sua assenza.

In veste di gran dama, ballava con lui…

Era tutto così chiaro nella sua memoria, non poteva riuscire a dimenticare…

Lei, a pezzi, stava raccogliendo i frammenti di un bicchiere andato in frantumi…e piangeva. La rabbia lo assalì.

E ora lui…

Sì, era tutto finito. Sì, Oscar ora amava lui.

Ma rivederlo, chissà quale effetto le stava mai procurando? Avrebbe voluto prendere a pugni il muro! Si trattava di pura e semplice gelosia, ecco tutto.

Perché deve essere lui il primo a saperlo? PERCHE’ LUI?

- Non abbiamo altra scelta che dirglielo…ma dirgli cosa?? Come reagirà? Non può essere vero. Devo mantenere la calma…-

 

 

- Non…non riesco a muovermi…- pensò Oscar. Aveva la mente completamente svuotata.

Non seppe dir altro se non il suo nome: “Voi, Fersen

“O-Oscar…!” era evidente il suo disagio. Ed era allibito. Stava osservando Oscar come se fosse un estranea. Come se la vedesse per la prima volta.

Chi era quella donna? Poteva, forse, essere lei, Oscar? Oscar poteva forse…essere incinta? Cos’era quel ventre gonfio, se non una gravidanza? Non poteva essere altrimenti…

Ma sì, quella era Oscar! Come non riconoscerla! Se non l’aveva riconosciuta quella prima volta che gli si era presentata in abiti femminili, ora non poteva di certo sbagliare!

Forse se avesse provato a parlarle ne avrebbe avuto la conferma…

“Siete…siete Oscar?” la domanda gli sembrò un po’ sciocca. Ma al momento non aveva altro da dire.

La risposta fu altrettanto strascicata e incerta “Si…” disse infatti Oscar con imbarazzo.

- E’ lei! E sta bene! …Oh, che sollievo.- tutti i timori di Fersen erano svaniti. Chissà, magari ora molte cose si sarebbero potuto spiegare…

Andrè li raggiunse “Conte!...” Fersen si girò e lo guardò “…io… io credo che vorrete ricevere delle spiegazioni” riuscì a dire, con un po’ di riluttanza.

“Non sarei dovuto entrare con tanta insistenza… ma ero preoccupato.”

Andrè si avvicinò ad Oscar per sorreggerla. La guardò dall’alto in basso. Questione di un attimo: l’osservò a fondo per captare qualcosa, qualsiasi cosa che gli permettesse di capire cosa ella stesse provando in quel momento. Ancora atterrita dalla sorpresa, lei riuscì comunque a parlare:

“Conte Fersen…siete l’ultima persona che ci aspettavamo di vedere” fortunatamente parlò al plurale; piccolo insignificante dettaglio che rilassò Andrè.

“Oscar se…se posso fare qualcosa per…”

“Mi fido di voi; mi sono sempre fidata… ma ora proprio non potete far niente. Eccetto…ecco, io spero che voi manterrete il silenzio” poi ripetè in maniera più chiara e decisa “Fersen giuratemi che non direte ad anima viva di avermi visto! E soprattutto che mi avete visto in queste condizioni!

Fersen pensò immediatamente a Maria Antonietta... Ma alla fine disse: “Ve lo prometto. Vi giuro su tutto ciò che ho di più caro che non ne farò parola con nessuno…e, se posso, voglio solo esservi d’aiuto

Andrè e Oscar tirarono un sospiro di sollievo e si scambiarono uno sguardo d’intesa. – Forse…- pensò Andrè – …può darsi sia stata una fortuna per noi in fondo, il fatto che ci abbia scoperti un uomo come Fersen-

“Vi prego, entrate, potremo parlare con calma…”

 

Di fronte al solito enorme focolare, come sempre, come molti mesi fa.

“Oh, cielo!!” urlò Nanny nel vederli tutti e tre assieme.

“Stai tranquilla nonna…” le disse Andrè “…per favore portaci del tè”.

 

“Immagino di essere un grosso disturbo per voi…” disse Fersen.

“Non è questo, solo…abbiamo ordinato alla servitù di non far entrare nessuno per…motivi che vi immaginerete” disse Oscar. Andrè rimase nel suo collaudato silenzio osservativo.

“Vi capisco perfettamente. Si…devo dire che ora tutti i miei conti tornano

“Allora…comincerò dal principio Fersen” e fece un respiro profondo, trovandosi nuovamente di fronte ad una sfida contro sé stessa.

“Vorrete sapere com’è mai? Come possa essere accaduto? Vorrete sapere…chi sia il padre?”

 “Be’…scusatemi Oscar, ma credo di poter immaginare chi sia il padre…” disse Fersen voltandosi a nella direzione di Andrè con un aria mista tra il consapevole e il divertito.

Oscar arrossì “S-si…io e Andrè…”

“No. Questo non è affar mio. Vi basti sapere che sono felice per voi.” Disse un po’ ambiguo

“Non…non avete nulla da dire?” finalmente Andrè parlò.

“No. E in ogni caso, non mi permetterei mai. Sono l’ultimo della lista che può dar consiglio in merito al tipo di relazioni da intraprendere!” scherzò Fersen, sempre un po’ malinconico.

Oscar sorrise.

“Sul serio Oscar…è evidente che siete felice

Fu molto sollevata nel sentirlo parlare così. Non dover indagare più a fondo sulcome’ fosse successo le avrebbe facilitato di gran lunga le cose. Anzi, quel famoso ‘come’ sarebbe rimasto per sempre un loro segreto. Anche Andrè tutto sommato si sentì sollevato.

“La gravidanza vi rende ancora più bella”

“…non per vantarmene, ma non siete il primo a dirlo!” e si rivolse ad Andrè con gli occhi che brillavano. Per istinto si accarezzò la pancia. Non poteva farne più a meno. Fersen sorrise a sua volta.

“Quanti mesi?”

“Sono appena entrata nel settimo”

Ci fu una pausa interminabile.

“Vi dirò tutto…” disse Oscar dopo un po’, guardò Andrè in cerca del suo consenso, che non tardò ad arrivare (sapeva che lei avrebbe taciuto il dispensabile); cercò di riordinare le idee, e infine raccontò tutto. Dalla sua scomparsa dalla vita di corte, alla fuga di suo padre, all’incontro con la regina…

“Avete tutta la mia comprensione” disse Fersen al termine della spiegazione, guardando sia Oscar che Andrè.

Quest’ultimo non era per lui un individuo di ‘ceto inferiore’, come volevasi dire…ma un amico rispettato, come e quanto Oscar. E gli faceva onore pensare questo. Andrè lo rispettava a sua volta proprio per questo motivo.

“Solo…” aggiunse

“Solo?” intervenne Andrè allarmato.

“Devo ammettere…che se sono qua è solo per volere della regina.”

“La regina?” dissero in coro i due.

“Sì. Non fraintendetemi anche io ero molto preoccupato per voi, Oscar. Me se sono qua è per una sua lettera, che mi inviò quando mi trovavo in Svezia, nella quale mi esternava tutta l’angoscia per la vostra condizione…sapete quanto vi voglia bene

- E io ne voglio a lei…- pensò Oscar.

“…Sono tornato in Francia appositamente per voi, Oscar” e la guardò intensamente.

“Ora, immaginatevi la mia posizione. Ripeto: ve l’ho giurato, non lo dirò mai a nessuno…” fece una pausa “…ma cosa dirò alla regina, quando mi riceverà? Lei si aspetta di saperlo. Si aspetta notizie da me”

Oscar riflettè. Di certo Fersen si trovava in una posizione difficile.

“E’ dovere unicamente di Oscar dare notizia alla regina” la anticipò Andrè.

“Andrè ha ragione, ditele semplicemente che avete parlato con me, che sto bene… un giorno andrò da lei. Saprà tutto ve lo prometto”

“E credete che vi aspetterà? Che pazienterà ancora?” disse Fersen

“Lo spero…è stata molto comprensiva l’ultima volta che la vidi” fece Oscar.

 

Sul fare della sera, Fersen sarebbe ripartito per Versailles.

“Vi ringrazio per la sincerità che entrambi mi avete dimostrato

Fersen, contiamo su di voi” gli disse Andrè, che assumeva sempre un atteggiamento un po’ distante quando si trattava del bel conte svedese.

“Naturalmente… Ma prima di andarmene, Oscar, vorrei parlare con voi…in privato” la muta richiesta ad Andrè venne mal accolta dall’attendente.

“Io non me ne vado, se a chiedermelo non è Oscar

Lei sentendosi tirata in ballo inizialmente rimase in silenzio. Ma lo sguardo di Fersen non ammetteva repliche. “Si, scusami Andrè…per favore fai come dice” e lo guardò supplichevolmente. Lui non disse altro, eccetto un appena accennato ‘va bene’ e rientrò in casa.

Fersen…cosa volete dirmi?”

“Un chiarimento, se posso”

“Ditemi pure.”

“Vorrei……”

“……si?” disse tesa e impaziente, aspettando la misteriosa domanda che non arrivava.

Infine Fersen parlò: “Voi…questo bambino……era previsto?”

L’imbarazzo le bloccò le parole sul nascere. Ma poi riprese il controllo della situazione: “No…non lo era in effetti

“Capisco, quindi…è successo e basta?”

“Si…un…incidente di percorso, se così vogliamo chiamarlo” mentì lei, ripensando alla notte in cui fu violentata; ma giurò che mai le sarebbe uscito di bocca.

“Andrè però vi ama… Vi ha sempre amato. Questo lo sapete, vero?”

“ Certo che lo so…” cominciò a chiedersi cosa mai volesse intendere Fersen.

“Ma…io mi chiedo: voi lo amate?”

“Immensamente.” fu l’immediata risposta “ Anche se…devo ammettere che ce ne ho messo di tempo per rendermene conto!”

“Effettivamente non ne avete dato mai l’idea…

“Dopotutto Fersen…poco tempo fa ero, come dire…attratta da voi, no?! Anche se, certo, quello non poteva considerarsi vero amore

Fersen rimase pensieroso. La risposta di Oscar non le era parsa del tutto sincera.

“Però voi…avete sofferto per me.” Sembrava una domanda più che un’affermazione

“Be’…si. Siate più chiaro, non vi capisco.” Cominciava a sentirsi turbata

“Forse mi sto spiegando male… Ma proprio perché di tempo ne è passato così poco io…” cercava le parole giuste “…Il nostro ultimo incontro è stato al termine dell’estate. E voi neanche un mese dopo, se non erro, siete rimasta incinta!

Oscar impallidì.

“Credo di conoscervi abbastanza bene. E non vorrei…non vorrei che voi vi foste concessa ad Andrè per…per dimenticarmi, ecco. Lo disse tutto d’un fiato, come liberandosi di un peso.

“Oh…” Oscar rimase stupita. E adesso cosa poteva rispondergli? Che si sbagliava, e di grosso?!... perché in realtà Andrè l’aveva presa con la forza? No di certo… - In fondo non sono tenuta a spiegare proprio tutto

Fersen…” gli rivolse un candido sorriso “…dite di conoscermi ma, se pensate questo, suppongo sia vero il contrario. Mai in vita mia mi sarei comportata in tal modo! Credetemi… è successo e basta” disse sperando di apparire convincente.

E fortunatamente Fersen si lasciò convincere. Anche a lui una Oscar del genere pareva impossibile da immaginare.

“Sì…ho detto una sciocchezza Oscar, ma dovevo sapere…” continuarono a fissarsi “…E poi si vede che lo amate. Dai vostri occhi”

“Grazie Fersen…”

“Sono molto felice ora che lo so”

Così si congedo: “D’ora in poi avrete in me un fedele alleato. Oscar…vi auguro tutto il bene di questo mondo e che possiate avere un parto felice” sorrise e partì al galoppo. Oscar lo seguì con lo sguardo. Era bello, lo era sempre stato.

Liberarsi di un tale peso faceva bene al cuore! E avere in qualche modo chiarito con Fersen fu una gioia; avere la sua amicizia era un dono. A parte qualche bugia d’interesse, tutto ciò che gli aveva detto corrispondeva a verità: fu felice di constatarlo.

Fu felice anche della piega che aveva preso la giornata. Certo, non era stata una passeggiata! Chi mai si sarebbe aspettato una sorpresa del genere!

Rientrando, trovò Andrè nel salone, con un bicchiere di vino rosso tra le mani, che la osservava interrogativo. Sembrava turbato. Ovviamente voleva sapere.

Per rispetto al loro rapporto, Oscar avrebbe voluto raccontargli tutto immediatamente, ma non ce la faceva più a parlare.

“Sono stanca, me ne vado a letto. Ti prego, dì a tua nonna di mettere nel vaso di prima i fiori che ho colto”. Andrè acconsentì, ma quella notte non riuscì a chiudere occhio.

Cosa diavolo si erano detti quei due?

 

 

Il giorno dopo non si fece attendere. La trovò distesa nel sofà della sua stanza, con l’aria annoiata.

“Oscar…”

“Vuoi sapere di ieri sera, sbaglio?”

“…Non sbagli.”

Lei rise e si alzò per abbracciarlo. Andrè la strinse a sé con ansia.

“Scusami per ieri sera, ti prego. Prendilo come un altro dei miei famosi sbalzi d’umore!” e lo baciò “…chissà cosa avrai pensato; scommetto che stanotte non sei riuscito a dormire!”

Lui si sentì colto in flagrante e rise imbarazzato.

“Tu mi conosci come nessun’altro Andrè. Ma anche io comincio a capirti!” gli sussurrò all’orecchio. Lo vedeva impaziente, così si affretto a spiegarsi.

“Ci siamo chiariti definitivamente. Voleva sapere se ti amavo realmente” fece una pausa “…del concepimento e…ma ho gestito bene la situazione, tranquillo!”

“…tutto qua?”

“Sì, tutto qua!”

Mhm…” fece Andrè con aria pensierosa.

Lei sbuffò “Cosa c’è Andrè?”

“Che effetto ti ha fatto rivederlo?” e la scrutò a fondo “…Credi di amarlo ancora?” la domanda fu schietta e d’effetto.

“No Andrè…se vuoi proprio saperlo no. Non lo amo e me ne sono stupita io stessa accorgendomene. Certo, non  posso negare che la sua presenza mi abbia creato un certo effetto; non sarei umana se così non fosse. Ma te lo assicuro, quello che provavo per lui non esiste più

Si guardarono intensamente per un attimo che parve interminabile. Andrè si fiondo su di lei per stringerla energicamente. Oscar rise di gusto.

“Non puoi immaginare che peso mi hai tolto, Oscar!” e la baciò dolcemente; ma Oscar si spinse contro di lui per rendere quel bacio ancora più profondo - Accidenti…quanto vorrei che tu la smettessi con quest’incertezza

“Temi ancora un mio rifiuto?” gli chiese esasperata.

“No…temo ancora che tu non mi possa amare” rispose sincero

Lei sgranò gli occhi. – Non ci posso credere…! – Lacrime di rabbia stavano per prendere il sopravvento, ma le bloccò.

“Cosa posso fare per convincerti del contrario??

“Niente…tu mi dimostri tutto l’amore che potrei desiderare. Il problema sono io”

“…la presenza di Fersen ti ha decisamente turbato. Ma posso capirlo” disse comprensiva.

“Da anni ormai…Per quanto lo rispetti e ammiri, la sua presenza è sempre stata per me solo motivo di sofferenza” ammise dolorosamente. Non c’era più niente da nascondere a quel punto.

Solo ora me ne rendo conto. Ma basta. Per favore, basta”

Nel letto di Oscar, rimasero avvinghiati per ore.  Lui godeva del dolce profumo dei suoi capelli. Lei riposava su di lui, nascosta nell’incavo del suo forte collo. I cuori a stretto contatto, si sentivano battere reciprocamente. Baciarsi non bastava a placare il loro desiderio reciproco. Ma mancavano ancora tre mesi…e finalmente il piccolo avrebbe visto la luce del sole.

Tante cose ancora giravano nel senso sbagliato…persino tra loro due.

Però al momento non potevano sperare di meglio. Le cose andavano piuttosto bene…

 

 

***

 

 

Passarono i giorni, le settimane…Aprile arrivò in un lampo.

L’ottavo mese significava per Oscar molte cose: innanzitutto consapevolezza del suo ruolo di madre, che si avvicinava sempre più. Mancava poco. Presto avrebbe potuto vedere quel piccolo visino che tanto aveva sognato. Sarebbe stato maschio o femmina? Giurò che non le sarebbe minimamente importato. Tutto ciò che desiderava era stringerlo dolcemente al suo seno. E lo desiderava con tutto il suo cuore!

Non le importava cosa mai Nanny avrebbe detto, se era sconveniente o chissà cos’altro: lei lo avrebbe allattato; a qualunque costo! Pensò che non doveva esserci rapporto più profondo e intenso di quello che nasceva tra una madre e il proprio bambino durante l’allattamento, quel momento così speciale e tutto loro... Presto avrebbe preparato per lui una culla, degli abitini, si sarebbe fatta insegnare tutto! Così tante gioie tutte insieme: erano la più grande fortuna che una donna potesse possedere.

Il medico la visitò per l’ennesima volta. Le cose stavano cambiando radicalmente: per il piccolo era giunto il momento di scegliere la posizione con cui nascere, almeno questo diceva il dottor Lasonne. Le ricerche scientifiche riguardo alla gravidanza era andate parecchio avanti in quel loro secolo.

Le sue ossa si allungavano radicalmente ed era ormai completamente formato.

Date le dimensioni del ventre di Oscar, il dottore ipotizzò che pesasse già 3 kili. Il volume dell’utero era aumentato di circa dieci volte, per questo Oscar sentiva i polmoni comprimersi e l’ombelico tirare. Persino respirare le era difficile.

Ancora più straordinario, sentì per la prima volta il dolore che provocano le contrazioni. Le avvertiva ad intervalli irregolari, ma non c’era di che preoccuparsi. Non significavano l’arrivo del bebè. Ecco, di quelle avrebbe fatto volentieri a meno!...

Sul piano emozionale la sua ansia, le sue dimenticanze, i suoi sbalzi d’umore continuavano, e la sensazione che il parto si avvicinava era incredibilmente suggestiva.

Ora più che mai, gli ordini del dottore erano chiari e severi: riposo. Perenne riposo.

“Guai a voi se vi affaticate Oscar! La circolazione sanguigna non è molto buona e gli organi sono compressi. Se non riuscite a svolgere le vostre azioni quotidiane è più che naturale, anzi, rilassatevi. Ma sono certo che Andrè saprà come domarvi!

La cosa che più di tutte la colpì, fu il sapere che la musica e le parole (specie quelle del padre, perché più profonde) avrebbero fatto battere più forte il suo cuoricino: questo voleva dire che poteva provare emozioni.

Così ogni giorno, dolorante, si sedeva al suo pianoforte e suonava per lui. E Andrè si chinava su quel pancione spropositato per parlare al suo bambino.

 

“Mi è venuta un idea!” le disse un giorno Andrè a colazione. Mangiava con Oscar da parecchie settimane; prima gli era impossibile date le sue ‘origini’…e la presenza del generale.

“Cosa?” chiese Oscar un po’ scombussolata, continuava ad essere molto difficile dormire per lei.

“Sono mesi che non esci di casa…non ti senti un po’ in trappola?”

“Sentirmi in trappola non è la definizione corretta. Mi sento imprigionata!”

“E allora perché non usciamo?”

“…Cosa?” disse lei stupita, quasi non ci credesse a ciò che Andrè le aveva chiesto. Lui che era così irremovibile riguardo alla sua condizione.

“…scherzi?”

“Sono serio, lo giuro!”

“……perché…sarebbe proprio un’idea meravigliosa!!

“ e allora cosa aspettiamo?” Andrè era felicissimo di rivederla così euforica dopo tanto.

“Andrè, non sai che darei per uscire da questo palazzo!” era entusiasta

“Ma sia ben chiaro, non ci allontaneremo di molto

Si, ovvio”

“Dove vorresti andare?”
“Vorrei rivedere la Senna…” disse desiderosa.

“Sì, non male…ci sistemeremo nei pressi della foresta, in una zona isolata, così saremo al sicuro. Partiremo col calesse”

“Facciamoci preparare da tua nonna qualcosa da mangiare, potremo pranzare in riva al fiume!”

“E sia allora!” disse Andrè e Oscar ridacchiò. Una giornata fuori finalmente, solo loro due, in riva al fiume: da quanto non accadeva! Forse più di quindici anni…

Andrè si inginocchiò e carezzò lievemente il pancione che conteneva suo figlio: “Ehi, piccolo…mi senti? Sai che io e la mamma oggi passeremo proprio una bella giornata?!

 

 

***

 

 

Un mese prima, alla corte di Versailles fece ritorno il conte Hans Axel von Fersen.

La regina chiese di riceverlo immediatamente.

L’incontro tra i due fu purtroppo molto breve, ma intenso.

Era dovere di Maria Antonietta ricevere i nobili provenienti da tutta la Francia. Questo però le toglieva tutto il tempo per fare il resto. Su consiglio di Fersen, stava cercando di riconquistare il terreno perduto tanti anni prima.

L’afflusso aristocratico che un tempo, numeroso, occupava l’intera, enorme reggia era ora notevolmente diminuito. Tempi bui erano all’orizzonte.

E di certo le buone intenzioni della regina servivano a ben poco. La miccia si era accesa e niente avrebbe potuto spegnerla. L’odio nei confronti dei sovrani si era eccessivamente acuito e qualunque cosa lei tentasse, per riottenere i consensi persi, era quasi del tutto inutile.

Di fronte ad un tale declino, lo stesso Fersen capì che era troppo tardi.

Ma ora non gli interessava; tutto ciò che voleva era poter rivedere la sua amata.

La voce del messo reale si innalzò sulle altre “La regina sta per ricevere il conte Hans Axel von Fersen”. Tra risate sommesse e mormorii accennati, la porta si chiuse alle loro spalle.

E, abituati com’erano a quel genere d’imbarazzo che si creava non appena i loro nomi venivano pronunciati  l’uno accanto all’altro, ciò che li circondava sparì. Come da protocollo reale egli si inginocchiò ai piedi del trono.

Si fissarono per un attimo che parve un’eternità.

- …E’ terribilmente invecchiata – dovette ammettere Fersen.

“Oh! Fersen!” quanto avrebbe voluto stringerlo a sé “Finalmente! Che gioia riavervi qui!”

“Maestà...è un onore esservi di nuovo accanto!” cosa avrebbe dato per baciarla, ignorando chiunque potesse vederli.

“Ho tanto da chiedervi…come state?”

“Al meglio delle mie possibilità, altezza. E voi?”

“Lo stesso…” ammise mestamente “…cerco di andare avanti come posso. Penso a voi e ai miei figli” disse alludendo all’ultima missiva che aveva ricevuto da parte sua.

“So cosa vorreste sapere, più di tutto il resto…” cominciò subito Fersen “…perciò non mi dilungherò.”

“Avete incontrato Oscar?”

“…Sì”

 La regina tirò un sospiro di sollievo “Oh, grazie al cielo. Come sta?”

“Maestà, posso dirvi che Oscar sta bene” disse misurando le parole.

La regina afferrò il subliminale “…potete dirmi che sta bene. Ma non potete aggiungere altro, dico bene?

“Maestà…”

“Io pretendo di saperlo, Fersen!!!” si alzò di scatto stringendo il ventaglio tra le mani

“E lo saprete!” alzò la testa “Saprete tutto! Ma non ora. Per volere di Oscar io non…”

“Voi siete andato da lei per mio volere! Il volere di Oscar non mi interessa! Ma non capite come sono preoccupata? Che farei qualsiasi cosa per starle accanto?

“Me ne rendo conto…”

Lacrime amare sgorgarono dagli occhi azzurri di Maria Antonietta “Lei…forse non si fida di me? Teme il mio intervento? …N-Non capisco…Oh! VI GIURO CHE NON CAPISCO!” era furiosa.

“E invece dovete cercare di capire!”

Lei non disse altro.

“Ho parlato a lungo con Oscar. Deve bastarvi la mia testimonianza. Lei desidera veramente rivedervi…e lo farà molto presto. Desidera che voi sappiate tutto, ma vuole essere lei stessa a… mi capite?

“…Io…voglio solo esserle d’aiuto. Lei non mi ha mai abbandonata. Volevo poter ricambiare, almeno una volta…

“…”

La regina si sedette nuovamente. Rimase in silenzio per qualche secondo.

Infine respirò profondamente, la sua pazienza era al limite, e malgrado la delusione, prese la decisione giusta: “…E va bene. Perdonatemi Fersen. Me la prendo con voi, quando non avete fatto altro che esaudire un mio capriccio…” fece una pausa “……attenderò.”

“Grazie mia regina…” e s’inchinò.

Fersen….ci rivedremo. Ora però…io…” e sospirò di nuovo “…io devo ricevere tutti quei nobili che avete visto là fuori. Vi prego andatevene. Se vi guardassi ancora una volta negli occhi…” poggiò il viso su di una mano, come per sorreggersi. Poteva esserci un essere più infelice?

Fersen non aggiunse altro, comprendeva fin troppo bene il suo stato. Si inchinò e fece per andarsene.

“Credetemi…Oscar vi dirà tutto…. al momento opportuno”

Il momento opportuno era molto vicino…

 

 

***

 

 

“Non credo che sia una buona idea! Ragazzi miei, ve ne supplico!” Nanny stava implorando Oscar e Andrè perché non uscissero dalle recinzioni di palazzo.

“Nonna, per favore! Così ci rovini tutto l’entusiasmo!” disse Andrè, ironico come suo solito

“Io ho un brutto presentimento! Snif…non voglio che Oscar esca di casa!” tratteneva a stento le lacrime mordendo il suo fazzoletto.

Andrè stava aiutando Oscar a montare nel calesse: “Ci vediamo stasera! E non stare troppo in ansia Nanny!” disse Oscar raggiante, ignorando i suoi lamenti.

Andrè non esitò: il calesse partì e i cancelli si spalancarono per farli passare.

Dopo quei lunghi mesi di agonia, che le erano parsi un’eternità, Oscar usciva finalmente dalle mura della residenza De Jarjayes

La primavera si presentò a loro in tutto il suo splendore. Gli alberi erano fioriti e totalmente ricoperti di foglie e germogli pronti a sbocciare. Sì, sarebbe stata una magnifica giornata.

Poter respirare a fondo aria nuova, ascoltare il cinguettio degli uccellini, vedere le sagome delle rondini in alto nel cielo, sentire il vento scombussolarle i capelli…la natura era in fermento. Dopo mesi di prigionia nascosta da tutto e da tutti, fare un bel giro in calesse era incredibilmente emozionante, benché lei fosse un’esperta cavallerizza ed avesse quindi provato emozioni molto più forti. Ora le pareva tutto super eccitante. Non ricordava neanche più come montare in sella ad un cavallo!

La Senna non era molto lontana dalla residenza de Jajrayes, ma con un carrozzino di quelle dimensioni ci avrebbero messo più del dovuto. Tra l’altro, Andrè andava molto piano. Si curò di viaggiare protetto da una fitta serie di boschi.

Nel giro di un quarto d’ora raggiunsero il posto prefissato.

Come lui aveva promesso, si trattava di una zona del tutto isolata, completamente circondata da una grande foresta, eccetto un piccolo spiazzo d’erba in riva al fiume, dove loro si sarebbero posti. Era un luogo veramente molto appartato. Oscar non avrebbe potuto desiderare niente di meglio per potersene restare tranquilla.

“Che meraviglia…” riuscì solo a dire.

Andrè fermò il calesse “Allora, che ne dici?”

“Dico che è perfetto!”

“Ne sono contento. Anche se avrei preferito non allontanarmi così tanto.

“Che fai, ricalchi le orme di tua nonna?”

“Questo mai!”

“E allora rilassati! Anzi, piuttosto…aiutami a scendere”

 

Distesi su di un telo, passarono una mattinata incantevole. Nanny aveva preparato loro fin troppi manicaretti, pensò Andrè. Oscar divorò tutto senza farsi troppi problemi.

“Come non detto…!” sghignazzò lui.

“…Cosa?” chiese lei a bocca piena.

“No, niente….mpf!” cercò di trattenersi “…Ehi! Oscar, non rimpinzarti in quel modo! Non vorrai che ti torni tutto su, dopo?!

“Potrò almeno mangiare come mi pare!” disse dopo aver selvaggiamente inghiottito l’ultimo boccone di un tramezzino.

Accomodati sul terreno, parlarono a lungo dell’argomento che al momento interessava loro maggiormente…

“Secondo te sarà un maschietto o una femminuccia?” chiese Oscar

“Non saprei proprio. Io non ho preferenze!” fece allusivo

“Neanche io, sai? In entrambi i casi mi sentirei comunque fuori luogo!

Andrè si voltò a guardarla con aria feroce “Ma cosa diavolo stai dicendo?”

Ahahah…” scoppiò di gusto in una risata un po’ malinconica. Andrè non rise e continuò a fissarla.

“Non guardarmi così…Lo sai benissimo. Non sono mai stata veramente un uomo, e non sarò mai definitivamente una donna

“Che sciocchezze…” fece Andrè

“Che cosa mai potrei insegnargli? Vedrà in me solo tanta confusione”

“No, Oscar. Sarà solo fiero (o fiera) di avere una madre unica al mondo; come lo sei tu!

“Come vorrei che fosse così, Andrè. Grazie…” si avvicinò a lui per stringerlo

“Sono qui apposta amore…” le baciò la fronte.

L’acqua scrosciando produceva un rumore talmente rilassante, da render loro quel soggiorno ancora più piacevole.

Oscar pensò una cosa. E nel pensarla non esitò un secondo a dirla ad alta voce:

“Tu invece Andrè…” e si girò per guardarlo negli occhi “…tu sarai un padre magnifico!” disse dolcemente, ma in maniera molto decisa. Andrè non disse nulla, continuò a fissarla, rapito da ciò che ella aveva appena pronunciato.

“Lui…o lei…potrà chiamarmi…papà’?” chiese stupito.

“Eh?...” disse allibita Oscar “…ma…sei scemo?”

“Avere un padre borghese per un bambino di sangue aristocratico non dovrebbe essere il massimo.”

“Fammi capire: prima te ne esci fuori con quei bei discorsi anticonformistici…e ora ti preoccupi di questo? Andrè! Certo che potrà chiamarti ‘papà’? Sei suo padre, dovrà chiamarti così!!

Andrè avvicinò il proprio viso al suo, per poi esplodere in un sorriso appagato. Si baciarono teneramente e restarono avvinghiati a lungo. Fino ad addormentarsi.

“Fa caldo…” disse Oscar nel dormiveglia.

“Lo so…Vuoi che ci spostiamo all’ombra?”

“No, vorrei riprendere il mio vecchio colorito…così pallida sembro una donnetta di corte!”

“Vedi di non toglierti il cappello questa volta! Allora…vuoi un po’ d’acqua fresca? Te la vado a prendere lungo il fiume”

“Magari Andrè…c’è una borraccia, lì nella borsa

Frugò nel sacco, e una volta trovatala, si alzò “Farò in un attimo!”

 

***

[…]

“Sì, ricordo perfettamente. Mhm, era il mese di novembre. Da quella volta non l’ho più rivista. Confesso di essermi molto preoccupato” disse con trasporto uno dei due uomini che stavano traversando a cavallo una splendida radura.

“La cosa è sospetta. Sapete che il generale de Jarjayes se ne è andato in Normandia, sbaglio? E suo figlio si è dissolto nel nulla… C’è sotto qualcosa di losco

“Preferisco pensare che non sia nulla di grave! Madam…ehm il comandante de Jarjayes…”

“Ammetto di non essermi mai inoltrato in queste zone” fece l’altro interrompendolo

“Oh, bizzarro…” fece compiaciuto, l’esile uomo dai lunghi capelli mossi  “…eppure è da queste parti che si trova maggior cacciagione.”

“Dovremo organizzare un battuta di caccia al più presto! Mia moglie gradirebbe molto un manicotto di pelliccia.

Trovo che sia una splendida idea! Vorrei averci pensato io…”

“Ehi, Girodelle!” disse il duca volgarmente.

“Ehm, cosa?” chiese il conte

“Mi avevate accennato della selvaggina, ma non che avrei trovato addirittura ad aspettarmi delle belle donne lungo il percorso! Ahahah…”

L’altro fu preso alla sprovvista da quell’affermazione “Prego?” chiese nel dubbio.

“Oh, ma non vedete laggiù? C’è una donna! Guardate bene! Cos’altro potrebbe essere, se non una donna?!”

“Effettivamente, sembra esserlo” disse accondiscendente.

“Sarà una popolana…Avviciniamoci.”

 

***

 

Quel pomeriggio sarebbe stato l’inizio della fine. Oscar nel sentire dei cavalli in movimento, si girò impulsivamente.

Ad un centinaio di metri di distanza, coperti dall’ombra di un paio di pini, c’erano due uomini.

Fu presa dal panico totale. Avrebbe voluto urlare, chiamare Andrè, invece tutto ciò che le venne in mente fu di alzarsi per fuggire via.

Con tutta la volontà di cui era capace, tentò di ergersi in piedi. Fatica inutile; quei due uomini ora le erano a pochi metri. Pregò che fossero dei contadini…

No: si trattava del suo ex-subordinato, il capitano Victor Clemente de Girodelle in compagnia del più nauseante tra gli aristocratici di corte, il duca di Germain.

Forse gli ultimi che si sarebbe aspettata di veder lì, ma soprattutto gli ultimi che sperava non potessero mai vederla.

Lei era lì, in abiti femminili, con quell’enorme grembo materno…sperò che non riuscissero a riconoscerla.

Ma il viso di Girodelle diceva tutto. Nessuno dei due proferì parola. Si guardarono: il primo colmo di collera, il secondo, quasi divertito.

Partirono al galoppo.

 

Poco dopo tornò Andrè trafelato.

“E’ talmente fresca! Prendi Oscar!” Ma lei non rispose; si limitò a restarsene immobile con lo sguardo perso nel vuoto.

“Oscar…” Ad Andrè cadde la borraccia di mano, e fu colto dal panico. – Cosa diamine…?–

“CHE DIAVOLO SUCCEDE OSCAR??” le gridò contro terrorizzato.

Lei si girò. Piangeva come una fontana, ma si nascose il viso tra le mani.

“A-ANDRE’!!! Oh no……”

 

Cosa avrebbero fatto, ora?

 

 

Continua…

 

 

 

Ringrazio di cuore per le recensioni…: Elizabeth9,  theangelsee69,  Ninfea Blu,  Khristh,  arte,  audreyny,  hermy101,  Baby Elisa,  Lellox90,  april88,  barbarizia,  Safelia22.

E grazie mille per la vostra pazienza (vi prego, non smettete di recensire)!

                                                                                                                                              _Kapoch_

 

  
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