Questa storia non ha alcun
scopo di lucro. Le ambientazioni, la storia e i personaggi sono nati dalla
penna della mitica Riyoko Ikeda.
Capitolo
9:
Conte Hans Axel von Fersen,
faccio ammenda in anticipo per la lettera che
state voi stesso leggendo; non credo di essere nelle condizioni di esprimere al
meglio i miei sentimenti e per questo non vorrei turbarvi…
Ma la vostra assenza è per me fonte di grande
malinconia, credo lo immaginiate. Malgrado tutto, non posso far altro che
scrivervi, e questo mi fa morire di rabbia.
Mi è infine giunta la tanto
attesa voce che annunciava il vostro ritorno dal viaggio in Svezia. Non sapete
quanto ciò mi abbia allietato! Avrei tanto desiderato avervi qui per l’inizio
del nuovo anno…ma non importa, ve lo giuro, mi basta sapere che siete in salute.
Attendo con impazienza il giorno di marzo che fra tre
settimane mi permetterà di rivedervi. Credo proprio che l’inquietudine lascerà
il posto alla felicità se avrò nuovamente la possibilità di parlarvi, mio
amato!
Posso assicurarvi che Versailles è sempre la stessa. Io
sono sempre la stessa, nonostante tutto. Nonostante la vostra assenza; nonostante
l’odio e il rancore che i nobili cominciano a nutrire nei miei confronti;
nonostante l’enorme carico di debiti che il regno è costretto a sopportare (mio
marito il re sta invecchiando…non è più in grado di affrontare i problemi che
gravano sullo Stato, sento sulle spalle un grosso peso). Ciò che mi permette
ancora di sorridere sono soltanto i miei adorati figli. Inoltre…non vorrei accollarvi
un ulteriore peso, sapendo delle condizioni di vostro padre, ma credetemi siete
il solo, l’unico, del quale possa fidarmi.
Sono preoccupata. Molto preoccupata…per Oscar. Sono
certa che anche voi abbiate udito le maldicenze. Nessuno sa dove sia, nessuno
sa cosa le sia capitato. Il Generale suo padre si trova attualmente in
Normandia. Non siete in ansia, come me? Non la vedo da quattro mesi, dall’ultima
volta che l’ho ricevuta e vi giuro che quella dinanzi a me non era Oscar ma una
persona a me estranea, evidentemente afflitta da un fardello insostenibile…non
ha voluto confidarsi. Mi manca.
Forse sto così male proprio perché non ho accanto
nessuno di voi due...in fondo siete i miei soli punti
di riferimento.
Quindi ciò che sto per chiedervi, per quanto
deprecabile, credo sia necessario; io non ne ho la possibilità, ma voi sì: al
vostro ritorno in Francia, recatevi alla residenza de Jarjayes,
scoprite quanto più potete…chiedete a chiunque, cercate un qualche indizio!
Conto solo su di voi e confido nel fatto che accoglierete la mia egoistica
richiesta...
Non ditemi di no.
Mi riferirete quanto prima possibile…Vi amo.
Maria
Antonietta
“Oh maestà…” Il bellissimo
uomo dai tratti nordici adagiato nel sofà di fronte al focolare rovente,
richiuse lo scritto rimanendo non poco colpito dalle meste parole contenutevi: l’elegante
ed armoniosa scrittura di Maria Antonietta trapelava decadenza…Fersen suppose che le cose non fossero rimaste realmente le
stesse, come lei si ostinava ad affermare ma che, anzi, stessero degenerando,
crollando inesorabilmente (non che ciò non fosse già prima della sua partenza)…Con
poche righe lo aveva affranto terribilmente. In ogni caso gradiva enormemente
ricevere i suoi pensieri, sapere di essere così importante per lei…Sentirla vicina,
in qualche modo.
- Certo che ho pensato a Madamigella
Oscar, amore
mio…- pensò tra sé
Purtroppo erano troppe le
cose che la regina non sapeva, di cui non aveva idea. Non poteva immaginare in
quali rapporti egli fosse con Oscar o come si fosse concluso il loro ultimo
incontro; Fersen era venuto a conoscenza dell’amore
che Oscar nutriva per lui: se l’era ritrovata tra le braccia durante un valzer,
ad un ballo come un altro, nei panni di una contessa anonima dalle sembianze ultraterrene.
Come avrebbe potuto immaginare che quell’angelo fosse lei, rigorosamente ‘uomo’ da oltre
29 anni?
Eppure i suoi occhi…Come
aveva fatto a non accorgersene, guardando i suoi occhi? Quelle iridi oltremare
un po’ inquiete…
La regina non poteva sapere
che in seguito si erano chiariti in un mare di lacrime…appurando che entrambi
avrebbero vissuto una ‘lenta e triste agonia’ insopprimibile ed eterna. Lui poi
era ricambiato dalla donna amata…ma Oscar?
Ponendosi mille domande, aveva
passato quegli ultimi mesi nell’oblio. L’improvvisa sparizione di Oscar difatti
non lo aveva lasciato indifferente…si ritrovò a pensare ‘che questo sia dovuto
proprio a me?’, ma sentirsi terribilmente in colpa non serviva a niente.
Tuttavia…
E se avesse compiuto un atto
sconsiderato…per causa sua? Non poteva credere Oscar capace di un gesto simile.
Ma se le fosse accaduto realmente qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato.
Non sarebbe bastata una vita
intera per rimediare; un persona unica, così
incredibile come lo era lei, non avrebbe mai più rimesso piede in quella terra…
La regina non poteva sapere
quanto fosse difficile per lui.
Dio solo poteva immaginare
cosa avrebbe trovato, una volta giunto alla residenza de Jarjayes.
La cruda verità, forse. Cercò di non pensarci ulteriormente.
- Forse sono solo un vigliacco…E va bene, credo sia meglio risponderle…- Avrebbe scritto alla regina una
lettera affermativa, benché sarebbe stato molto difficile
metterla in pratica. Però doveva
farlo, chiudere la questione una volta per sempre…ma più di tutto doveva sapere.
Era giusto intervenire? Pensò
che la regina avesse ragione: lui era l’unico che poteva permettersi il lusso
di conoscere la verità. Come più intimo confidente della regina, aveva il
privilegio di esaudire un suo grande desiderio; oltre questo, si trattava del
suo più grande amico (come aveva confessato lui stesso ad Oscar) anzi…della sua
più grande amica.
Mia regina,
accoglierò la vostra richiesta… Ciò che mi
chiedete non è in alcun modo deprecabile, siete preoccupata per un’ amica e ciò
vi fa solo onore. Appena tornato in Francia andrò da lei. Partirò il prima
possibile perché, come voi stessa avete scritto, anch’io sono molto
preoccupato. Non solo per lei, sapete? Voi siete sempre il mio primo pensiero…
Non voglio tornare per vedere in quale orribili
condizioni vi stia riducendo la vostra Francia. Non abbattetevi, so che
vorreste avermi al vostro fianco e ben presto tornerò…ma dovete farcela con le
vostre sole forze, se volete andare avanti. Se non per voi, almeno per Maria
Teresa, Luis Joseph e il piccolo Luis Charles (confido nel fatto che stiano
bene, sebbene conosca le condizioni del delfino…prego per lui ogni sera).
Sapete bene comunque quali siano i vostri doveri, ne
abbiamo parlato più di una volta. Rimanetene costantemente cosciente.
Riguardo a madamigella Oscar, saprete il prima possibile.
Vi amo anch’io…più di ogni altra cosa al mondo.
Hans Axel von Fersen
Spedì la lettera molto
affrettatamente e nel giro di pochi giorni partì, non aspettò oltre. Di certo
non poteva minimamente immaginare cosa lo attendeva…
***
“A me ‘Andréanne’
non dispiace…”
André parlò con non-chalance
e improvvisamente scese il silenzio…
“……Andréanne”???
disse Oscar, dopo averci pensato qualche secondo, con fare canzonatorio quasi
schifato.
“Be’, è un
bel nome…” ribatté André “…oppure Andrée, Andrea, Andrie. Sono tutti dei nomi molto belli…” Era serio. Oscar lo
osservò: dal suo viso non trapelava alcun barlume di scherno. Eppure non poteva
dire sul serio.
“Stai…stai scherzando, vero?”
chiese lei, incredula
“Se fosse una femminuccia
credo proprio che dei nomi così le starebbero proprio bene…” disse lui con aria
sognante ed esaltata.
Oscar fece una seconda pausa.
“Aspetta. No…no, tu stai
certamente scherzando! Si è ovvio, vuoi farti beffe di me…”
“Oscar non prendermi in giro,
io sono serio! Non li trovi dei nomi adorabili?”
“NO. Smettila, ti prego non continuare oltre... se mi
tocca ascoltare bestialità del genere, me ne vado e chiudiamo la questione
subito!” disse lei alterata, alzandosi dal divano e con non poca fatica (la sua
pancia aveva assunto delle sembianze mastodontiche, dal momento che ormai si
trovava al termine del suo sesto mese di gravidanza).
“E dai
Oscar! Ti spazientisci subito!” Lei continuò a guardarlo in
maniera feroce.
“Se solo ti azzardi a
chiamare la mia bambina ‘Andréanne’…”
“E va bene, va bene!!...Allora sentiamo qualche tua proposta visto che fai
tanto la schifiltosa!”
Non era facile distinguere se
quello fosse un litigio innocente o una discussione seria, fatto sta che Oscar
e André quel pomeriggio stavano scegliendo un possibile nome da dare al bambino
o bambina prossimo a nascere.
Nanny, dal ciglio della porta, non poteva credere che quei
due stessero parlando realmente di un simile argomento. Ovviamente aveva proposto
nomi che le garbavano, ma chiamandosi lei stessa Marron Glacè, le sue idee vennero scartate a
priori (Oscar le aveva indirizzato quella stessa reazione iraconda e stizzita
che avrebbe rivolto in seguito ad André). Perciò arresasi, se ne restò in
disparte ad osservare, chiedendosi quale conclusione avrebbe visto quel
dibattito.
“Vuoi le
mie idee? Dunque
vediamo…” Oscar prese a guardare pensierosa il foglio di pergamena nel quale
aveva appuntato qualche possibile scelta.
Infine, indecisa, le rilesse
tutte a voce alta: “…Vivienne, Belle, Elenoire, Valentine, Geneviève, Danielle, Odette…”
“Ma quanti nomi vuoi darle?”
la interruppe lui. Ma lei riprese fingendo di non ascoltarlo. “…Roxanne, Simòne, Pauline - ecco
Pauline mi piace proprio!”
Stavolta toccò ad Andrè
guardarla stupefatto “…Pauline?”
“Si…Pauline!” disse irritata.
Terza pausa.
Oscar tornò
lucida: “Ok, hai ragione…Pauline no.
Allora…Nicole??”
“Nicole?!...Sì,
non male…” proferì Andrè non così tanto convinto
“E aspetta di sentire i nomi
maschili…!” Oscar entusiasta tirò fuori un altro foglio di pergamena…
Stava per ricominciare a
leggere, quando Andrè la interruppe di nuovo: “Se sarà un maschietto si
chiamerà ‘André Junior’” disse con un tono che non ammetteva repliche.
“André…Junior??” sbuffò Oscar annoiata, nuovamente incredula.
“Certo! Perché? Cos’ha che non va?” chiese Andrè sulla difensiva.
“Non offenderti…ma il tuo
nome è un po’…un pochino banale. Troppo comune forse…”
“Si certo, come se la tua
lista contenesse nomi originali!!” disse schernendola.
“La mia lista va benissimo.”
“Ah be’
certo, la tua lista va benissimo!!” la imitò lui.
“Vedi, ti sei offeso!”
“Perché non vuoi dargli il
mio nome???” disse a bruciapelo.
“Perché dovrei farlo?” ribattè Oscar.
“Perché i padri danno sempre il
proprio nome al primogenito maschio!”
“Non le madri però…”
“Ma noi dobbiamo decidere
insieme!”
“Sì è vero. Ma dobbiamo anche
essere d’accordo, per decidere insieme…”
Ci fu una quarta pausa in cui
si fissarono.
“E’ incredibile quanto tu sia
diventata irritante..” concluse Andrè gentilmente.
“No. Il problema sei tu che hai
i paraocchi…questa storia dei nomi ereditati è solo una sciocchezza primitiva
di stampo inglese”
“Ma che dici? Il nostro
stesso re ha il nome di suo nonno!”
“Andrè, quella è un’altra
cosa!” rispose Oscar seccata.
“Ok, ok…Vogliamo rimandare la
discussione a un’altra volta?” disse Andrè infine.
“Si,
penso proprio di sì….Peccato però, i nomi maschili ti sarebbero piaciuti.”
“No, non credo.”
La mattina seguente a colazione, Oscar divorò più cibo di quanto avesse mai
fatto in tutta la sua vita. Nessuno però ne rimase stupito. Il dottore definiva
quell’appetito avventato “nulla più che uno degli effetti concernenti una
gravidanza”, il che lasciava intendere fossero innumerevoli questi ‘effetti’…e
Oscar si ritrovò a doverci sbattere la testa molto presto.
Tanto per cominciare avvertì
perennemente tremendi dolori di reni e fastidiosi crampi alle gambe, dovuti
inequivocabilmente ai suoi tentativi di adottare ogni volta nuove posizioni,
tali da permetterle di mantenere l’equilibrio e compensare la pesantezza, per
quanto possibile. Come ripeteva spesso il dottore “il peso aveva indotto il suo
corpo ad assumere un diverso centro gravitazionale” o altre cose del genere, che
di certo non confortavano Oscar.
Se la sua pancia era tanto
enorme, naturalmente era perché il bambino cresceva molto, e alla svelta, forse
pesava già un chilo, ed eccettuato gli organi interni quali il fegato o i
polmoni, il suo corpicino era quasi del tutto completo. Scalciava ogni
mezz’ora.
Le sensazioni di gonfiore aumentavano
e il seno di Oscar cresceva giorno dopo giorno, non mancando di farle anch’esso
un gran male.
Come previsto dal dottore il
suo umore sarebbe oscillato fino alla fine da lampi di gentilezza ad attacchi
di rabbia, dei quali il più delle volte era vittima Andrè.
Quest’ultimo alle volte si
chiedeva se gli insulti rivoltigli non rispecchiassero gli ormoni di Oscar, ma
la pura e semplice opinione che lei stessa aveva di lui. Se lo era chiesto in
particolar modo un pomeriggio, quando Nanny aveva
servito loro il the. Ad Oscar era caduto il tovagliolo e Andrè, come suo solito,
si era alzato per raccoglierlo…
“Lascia, faccio da sola.”
“Andiamo Oscar non essere
sciocca!”
“Fa silenzio!”
Si era piegata verso il
pavimento a gambe divaricate, cercando di vedere oltre la mongolfiera, con la
mano tesa nella speranza di toccarlo.
E purtroppo Andrè, nel
tentativo di trattenersi, era scoppiato in una risata fragorosa che Oscar aveva
interrotto immediatamente rivolgendogli una sfuriata come si deve. In seguito non
gli avrebbe rivolto la parola per giorni…
Niente la fermava quando si
infuriava per un qualsiasi incidente domestico o una qualunque sciocchezza
giornaliera, come il rumore di una tazza che va in pezzi (persino la sua
sensibilità uditiva era aumentata) o lo scalpitio frettoloso dei cavalli al
trotto mentre trasportano una carrozza (si trattava dei soliti messaggeri che
portavano inviti a gran balli o ad importanti ricevimenti, ogni volta respinti
senza, chissà perché, spiegarne mai la motivazione), che attraversava il suolo
con “enormi ruote più rumorose che utili…a causa loro mi scoppia la testa!!” a detta di Oscar.
Era molto distratta, troppo,
e talvolta l’angoscia le attanagliava le viscere senza che ci fosse alcun
motivo apparente.
Si addormentava sempre nel
posto sbagliato al momento sbagliato (Andrè giurò di averla vista nel
dormiveglia poco prima che a tavola venisse servito il dessert), mentre non
chiudeva occhio la notte…si alzava a passeggiare per la stanza, cominciavano a
farle male i piedi, e si riaddormentava. Andava avanti così per tutta la notte.
Capitava che di soppiatto si dirigesse nella stanza di Andrè (percorso
abbastanza familiare da due mesi a quella parte) per rilassarsi tra le sue
braccia, cosa che a lui non sarebbe dispiaciuta affatto, se non fosse stato per
il fatto che ogni volta Oscar coglieva l’occasione per lamentarsi.
“Non resisterò ancora a lungo…Andrè
ti prego fa qualcosa, ho solo tanta voglia di vomitare!” si lagnò una sera a
letto.
“Non so che dirti
sinceramente. Forse, solo che devi avere tanta pazienza. E cerca di
trattenerti…se proprio devi rigettare, corri alla bacinella.”
“Ti ringrazio,
Andrè. Mi sei di grande conforto.” Lui in risposta sorrise e le baciò la
fronte. Oscar non fu così sicura che avesse intuito l’ironia.
Finalmente la primavera era
alle porte e in particolare quel pomeriggio si presentò più soleggiato che mai,
così che Andrè pensò di mettersi a ripulire e ferrare i cavalli nelle scuderie
(che per troppo tempo erano rimasti fermi e in particolare il povero Cesàre, lo stallone di Oscar, aveva bisogno di muoversi e di
riprendere il proprio ritmo, data l’interminabile sosta).
Circa mezz’ora dopo il suo
arrivo alle scuderie, Andrè udì l’allontanarsi di un calesse, e pochi minuti
dopo si vide arrivare Oscar.
Indossava un abito pre-maman celeste dai ricami dorati,
confezionato da sua nonna, tanto entusiasta di poter scatenare la sua
creatività utilizzando finalmente Oscar come modella. Il corpetto era quasi
inesistente, copriva solo una piccola parte sotto il seno e ‘stringeva’ il seno
stesso. Il pancione era coperto da una stampa a fiori.
“Sei venuta
qui per farti ammirare, tesoro?” chiese Andrè con apparente disinteresse.
“Cosa? No,
perché?”
“Perché lo sai
benissimo che non mi fa piacere vederti qui alle scuderie ad annusare lo sterco
dei cavalli. Viste
le tue condizioni ti preferirei altrove…Comunque sì, sei bellissima” e le donò
uno dei suoi sorrisi più incantevoli.
Oscar sorrise a sua volta,
tenendo saldamente in mano una lettera (probabilmente il motivo della precedente
venuta di quel calesse).
“…cos’è quella lettera?”
chiese Andrè allarmandosi.
“Mi è stata
appena portata. Sai
che giorno è oggi?” era piuttosto tranquilla, al che Andrè si rilassò.
“No…non lo so. Che giorno è?”
“E’ il 15 marzo.” Rimasero in
silenzio. Andrè non ricordava affatto cosa significasse quella data.
“…E allora? Oscar di chi è quella lettera???”
chiese impaziente
“Sta tranquillo è di Rosalie:
mi augura un ‘parto felice’ e si complimenta per la
mia ottima salute” Andrè continuava a fissarla interrogativo.
“Certo, non dovrebbe farti
piacere che io te lo ricordi, ma si tratta di una data molto importante…”
“Non so di che cosa si tratti
Oscar, vuoi dirmelo?”
“Be’, sono entrata proprio
oggi nel settimo mese di gravidanza!” disse Oscar raggiante.
“Ah...”
Andrè non voleva darlo a vedere ma si era inquietato un po’. Non gli fece certo
bene ricordarsi dei fatti del 15 settembre; sentiva quel ricordo come una spina
nel fianco…una spina ancora troppo dolorosa per essere ignorata.
Oscar si pentì di averglielo
detto e cercando di confortarlo, lo abbracciò.
“Ti prego non abbatterti in
questo modo; questa in teoria avrebbe dovuto essere una bella notizia per
entrambi…”
“Se non avessi avuto quel
briciolo di buon senso che ho, forse mi sarei persino ammazzato” bisbigliò questo
stringendola di rimando.
Oscar sorrise “E io che avrei
fatto dopo, senza di te?”. Lui non seppe che dire, eccetto...
“Perdonami…”
“Basta! Ba-sta! Non ci
pensare più, ok? Voglio vederti sorridere, perché oggi
la tua Oscar compie ventotto settimane di gravidanza! Hai capito?” i loro sguardi si incrociarono.
“Ventotto setti…mane?!”
“Si amore, perciò sii felice.
Abbiamo davanti solamente altri due mesi e poi…be’,
giorno più o giorno meno…”
Si scambiarono un dolce bacio
“Ti amo tantissimo” gli disse Oscar. Andrè barcollò dalla sorpresa. Nemmeno
durante le numerose notti passate assieme gli aveva espresso i suoi sentimenti in
maniera così…‘convincente’! Era incredibilmente radiosa, e vederla talmente
serena era una gioia per il cuore di Andrè.
Così decise di stuzzicarla
“Non c’è bisogno che te lo ripeta anch’io…” disse, assumendo un sorriso
beffardo.
Lei si irritò “Cosa?? Dico di amarti con così tanta enfasi e tu non mi dici
neanche…!?”
Andrè
ridacchio “Cosa? Che cosa ti
aspetti che io dica?” chiese allusivo.
Oscar lo guardò con aria
furente. “Va bene, se la metti così…” stava per staccarsi dall’abbraccio, ma la
stretta di Andrè si fece più forte, e tornò serio “Ti amo anch’io…”
Quelle quattro paroline
furono più che sufficienti. Si baciarono nuovamente, stavolta in maniera molto
appassionata.
“Vogliamo continuare la
discussione in altra sede?” le chiese lui tra un bacio e un altro
“Sì, penso che si possa fare…”
Su per le scale Andrè disse:
“…Vogliamo ricontattare il
dottore per una visita?”
“Ma se è venuto solo una
settimana fa!?” fece Oscar sbalordita.
“Non importa, lo paghi
profumatamente. Non credo che a lui scocci”.
***
“A cosa pensi?” disse Andrè
ad una Oscar assorta nei suoi pensieri che contemplava
il grande vaso di porcellana cinese posto al di sopra del piccolo tavolino
intarsiato.
Ella poggiò la tazza di the
senza rispondergli. Andrè non se ne curò e assunse come lei uno sguardo
distratto.
“……Nessuna notizia…di tuo
padre?” e prese a sorseggiare il suo the.
Oscar si sentì per l’ennesima
volta fin troppo trasparente di fronte a lui, ma per forza d’abitudine se ne
accorse ben poco.
“No…nessuna notizia.” rispose
evidentemente preoccupata.
“Starà bene
vedrai… è troppo fiero e altezzoso per pensare al suicidio. Cosa che tra l’altro disonorerebbe
ancora di più la ‘dinastia’ dei de Jarjayes…Oh cielo, che spreco di sangue blu!” Oscar percepì
l’enorme punta sarcastica del tono di Andrè. E si irritò terribilmente.
“Non pensavo a questa
eventualità, comunque. E grazie…non ci avevo neanche pensato: ora ho una
preoccupazione in più!”
Andrè sghignazzando disse “E
a cosa pensavi di grazia?”.
Come riusciva a mantenere
quel suo atteggiamento così accomodante e pacato in qualsiasi situazione? Quasi
come se non gli importasse nulla della sorte di suo padre…
“Pensavo che prima o poi
tornerà. E che quando lo farà noi dovremo farci trovare pronti.”
“Pronti per cosa? Non andiamo mica in guerra?”
“Be’…in un certo senso sì…dobbiamo
aspettarci qualunque cosa” Oscar prese tra le mani il prezioso vaso e se lo
rigirò tra le dita.
“E smettila di fare il
noncurante! Mi dai sui nervi!” Andrè ridacchiò e lei lo
ignorò.
“Nanny!”
chiamò Oscar.
Si udì il passo affrettato
dei suoi piccoli piedini per tutto il corridoio.
“Oscar!!!
Cosa c’è?? Stai male?” chiese affannata la governante
di casa de Jarjayes.
“No no…”
“Nonna! Devi stare tranquilla, sennò a partorire sarai tu
invece di Oscar!!!” la ammonì Andrè divertito.
“Oh dici delle
cose scandalose nipote mio! E poi senti chi parla! In fatto di ansietà
tu sei primo in classifica!...” e lui rise di gusto,
ammettendo che quella era la verità.
“Dai, siediti e prendi una
bella tazza di the con noi nonna!” fece Andrè gozzovigliante, neanche si
trattasse di whisky, cognac o roba del genere. Era particolarmente allegro quel
pomeriggio.
“Oh, sai che ho tante
faccende da sbrigare! Senza di me questa casa non va avanti, quindi non posso
permettermi soste”
“AVETE FINITO???” sbraitò Oscar rabbiosa.
“Oscar…calmati!” disse Andrè
dolcemente che, spaventato sulle prime, si era immediatamente tranquillizzato
nel constatare di cosa si trattasse: Oscar era entrata in una delle sue solite crisi;
e lui si era ormai abituato a gestire quei suoi sbalzi d’umore.
“Oh, madamigella…” quando Nanny cominciava a dare ad Oscar del ‘voi’
non era un buon segno, poiché da tempo ormai le si rivolgeva tranquillamente
dandole del ‘tu’. Lei, al contrario di Andrè, temeva molto quei cambiamenti
repentini d’umore.
“Se ho chiamato la mia
governante, ci dovrà pur essere un qualche motivo, SBAGLIO???”
disse in maniera isterica, stringendo a sé il vaso.
“Ma naturalmente
Oscar…scusaci, ci siamo lasciati trasportare…” c’era un che di ironico in
quella situazione.
“Cosa…cosa volevi chiedermi
Oscar?” disse Nanny.
“Questo vaso è vuoto.”
E fu il silenzio. Nemmeno
Andrè seppe che dire.
“S-sì,
è…è vuoto.” rispose Nanny incerta.
“I vasi sono stati ideati per
essere riempiti.”
“Ma…sì, naturalmente…”
Andrè e la nonna per un
attimo credettero di vedersela esplodere davanti;
invece Oscar tirò fuori uno dei suoi più bei sorrisi, e con aria rapita disse:
“A marzo
sbocciano i primi fiori! Uscirò per coglierne un bel mazzo da mettere in questo splendido
vaso!” La rabbia era svanita per dare spazio all’euforia. Capitava anche
questo alle volte. Andrè ridacchiò di nuovo:
- La gravidanza rende possibili fenomeni altrimenti
impossibili! -
“Ma il sole
è alto, ed è un terribile caldo.
Non te lo consiglio Oscar, potresti prendere un insolazione”
fece Nanny apprensiva. Oscar si irrigidì nuovamente e
nel timore di un nuovo sbalzo, la governante si arrese:
“Va bene, come vuoi tu…almeno
fammi il piacere di metterti un cappello”.
Mimose, gelsomini, primule, camelie,
viole…Oscar avrebbe creato uno splendido bouquet.
Uscì con in
testa un cappello di paglia rifinito di nastri di seta e fiori in ricamo che
avrebbe tolto, non appena Nanny si fosse allontanata
“da quella terrazza maledetta!”.
Il giardino de Jarjayes non era eccezionalmente enorme, ma in quanto a
bellezza e manutenzione poteva benissimo essere equiparato allo sfarzo e alla
maestosità dei giardini di Versailles. Ciascuna specie floreale era dotata di
un’aiuola personalizzata, ovunque si ergevano una quantità spropositata di
querce secolari, pinete, abeti, olmi e ogni cosa sembrava predisposta in
funzione dell’ordine totale. Aleggiava ovunque quell’atmosfera di cambiamento
che precede l’arrivo di una nuova stagione: avvicinandosi la primavera, tutto
era in rinascita. Oscar non si era mai fermata ad osservare così attentamente
quello scenario mozzafiato.
Primi tra tutti, scelse di
cogliere i tulipani bianchi (i suoi preferiti) ma anche rossi, gialli, viola, arancioni…
Voltandosi a destra notò,
sotto ad un noce, uno splendido accumulo di narcisi bianchi e gialli, mentre erano
sbocciati molti giacinti rosa poco più avanti. Approssimò un mazzetto tra le
mani: l’effetto di quei fiori messi tutti assieme era uno spettacolo per gli
occhi.
Ne colse una quantità
industriale, che mise poi nel cesto che aveva portato con sé.
Già le risultava complicato
muoversi liberamente con quel pancione spropositato, in più tutto quel tessuto
indosso rendeva il lavoro quasi impossibile…per un momento si sentì una bambola
di porcellana.
Ed era veramente un gran
caldo. Si era rifiutata di annodare i capelli; ora se ne pentiva, perché le
andavano davanti alla faccia e la sua fronte stava letteralmente gocciolando!
Si chiese quanto ancora avrebbe resistito.
Dopo aver raccolto delle margherita, che si trovavano lì al suo fianco (era
impossibile proseguire oltre!), riconobbe di aver sbagliato a voler fare di
testa sua.
Era sfinita, ma tentò in
tutti i modi di mostrare il contrario: con la coda dell’occhio Andrè la stava fissando,
piazzato comodamente nella stessa terrazza in cui prima si era appostata la
governante ad osservarla (evidentemente aveva ceduto l’incarico al nipote). Non
poteva mostrarsi in quelle condizioni, avrebbero riso della sua
ostinazione…riprese fiato e continuò, fingendosi energica.
- Oscar che raccoglie dei fiori in giardino, e di gran
carriera… è un evento imperdibile! E’ stanca, ma non vuole darlo a vedere; eppure
la nonna glie lo aveva detto… -
Pensò dall’altra parte Andrè,
che dall’alto del terrazzo, la stava osservando per davvero.
- Che sciocca, si è tolta il cappello!... -
Nemmeno cinque minuti dopo,
però, se lo era rimesso…
- Ah ah, lo sapevo! -
La vide tutta presa dall’asciugarsi
il sudore sul collo, sulle tempie, sulla fronte, scostarsi le ciocche di
capelli dal viso, spostarsi le gonne mille e mille volte. Tra le altre cose, le
maniche a sbuffo dell’abito color panna a stampa floreale verde, le erano di
grande impaccio. Il sudore aveva raggiunto anche il suo seno, stretto come in
una morsa, così che il respiro le si era fatto affannato.
- Dio quanto è bella, non smetterò mai di dirlo!...e non se ne rende nemmeno conto! -
Sentì dei rumori. La servitù
era in fermento e dall’ingresso si sentiva un gran chiasso. Andrè non se ne
curò; certamente le domestiche avevano combinato qualcosa e sua nonna, la
governante, le aveva rimproverate tra le urla e gli schiamazzi generali.
Rivolse nuovamente l’attenzione alla sua Oscar…
- …sono mesi che non fa movimento. Non vorrei che ora, con questo sole,
le facesse male…-
“Oscar,
dai, rientra! Lo vedo che sei
stanca, non fare la testarda!!” prese a dirle.
“Uff,
si vede tanto??” gli urlò di rimando Oscar, mostrando
un bel sorriso affannato.
“Certo che sì!” il suo umore
aveva riacquistato un livello di normalità, pensò Andrè.
“Eh va bene…vorrei solo
raccogliere qualche iris. Manca il blu in questo bouquet!”
Un ultimo sforzo per
abbassarsi, e infine colse anche un bel mucchio di iris. Il cestino era
talmente colmo da pesarle, così lo poggio in terra.
Sentì degli schiamazzi anche
lei, provenire questa volta dall’esterno:
“Vi prego non fatelo! Vi assicuro che non c’è nessuno,
credetemi!!”
Il chiasso si avvicinava…
“E’ vero! perché mai dovremmo
mentirvi! Il Generale e suo figlio il Comandante si trovano attualmente…Tornate
qui, per favore!!”
“Perché questo baccano? Ma
cosa sta combinando la servitù?” disse Oscar
Cercò lo sguardo di Andrè,
che dopo essersi esposto lungo la ringhiera per sentir meglio, ricambiò il suo
sguardo interrogatorio.
Oscar stava raccogliendo il
cestino da terra. Ma nel farlo sentì una figura avvicinarsi; si rialzò
immediatamente.
Ed era a pochi metri da lei.
Il cesto le ricadde ai piedi.
Tutti quei bei fiori colti così amorevolmente si trovavano ora accatastati
violentemente al suolo. Ad Oscar sembrò che il cuore le si fosse fermato. Il
sudore aveva lasciato il posto a brividi di terrore. Le gambe le tremavano. Si
sentì in trappola.
Andrè era rimasto lì,
immobile. Nessuno dei due poteva credere a ciò che vedeva. Malgrado tutti gli
sforzi, malgrado tutti i tentativi per cercare di nascondere la verità… Che
avrebbero fatto ora?
Oh, che avrebbe dato Oscar,
per poter fuggire via! Le sembrò impossibile... eppure lui era lì.
Il conte Fersen
la stava fissando.
***
Andrè rientrò di corsa in
casa e, dal secondo piano dove si trovava, cominciò a correre, correre più
forte che potè, per i
corridoi, giù per le scale… doveva raggiungere Oscar!
- Non può essere. Non lui…non lui, maledizione!!! – pensava
mentre si affrettava
Gli passarono davanti mille ricordi,
e troppi pensieri presero ad affollargli la mente senza che riuscisse a
controllarli. Il terrore per l’immediato futuro si confuse con altre emozioni,
che di certo non avevano nulla a che fare con la gravidanza di Oscar…
Quanto aveva sofferto! Quanto
aveva patito a causa di quell’uomo che tanto rispettava…ma che allo stesso
tempo detestava!
Aveva visto Oscar innamorarsi
di Fersen! L’aveva vista piangere per lui!
E Andrè aveva pianto per lei,
credendo che mai in vita sua, avrebbe potuto vedersi rivolgere quello sguardo,
quel sorriso, esclusivi dell’affascinante conte.
Lei che gli parlava, come solo
una donna innamorata può parlare. Lei che quando lo vedeva arrivare, gli occhi
le brillavano. Lei che duellava con lui, sentendo di avere davanti un degno
rivale. Lei che l’osservava andar via, con velata tristezza. Lei che soffriva
per la sua assenza.
In veste di gran dama, ballava
con lui…
Era tutto così chiaro nella
sua memoria, non poteva riuscire a dimenticare…
Lei, a pezzi, stava
raccogliendo i frammenti di un bicchiere andato in frantumi…e piangeva. La
rabbia lo assalì.
E ora lui…
Sì, era tutto finito. Sì, Oscar
ora amava lui.
Ma rivederlo,
chissà quale effetto le stava mai procurando? Avrebbe voluto prendere a pugni
il muro! Si trattava di pura e semplice gelosia, ecco tutto.
Perché deve essere lui il primo a saperlo? PERCHE’ LUI?
- Non abbiamo altra scelta che dirglielo…ma dirgli
cosa?? Come reagirà? Non può essere vero. Devo
mantenere la calma…-
- Non…non riesco a muovermi…- pensò Oscar. Aveva la mente completamente svuotata.
Non seppe dir altro se non il
suo nome: “Voi, Fersen…”
“O-Oscar…!” era evidente il
suo disagio. Ed era allibito. Stava osservando Oscar come se fosse un estranea. Come se la vedesse per la prima volta.
Chi era quella donna? Poteva,
forse, essere lei, Oscar? Oscar poteva forse…essere incinta? Cos’era quel
ventre gonfio, se non una gravidanza? Non poteva essere altrimenti…
Ma sì, quella era Oscar! Come non riconoscerla! Se non
l’aveva riconosciuta quella prima volta che gli si era presentata in abiti
femminili, ora non poteva di certo sbagliare!
Forse se avesse provato a
parlarle ne avrebbe avuto la conferma…
“Siete…siete Oscar?” la
domanda gli sembrò un po’ sciocca. Ma al momento non aveva altro da dire.
La risposta fu altrettanto
strascicata e incerta “Si…” disse infatti Oscar con
imbarazzo.
- E’ lei! E sta bene! …Oh, che sollievo.- tutti i timori di Fersen
erano svaniti. Chissà, magari ora molte cose si sarebbero potuto spiegare…
Andrè li raggiunse “Conte!...” Fersen si girò e lo guardò
“…io… io credo che vorrete ricevere delle spiegazioni” riuscì a dire, con un
po’ di riluttanza.
“Non sarei dovuto entrare con
tanta insistenza… ma ero preoccupato.”
Andrè si avvicinò ad Oscar per
sorreggerla. La guardò dall’alto in basso. Questione di un attimo: l’osservò a
fondo per captare qualcosa, qualsiasi cosa che gli permettesse di capire cosa
ella stesse provando in quel momento. Ancora atterrita dalla sorpresa, lei riuscì
comunque a parlare:
“Conte Fersen…siete
l’ultima persona che ci aspettavamo di vedere” fortunatamente parlò al plurale;
piccolo insignificante dettaglio che rilassò Andrè.
“Oscar se…se posso fare
qualcosa per…”
“Mi fido di voi; mi sono
sempre fidata… ma ora proprio non potete far niente. Eccetto…ecco, io spero che
voi manterrete il silenzio” poi ripetè in maniera più
chiara e decisa “Fersen giuratemi che non direte ad
anima viva di avermi visto! E soprattutto che mi avete visto in queste condizioni!”
Fersen pensò immediatamente a Maria Antonietta... Ma alla fine disse: “Ve lo
prometto. Vi giuro su tutto ciò
che ho di più caro che non ne farò parola con nessuno…e, se posso, voglio solo
esservi d’aiuto”
Andrè e Oscar tirarono un
sospiro di sollievo e si scambiarono uno sguardo d’intesa. – Forse…- pensò Andrè – …può
darsi sia stata una fortuna per noi in fondo, il fatto che ci abbia scoperti un
uomo come Fersen-
“Vi prego,
entrate, potremo parlare con calma…”
Di fronte al solito enorme
focolare, come sempre, come molti mesi fa.
“Oh, cielo!!”
urlò Nanny nel vederli tutti e tre assieme.
“Stai tranquilla nonna…” le
disse Andrè “…per favore portaci del tè”.
“Immagino di essere un grosso
disturbo per voi…” disse Fersen.
“Non è questo, solo…abbiamo
ordinato alla servitù di non far entrare nessuno per…motivi che vi
immaginerete” disse Oscar. Andrè rimase nel suo collaudato silenzio
osservativo.
“Vi capisco perfettamente. Si…devo
dire che ora tutti i miei conti tornano”
“Allora…comincerò dal
principio Fersen” e fece un respiro profondo, trovandosi
nuovamente di fronte ad una sfida contro sé stessa.
“Vorrete sapere com’è mai?
Come possa essere accaduto? Vorrete sapere…chi sia il padre?”
“Be’…scusatemi Oscar, ma
credo di poter immaginare chi sia il padre…” disse Fersen
voltandosi a nella direzione di Andrè con un aria mista tra il consapevole e il
divertito.
Oscar arrossì “S-si…io e Andrè…”
“No. Questo non è affar mio.
Vi basti sapere che sono felice per voi.” Disse un po’ ambiguo
“Non…non avete nulla da dire?”
finalmente Andrè parlò.
“No. E in ogni caso, non mi permetterei mai. Sono l’ultimo della lista che può dar consiglio in merito al tipo
di relazioni da intraprendere!” scherzò Fersen,
sempre un po’ malinconico.
Oscar sorrise.
“Sul serio Oscar…è evidente
che siete felice”
Fu molto sollevata nel
sentirlo parlare così. Non dover indagare più a fondo sul ‘come’
fosse successo le avrebbe facilitato di gran lunga le cose. Anzi, quel famoso
‘come’ sarebbe rimasto per sempre un loro
segreto. Anche Andrè tutto sommato si sentì sollevato.
“La gravidanza vi rende
ancora più bella”
“…non per vantarmene, ma non
siete il primo a dirlo!” e si rivolse ad Andrè con gli occhi che brillavano.
Per istinto si accarezzò la pancia. Non poteva farne più a meno. Fersen sorrise a sua volta.
“Quanti mesi?”
“Sono appena entrata nel
settimo”
Ci fu una pausa
interminabile.
“Vi dirò tutto…” disse Oscar
dopo un po’, guardò Andrè in cerca del suo consenso, che non tardò ad arrivare
(sapeva che lei avrebbe taciuto il dispensabile); cercò di riordinare le idee,
e infine raccontò tutto. Dalla sua scomparsa dalla vita di corte, alla fuga di
suo padre, all’incontro con la regina…
“Avete tutta la mia
comprensione” disse Fersen al termine della
spiegazione, guardando sia Oscar che Andrè.
Quest’ultimo non era per lui
un individuo di ‘ceto inferiore’, come volevasi dire…ma un amico rispettato,
come e quanto Oscar. E gli faceva onore pensare questo. Andrè lo rispettava a
sua volta proprio per questo motivo.
“Solo…” aggiunse
“Solo?” intervenne Andrè allarmato.
“Devo ammettere…che se sono
qua è solo per volere della regina.”
“La regina?” dissero in coro
i due.
“Sì. Non fraintendetemi anche
io ero molto preoccupato per voi, Oscar. Me se sono qua è per una sua lettera,
che mi inviò quando mi trovavo in Svezia, nella quale mi esternava tutta
l’angoscia per la vostra condizione…sapete quanto vi voglia bene”
- E io ne voglio a lei…- pensò Oscar.
“…Sono tornato in Francia
appositamente per voi, Oscar” e la guardò intensamente.
“Ora, immaginatevi la mia posizione.
Ripeto: ve l’ho giurato, non lo dirò mai a nessuno…” fece una pausa “…ma cosa
dirò alla regina, quando mi riceverà? Lei si aspetta di saperlo. Si aspetta notizie da me”
Oscar riflettè.
Di certo Fersen si trovava in una posizione
difficile.
“E’ dovere unicamente di Oscar
dare notizia alla regina” la anticipò Andrè.
“Andrè ha ragione, ditele
semplicemente che avete parlato con me, che sto bene… un giorno andrò da lei. Saprà tutto ve lo prometto”
“E credete
che vi aspetterà? Che pazienterà ancora?” disse Fersen
“Lo spero…è stata molto
comprensiva l’ultima volta che la vidi” fece Oscar.
Sul fare della sera, Fersen sarebbe ripartito per Versailles.
“Vi ringrazio per la
sincerità che entrambi mi avete dimostrato”
“Fersen,
contiamo su di voi” gli disse Andrè, che assumeva sempre un atteggiamento un
po’ distante quando si trattava del bel conte svedese.
“Naturalmente… Ma prima di
andarmene, Oscar, vorrei parlare con voi…in privato” la muta richiesta ad Andrè
venne mal accolta dall’attendente.
“Io non me ne vado, se a
chiedermelo non è Oscar”
Lei sentendosi tirata in
ballo inizialmente rimase in silenzio. Ma lo sguardo di Fersen
non ammetteva repliche. “Si, scusami Andrè…per favore
fai come dice” e lo guardò supplichevolmente. Lui non disse altro, eccetto un appena
accennato ‘va bene’ e rientrò in casa.
“Fersen…cosa
volete dirmi?”
“Un chiarimento, se posso”
“Ditemi pure.”
“Vorrei……”
“……si?” disse tesa e
impaziente, aspettando la misteriosa domanda che non arrivava.
Infine Fersen
parlò: “Voi…questo bambino……era previsto?”
L’imbarazzo le bloccò le
parole sul nascere. Ma poi riprese il controllo della situazione: “No…non lo
era in effetti”
“Capisco, quindi…è successo e
basta?”
“Si…un…incidente di percorso,
se così vogliamo chiamarlo” mentì lei, ripensando alla notte in cui fu
violentata; ma giurò che mai le sarebbe uscito di bocca.
“Andrè però vi ama… Vi ha
sempre amato. Questo lo sapete, vero?”
“ Certo che lo so…” cominciò
a chiedersi cosa mai volesse intendere Fersen.
“Ma…io mi chiedo: voi lo
amate?”
“Immensamente.” fu
l’immediata risposta “ Anche se…devo ammettere che ce ne ho messo di tempo per
rendermene conto!”
“Effettivamente non ne avete
dato mai l’idea…”
“Dopotutto Fersen…poco tempo fa ero, come dire…attratta da voi, no?! Anche se, certo, quello non poteva considerarsi vero
amore”
Fersen rimase pensieroso. La risposta di Oscar non le era
parsa del tutto sincera.
“Però voi…avete sofferto per
me.” Sembrava una domanda più che un’affermazione
“Be’…si.
Siate più chiaro, non vi capisco.” Cominciava a sentirsi turbata
“Forse mi sto spiegando male…
Ma proprio perché di tempo ne è passato così poco io…” cercava le parole giuste
“…Il nostro ultimo incontro è stato al termine dell’estate. E voi neanche un
mese dopo, se non erro, siete rimasta incinta!”
Oscar impallidì.
“Credo di
conoscervi abbastanza bene. E non
vorrei…non vorrei che voi vi foste concessa ad Andrè per…per dimenticarmi,
ecco.” Lo disse tutto d’un fiato, come liberandosi di
un peso.
“Oh…” Oscar rimase stupita. E
adesso cosa poteva rispondergli? Che si sbagliava, e di grosso?!... perché in realtà Andrè l’aveva presa con la forza? No
di certo… - In fondo non sono tenuta a
spiegare proprio tutto –
“Fersen…” gli rivolse un candido sorriso “…dite di
conoscermi ma, se pensate questo, suppongo sia vero il contrario. Mai in vita mia mi sarei comportata in tal modo! Credetemi… è successo e basta” disse sperando di apparire
convincente.
E fortunatamente Fersen si lasciò convincere. Anche a lui una
Oscar del genere pareva impossibile da immaginare.
“Sì…ho detto una sciocchezza
Oscar, ma dovevo sapere…” continuarono a fissarsi “…E poi si vede che lo amate.
Dai vostri occhi”
“Grazie Fersen…”
“Sono molto felice ora che lo
so”
Così si
congedo: “D’ora in poi avrete in me un fedele alleato. Oscar…vi auguro tutto il bene di
questo mondo e che possiate avere un parto felice” sorrise e partì al galoppo.
Oscar lo seguì con lo sguardo. Era bello, lo era sempre stato.
Liberarsi di un tale peso
faceva bene al cuore! E avere in qualche modo chiarito con Fersen
fu una gioia; avere la sua amicizia era un dono. A parte qualche bugia
d’interesse, tutto ciò che gli aveva detto corrispondeva a verità: fu felice di
constatarlo.
Fu felice anche della piega
che aveva preso la giornata. Certo, non era stata una passeggiata! Chi mai si
sarebbe aspettato una sorpresa del genere!
Rientrando,
trovò Andrè nel salone, con un bicchiere di vino rosso tra le mani, che la
osservava interrogativo. Sembrava turbato. Ovviamente voleva sapere.
Per
rispetto al loro rapporto, Oscar avrebbe voluto raccontargli tutto
immediatamente, ma non ce la faceva più a parlare.
“Sono stanca, me ne vado a letto. Ti prego, dì a tua nonna di mettere nel vaso di prima i fiori che ho colto”. Andrè acconsentì, ma
quella notte non riuscì a chiudere occhio.
Cosa
diavolo si erano detti quei due?
Il giorno dopo non si fece
attendere. La trovò distesa nel sofà della sua stanza, con l’aria annoiata.
“Oscar…”
“Vuoi sapere di ieri sera,
sbaglio?”
“…Non sbagli.”
Lei rise e si alzò per
abbracciarlo. Andrè la strinse a sé con ansia.
“Scusami per ieri sera, ti
prego. Prendilo come un altro dei miei famosi sbalzi
d’umore!” e lo baciò “…chissà cosa avrai pensato; scommetto che stanotte non
sei riuscito a dormire!”
Lui si sentì colto in
flagrante e rise imbarazzato.
“Tu mi
conosci come nessun’altro Andrè. Ma anche io comincio a capirti!” gli sussurrò all’orecchio.
Lo vedeva impaziente, così si affretto a spiegarsi.
“Ci siamo chiariti
definitivamente. Voleva sapere se ti amavo realmente” fece
una pausa “…del concepimento e…ma ho gestito bene la situazione, tranquillo!”
“…tutto qua?”
“Sì, tutto qua!”
“Mhm…”
fece Andrè con aria pensierosa.
Lei sbuffò “Cosa c’è Andrè?”
“Che effetto ti ha fatto
rivederlo?” e la scrutò a fondo “…Credi di amarlo ancora?” la domanda fu
schietta e d’effetto.
“No Andrè…se vuoi proprio
saperlo no. Non lo amo e me ne sono stupita io stessa accorgendomene. Certo,
non posso
negare che la sua presenza mi abbia creato un certo effetto; non sarei umana se
così non fosse. Ma te lo assicuro, quello che provavo per lui non esiste più”
Si guardarono intensamente
per un attimo che parve interminabile. Andrè si fiondo su di lei per stringerla
energicamente. Oscar rise di gusto.
“Non puoi immaginare che peso
mi hai tolto, Oscar!” e la baciò dolcemente; ma Oscar si spinse contro di lui
per rendere quel bacio ancora più profondo -
Accidenti…quanto vorrei che tu la smettessi con quest’incertezza –
“Temi ancora un mio rifiuto?”
gli chiese esasperata.
“No…temo ancora che tu non mi
possa amare” rispose sincero
Lei sgranò gli occhi. – Non ci posso credere…! – Lacrime di
rabbia stavano per prendere il sopravvento, ma le bloccò.
“Cosa posso fare per
convincerti del contrario??”
“Niente…tu mi dimostri tutto
l’amore che potrei desiderare. Il problema sono io”
“…la
presenza di Fersen ti ha decisamente turbato. Ma posso capirlo” disse
comprensiva.
“Da anni ormai…Per quanto lo
rispetti e ammiri, la sua presenza è sempre stata per me solo motivo di
sofferenza” ammise dolorosamente. Non c’era più niente da nascondere a quel
punto.
“Solo ora
me ne rendo conto. Ma basta. Per favore, basta”
Nel letto di Oscar, rimasero
avvinghiati per ore. Lui godeva del
dolce profumo dei suoi capelli. Lei riposava su di lui, nascosta nell’incavo
del suo forte collo. I cuori a stretto contatto, si sentivano battere reciprocamente.
Baciarsi non bastava a placare il loro desiderio reciproco. Ma mancavano ancora
tre mesi…e finalmente il piccolo avrebbe visto la luce del sole.
Tante cose ancora giravano
nel senso sbagliato…persino tra loro due.
Però al momento non potevano
sperare di meglio. Le cose andavano piuttosto bene…
***
Passarono i giorni, le
settimane…Aprile arrivò in un lampo.
L’ottavo mese significava per
Oscar molte cose: innanzitutto consapevolezza del suo ruolo di madre, che si
avvicinava sempre più. Mancava poco. Presto avrebbe potuto vedere quel piccolo
visino che tanto aveva sognato. Sarebbe stato maschio o femmina? Giurò che non
le sarebbe minimamente importato. Tutto ciò che desiderava era stringerlo dolcemente
al suo seno. E lo desiderava con tutto il suo cuore!
Non le importava cosa
Il medico la visitò per
l’ennesima volta. Le cose stavano cambiando radicalmente: per il piccolo era
giunto il momento di scegliere la posizione con cui nascere, almeno questo
diceva il dottor Lasonne. Le ricerche scientifiche
riguardo alla gravidanza era andate parecchio avanti in quel loro secolo.
Le sue ossa si allungavano
radicalmente ed era ormai completamente formato.
Date le dimensioni del ventre
di Oscar, il dottore ipotizzò che pesasse già 3 kili. Il volume dell’utero era
aumentato di circa dieci volte, per questo Oscar sentiva i polmoni comprimersi
e l’ombelico tirare. Persino respirare le era difficile.
Ancora più straordinario,
sentì per la prima volta il dolore che provocano le contrazioni. Le avvertiva
ad intervalli irregolari, ma non c’era di che preoccuparsi. Non significavano
l’arrivo del bebè. Ecco, di quelle avrebbe fatto volentieri a meno!...
Sul piano emozionale la sua
ansia, le sue dimenticanze, i suoi sbalzi d’umore continuavano, e la sensazione
che il parto si avvicinava era incredibilmente suggestiva.
Ora più che mai, gli ordini
del dottore erano chiari e severi: riposo. Perenne riposo.
“Guai a voi se vi affaticate Oscar! La circolazione sanguigna non è molto
buona e gli organi sono compressi. Se non riuscite a svolgere le vostre azioni
quotidiane è più che naturale, anzi, rilassatevi. Ma sono certo che Andrè saprà
come domarvi!”
La cosa che più di tutte la
colpì, fu il sapere che la musica e le parole (specie quelle del padre, perché
più profonde) avrebbero fatto battere più forte il suo cuoricino: questo voleva
dire che poteva provare emozioni.
Così ogni giorno, dolorante,
si sedeva al suo pianoforte e suonava per lui. E Andrè si chinava su quel
pancione spropositato per parlare al suo bambino.
“Mi è venuta un idea!” le disse un giorno Andrè a colazione. Mangiava con
Oscar da parecchie settimane; prima gli era impossibile date le sue ‘origini’…e
la presenza del generale.
“Cosa?” chiese Oscar un po’
scombussolata, continuava ad essere molto difficile dormire per lei.
“Sono mesi che non esci di
casa…non ti senti un po’ in trappola?”
“Sentirmi in trappola non è
la definizione corretta. Mi sento imprigionata!”
“E allora perché non
usciamo?”
“…Cosa?” disse lei stupita,
quasi non ci credesse a ciò che Andrè le aveva chiesto. Lui che era così
irremovibile riguardo alla sua condizione.
“…scherzi?”
“Sono serio, lo giuro!”
“……perché…sarebbe proprio
un’idea meravigliosa!!”
“ e allora cosa aspettiamo?”
Andrè era felicissimo di rivederla così euforica dopo tanto.
“Andrè, non sai che darei per
uscire da questo palazzo!” era entusiasta
“Ma sia ben chiaro, non ci
allontaneremo di molto”
“Si,
ovvio”
“Dove vorresti andare?”
“Vorrei rivedere
“Sì, non male…ci sistemeremo
nei pressi della foresta, in una zona isolata, così saremo al sicuro. Partiremo col calesse”
“Facciamoci preparare da tua
nonna qualcosa da mangiare, potremo pranzare in riva al fiume!”
“E sia allora!” disse Andrè e
Oscar ridacchiò. Una giornata fuori finalmente, solo loro due, in riva al
fiume: da quanto non accadeva! Forse più di quindici anni…
Andrè si
inginocchiò e carezzò lievemente il pancione che conteneva suo figlio: “Ehi,
piccolo…mi senti? Sai che io e la
mamma oggi passeremo proprio una bella giornata?!”
***
Un mese prima, alla corte di
Versailles fece ritorno il conte Hans Axel von Fersen.
La regina chiese di riceverlo
immediatamente.
L’incontro tra i due fu
purtroppo molto breve, ma intenso.
Era dovere di Maria
Antonietta ricevere i nobili provenienti da tutta
L’afflusso aristocratico che
un tempo, numeroso, occupava l’intera, enorme reggia era ora notevolmente
diminuito. Tempi bui erano all’orizzonte.
E di certo le buone
intenzioni della regina servivano a ben poco. La miccia si era accesa e niente
avrebbe potuto spegnerla. L’odio nei confronti dei sovrani si era
eccessivamente acuito e qualunque cosa lei tentasse, per riottenere i consensi
persi, era quasi del tutto inutile.
Di fronte ad un tale declino,
lo stesso Fersen capì che era troppo
tardi.
Ma ora non gli interessava;
tutto ciò che voleva era poter rivedere la sua amata.
La voce del messo reale si
innalzò sulle altre “La regina sta per ricevere il conte Hans Axel von Fersen”. Tra risate
sommesse e mormorii accennati, la porta si chiuse alle loro spalle.
E, abituati com’erano a quel
genere d’imbarazzo che si creava non appena i loro nomi venivano pronunciati l’uno accanto
all’altro, ciò che li circondava sparì. Come da protocollo reale egli si
inginocchiò ai piedi del trono.
Si fissarono per un attimo
che parve un’eternità.
- …E’ terribilmente invecchiata – dovette ammettere Fersen.
“Oh! Fersen!”
quanto avrebbe voluto stringerlo a sé “Finalmente! Che gioia
riavervi qui!”
“Maestà...è
un onore esservi di nuovo accanto!” cosa avrebbe dato per baciarla, ignorando
chiunque potesse vederli.
“Ho tanto da chiedervi…come
state?”
“Al meglio delle mie
possibilità, altezza. E voi?”
“Lo stesso…”
ammise mestamente “…cerco di andare avanti come posso. Penso a voi e ai miei figli” disse
alludendo all’ultima missiva che aveva ricevuto da parte sua.
“So cosa vorreste sapere, più
di tutto il resto…” cominciò subito Fersen “…perciò
non mi dilungherò.”
“Avete incontrato Oscar?”
“…Sì”
La regina tirò un sospiro di
sollievo “Oh, grazie al cielo. Come sta?”
“Maestà, posso dirvi che
Oscar sta bene” disse misurando le parole.
La regina
afferrò il subliminale “…potete dirmi
che sta bene. Ma non potete aggiungere altro, dico bene?”
“Maestà…”
“Io pretendo di saperlo, Fersen!!!” si alzò di scatto
stringendo il ventaglio tra le mani
“E lo saprete!” alzò la testa
“Saprete tutto! Ma non ora. Per volere di Oscar io non…”
“Voi siete andato da lei per mio volere! Il volere di Oscar non mi
interessa! Ma non capite come sono preoccupata? Che farei qualsiasi cosa per
starle accanto?”
“Me ne rendo conto…”
Lacrime
amare sgorgarono dagli occhi azzurri di Maria Antonietta “Lei…forse non si fida
di me? Teme il mio intervento?
…N-Non capisco…Oh! VI GIURO
CHE NON CAPISCO!” era furiosa.
“E invece dovete cercare di
capire!”
Lei non disse altro.
“Ho parlato a lungo con
Oscar. Deve bastarvi la mia testimonianza. Lei desidera veramente rivedervi…e
lo farà molto presto. Desidera che voi sappiate tutto, ma vuole essere lei
stessa a… mi capite?”
“…Io…voglio solo esserle
d’aiuto. Lei non mi ha mai abbandonata. Volevo poter ricambiare, almeno una
volta…”
“…”
La regina si sedette
nuovamente. Rimase in silenzio per qualche secondo.
Infine respirò profondamente,
la sua pazienza era al limite, e malgrado la
delusione, prese la decisione giusta: “…E va bene. Perdonatemi Fersen. Me la prendo con voi, quando non
avete fatto altro che esaudire un mio capriccio…” fece una pausa “……attenderò.”
“Grazie mia regina…” e
s’inchinò.
“Fersen….ci rivedremo. Ora però…io…” e sospirò di nuovo “…io devo ricevere tutti quei nobili
che avete visto là fuori. Vi prego andatevene. Se vi
guardassi ancora una volta negli occhi…” poggiò il viso su di una mano, come
per sorreggersi. Poteva esserci un essere più infelice?
Fersen non aggiunse altro, comprendeva fin troppo bene il
suo stato. Si inchinò e fece per andarsene.
“Credetemi…Oscar vi dirà
tutto…. al momento opportuno”
Il momento opportuno era
molto vicino…
***
“Non credo
che sia una buona idea! Ragazzi miei, ve ne supplico!” Nanny
stava implorando Oscar e Andrè perché non uscissero dalle recinzioni di
palazzo.
“Nonna, per
favore! Così ci rovini tutto
l’entusiasmo!” disse Andrè, ironico come suo solito
“Io ho un
brutto presentimento! Snif…non voglio
che Oscar esca di casa!” tratteneva a stento le lacrime mordendo il suo
fazzoletto.
Andrè stava
aiutando Oscar a montare nel calesse: “Ci vediamo stasera! E non stare troppo in ansia Nanny!” disse Oscar raggiante, ignorando i suoi lamenti.
Andrè non esitò: il calesse
partì e i cancelli si spalancarono per farli passare.
Dopo quei lunghi mesi di
agonia, che le erano parsi un’eternità, Oscar usciva finalmente dalle mura
della residenza De Jarjayes…
La primavera si presentò a
loro in tutto il suo splendore. Gli alberi erano fioriti e totalmente ricoperti
di foglie e germogli pronti a sbocciare. Sì, sarebbe stata una magnifica
giornata.
Poter respirare a fondo aria
nuova, ascoltare il cinguettio degli uccellini, vedere le sagome delle rondini
in alto nel cielo, sentire il vento scombussolarle i capelli…la natura era in fermento.
Dopo mesi di prigionia nascosta da tutto e da tutti, fare un bel giro in
calesse era incredibilmente emozionante, benché lei fosse un’esperta cavallerizza
ed avesse quindi provato emozioni molto più forti. Ora le pareva tutto super
eccitante. Non ricordava neanche più come montare in sella ad un cavallo!
Nel giro di un quarto d’ora
raggiunsero il posto prefissato.
Come lui aveva promesso, si
trattava di una zona del tutto isolata, completamente circondata da una grande
foresta, eccetto un piccolo spiazzo d’erba in riva al fiume, dove loro si
sarebbero posti. Era un luogo veramente molto appartato. Oscar non avrebbe
potuto desiderare niente di meglio per potersene restare tranquilla.
“Che meraviglia…” riuscì solo
a dire.
Andrè fermò il calesse
“Allora, che ne dici?”
“Dico che è perfetto!”
“Ne sono contento. Anche se
avrei preferito non allontanarmi così tanto.”
“Che fai, ricalchi le orme di
tua nonna?”
“Questo mai!”
“E allora rilassati! Anzi, piuttosto…aiutami a scendere”
Distesi su di un telo,
passarono una mattinata incantevole. Nanny aveva
preparato loro fin troppi manicaretti, pensò Andrè. Oscar divorò tutto senza
farsi troppi problemi.
“Come non detto…!” sghignazzò
lui.
“…Cosa?” chiese lei a bocca
piena.
“No, niente….mpf!” cercò di trattenersi “…Ehi! Oscar, non rimpinzarti in
quel modo! Non vorrai che ti torni tutto su, dopo?!”
“Potrò almeno mangiare come
mi pare!” disse dopo aver selvaggiamente inghiottito l’ultimo boccone di un
tramezzino.
Accomodati sul terreno,
parlarono a lungo dell’argomento che al momento interessava loro maggiormente…
“Secondo te sarà un
maschietto o una femminuccia?” chiese Oscar
“Non saprei
proprio. Io non
ho preferenze!” fece allusivo
“Neanche
io, sai? In entrambi i casi mi
sentirei comunque fuori luogo!”
Andrè si voltò a guardarla
con aria feroce “Ma cosa diavolo stai dicendo?”
“Ahahah…”
scoppiò di gusto in una risata un po’ malinconica. Andrè non rise e continuò a
fissarla.
“Non
guardarmi così…Lo sai benissimo.
Non sono mai stata veramente un uomo,
e non sarò mai definitivamente una
donna”
“Che sciocchezze…” fece Andrè
“Che cosa
mai potrei insegnargli? Vedrà in me solo tanta confusione”
“No, Oscar. Sarà solo fiero (o fiera) di avere una madre unica
al mondo; come lo sei tu!”
“Come
vorrei che fosse così, Andrè. Grazie…” si avvicinò a lui per stringerlo
“Sono qui apposta amore…” le
baciò la fronte.
L’acqua scrosciando produceva
un rumore talmente rilassante, da render loro quel soggiorno ancora più piacevole.
Oscar pensò una cosa. E nel
pensarla non esitò un secondo a dirla ad alta voce:
“Tu invece Andrè…” e si girò
per guardarlo negli occhi “…tu sarai un padre magnifico!” disse dolcemente, ma
in maniera molto decisa. Andrè non disse nulla, continuò a fissarla, rapito da
ciò che ella aveva appena pronunciato.
“Lui…o lei…potrà chiamarmi… ‘papà’?” chiese stupito.
“Eh?...”
disse allibita Oscar “…ma…sei scemo?”
“Avere un padre borghese per
un bambino di sangue aristocratico non dovrebbe essere il massimo.”
“Fammi capire: prima te ne
esci fuori con quei bei discorsi anticonformistici…e ora ti preoccupi di
questo? Andrè! Certo che potrà chiamarti ‘papà’? Sei suo padre, dovrà chiamarti così!!”
Andrè avvicinò il proprio
viso al suo, per poi esplodere in un sorriso appagato. Si baciarono teneramente
e restarono avvinghiati a lungo. Fino ad addormentarsi.
“Fa caldo…” disse Oscar nel
dormiveglia.
“Lo so…Vuoi che ci spostiamo
all’ombra?”
“No, vorrei riprendere il mio
vecchio colorito…così pallida sembro una donnetta di corte!”
“Vedi di non toglierti il
cappello questa volta! Allora…vuoi un po’ d’acqua fresca? Te
la vado a prendere lungo il fiume”
“Magari Andrè…c’è una
borraccia, lì nella borsa”
Frugò nel sacco, e una volta
trovatala, si alzò “Farò in un attimo!”
***
[…]
“Sì, ricordo
perfettamente. Mhm, era il mese di
novembre. Da quella volta non l’ho più rivista. Confesso di essermi molto preoccupato” disse con
trasporto uno dei due uomini che stavano traversando a cavallo una splendida
radura.
“La cosa è sospetta. Sapete
che il generale de Jarjayes se ne è andato in
Normandia, sbaglio? E suo figlio si è dissolto nel nulla… C’è sotto qualcosa di losco”
“Preferisco
pensare che non sia nulla di grave!
Madam…ehm
il comandante de Jarjayes…”
“Ammetto di non essermi mai inoltrato
in queste zone” fece l’altro interrompendolo
“Oh, bizzarro…” fece
compiaciuto, l’esile uomo dai lunghi capelli mossi “…eppure è da queste parti che si
trova maggior cacciagione.”
“Dovremo organizzare un battuta di caccia al più presto! Mia moglie gradirebbe
molto un manicotto di pelliccia.”
“Trovo
che sia una splendida idea! Vorrei averci pensato io…”
“Ehi, Girodelle!”
disse il duca volgarmente.
“Ehm, cosa?” chiese il conte
“Mi avevate accennato della
selvaggina, ma non che avrei trovato addirittura ad aspettarmi delle belle
donne lungo il percorso! Ahahah…”
L’altro fu preso alla
sprovvista da quell’affermazione “Prego?” chiese nel dubbio.
“Oh, ma non
vedete laggiù? C’è una donna!
Guardate bene! Cos’altro potrebbe essere, se non una
donna?!”
“Effettivamente, sembra
esserlo” disse accondiscendente.
“Sarà una popolana…Avviciniamoci.”
***
Quel pomeriggio sarebbe stato
l’inizio della fine. Oscar nel sentire dei cavalli in movimento,
si girò impulsivamente.
Ad un centinaio di metri di
distanza, coperti dall’ombra di un paio di pini, c’erano due uomini.
Fu presa dal panico totale.
Avrebbe voluto urlare, chiamare Andrè, invece tutto ciò che le venne in mente
fu di alzarsi per fuggire via.
Con tutta la volontà di cui
era capace, tentò di ergersi in piedi. Fatica inutile; quei due uomini ora le
erano a pochi metri. Pregò che fossero dei contadini…
No: si trattava del suo
ex-subordinato, il capitano Victor Clemente de Girodelle
in compagnia del più nauseante tra gli aristocratici di corte, il duca di Germain.
Forse gli ultimi che si
sarebbe aspettata di veder lì, ma soprattutto gli ultimi che sperava non
potessero mai vederla.
Lei era lì, in abiti
femminili, con quell’enorme grembo materno…sperò che non riuscissero a
riconoscerla.
Ma il viso di Girodelle diceva tutto. Nessuno dei due proferì parola. Si
guardarono: il primo colmo di collera, il secondo, quasi divertito.
Partirono al galoppo.
Poco dopo tornò Andrè
trafelato.
“E’
talmente fresca! Prendi Oscar!” Ma lei non rispose; si limitò a restarsene immobile
con lo sguardo perso nel vuoto.
“Oscar…” Ad Andrè cadde la
borraccia di mano, e fu colto dal panico. –
Cosa diamine…?–
“CHE DIAVOLO SUCCEDE OSCAR??” le gridò contro terrorizzato.
Lei si girò. Piangeva come
una fontana, ma si nascose il viso tra le mani.
“A-ANDRE’!!!
Oh no……”
Cosa avrebbero fatto, ora?
Continua…
Ringrazio di cuore per le recensioni…: Elizabeth9, theangelsee69, Ninfea Blu,
Khristh,
arte, audreyny, hermy101,
Baby Elisa, Lellox90, april88,
barbarizia,
Safelia22.
E grazie mille per la
vostra pazienza (vi prego, non smettete di recensire)!
_Kapoch_