Cap. 2 - Ho bisogno d'amore - Parte prima
Ilaria
Sdraiata nel letto, penso
a quanto è
successo e a quanto odio Alessandro e il suo modo di fare da
spaccone.
Non riusciamo ad andare d'accordo
per più di qualche ora e la cosa mi da fastidio. In fondo mi
concedo
a lui, non beviamo mica il the delle cinque.
Prendo il cellulare e leggo i suoi
messaggi che si dividono in due categorie: quelli del
“prima” e
quelli del “dopo”.
Prima è carino, gentile, a tratti
anche simpatico, poi diventa cattivo e maleducato.
Mi giro su un fianco e me lo
immagino lì, con me, e penso a tutto quello che vorrei
dirgli e a
come vorrei dirglielo.
“Bip... Bip
bip... Bip bip bip...”
la sveglia sta suonando.
Decido di alzarmi e vado in bagno a
lavarmi, così per svegliarmi. Una doccia leggera, mentre
ripasso
mentalmente geografia e agli stati dell'America. Va bene, Stati
Uniti.
Alabama, California, Texas,
Florida.
“Ilaria! Vieni
a fare colazione!”
mi grida mia madre da dietro la porta.
“Arrivo!”
le rispondo, mentre mi
rivesto. I capelli li ho lavati ieri sera, per fortuna.
Scendo e vedo la tavolata
chilometrica apparecchiata solo per me, incredibile. Queste manie da
megalomane di mia madre le odio, vuole sentirsi una regina quando non
ha proprio niente di reale. Mi siedo e guardo tutto quello che
c'è
sul tavolo: the, caffè, latte caldo, brioches, biscotti.
E pensare che mangio la stessa cosa
ogni mattina.
“Mamma, non
siamo in America, non
puoi far preparare ogni volta tutta questa roba. Mangio sempre tre
biscotti al cioccolato e il caffè, dovresti saperlo
ormai” le
dico, mordendo uno dei biscotti.
“Devi sempre
trovare qualcosa per
criticare, non è vero? Sbrigati che devi andare a scuola,
ingrata
che non sei altro” mi risponde, lasciando la stanza.
Mi fa davvero ridere, vorrebbe farmi
credere che tutto questo lo fa preparare per me, non per
soddisfazione personale.
Bevo il caffè e mi alzo da tavola,
quella stronza mi ha già rovinato la giornata.
“Non mangi
nient'altro, Ilaria?”
mi chiede Natalia, la governante. Mi fa tenerezza, Natalia è
con noi
da quando sono nata, mi conosce più di quanto possa farlo
mia madre.
“No,
grazie” le dico,
abbracciandola. Le voglio, indubbiamente, bene.
Borbotta qualcosa mentre salgo le
scale, ma sono troppo lontana per sentire le sue lamentele. Mi
preparo ed esco da quella casa, così grande e
così opprimente.
Dopo dieci minuti buoni arriva il
pullman, momento di grande concentrazione: sul pullman ripasso,
penso, ricordo e mi capita anche di piangere.
Ho diciotto anni e so che dovrei
avere una macchina e la patente e dovrei dire basta al pullman, ma
dovete dirlo ai miei genitori. Ho entrambe le cose, patente e
macchina, ma non me le fanno usare a meno che loro non si allontanino
per troppo tempo. Insopportabili, davvero.
Scendo dal pullman, dopo aver
sprecato quel tempo prezioso per pensare a quell'arpia di mia madre,
e mi ritrovo l'orda di studenti ammassati davanti ai cancelli.
Alcuni parlano, alcuni si baciano,
altri ascoltano la musica aspettando i compagni di classe. Altri,
invece, ripassano per un compito in classe o per l'interrogazione. Ed
è questo che fa capire che la primavera è
già arrivata, in inverno
arrivano tutti due minuti prima che suoni e si rintanano nell'entrata
della scuola.
Attraverso la strada e mi avvio
verso i cancelli, notando Alessandro e Walter. Fanno i cretini con i
ragazzi della 5A e alcune ragazzine di terza e quarta.
Ne noto una in particolare, capelli
rossi e boccolosi, occhi azzurro cielo e un trucco che farebbe
concorrenza persino a Platinette. Pende letteralmente dalle labbra di
Alessandro: lo fissa, ride, sbatte le ciglia mentre parla.
Carina, purtroppo ti devi mettere
in coda. E poi, accetta un consiglio: lui in testa ha già la
biondina, non perdere tempo con lui.
Alice. C'è anche lei, qualche metro
più in là.
La guardo e vedo una normale ragazza
con dei vestiti poco adatti ad una tipica giornata scolastica.
Non ha nulla di speciale se non una
fama da poco di buono.
È davvero questo quello che
vuoi, Ale?
Conciate come lei, tutte possono
sembrare delle gran fighe. Il mio sguardo torna su Alessandro e noto
qualche occhiata verso Alice: vuole solo farsi vedere mentre una
tizia gli sta morendo davanti.
Ma cosa avrà di così tanto
attraente?
Me lo chiedo ogni volta, eppure ci
vado a letto insieme. Non è tutta sta gran bellezza, niente
a che
vedere con Cristiano Ronaldo o che so io, è normale, carino,
ma
normale. Il fatto è che è uno stronzo colossale.
La campanella suona e scendo le
scale per arrivare in classe. Non mi piace arrivare in ritardo o dopo
degli altri, non so esattamente perché.
Entro, tolgo la giacca e mi guardo
per un attimo, riflessa nella finestra: indosso una camicia
decisamente fuori moda, dei jeans a vita alta, versione anni '70, le
scarpe da ginnastica bianche e rosa.
Mi rabbuio, probabilmente non sarò
mai considerata come le altre.
Entrano Valentina e Beatrice e mi
salutano, mi siedo imbarazzata al mio posto e rispondo al loro
saluto. In pochi minuti la classe si popola.
Entra la professoressa di Storia
dell'Arte e preparo il mio quaderno per gli appunti: ci tengo ad
avere il mio 8 in Arte.
E in un attimo le prime tre ore
passano, tra litigate e mie domande. Sono così infantili
certe
persone.
Suona
l'intervallo e prendo dal mio zaino lo yoghurt alla fragola e il
cucchiaino. Non è molto, ma gli zuccheri mi aiutano a mandar
giù
alcuni
elementi che fanno parte di quella massa di caproni.
Non li sopporto, si nota?
In più Alessandro mi ignora e la
cosa mi urta più del resto. Perché deve fare
così? È un coniglio,
ne sono sicura.
Alla quarta ora abbiamo inglese, la
nostra professoressa ci divide sempre in gruppi o a coppie
perché
vuole che i più bravi aiutino gli altri a correggere le
verifiche,
infatti oggi ci deve consegnare la verifica.
“Castoldi:
nove. Bravissima” mi
dice, consegnandomi la verifica. Sorrido alla prof, nonostante i
fischi dei miei compagni: Walter, Davide e ovviamente Alessandro.
“Sei una
secchia! La Castoldi è
una racchia secchia!” grida Walter, prendendosi il richiamo
dell'insegnante. Walter a diciotto anni è esattamente come
il Walter
che ne aveva quattordici.
“Castoldi tu
fai da tutor a De
Angelis” mi dice, indicandomi Alessandro. Mi accascio su me
stessa,
molto teatralmente, fingendomi disperata.
“Se vuoi ti
metto con Barone, a te
la scelta”
No, Walter no!
“No, va bene De
Angelis”
rispondo, prendendo il quaderno dallo zaino. Intanto Alessandro si
avvicina e si siede nel banco vuoto vicino a me.
“Quanto hai
preso?” gli chiedo,
mentre sfoglio il quaderno.
“Quattro”
mi risponde, mentre si
stravacca sulla sedia. Come si fa a prendere quattro di inglese?
“Sei senza
speranze” gli dico,
guardandolo.
“Me lo dici
sempre, quasi non lo
sapessi” mi risponde, guardandomi negli occhi. Imbarazzata
abbasso
lo sguardo e prendo la mia verifica.
Si sporge sul banco, appoggia la
testa sulle braccia e si avvicina a me.
“Comunque io
sono ancora incazzato
con te” mi dice, a bassa voce.
Mi volto verso di lui e gli rifilo
uno sguardo assassino. Brutto stronzo.
“Fattela tu la
correzione della
verifica, testa di cazzo” gli dico, cercando di non farmi
sentire
dagli altri. Perché? Perché si deve sempre
attaccare a delle
cavolate?
“Non mi
interessa la verifica, mi
interessa di più farti sapere che mio padre non lo devi
nominare.
Solo perché ti ho raccontato quello che è
successo, non puoi
permetterti di usarlo contro di me. Sai una cosa? Sei solo una
racchia secchiona” mi dice, scuotendo la testa.
Alzo la mano e chiedo all'insegnante
di poter andare in bagno.
Esco e sento gli occhi umidi, così
corro a nascondermi, lontana da quello schifoso.
Sei
solo una racchia secchiona.
Non mi fa star male che lui me lo
abbia detto, ma mi angoscia perché anche lui ha usato
qualcosa
contro di me. Glielo avevo confidato che i primi anni erano
angoscianti perché tutti me lo ripetevano in continuazione.
Mi asciugo una lacrima e tiro su con
il naso.
So di non essere una racchia, forse
un po' secchiona si, ma non sono brutta. Loro non mi conoscono, non
sanno come sono al di fuori di qui.
Tiro un calcio alla porta del bagno
e mi sento forte, pronta per spaccare il mondo. Un giorno anche
Walter vedrà come sono e smetterà di considerarmi
così, ne sono
sicura.
Mi lavo le mani e torno in classe,
con Alessandro che mi guarda serio.
Suona la campanella e tiro un
sospiro di sollievo, nonostante la professoressa di inglese ci faccia
la predica perché non abbiamo risolto nulla.
Esco da scuola dopo la sesta ora e
incrocio Alice all'uscita. Pensano che sia bella, ma non è
vero. Non
è gelosia nei confronti di Alessandro, è sola e
pura constatazione.
La ignoro e vado verso la fermata
del pullman di fronte alla scuola, oggi non sono in ritardo. Aspetto
e mi guardo intorno, un po' annoiata. Mi giro e vedo Alessandro e
Walter che parlano con Alice, cosa che mi fa infervorare e prendere
il cellulare.
“Bello mio, ti
devo rovinare la
vita” farfuglio a bassa voce. Compongo il numero di
Alessandro e
gli faccio uno squillo che lo distrae dalla conversazione con la
belloccia. Stacco e lo vedo armeggiare con il cellulare, poi alza lo
sguardo e gli faccio un cenno di saluto e scoppio a ridere.
Per fortuna arriva il pullman in mio
aiuto e ci salgo, sghignazzando ancora. Sento il
“bip” del mio
cellulare e lo prendo per leggere il messaggio.
Non sei
simpatica. Sei infantile
e stupida, per colpa tua se n'è andata. Era questo il tuo
obiettivo?
Leggo e sorrido tra me e
me. Si era
il mio obiettivo e sono pronta per fissarne un altro.
Diventerò
insopportabile, così avrai davvero un motivo per trattarmi
male.
Si era proprio
quello. Mi
dispiace per la tua amichetta, dico davvero, però
c'è urgenza che
io ti dia fastidio. Povera, non è neanche colpa sua
Invio
il messaggio e aspetto, noncurante delle persone intorno a me. Guardo
fuori dal finestrino e vedo la Mito di Alessandro superare il
pullman. Perché viene da questa parte?
La casa di Alessandro è dall'altra parte della
città, rispetto la
mia. Mi arriva un messaggio.
Scendi alla
prossima fermata
Col cavolo. Se non torno
a casa
senza dirlo a mia madre, me la dovrò sentire per una
settimana o
forse più. E poi avrà già preparato il
pranzo.
No che non
scendo, non posso
arrivare in ritardo a casa. Peggio ancora non andarci.
Invio il messaggio
proprio mentre il
pullman supera la fermata che intendeva Alessandro.
Mi stringo sul sedile, conscia del
fatto che forse l'ho fatto incazzare sul serio: toccategli tutto ma
non Alice. Altro che Breil.
Se non scendi
tu, salgo io
Che
idiota. Siamo stati insieme sei ore, non potevi
parlarmi
prima? Non
capisco proprio
queste sue scenate napoletane. Sono di così cattivo gusto. Dio,
mi sento mia madre!
Fai pure il
buffone, tanto non
risolvi molto. E poi sei tu che sei arrabbiato con me. Anche se la
cosa della racchia non te la faccio passare.
Dopo due fermate sento il
pullman
fermarsi e guardo il portellone davanti, con il cuore a mille.
Alessandro sale e chiede un biglietto al conducente, tirando fuori il
portafogli.
Merda, merda, merda, merda!
Paga e timbra entrambi i biglietti,
poi lo vedo incamminarsi nel corridoietto. Arriva al mio sedile e mi
guarda.
“È
libero?” mi chiede, serio.
Che bastardo.
“No”
rispondo, ma lui si siede
lo stesso.
“Hai ragione,
non è libero, ci
sono io” mi dice, mentre mette i biglietti nel portafogli e
lo
rimette in tasca.
“Spiegami come
torni indietro a
prendere la tua macchina” gli dico, incrociando le braccia al
petto.
“Prenderò
un altro pullman, non
mi preoccupa quello” mi risponde, guardandomi. È
così strano
vederlo lì.
Non sono neanche più arrabbiata,
l'importante è che lui mi consideri, in che modo non mi
interessa.
“Mi inviti a
pranzo e mi fai
conoscere tua madre” mi dice, guardandomi serio.
“Cosa? Ma non
scherzare. Lei non
la presenterei neanche al mio peggior nemico, non voglio che tu la
conosca” gli dico, pensando alla mia genitrice.
“Non vuoi
presentarmela perché ce
l'hai con lei? Non dovrebbe essere il contrario? Cioè che tu
non
voglia presentare me a lei?” mi chiede, con la fronte
corrucciata.
Che scemo.
“Si.
È un'arpia quella donna, ti
giudicherebbe guardandoti solo con la coda dell'occhio. E intendo
negativamente” rispondo, scuotendo la testa. Pensare a quella
donna
mi innervosisce.
“Ma
è tua madre, non puoi parlare
così di lei” mi dice, confuso. Proprio lui parla,
visto che suo
padre lo odia da sempre.
“Tu dovresti
capirmi. Anche tu odi
tuo padre, ma non ci vedo niente di strano. Mettiamola così,
magari
riesco a spiegarmi: partendo dal presupposto che è una
stronza,
mettici le sue manie da aristocratica da due soldi, la fissazione
dell'eterna giovinezza, l'odio nei miei confronti per una gelosia che
solo lei conosce e poi? Certo, il suo opprimermi in tutto e vietarmi
le cose” gli rispondo, cercando di non alzare la voce e farmi
sentire dagli altri ragazzi sul pullman.
“Tua madre
è una con la puzza
sotto il naso, insomma. Una stronza colossale, una di quelle che ti
annoiano appena aprono bocca e che già solo
dall'atteggiamento ti dà
fastidio. Sai chi mi ricorda? Te” mi dice, facendomi
incazzare.
“Ma che ne sai
tu di me e di lei?
Grazie, quanta considerazione hai di me. Ti annoio quando parlo?
Complimenti Ale, se le cose sono negative, tu le peggiori”
gli
dico, appoggiando la testa contro il vetro.
Sta zitto, ma poi, di nascosto, mi
prende la mano e cerco di non sorridere: almeno io voglio rimanere
coerente.
Però ammetto di non essere una
persona coerente, anche perché quello che c'è tra
me e Alessandro
va contro tutti i miei principi, così stringo la sua mano e
si volta
verso di me.
“È
vero, dovrei capirti più io
di altri, ma mi sembra difficile collegare i problemi a te.
Però
chiudiamo qui la discussione, abbiamo già tanti motivi per
litigare,
preferisco non mettere altra carne al fuoco” mi dice,
confondendomi
un po'.
Decido di ignorarlo e noto che la
mia fermata è la prossima.
“Dobbiamo
scendere” gli dico,
spingendolo.
“Va bene, stai
tranquilla” mi
risponde, gradendo poco lo spintone.
Sono ancora viva!
Scusatemi per il ritardo ma è stato un mese pesante e i
prossimi saranno anche peggio. Sono stata una settimana in Ungheria
(pessima, mi hanno trattata peggio che male), ma è stata
utilissima perché la gita di Ilaria e Alessandro
sarà proprio ambientata lì. *____* vedrete che
idee!
Non ho intenzione di abbandonare la storia, ma si sa che la scuola
impegna un po' tutti, perciò abbiate pazienza, ve ne prego.
E non abbandonatela neanche voi! =)
Vi ringrazio per i commenti, lo ripeterò fino alla nausea,
ma l'unica cosa che davvero mi spinge a pubblicare sono i vostri
commenti! Bacioni
Commenti:
Ro90: scusami se non ti rispondo mai ai messaggi ma non ho soldi =( certo, Alessandro usa tutt'altro per pensare, come quasi tutti i ragazzi del resto. Guai a chi dice che non è vero, maledetto falso xDDD
_LaUra: grazie! *^* anche io sono curiosa di scoprire come andrà a finire xDDD a presto.
legolina77: uh! Beh, si, questo ormai è risaputo che quasi tutte le mie storie sono scontate e banali. Comunque non lasciare che la somiglianza di Ilaria e Alessandro con i classici personaggi ti influenzi, saranno dolci e bastardi entrambi. Confusi e diplomatici, chi più chi meno. Lei non è stupida, tantomeno innamorata in questo punto della storia. Lui è menefreghista, deve ancora trovare qualcosa che lo faccia stare bene. Ma aspetta il seguito! A presto =)
Grazie anche per i 13 seguiti, 4 preferiti e 2 ricordate!^^
ERIKA <3