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Autore: Roberta87    03/05/2010    5 recensioni
Salve! mi chiamo Roberta e questa è la mia prima FF! La storia è un'alternativa a Twilight,e vede il suo inizio in una Forks dove Bella risiede da tre anni ed i Cullen non sono ancora arrivati. Troverete il resto della trama nel capitolo "trama ed introduzione". Spero che la mia storia vi coinvolga tanto quanto sta coinvolgendo me!
ESTRATTO DAL CAPITOLO 16 :
[..] Improvvisamente il rumore di un auto ci interruppe. Jacob mi lasciò un ultimo bacio a fior di labbra e tenendo ancora il mio viso tra le mani si voltò verso la strada. Sciolsi l’intreccio delle nostre dita e guardai anch’io. Una Volvo metallizzata aveva appena parcheggiato fuori il mio cortile. Sapevo bene a chi appartenesse quell’auto.
Rimasi un attimo sbigottita, cosa ci faceva lui qui? Cosa voleva?. Voltai ancora lo sguardo verso Jacob, giusto in tempo per vedergli serrare la mascella. Le sue mani sul mio volto furono percorse da una breve scarica di leggero tremore, mentre continuava a fissare l’auto.
« Vieni, Bells. E’ ora di andare. » [..]
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward, Bella/Jacob
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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copertina



CAPITOLO 7 – “Sei


Ero accecata, tanto che gli occhi mi bruciavano. Fu proprio per quel dolore incredibilmente reale che mi svegliai. Era fastidiosissimo aprire gli occhi così ogni mattina. Mi misi seduta in mezzo al letto e tolsi l’allarme alla sveglia….sarebbe suonata inutilmente.
Guardai fuori dalla finestra: un altro giorno pieno di nuvoloni neri, fantastico! Odiavo il freddo, la pioggia, l’umido…odiavo tutto del clima di Forks.
Mi alzai col broncio e mi preparai svogliatamente, non volevo attirare ulteriormente l’attenzione . Il fatto che fosse il mio compleanno, e che tutti mi avrebbero fermata e festeggiata, già bastava a mettermi di pessimo umore. Scesi a preparare la colazione quando trovai Charlie in cucina che bruciacchiava un pancake nella padella e tutto intorno a lui, sulla cucina, e perfino su di lui….tutto schizzato di impasto.
« Bells, già in piedi? Volevo farti una sorpresa! »
« A giudicare dal caos che regna qui dentro, ci sei riuscito. Mi toccherà pulire tutto! » ero stata acidissima.
« Di buon umore come sempre il giorno del tuo compleanno eh? » un po’ mi sentii in colpa.
« Scusa papà…lo sai che non mi piace essere festeggiata »
« Già, ma almeno dovevo provarci. Comunque non preoccuparti di nulla. Pulisco io, tu va a scuola »
« Ma no lascia, ci penso io. Tanto sono in anticipo »
« Scusa del pasticcio. E…buon compleanno » aggiunse in tono incerto
« Grazie ..»
Pulii lo scompiglio portato da Charlie tra i fornelli ed uscii. Come quasi ogni mattina c’era Jacob ad aspettarmi. Nemmeno il tempo di chiudermi la porta alle spalle che già aveva l’espressione divertita. Così pensai bene di avvisarlo mentre mi avvicinavo a lui:
« Il tuo regalo ieri è stato stupendo ma … oggi non una parola, d’accordo? » suonava come una minaccia.
Bene, era proprio quello che volevo. Non si curò minimamente di quanto avevo detto, e di tutta risposta mi corse incontro con un sorriso enorme, mi sollevò in braccio ed iniziò a girare su se stesso.
« BUON COMPLEANNO! » sembrava felice come la mattina di Natale.
« Diamine Jake mettimi giù, mi gira la testa! »
« Quando la finirai di odiare il tuo compleanno Bells? » mi disse ridendo.
Proprio non riusciva a smettere, e questo forse mi infastidiva ancora di più
« Quando l’umanità smetterà di festeggiarli! » il tono serio della mia voce lo fece divertire più di prima.
Gli diedi un pugno nello stomaco che non sortì l’effetto desiderato, anzi, si sbellicò letteralmente dalle risate e mi prese il mento con una mano schiacciando le dita sulle guance per metterle in risalto come si fa con i bambini.
« Andiamo, Tyson! » e mi schioccò un sonoro bacio sulle labbra.
Arrivammo nel parcheggio della scuola troppo in fretta, avrei ritardato quel momento di, diciamo, anche un centinaio d’anni. Scesi dalla moto, mi tolsi il casco e stranamente di tutti i ragazzi che popolavano il parcheggio quella mattina nessuno si avvicinò. Rimasi piacevolmente stupita di quella cosa, che le mie preghiere fossero state ascoltate?.
Mentre porgevo il casco a Jacob sentii due dita picchiettarmi sulla spalla destra. Mi voltai ed una scimmietta urlante mi saltò praticamente in braccio
« TANTI AUGURI BELLA!» Angela strillava nel mio orecchio come se fosse ad un concerto.
« Grazie Angie, ma smettila di urlare così o mi farai diventare sorda! » avevo gridato vittoria troppo presto.
Si staccò di dosso e riuscii a vedere anche Mike dietro di lei, il quale si avvicinò e fece per abbracciarmi tutto sorridente. Jacob si schiarì la voce molto forte in tono minaccioso e lo fulminò con lo sguardo. Vidi Mike impallidire e non sapendo cosa fare delle sue braccia ormai spalancate le fece ruotare una verso il basso e l’altra verso l’alto, fece vibrare veloci le mani, mi guardò come se fosse un cabarettista che sta per gridare “ta-daaaan!!!” e iniziò a cantare a squarciagola
« TANTI AUGURI A TEEEE…» la voce era resa acutissima dalla paura,era un vero strazio.
« Gesù, basta Mike sembri una sirena! » gli disse Angela visibilmente stupita dalla follia momentanea che dimostrava il cantante. La scena mi strappò una risata incontenibile, mentre Mike si zittì all’istante mettendo le mani in tasca.
« Beh Mike….grazie? » la mia era proprio una domanda, non avevo idea se si dovesse ringraziare per una cosa tanto sconvolgente!
« Si, si…io vado in aula » e andò via tutto imbronciato.
Diedi una leggera gomitata a Jacob:
« E tu non dovresti spaventarlo così! » gli dissi divertita.
« Prima o poi gli spezzo le mani » mimò il gesto in maniera molto realistica.
« Potresti strappargli anche la lingua,per favore? » gli chiese Angela
« Con piacere Angie, più pezzi tolgo a quel moccioso meglio sto »
« Ti ricordo che anagraficamente è più grande di te! » gli dissi sorridendo.
« Ma dai Bells, ha il cervello di un bambino »
« In effetti credo che nella testa abbia solo noccioline e…..» smisi di ascoltare la risposta divertita di Angela che divenne come una specie di ronzio di sottofondo mentre la mia attenzione veniva catturata da due costosissime auto che entravano nel parcheggio.
Non me ne intendevo di auto ma riuscii a riconoscerne gli stemmi. Una Mercedes nera ed una Volvo grigio metallizzato. Dalla macchina nera scesero contemporaneamente quattro angeliche figure. Erano talmente belli ed aggraziati che pensai stessero girando uno spot pubblicitario sotto il mio naso. Non riuscivo a spiegarmi cosa ci facessero dei modelli alla Forks High. Così come non riuscivo a smettere di guardarli : la ragazza piccolissima scesa dal lato passeggero fece il giro della macchina e prese per mano il guidatore, mentre lui con un gesto armonioso richiudeva la portiera. Lei aveva capelli neri corti che le arrivavano poco sotto il viso, tutti sfilzati, uno di quei tagli alla moda che si vedono sulle riviste fashion.
A dir la verità sembrava che fosse uscita per intero da una rivista fashion, nei suoi abiti firmati e coloratissimi. Il modo in cui si era mossa verso quel ragazzo mi parve una coreografia di danza classica più che una semplice camminata, quella ragazza sembrava danzare ad ogni suo movimento. Il ragazzo che teneva per mano era molto più alto di lei, magro, i capelli riccioluti e biondi. La guardava dritta negli occhi come per trarne sostegno, mi sembrò una scena molto buffa.
Accanto a loro gli altri due occupanti dell’abitacolo si erano appena scambiati un bacio molto appassionato. Lui era enorme! Alto, grosso e muscoloso. Il ragazzo più grosso che avessi mai visto in vita mia….perfino più grosso di Jacob. Aveva i capelli corti, neri e ricci, un sorriso furbetto posato in volto che dedicava alla dea che gli era di fronte. Si, perché la ragazza che aveva appena baciato era quanto di più vicino ad una dea si potesse immaginare. Lei lo guardava piena d’amore, i capelli biondi e lucenti lunghi fino alla vita, ogni tratto del suo volto era talmente bello da sembrare finto, un corpo statuario che avrebbe fatto invidia alla più bella top model della storia.
Tutti insieme erano di una bellezza sconvolgente, e c’era qualcosa che li rendeva molto simili, che li accomunava tutti, rendendoli anche un po’ somiglianti nonostante tutte le loro differenze.
Dopo un attimo capii cos’era quel filo conduttore che li univa: La loro pelle sembrava di porcellana, era perfetta e bianchissima, un bianco talmente puro da sembrare luminoso.
Mentre ero immersa in quel candido spettacolo qualcosa di colorato si mosse al limitare del mio campo visivo. Diressi lo sguardo nella direzione del movimento e vidi che ciò che aveva attirato la mia attenzione erano dei capelli del colore del bronzo fuso, completamente spettinati eppure perfetti. Quella massa ribelle apparteneva al ragazzo che, ora di spalle, era appena sceso dalla Volvo metallizzata e ne richiudeva la portiera.
Quando, con un movimento pieno d’eleganza, si voltò rimasi senza fiato. Era bello come un dio greco nel suo etereo pallore. La creatura più bella che si possa immaginare. La fronte ampia e distesa, gli occhi grandi dal taglio deciso, il naso dritto, la bocca perfetta e rosea, il corpo slanciato e tonico. Nella sua interezza sembrava scolpito nel marmo, una bellezza d’altri tempi.
Nell’ammirare quel ragazzo talmente bello da sembrare una visione celestiale, quasi non mi accorsi dell’altra persona che era scesa dalla stessa auto. La notai solo nel momento in cui si avvicinò a lui aggrappandosi al suo braccio. Era una ragazza, anche lei bella da non credere. Era di poco più bassa di lui, ma le cose che mi colpirono più di tutto il resto furono i suoi capelli rosso acceso, del colore del fuoco, ed i lineamenti felini del volto. Gli sussurrò qualcosa all’orecchio e lui le rispose solo con un sorriso.
In quel momento credetti di essere ancora addormentata e sognante oppure morta. Quel sorriso non poteva essere reale. Quel sorriso non poteva appartenere che ad un angelo. Lui era un angelo.
Le sei, uniche, creature appena arrivate, si diressero tutte insieme verso l’ingresso della scuola con gli sguardi sbigottiti di chiunque incollati addosso.
« Hai finito di sbavare?! » la voce arrabbiata di Jacob mi riportò bruscamente sul pianeta Terra dopo quella breve sbirciata agli angeli del paradiso.
« Io….io non sto sbavando, cosa dici? » ero offesa
« Ah no? Ma se te li sei squadrati da capo a piedi! Specialmente l’ultimo! » Jake era sempre più arrabbiato.
« Jake ma…li hai visti anche tu,sono incredibili…» come poteva non essersi accorto della loro unicità?
« In effetti sono mozzafiato tutti » disse Angela, anche lei molto colpita da quell’apparizione.
« Non mi dire che non hai notato quelle bellissime ragazze…» gli dissi per spostare l’attenzione su di lui, forse era vero che mi ero soffermata troppo a guardarli.
« Beh…si, ovviamente. Ma tu…» il tono accusatorio della sua voce mi fece innervosire
« Eh no, io un corno Jake! L’hai ammesso anche tu. Ora basta! Non c’è una sola persona in tutta la scuola che non sia rimasta stupita di fronte a quei ragazzi ! Non ho fatto nulla di sbagliato! » avevo quasi urlato.
« D’accordo, Bells. Come credi ! » urlò più forte di me.
Jacob reagiva sempre così quando alzavo la voce, torto o ragione che avessi lui si infervorava e si metteva sulla difensiva attaccandomi.
Saltò sulla moto e se ne andò via rosso in volto dalla rabbia.
Ero sbigottita. Cosa diavolo gli era preso? Una scenata di gelosia per i nuovi arrivati era l’ultima cosa che mi sarei aspettata di vedere quel giorno. E per cosa poi ? Non che mi volessi giustificare di niente ma….l’arrivo di quei sei ragazzi aveva spiazzato tutti. Angela era ancora vicino a me visibilmente in imbarazzo:
« Angela scusami….non so cosa gli sia preso! »
« Figurati Bella….è solo geloso »
« Sarà, ma per Mike non ha mai fatto nulla di simile »
« Tesoro, hai visto quei bonazzi da paura appena arrivati?...credi davvero che abbiano qualcosa in comune con Mike Newton? » e pronunciando il suo nome mimò il gesto del vomito infilandosi due dita in bocca.
« Forse hai ragione, ma ha comunque sbagliato » non intendevo fargliela passare liscia.
« Va bene Bella, come vuoi. Ora muoviti però. »
« Cos’hai alla prima? » speravo fosse con me.
« Storia. E tu? »
Controllai il mio orario. Ecco appunto, mai che me ne andasse una bene.
« Letteratura sperimentale » le risposi dispiaciuta
« Vedi che il tuo compleanno inizia bene? Alla prima ora, la tua materia preferita » e mi sorrise per confortarmi. Poi aggiunse
« Ora scappo, la professoressa Spencer odia i ritardatari » mi baciò una guancia e corse via.
In effetti aveva ragione, quell’ora di letteratura mi avrebbe fatta riprendere dal pessimo inizio di giornata. Mi avviai speranzosa verso l’aula mentre la prima campanella ancora non era suonata, volevo starmene cinque minuti da sola prima dell’inizio delle lezioni.
L’aula di letteratura sperimentale era uno dei posti che preferivo in assoluto in tutta la cittadina di Forks. Forse perché ne avevo scelto e curato io l’arredamento. Mi ricordai piacevolmente di quando, al secondo anno, il professor Barnes scelse i dodici studenti più meritevoli del corso di letteratura classica (tra i quali c’ero anch’io) per formare un nuovo corso sperimentale. A quei dodici fortunati fu chiesto di presentare un progetto per l’arredamento della nuova aula….e scelsero il mio.
Aprii la porta e la richiusi silenziosa alle mie spalle. Chiusi gli occhi ed inspirai a fondo : odore di carta, inchiostro, legno, polvere, pelle e cuoio. Si mescolavano perfettamente.
Li riaprii, anche se conoscevo quel posto a menadito e avrei potuto muovermi anche alla cieca. I sei “banchi, disposti in due file da tre, erano uguali alla cattedra, ovvero erano pesanti scrivanie in legno scuro dalle pareti finemente intagliate. Il restante grande spazio alle spalle delle scrivanie era occupato da varie file di scaffali della stessa fattura, come a riprodurre i corridoi di una biblioteca antica, ovviamente traboccanti di libri.
Forse adoravo stare lì proprio per quello, l’aula sembrava la riproduzione di una biblioteca universitaria e infondeva molta tranquillità, ci si dimenticava di essere all’interno della Forks High. Andai alla mia scrivania, la centrale in seconda fila, e vi poggiai lo zaino e i libri occupandola tutta. Non me ne curai, ero l’unica del corso a non avere un compagno di banco, la ragazza che prima occupava quel posto aveva gentilmente rifiutato di partecipare al progetto poco dopo il suo inizio. Mi infilai nel primo corridoio tra gli scaffali, dalle finestre entrava una pallida luce che rendeva tutti i colori più tenui.
Mentre passavo una mano sul dorso dei libri vecchi disposti in fila sentii la porta aprirsi. Sbirciai attraverso il poco spazio libero tra la parte superiore dei libri e la mensola dello scaffale che li conteneva. Zaino in spalla, e in mano una pila di almeno una decina di libri, varcò la soglia della mia piccola tana il magnifico angelo del parcheggio. Quei libri dovevano pesare tantissimo, forse quanto me, ma lui sembrava non soffrirne minimamente. Ci camminava con la stessa facilità ed eleganza come se portasse solo un foglio.
Non sapevo se si fosse accorto della mia presenza, si guardò intorno, per poi puntare lo sguardo dritto nella mia direzione, come se mi avesse vista. … Ma era impossibile, non poteva vedermi dietro quel pesante scaffale con tutte le mensole stracolme di libri !
Eppure i suoi occhi entravano dritti nei miei. Solo in quel momento mi accorsi del loro magnifico colore: erano di un caldissimo ambra con brillanti riflessi dorati. Sembravano fatti di miele, caldo e lucido miele. Ne ero attratta magneticamente, non riuscivo a non fissarli. Erano talmente splendidi da donare a quella magnifica creatura il tocco per la perfezione assoluta.

Improvvisamente mi sentii avvampare di rossore, come se mi avessero sorpresa con le dita nel barattolo della marmellata. Ma cosa diavolo dicevo? La perfezione assoluta? Per quanto potesse essere bello (anche se definirlo bello sarebbe stato talmente riduttivo da risultare come un’offesa) quel ragazzo era la causa del mio litigio con Jacob e quindi la causa di quel pessimo inizio di giornata.
Nell’esatto momento in cui le mie guance avvamparono lo vidi contrarre la mascella, per poi poggiare quasi istantaneamente la fronte sull’alta pila di libri che recava in braccio. Con le spalle inarcate e quasi chiuse vicino al collo, sembrava come….. come se stesse soffrendo. Come se avesse avuto una fitta di dolore in un punto non ben precisato del corpo.
D’improvviso la campanella suonò facendomi sobbalzare e mandandomi il cuore a vento, le mie pulsazioni triplicarono. Credo che anche il ragazzo dovette spaventarsi perché lo vidi poggiarsi con la mano libera alla cattedra, sembrava ancora più sofferente di prima, come se avesse avuto una fitta molto più forte della precedente. La campanella portò con se l’ingresso degli studenti in aula con tanto di professore al seguito e il ragazzo sconosciuto parve riprendersi giusto in tempo. Approfittai del caos temporaneo per sgusciare fuori dal mio nascondiglio e mi sedetti al mio posto.
Quando tutti si furono seduti il professor Barnes prese in consegna il foglio di presentazione del ragazzo, aggiunse un altro libro alla sua già sostanziosa pila, e gli disse
« Bene signor Cullen, mi hanno parlato molto bene di lei. Spero sia all’altezza della sua fama di studente modello anche qui, nel mio corso sperimentale. Prego, si accomodi pure accanto alla signorina Swan. » .
Come?! Accanto a me? No, no, no, cavolo! Tutti ma non lui!
Era decisamente il compleanno più brutto della mia vita. La mia solita sfortuna non mi abbandonava mai.

Il ragazzo si girò verso di me e mi guardò con un’espressione grave, come se pensasse le mie stesse cose. Notai qualcosa di diverso in lui, ma sul momento non riuscii a capire bene cosa fosse. Mentre si avvicinava lentamente alla mia scrivania lo guardai meglio, e quello che vidi mi fece sentire una pazza. Tutte le emozioni vissute quella mattina in poche ore dovevano avermi fatto saltare qualche rotella. I suoi occhi, che stavolta evitavano accuratamente i miei, erano di un buio ed infinito nero corvino.



Angolo autrice : PER FAVORE recensite !
   
 
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