Eros
e Psyche
-La
morte, la morte! Tutto è meglio di questo, anche la morte!
Morirò e scenderò
nelle ombre e non sentirò più… nulla!
Ah, meraviglioso! Tutta la vita mi
sembrerà un sogno confuso. Scambio volentieri una sofferenza
per un’altra, se so
che quella che avrò non sarà tanto terribile
quanto la prima. Spero che i pesci
non lasceranno nulla della sventurata Psiche! Nessuno mi deve trovare!
Che
nessuno mi ricordi! Solo il mio amore, pensi sempre a me come a un
tesoro, e
possa morire, anche se divino, per la disperazione della mia perdita.
Ecco il
fiume! Fiume, eccoti la morta!-
Mi
abbandonai a faccia in giù nel fiume.
Mi
lasciai affondare, aspettando di finire l’aria e di soffocare.
Ma la
corrente del fiume non mi risucchiava affatto sul fondo. Anzi, grossi
pesci mi
spingevano a galla e l’acqua torbida diventava cristallina
dove cercavo di
nuotare.
I miei
sforzi per annegare vennero totalmente respinti da tutto il fiume e dai
suoi
abitanti, e la corrente mi trasportò, viva,
sull’altra riva.
Dopo aver
tossito, pianto, singhiozzato e rantolato ed essermi artigliata i
capelli con
le unghie ed essermi graffiata le guance e aver scosso la testa per
molto tempo
come impazzita, i miei gemiti cominciarono a farsi più
fievoli, i singhiozzi
meno violenti e il sonno mi scese sugli occhi.
Senza
che me ne accorgessi, mi addormentai e abbandonai il viso pieno di
lacrime nel
fango.
Al
mattino per poco non trasalii dalla sorpresa quando mi svegliai fuori
dal mio
letto.
Ero così
confusa di trovarmi all’aperto, che mi sollevai barcollando e
mi guardai intorno
per ricordare come fossi giunta lì. Volando? Correndo? A
nuoto?
Appena
ricordai ogni cosa mi sentii un nodo alla gola, gli occhi lacrimavano e
feci
per sciogliermi e piangermi addosso. Ma subito sentii qualcosa che
aveva il potere
di risollevare il mio animo da terra: il canto di una ninfa.
Le ninfe
cantavano meravigliosamente, con tenori stupendi.
Feci
qualche passo in direzione della voce semidivina e vidi il rustico dio
delle
montagne, Pan, che teneva sulle ginocchia la ninfa Eco.
Suonava
il suo flauto e la ninfa ripeteva con la sua voce le ultime note.
-Oh,
bellissima mortale- disse Pan rivolgendosi a me.
-rtale..ale..ale..le-
cantò di rimando Eco, guardandomi incuriosita.
-Ben
svegliata, hai pianto così tanto ieri sera che hai fatto
piangere anche tutti
noi- borbottò
Eco fece
sì con la testa e sorrise radiosa. Non era un mistero perché
Era la odiasse e
le avesse tolto la voce, lasciandogliela solo per rispondere alle frasi
degli
altri con le ultime sillabe che aveva sentito.
Io non
dissi nulla. Pensai solo che gli immortali erano tanto invidiosi dei
mortali e
semidei da punirli per il mero piacere di sopraffarli.
Pan fece
scendere Eco dalle sue ginocchia e le disse di andare, di correre a
spiare
Narciso nella foresta.
Il
sorriso della ninfa divenne ancora più largo. Fece sì con la
testa e rispose
felice e tenera
-iso…iso..so-
Quando la
ninfa fu corsa via, Pan mi guardò malamente.
-Stupidina,
Cupido deve averti scelta solo perché sei bella, visto che
non hai dato una
gran prova della tua acutezza ieri sera-
Mi offesi
immediatamente e aprii la bocca per rispondere.
-Non
parlare, ho ragione io. Tutte le creature del bosco sono state in pena
per te
ieri sera; non credere che ti abbiano ritenuta stupida quando ti
buttasti nel
fiume. Loro hanno badato più che altro a quanto fosse
romantica la vicenda: una
fanciulla, quasi una bambina, impazzita d’amore fino a
uccidersi. Li ha
commossi infinitamente la tua disperazione- fece con un tono di
sufficienza -Ma
gli spiritelli che abitano i fiori e le piante sono troppo romantici e
poco
furbi. Avrebbero dovuto chiedersi perché non sei annegata-
Inasprita
da tutte quelle critiche, sbottai –Anche io mi aspettavo un
miglior risultato-
-Non fare
la stupida, piccola bambina ingrata! Dovresti prostrarti mille volte
davanti a
tutte le statue degli dei ogni volta che ne incontri una;
perché ti hanno reso
bella e vergognosamente fortunata! Solo stamattina ci è
giunta voce della tua
storia. E allora io compresi perché il fiume ti aveva
risparmiata con tanta
premura. Devi sapere che non esiste nessuno, infima creatura, mortale o
austero
dio che non tema Eros. Se perfino i fiumi infernali lo temono dovevi
aspettarti
che anche un fiume qualsiasi avesse paura di far del male alla sua
amata!-
-Eppure mi
ha abbandonata…- dissi tentando di non avere una voce
collassata.
-È ancora
un bambino per molti versi, ha paura dell’ira di sua
madre…Oh beh, veramente
lui le ride in faccia quando vuole e per dispetto la punge con le sue
frecce
per farla innamorale dei mortali…ma stavolta non
potrà scamparla. Le ha fatto
l’affronto peggiore di tutti! Non c’è
cosa al mondo che lei odi più di te, a
parte, forse, Castità-
-Sono
perduta…- dissi con una vocina soave, ma tremante,
afflosciandomi dalla paura.
-Allora
non farti scoraggiare da ciò che sto per dirti. Tornato
Eros, lei è subito
venuta a sapere dell’accaduto e ha quasi tolto al suo dolce
figlio ali e
frecce, minacciando di darle a un umilissimo paggetto per umiliarlo di
fronte a
tutti gli dei. Poi però ha prevalso l’odio verso
di te. Ha inviato Mercurio
sulla terra, a bandire un annuncio per tutti i mortali. Chi ti
consegnerà nelle
sue mani viva riceverà
da lei sei baci
sulla bocca, più uno molto meno dolce, con la lingua-
Ero
mortalmente pallida. Alla notizia della caccia che Afrodite aveva
bandito
contro di me sentii il fiato morirmi in gola e le ginocchia piegarmisi
sotto.
-Non
farti prendere dal panico. Povera creatura, povera creatura. Ma hai
fatto molto
male a gettarti in quel fiume. Ne sono ancora convinto. E ferma! Non
tentare di
ributtartici perché ti sputerà fuori con uno
spruzzo! No..no..non pian…-
-Sono
perduta! Sono finita!- piansi fuori di me, con la testa tra le mani.
-Non sei
perduta. E ora siediti. Da brava. Ecco. Tutta questa agitazione ti
farà male.
Hai la faccia di una a cui sono saltati tutti i nervi. Povera cara. Per
quanto Afrodite
possa essere altera e vanitosa, Eros è più
potente di lei. Perché è il suo
araldo. Si sporca lui le mani e la coscienza con le tragedie
d’amore dei
mortali, mentre lei resta a guardare. Pregalo e propiziatelo con teneri
doni.
Perché lui è un giovanotto buono e sensibile
all’amore. Cercare di morire è un
azione molto stupida quando si può recuperare ciò
che si è perso. Volevi morire
perché credevi che Eros ti avesse abbandonata? Ma come
può essere così? Come
può non amarti più se tutte le creature della
natura ti onorano come sua sposa
e ti proteggono? Persino io non oserei alzare un dito su di te. Persino
io temo
più l’ira che avrebbe Eros verso di me se ti
facessi del male, piuttosto che
l’ira di Afrodite, se scoprisse che ti sto aiutando, che ti
consiglio, che ti
avviso del pericolo!-
Dopo
averlo ascoltato senza guardarlo, mi asciugai le lacrime e mormorai
-Grazie di
aver avuto pietà del mio delirio e di avermi riempito di
buoni consigli,
rustico Pan-
-Farai
come ti ho consigliato? Cercherai di propiziarti Eros?-
-Ogni
volta che potrò, quando mi fermerò lungo il
cammino per raggiungere il monte
Olimpo-
-Cosa
vuoi fare all’Olimpo?!! Afrodite non dovrebbe guardare
lontano per cercarti!-
-Andrò a
consegnarmi, in qualunque città andrò, tanto, mi
riconoscerebbero. E debole
come sono mi catturerebbero, forse mi malmenerebbero per far piacere ad
Afrodite, e poi mi consegnerebbero comunque. Ma prima di andare voglio
passare
a trovare le mie sorelle, per dirle della mia
disgrazia…è la stagione in cui
vanno in campagna coi loro mariti, per sopportare il caldo-
-Si
condivide ogni problema con le sorelle! Brava! Ottima idea andare a
dire addio
ai famigliari!-
Bussai mestamente
alla porta della mia prima sorella. Quando aprì e mi vide i
suoi occhi
brillarono di cattiveria.
-Allora? Che
hai fatto? Ci sei riuscita?- chiese impaziente.
-No,
io…io…si è svegliato
prima…- dissi ingoiando le lacrime.
Il mio
balbettio non destò sospetti, era comprensibile che fossi
sconvolta.
-Cosa è
successo sorellina adorata? Non piangere, raccontami tutto-
-Io…-
tirai su col naso e mi sfuggì un singhiozzo
–io…io…mi sono
avvicinata…avevo il
pugnale, la candela…ma mentre stavo per…-
singhiozzando mimai convulsamente un
colpo di pugnale –l’olio del lume, è
caduto sulla spalla e..e- per un attimo mi
sentii completamente soffocata e piansi senza ritegno.
-E poi!!?-
-E poi si
è svegliato- tentai di riprendere, mentre mia sorella stava
col fiato sospeso -Non
era come avevate detto voi. Mio marito era il bellissimo Eros dalle
frecce
fatali, che..che infine è fuggito e..e volando…e
volando… mi ha urlato che ero…che
ero…una sposa terribile e indegna!- strillai piangendo.
Naturalmente
mia sorella aveva completamente frainteso il motivo per cui stessi
piangendo,
ora non mi restava altro che raccontarle il finale di ciò
che avevo escogitato,
con un’astuzia e una crudeltà che non sapevo di
possedere.
-Oh
Psiche!- esclamò tentando di abbracciarmi. Io mi ritrassi.
-Non è
tutto, sorella. Ha…ha detto anche che si sarebbe cercato una
sposa più degna e
più bella di me…e…e..ingiuriandomi per
la mia azione, ha detto che aveva già
scelto te e mi ha…- mia sorella saltò su dalla
sedia emozionatissima.
-Ha detto
così?!- strillò.
-Si-
mormorai asciugandomi gli occhi -ha detto che prenderai tu il mio
posto- lei a
stento si tratteneva dal saltellare per l’eccitazione.
-Un dio mi
ama!!- gridò. In fretta e furia scrisse un biglietto al
marito "I miei genitori
sono morti in un tragico incendio, vado a dargli l’estremo
saluto" e corse
fuori casa con tutt’altro umore di una donna che deve andare
a un funerale.
Era
giunto il momento di far visita anche all’altra mia sorella.
Quando
arrivai piangevo ancora. Lei tentò di abbracciarmi, ma io la
evitai. Invece mi abbandonai
sulla sedia con il viso tra le mani.
-Cosa è
successo?!-
-Lui…- e
le raccontai la stessa storia che avevo riferito alla prima sorella.
Quando
arrivai a dirle che Eros aveva scelto lei come sua nuova sposa mi
interruppe
gridando di gioia.
-Io??!!-
strillò saltando in piedi sulla sedia e fissandomi raggiante
-Dillo ancora! Ti
prego! Dillo!- mi ordinò
-Ha
scelto te come sposa- dissi tirando su col naso e asciugandomi le
lacrime.
-Aaaaahhhh!
Lo sapevo! Lo sapevo! Lo sapevo!
L’ho
sempre saputo di essere più bella io
di te! Lo sapevo che eri un indegna! Che non ti meritavi niente!
NIENTE!-
Scese
dalla sedia, corse come una furia nella sua stanza e tornò
con bellissimo
vestito.
-Evviva!
Evviva! Vado a buttarmi nelle braccia del mio divino sposo! E
certamente renderà
anche me una dea! Aaahhh! Sono così emozionata! Sono
così eccitata!- esclamava
raccattando in una borsa le cose che trovava in giro e ignorandomi
completamente.
Ad un
tratto, mentre stava per mettere nella sacca una sua sciarpa di seta,
la buttò
a terra, poi capovolse la borsa, rovesciandone tutto il contenuto, e
gettò via
anche quella.
-Ma a che
mi serve tutta questa roba! Io sono la sposa di un dio! Iiiiiih! Che
bello! È
stupendo! Sono divina anche io! Vado ad abitare in un palazzo
fantastico! Che
bisogno avrò mai di questa roba! Psiche, stupida mortale,
dì tu a mio marito
che lo lascio, d’accordo?! D’accordo! Evviva!- e
corse fuori casa a passo di
danza.
Le corsi
dietro.
Quando
arrivò alla rupe senza fiato –Eccomi Amore mio
adorato!!- chiamò tutta eccitata
e zuccherosa, poi, ricordandosi che io avevo potuto dare ordini al
vento,
ringhiò –Tu, vento, servo, alzami! Sono la tua
signora! Portami nella mia
dimora!-
Sentendo
che Zefiro non soffiava per nulla, prese la rincorsa e saltò
nel vuoto.
Gridò
felice, sicurissima che il vento l’avrebbe retta in volo un
attimo prima di
toccare terra.
Quando sentii
l’eco di un grido tremendo, corsi spaventata verso la rupe e
guardai sul fondo.
Mia
sorella rotolava per le rocce affilate e si schiantava.
Un po’
più in alto da dove era finita la mia seconda sorella,
c’era la mia sorella
maggiore, che precipitando era caduta in tal modo da andare a
infilzarsi su un
uno spuntone di roccia particolarmente acuminato.
Rimasi
turbata dalla vista dei cadaveri, ma non piansi minimamente per loro,
non
tornai dai miei genitori e non parlai mai con nessuno di cosa che era
successo.
Solo gli dei sapevano quello che avevo fatto.
Era
notte.
Scalai il
monte. Le nuvole basse e piene di pioggia coprivano il mondo come un
coperchio.
Con le ginocchia sbucciate e il peplo pieno di sporcizia scalai
l’ultima pietra
che mi separava dal palazzo di Venere, che in fondo non era il
più alto di
tutto l’Olimpo.
Mi
fermai, piegata sulle ginocchia, per riprendere fiato. Ero davanti al
ponte che
mi separava dalla dimora sacra della dea.
Esitai,
mi sentivo il cuore sospeso nel terrore.
Nonostante
tutto attraversai il ponte, guardandomi in giro.
Mi tormentava la paura
che
sapessero del mio arrivo e mi avessero teso qualche trabocchetto. Mi
sentivo
strana, un po’ in ansia per il buio, avevo continuamente
l’impressione che
qualcosa si fosse nascosto a guardarmi, o che mi stesse già
accanto, col fiato
sul collo e una mano tesa nel buio.
Arrivai
sull’altro lato senza incidenti, senza che il ponte cedesse
minimamente e senza
che degli avvoltoi mi piombassero addosso dal cielo, mi rapissero,
scarnificassero e lasciassero le mie ossa a sbiancare su un altare di
Afrodite.
All’ingresso
c’era una bella ancella, Consuetudine, che aspettava, con le
mani in mano,
fischiettando.
Ma quando
mi vide si mise a urlare con tutto il fiato che aveva nei polmoni.
-Ahhh!
Eccoti! Finalmente hai capito che hai una padrona! Ma adesso che ti ho
in mano
è come se fossi caduta nelle mani dell’Orco!
Vedrai!- mi prese per i capelli e
mi strascinò senza che opponessi resistenza: sembrava
graziosissima e fragile,
ma aveva più forza di un gigante
–Ti porto
da tua suocera! Tz! E bada di fare
e
farti fare quello che più le va! Se non vuoi peggiorare le
cose!-
Si fermò
davanti a una porta bianca, la aprì e, quasi sollevandomi
per i capelli, mi ci
gettò dentro. La richiuse subito, come per trattenere dentro
un esplosione.
Caddi
battendo il mento, il colpo mi aveva fatto sbattere le mascelle tanto
forte da
tagliarmi il labbro con i denti.
-Ma ti
pare! Brutta baldracca! Sporcare di sangue il mio tappeto!-
urlò una voce
divina nella stanza vuota.
In
qualche modo strisciai indietro, proteggendomi la testa con le braccia,
aspettandomi che Afrodite cominciasse a frustarmi o a lanciarmi
oggetti,
nascosta in qualche punto della stanza.
-Ma
guarda, ti agiti come un verme! Mi pare anche che tu ti sia appena pisciata
addosso!-
L’aveva
detto per provocarmi, ma mi sentivo davvero sul punto di farmela sotto davanti a lei.
All’improvviso,
davanti a me che ero sdraiata e rannicchiata, pronta per ricevere
botte,
svolazzarono delle scintille, che si unirono tutte davanti a me a
formare una
figura alta, in piedi.
Il mio
viso era proprio a portata del piede bianco di Afrodite.
Aspettandomi
che mi
allungasse un sonoro calcio strisciai lontano dai suoi sandali.
Però,
quasi in contemporanea, lei mi prese per un braccio e con una
strattonata che mi
strappò un grido mi sollevò in piedi e mi
schiaffeggiò finché le guance non mi
divennero viola.
Mi spinse
e caddi di sedere. A quel punto cominciò a prendermi a
calci, soprattutto sul
seno e sull’inguine.
I suoi
colpi mi avevano spedito vicino a una finestra. Cercai di coprirmi il
viso con
una tenda e scoppiai a piangere.
-Oh!
Adesso vuole farmi commuovere!- stracciò la tenda e mi
sollevò di nuovo.
Mi
consegnò nelle braccia di due sue ancelle sghignazzanti:
Tristezza e Angoscia,
e ordinò loro di torturarmi, mentre lei si faceva pettinare
dalle Grazie.
In sua presenza, Angoscia
e Tristezza iniziarono a frustarmi senza pietà.
Rivolta
allo specchio, Afrodite si faceva pettinare dalle Grazie e mi guardava
attraverso il riflesso.
Provai ad
alzare la testa, ma una sferzata al collo mi fece piegare di nuovo.
Afrodite
era troppo simile al figlio. Aveva capelli biondi e lucidi come uno
specchio,
li portava dietro lunghi come uno strascico, in una complicata
acconciatura di
trecce.
La bocca
era perfetta, e gli uomini avrebbero fatto follie per catturarmi e
poter
ricevere il premio di un suo bacio.
Gli occhi
erano del mare da cui era nata: le acque da cui era emersa vi avevano
lasciato
dentro il loro profondo e bellissimo colore. La pupilla era cerchiata
d’oro per
l’ambrosia, come quella di tutti gli dei.
La pelle
era bianchissima e le guance rosse, senza traccia di trucco sulla sua
bellezza
stupefacente.
Quando
caddi a terra sfinita e sanguinante, le sue belle sopracciglia bionde
si
aggrottarono per la scontentezza. Sbuffando mandò via le
Grazie e mi gettò un
pezzo di pane che aveva in una ciotola.
-Mi
sembri una schiava talmente brutta da poterti guadagnare il favore dei
tuoi
padroni solo con dei lavoretti. Perciò domani
all’alba ti sottoporrò una prova,
e se sopravvivrai te ne darò quante altre mi
sembrerà giusto dartene…-
Detto
questo si alzò dal suo sedile, scosse i capelli in un gesto
di vanità superiore
e se ne andò senza degnarmi di un occhiata, sbattendo la
porta e sbraitando a
Tristezza e ad Angoscia di controllarmi.
Continua...
Adesso manca solo il capitolo finale, quello delle prove che Afrodite darà a Psyche e del salvataggio in extremis di Eros, che si sveglia finalmente e va a salvare la sua amata dalle grinfie della sua suocera.
Sachi Mitsuki: Grazie sono contenta che ti piaccia ^^.
Norine: Grazie, che ho fatto un sacco di plagi dal testo originale del mito per i dialoghi. Anche a me piace la storia di Orfeo e Euridice, ma Orfeo come personaggio mitico mi sta un po' sulle palle, non lo so perchè, forse l'ho sempre immaginato come un tizio piuttosto melodrammatico, ho forse ho letto delle fan fic che me l'hanno fatto vedere così...bah.