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Autore: trullitrulli    03/05/2010    2 recensioni
Raccontato dagli occhi della protagonista, Psyche, la mortale che ardì d'essere bella come Afrodite e di cui Eros osò innamorarsi.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eros e Psyche

-La morte, la morte! Tutto è meglio di questo, anche la morte! Morirò e scenderò nelle ombre e non sentirò più… nulla! Ah, meraviglioso! Tutta la vita mi sembrerà un sogno confuso. Scambio volentieri una sofferenza per un’altra, se so che quella che avrò non sarà tanto terribile quanto la prima. Spero che i pesci non lasceranno nulla della sventurata Psiche! Nessuno mi deve trovare! Che nessuno mi ricordi! Solo il mio amore, pensi sempre a me come a un tesoro, e possa morire, anche se divino, per la disperazione della mia perdita. Ecco il fiume! Fiume, eccoti la morta!-
Mi abbandonai a faccia in giù nel fiume.
Mi lasciai affondare, aspettando di finire l’aria e di soffocare.
Ma la corrente del fiume non mi risucchiava affatto sul fondo. Anzi, grossi pesci mi spingevano a galla e l’acqua torbida diventava cristallina dove cercavo di nuotare.
I miei sforzi per annegare vennero totalmente respinti da tutto il fiume e dai suoi abitanti, e la corrente mi trasportò, viva, sull’altra riva.
Dopo aver tossito, pianto, singhiozzato e rantolato ed essermi artigliata i capelli con le unghie ed essermi graffiata le guance e aver scosso la testa per molto tempo come impazzita, i miei gemiti cominciarono a farsi più fievoli, i singhiozzi meno violenti e il sonno mi scese sugli occhi.
Senza che me ne accorgessi, mi addormentai e abbandonai il viso pieno di lacrime nel fango.
Al mattino per poco non trasalii dalla sorpresa quando mi svegliai fuori dal mio letto.
Ero così confusa di trovarmi all’aperto, che mi sollevai barcollando e mi guardai intorno per ricordare come fossi giunta lì. Volando? Correndo? A nuoto?
Appena ricordai ogni cosa mi sentii un nodo alla gola, gli occhi lacrimavano e feci per sciogliermi e piangermi addosso. Ma subito sentii qualcosa che aveva il potere di risollevare il mio animo da terra: il canto di una ninfa.
Le ninfe cantavano meravigliosamente, con tenori stupendi.
Feci qualche passo in direzione della voce semidivina e vidi il rustico dio delle montagne, Pan, che teneva sulle ginocchia la ninfa Eco.
Suonava il suo flauto e la ninfa ripeteva con la sua voce le ultime note.
-Oh, bellissima mortale- disse Pan rivolgendosi a me.
-rtale..ale..ale..le- cantò di rimando Eco, guardandomi incuriosita.
-Ben svegliata, hai pianto così tanto ieri sera che hai fatto piangere anche tutti noi- borbottò
Eco fece sì con la testa e sorrise radiosa. Non era un mistero perché Era la odiasse e le avesse tolto la voce, lasciandogliela solo per rispondere alle frasi degli altri con le ultime sillabe che aveva sentito.
Io non dissi nulla. Pensai solo che gli immortali erano tanto invidiosi dei mortali e semidei da punirli per il mero piacere di sopraffarli.
Pan fece scendere Eco dalle sue ginocchia e le disse di andare, di correre a spiare Narciso nella foresta.
Il sorriso della ninfa divenne ancora più largo. Fece sì con la testa e rispose felice e tenera
-iso…iso..so-
Quando la ninfa fu corsa via, Pan mi guardò malamente.
-Stupidina, Cupido deve averti scelta solo perché sei bella, visto che non hai dato una gran prova della tua acutezza ieri sera-
Mi offesi immediatamente e aprii la bocca per rispondere.
-Non parlare, ho ragione io. Tutte le creature del bosco sono state in pena per te ieri sera; non credere che ti abbiano ritenuta stupida quando ti buttasti nel fiume. Loro hanno badato più che altro a quanto fosse romantica la vicenda: una fanciulla, quasi una bambina, impazzita d’amore fino a uccidersi. Li ha commossi infinitamente la tua disperazione- fece con un tono di sufficienza -Ma gli spiritelli che abitano i fiori e le piante sono troppo romantici e poco furbi. Avrebbero dovuto chiedersi perché non sei annegata-
Inasprita da tutte quelle critiche, sbottai –Anche io mi aspettavo un miglior risultato-
-Non fare la stupida, piccola bambina ingrata! Dovresti prostrarti mille volte davanti a tutte le statue degli dei ogni volta che ne incontri una; perché ti hanno reso bella e vergognosamente fortunata! Solo stamattina ci è giunta voce della tua storia. E allora io compresi perché il fiume ti aveva risparmiata con tanta premura. Devi sapere che non esiste nessuno, infima creatura, mortale o austero dio che non tema Eros. Se perfino i fiumi infernali lo temono dovevi aspettarti che anche un fiume qualsiasi avesse paura di far del male alla sua amata!-
-Eppure mi ha abbandonata…- dissi tentando di non avere una voce collassata.
-È ancora un bambino per molti versi, ha paura dell’ira di sua madre…Oh beh, veramente lui le ride in faccia quando vuole e per dispetto la punge con le sue frecce per farla innamorale dei mortali…ma stavolta non potrà scamparla. Le ha fatto l’affronto peggiore di tutti! Non c’è cosa al mondo che lei odi più di te, a parte, forse, Castità-
-Sono perduta…- dissi con una vocina soave, ma tremante, afflosciandomi dalla paura.
-Allora non farti scoraggiare da ciò che sto per dirti. Tornato Eros, lei è subito venuta a sapere dell’accaduto e ha quasi tolto al suo dolce figlio ali e frecce, minacciando di darle a un umilissimo paggetto per umiliarlo di fronte a tutti gli dei. Poi però ha prevalso l’odio verso di te. Ha inviato Mercurio sulla terra, a bandire un annuncio per tutti i mortali. Chi ti consegnerà nelle sue mani viva riceverà da lei sei baci sulla bocca, più uno molto meno dolce, con la lingua-
Ero mortalmente pallida. Alla notizia della caccia che Afrodite aveva bandito contro di me sentii il fiato morirmi in gola e le ginocchia piegarmisi sotto.
-Non farti prendere dal panico. Povera creatura, povera creatura. Ma hai fatto molto male a gettarti in quel fiume. Ne sono ancora convinto. E ferma! Non tentare di ributtartici perché ti sputerà fuori con uno spruzzo! No..no..non pian…-
-Sono perduta! Sono finita!- piansi fuori di me, con la testa tra le mani.
-Non sei perduta. E ora siediti. Da brava. Ecco. Tutta questa agitazione ti farà male. Hai la faccia di una a cui sono saltati tutti i nervi. Povera cara. Per quanto Afrodite possa essere altera e vanitosa, Eros è più potente di lei. Perché è il suo araldo. Si sporca lui le mani e la coscienza con le tragedie d’amore dei mortali, mentre lei resta a guardare. Pregalo e propiziatelo con teneri doni. Perché lui è un giovanotto buono e sensibile all’amore. Cercare di morire è un azione molto stupida quando si può recuperare ciò che si è perso. Volevi morire perché credevi che Eros ti avesse abbandonata? Ma come può essere così? Come può non amarti più se tutte le creature della natura ti onorano come sua sposa e ti proteggono? Persino io non oserei alzare un dito su di te. Persino io temo più l’ira che avrebbe Eros verso di me se ti facessi del male, piuttosto che l’ira di Afrodite, se scoprisse che ti sto aiutando, che ti consiglio, che ti avviso del pericolo!-
Dopo averlo ascoltato senza guardarlo, mi asciugai le lacrime e mormorai -Grazie di aver avuto pietà del mio delirio e di avermi riempito di buoni consigli, rustico Pan-
-Farai come ti ho consigliato? Cercherai di propiziarti Eros?-
-Ogni volta che potrò, quando mi fermerò lungo il cammino per raggiungere il monte Olimpo-
-Cosa vuoi fare all’Olimpo?!! Afrodite non dovrebbe guardare lontano per cercarti!-
-Andrò a consegnarmi, in qualunque città andrò, tanto, mi riconoscerebbero. E debole come sono mi catturerebbero, forse mi malmenerebbero per far piacere ad Afrodite, e poi mi consegnerebbero comunque. Ma prima di andare voglio passare a trovare le mie sorelle, per dirle della mia disgrazia…è la stagione in cui vanno in campagna coi loro mariti, per sopportare il caldo-
-Si condivide ogni problema con le sorelle! Brava! Ottima idea andare a dire addio ai famigliari!-

 
Bussai mestamente alla porta della mia prima sorella. Quando aprì e mi vide i suoi occhi brillarono di cattiveria.
-Allora? Che hai fatto? Ci sei riuscita?- chiese impaziente.
-No, io…io…si è svegliato prima…- dissi ingoiando le lacrime.
Il mio balbettio non destò sospetti, era comprensibile che fossi sconvolta.
-Cosa è successo sorellina adorata? Non piangere, raccontami tutto-
-Io…- tirai su col naso e mi sfuggì un singhiozzo –io…io…mi sono avvicinata…avevo il pugnale, la candela…ma mentre stavo per…- singhiozzando mimai convulsamente un colpo di pugnale –l’olio del lume, è caduto sulla spalla e..e- per un attimo mi sentii completamente soffocata e piansi senza ritegno.
-E poi!!?-
-E poi si è svegliato- tentai di riprendere, mentre mia sorella stava col fiato sospeso -Non era come avevate detto voi. Mio marito era il bellissimo Eros dalle frecce fatali, che..che infine è fuggito e..e volando…e volando… mi ha urlato che ero…che ero…una sposa terribile e indegna!- strillai piangendo.
Naturalmente mia sorella aveva completamente frainteso il motivo per cui stessi piangendo, ora non mi restava altro che raccontarle il finale di ciò che avevo escogitato, con un’astuzia e una crudeltà che non sapevo di possedere.
-Oh Psiche!- esclamò tentando di abbracciarmi. Io mi ritrassi.
-Non è tutto, sorella. Ha…ha detto anche che si sarebbe cercato una sposa più degna e più bella di me…e…e..ingiuriandomi per la mia azione, ha detto che aveva già scelto te e mi ha…- mia sorella saltò su dalla sedia emozionatissima.
-Ha detto così?!- strillò.
-Si- mormorai asciugandomi gli occhi -ha detto che prenderai tu il mio posto- lei a stento si tratteneva dal saltellare per l’eccitazione.
-Un dio mi ama!!- gridò. In fretta e furia scrisse un biglietto al marito "I miei genitori sono morti in un tragico incendio, vado a dargli l’estremo saluto" e corse fuori casa con tutt’altro umore di una donna che deve andare a un funerale.
Era giunto il momento di far visita anche all’altra mia sorella.
Quando arrivai piangevo ancora. Lei tentò di abbracciarmi, ma io la evitai. Invece mi abbandonai sulla sedia con il viso tra le mani.
-Cosa è successo?!-
-Lui…- e le raccontai la stessa storia che avevo riferito alla prima sorella.
Quando arrivai a dirle che Eros aveva scelto lei come sua nuova sposa mi interruppe gridando di gioia.
-Io??!!- strillò saltando in piedi sulla sedia e fissandomi raggiante -Dillo ancora! Ti prego! Dillo!- mi ordinò
-Ha scelto te come sposa- dissi tirando su col naso e asciugandomi le lacrime.
-Aaaaahhhh! Lo sapevo! Lo sapevo! Lo sapevo! L’ho sempre saputo di essere più bella io di te! Lo sapevo che eri un indegna! Che non ti meritavi niente! NIENTE!-
Scese dalla sedia, corse come una furia nella sua stanza e tornò con bellissimo vestito.
-Evviva! Evviva! Vado a buttarmi nelle braccia del mio divino sposo! E certamente renderà anche me una dea! Aaahhh! Sono così emozionata! Sono così eccitata!- esclamava raccattando in una borsa le cose che trovava in giro e ignorandomi completamente.
Ad un tratto, mentre stava per mettere nella sacca una sua sciarpa di seta, la buttò a terra, poi capovolse la borsa, rovesciandone tutto il contenuto, e gettò via anche quella.
-Ma a che mi serve tutta questa roba! Io sono la sposa di un dio! Iiiiiih! Che bello! È stupendo! Sono divina anche io! Vado ad abitare in un palazzo fantastico! Che bisogno avrò mai di questa roba! Psiche, stupida mortale, dì tu a mio marito che lo lascio, d’accordo?! D’accordo! Evviva!- e corse fuori casa a passo di danza.
Le corsi dietro.
Quando arrivò alla rupe senza fiato –Eccomi Amore mio adorato!!- chiamò tutta eccitata e zuccherosa, poi, ricordandosi che io avevo potuto dare ordini al vento, ringhiò –Tu, vento, servo, alzami! Sono la tua signora! Portami nella mia dimora!-
Sentendo che Zefiro non soffiava per nulla, prese la rincorsa e saltò nel vuoto.
Gridò felice, sicurissima che il vento l’avrebbe retta in volo un attimo prima di toccare terra.
Quando sentii l’eco di un grido tremendo, corsi spaventata verso la rupe e guardai sul fondo.
Mia sorella rotolava per le rocce affilate e si schiantava.
Un po’ più in alto da dove era finita la mia seconda sorella, c’era la mia sorella maggiore, che precipitando era caduta in tal modo da andare a infilzarsi su un uno spuntone di roccia particolarmente acuminato.
Rimasi turbata dalla vista dei cadaveri, ma non piansi minimamente per loro, non tornai dai miei genitori e non parlai mai con nessuno di cosa che era successo. Solo gli dei sapevano quello che avevo fatto.

 
Era notte.
Scalai il monte. Le nuvole basse e piene di pioggia coprivano il mondo come un coperchio. Con le ginocchia sbucciate e il peplo pieno di sporcizia scalai l’ultima pietra che mi separava dal palazzo di Venere, che in fondo non era il più alto di tutto l’Olimpo.
Mi fermai, piegata sulle ginocchia, per riprendere fiato. Ero davanti al ponte che mi separava dalla dimora sacra della dea.
Esitai, mi sentivo il cuore sospeso nel terrore.
Nonostante tutto attraversai il ponte, guardandomi in giro.
Mi tormentava la paura che sapessero del mio arrivo e mi avessero teso qualche trabocchetto. Mi sentivo strana, un po’ in ansia per il buio, avevo continuamente l’impressione che qualcosa si fosse nascosto a guardarmi, o che mi stesse già accanto, col fiato sul collo e una mano tesa nel buio.
Arrivai sull’altro lato senza incidenti, senza che il ponte cedesse minimamente e senza che degli avvoltoi mi piombassero addosso dal cielo, mi rapissero, scarnificassero e lasciassero le mie ossa a sbiancare su un altare di Afrodite.
All’ingresso c’era una bella ancella, Consuetudine, che aspettava, con le mani in mano, fischiettando.
Ma quando mi vide si mise a urlare con tutto il fiato che aveva nei polmoni.
-Ahhh! Eccoti! Finalmente hai capito che hai una padrona! Ma adesso che ti ho in mano è come se fossi caduta nelle mani dell’Orco! Vedrai!- mi prese per i capelli e mi strascinò senza che opponessi resistenza: sembrava graziosissima e fragile, ma aveva più forza di un gigante
–Ti porto da tua suocera! Tz! E bada di fare e farti fare quello che più le va! Se non vuoi peggiorare le cose!-
Si fermò davanti a una porta bianca, la aprì e, quasi sollevandomi per i capelli, mi ci gettò dentro. La richiuse subito, come per trattenere dentro un esplosione.
Caddi battendo il mento, il colpo mi aveva fatto sbattere le mascelle tanto forte da tagliarmi il labbro con i denti.
-Ma ti pare! Brutta baldracca! Sporcare di sangue il mio tappeto!- urlò una voce divina nella stanza vuota.
In qualche modo strisciai indietro, proteggendomi la testa con le braccia, aspettandomi che Afrodite cominciasse a frustarmi o a lanciarmi oggetti, nascosta in qualche punto della stanza.
-Ma guarda, ti agiti come un verme! Mi pare anche che tu ti sia appena pisciata addosso!-
L’aveva detto per provocarmi, ma mi sentivo davvero sul punto di farmela sotto davanti a lei.
All’improvviso, davanti a me che ero sdraiata e rannicchiata, pronta per ricevere botte, svolazzarono delle scintille, che si unirono tutte davanti a me a formare una figura alta, in piedi.
Il mio viso era proprio a portata del piede bianco di Afrodite.
Aspettandomi che mi allungasse un sonoro calcio strisciai lontano dai suoi sandali.
Però, quasi in contemporanea, lei mi prese per un braccio e con una strattonata che mi strappò un grido mi sollevò in piedi e mi schiaffeggiò finché le guance non mi divennero viola.
Mi spinse e caddi di sedere. A quel punto cominciò a prendermi a calci, soprattutto sul seno e sull’inguine.
I suoi colpi mi avevano spedito vicino a una finestra. Cercai di coprirmi il viso con una tenda e scoppiai a piangere.
-Oh! Adesso vuole farmi commuovere!- stracciò la tenda e mi sollevò di nuovo.
Mi consegnò nelle braccia di due sue ancelle sghignazzanti: Tristezza e Angoscia, e ordinò loro di torturarmi, mentre lei si faceva pettinare dalle Grazie.
In sua presenza, Angoscia e Tristezza iniziarono a frustarmi senza pietà.
Rivolta allo specchio, Afrodite si faceva pettinare dalle Grazie e mi guardava attraverso il riflesso.
Provai ad alzare la testa, ma una sferzata al collo mi fece piegare di nuovo.
Afrodite era troppo simile al figlio. Aveva capelli biondi e lucidi come uno specchio, li portava dietro lunghi come uno strascico, in una complicata acconciatura di trecce.
La bocca era perfetta, e gli uomini avrebbero fatto follie per catturarmi e poter ricevere il premio di un suo bacio.
Gli occhi erano del mare da cui era nata: le acque da cui era emersa vi avevano lasciato dentro il loro profondo e bellissimo colore. La pupilla era cerchiata d’oro per l’ambrosia, come quella di tutti gli dei.
La pelle era bianchissima e le guance rosse, senza traccia di trucco sulla sua bellezza stupefacente.
Quando caddi a terra sfinita e sanguinante, le sue belle sopracciglia bionde si aggrottarono per la scontentezza. Sbuffando mandò via le Grazie e mi gettò un pezzo di pane che aveva in una ciotola.
-Mi sembri una schiava talmente brutta da poterti guadagnare il favore dei tuoi padroni solo con dei lavoretti. Perciò domani all’alba ti sottoporrò una prova, e se sopravvivrai te ne darò quante altre mi sembrerà giusto dartene…-
Detto questo si alzò dal suo sedile, scosse i capelli in un gesto di vanità superiore e se ne andò senza degnarmi di un occhiata, sbattendo la porta e sbraitando a Tristezza e ad Angoscia di controllarmi. 

Continua...

Adesso manca solo il capitolo finale, quello delle prove che Afrodite darà a Psyche e del salvataggio in extremis di Eros, che si sveglia finalmente e va a salvare la sua amata dalle grinfie della sua suocera.


Sachi Mitsuki: Grazie sono contenta che ti piaccia ^^.

Norine: Grazie, che ho fatto un sacco di plagi dal testo originale del mito per i dialoghi. Anche a me piace la storia di Orfeo e Euridice, ma Orfeo come personaggio mitico mi sta un po' sulle palle, non lo so perchè, forse l'ho sempre immaginato come un tizio piuttosto melodrammatico, ho forse ho letto delle fan fic che me l'hanno fatto vedere così...bah.

  
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