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Autore: Slits    03/05/2010    1 recensioni
1st Phase: Denial « Una chiazza blu emergeva quasi dolorosamente fra i rivoli della corrente. »
2nd Phase: Anger « La vista dei primi fuochi accesi, a lungo andare, aveva iniziato a logorargli lo stomaco, rimestandogli le viscere a poco a poco fino alla gola. »
3rd Phase: Bargaining « Lo aveva preso con sé, datogli un’arma in mano e credendolo un uomo lo aveva mandato a combattere. »
4th Phase: Depression « Ad accentuare le orme dei suoi commilitoni vi erano spesso i caricatori vuoti dei fucili, riempiti a malapena poche ore prima. »
5th Phase: Acceptance « Ci si guardava negli occhi e decideva a vista chi fosse malato a sufficienza da poter andare avanti e chi, invece, restando fermo in quell’assurda voglia di imbracciare le armi, nonostante lo sterminio, nonostante le morti ed il piombo, destinato a soccombere. »
Accostarsi al dolore rende meno umani di quanto si possa immaginare.
[Roy-centric]
[!Angst]
Genere: Azione, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Roy Mustang
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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3rd Phase: Bargaining
[There's no place to hide]


I bambini crescevano piuttosto in fretta ad Ishbal.
Camminavano fianco a fianco nelle piazze delle città, nascondendosi fra i vecchi muri divelti dagli spari, e mormoravano nenie stonate.
Quelli strappati alle madri prima ancora di aver modo di imparare accompagnavano gli altri in silenzio, tamburellando stancamente con i piedi a terra.
Uscivano fuori quasi sempre rumori sgraziati, che sapevano di marce ascoltate distrattamente al fronte o di fastidiosi ticchettii di fucili.
Non erano sicuri di conoscere nient’altro.
Erano in grado di attraversare interi paesi in quel modo, con i grandi, quelli un po’ più alti, piantonati in testa al gruppo per scrutare meglio l’orizzonte ed i piccoli lasciati più indietro, in coda, per non rallentare.
Non contava molto l’altezza, per i bambini di Ishbal essere minuti non era una prerogativa necessaria per colmare i vuoti alla fine delle schiere.
Piccolo era chi piangeva, chi zoppicava e si fermava di tanto in tanto gridando “Mamma”.
I feriti, per quanto potessero ergersi in statura, divenivano piccoli al ritmo di marcia e venivano lasciati indietro.
I piccoli dovevano necessariamente stare indietro. O i grandi non avrebbero più potuto vedere l’orizzonte con loro a fare da fardello.
La prima volta che Roy incontrò una di queste carovane della miseria fu durante uno dei turni di sorveglianza alle fosse comuni, quando, sfilando silenziosamente fra i cadaveri, era stato incaricato di segnalare l’ammontare delle perdite.
Era rimasto chino, intento a sbrogliare la medaglietta di riconoscimento di un soldato fra la carne putrefatta del petto.
Ed i bambini, incapaci di vederlo da quelle loro assurde postazioni, si erano limitati a tirare dritto, continuando il proprio cammino.
Non contava quanto scarichi potessero essere i fucili che portavano in spalla, o smussati i loro pugnali o, ancora, sgualcite le fondine che sorreggevano il loro nulla; Roy, incontrandoli, da quel giorno aveva sempre imparato a nascondersi.
Il vento che sollevava le sue suole piantate nel suolo, l’odore disgustoso della terra bagnata e persino l’acro del lerciume fra i risvolti della giacca, tutti, nessuno escluso, divenivano improvvisamente piacevoli se ad accompagnarli non vi era il tanfo amaro dei cadaveri carbonizzati.
Non vi era odio alla base di questa contrattazione fra i doveri impostigli dal governo e quel flebile bagliore di umanità che ancora, fra i buchi neri che la guerra aveva portato con sé, gli baluginava in petto.
Roy aveva conosciuto fin troppo bene, con il passare degli anni, la fiamma ardente della miseria per poterla più ignorare.
La guerra lo aveva semplicemente strappato con rabbia da quel fuoco perpetuo, seppure non abbastanza in fretta da dimenticare. Lo aveva preso con sé, datogli un’arma in mano e credendolo un uomo lo aveva mandato a combattere.
Ritenendolo poi abbastanza maturo da poter riscuotere, a poco a poco, aveva incominciato a svuotarlo pezzo dopo pezzo, come un fucile ben carico, prendendo poco alla volta.
Ed un giorno, un pomeriggio caldo senza cadaveri, senza nulla a fare da ombra a quel sole cocente, si era decisa a saldare il debito.
L’eroe di Ishbal li vide arrivare per la prima volta nitidamente, senza vecchie pietre ad offuscargli la vista o corpi smembrati a dargli un freddo riparo.
Li vide, tutti, stretti gli uni agli altri con i grandi fucili piantati in spalla e le mani serrate fra quelle dei più piccoli, allineati poco prima delle sentinelle.
Li vide e ne ebbe paura.
Lo sussurrò appena quel terrore, schiudendo le labbra ed arretrando di un solo, insignificante passo, quasi illudendosi che la distanza bastasse a quietare il fuoco. Invece, parve necessaria unicamente a rendere ancor più nitida la canna puntatagli all’altezza del cuore.
Si slacciò la fondina e la gettò lontana da sé, sollevò le mani ed arretrò ancora.
E la sicura stretta fra le dita dal bambino scattò appena.
Vi fu un solo attimo di silenzio, impercettibile, fugace come la sabbia bianca che stancamente soffiava via e graffiava l’espressione persa del soldato.
Poi il bambino sollevò ancora l’arma, prese meglio la mira e sparò.
Ed un’unica, immensa morsa di fuoco cinse il vuoto nel deserto del paese.
I bambini crescevano piuttosto in fretta ad Ishbal.
I più, morivano con altrettanta rapidità.



---
V
i sono alcune precisazioni che terrei a fare su questo capitolo.
Riguardano quasi esclusivamente il perchè del gesto di Roy, ragion per cui non allarmatevi, non sarò particolarmente prolissa. Servono unicamente ad eliminare eventuali fraintendimenti.
La paura di Roy, quella che lo ha scosso alla fine, non è ovviamente data dal terrore di essere ucciso dai bambini. Piuttosto, dalla paura di poterli uccidere a sua volta.
Gesto che poi, alla conclusione di tutto, si è concretizzato.

* si guarda attorno
E' tristissimo dover spiegare ciò che si scrive. Sa tanto di barzelletta mal riuscita .-.

In ogni caso, approfitto ancora una volta di questo spazio per ringraziare Lely1441.
Per quanto riguarda il primo capitolo non posso che dirti che ci hai preso in pieno, praticamente su tutto. XDD
Descrivere la guerra è terribilmente difficile e, nel tentativo di comprendere le menti dei soldati, è molto facile che finisca con il perdermi a mia volta, mandando il neurone praticamente in trincea.
Quindi, è sottointeso, che non è stato il mal di testa a rendertelo incomprensibile.
Colpa mia. Gommen ù_ù

Ti ringrazio per aver avuto, tuttavia, abbastanza pazienza da rileggere il tutto. Davvero.
   
 
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