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Autore: Val    05/05/2010    2 recensioni
"Lei era una strega...
No, niente cappello a punta o naso adunco...la scopa sì, ma per pulire in terra e...beh il calderone è una cosa che stregoneria o non stregoneria, bolle comunque, a prescindere dal colore del liquido che contiene e indipendentemente da quanto inquietante e denso siano l’odore e il fumo che ne fuoriescono.
Insomma Sìle, anche se a prima vista non si vedeva, era una strega."
Niente a che vedere con la wicca o con qualcosa di Potteriano, senza nulla togliere loro, è ovvio. L'ispirazione per me è nata tutta da Brian Froud e le sue splendide illustrazioni che aiutano a capire meglio il mondo affascinantissimo delle fate e...più "bassamente", da un sacco di pensierini fatti su quel bel figliolo di Gerard Butler(fisicamente il protagonista maschile è lui ;p).
Grazie di cuore a coloro che,seguendo la mia storia, consigliandomi e incoraggiandomi, mi hanno portato a concludere per la prima volta un racconto.
Genere: Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'There's Something Magic'
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Capitolo 22 –

Da rileggere!!!!


Chiedo perdono per il solito mio ritardo, ma inizia una parte della storia alquanto sofferta :)


“Lily! Tesoro la zia Dorcas ha fatto i biscottini alla carota, non vieni ad assaggiarli?”
“No se ci tiene a non ritrovarsi la lingua come una jacket potato…comunque Sìle è andata verso il retro a cercarla…”
“Non essere velenoso tu…dove di là?”
“Sì…Ced guarda che hai mosso…”
“Non è vero…”
“Sì che è vero...”
“Da uno con un occhio solo buono, che tiene fisso sul deretano della sua fidanzata e per di più mezzo strizzato sotto il fumo di sigaretta, non accetto osservazioni…”
“Ma se ha fatto un salto di una spanna andiamo!”
“Hai detto che non giocavi Kerr, attieniti ai tuoi voti…non vale fare squadra con Sìle, io non ho nessuno con me, brutto infame…”
“Potevi approfittare di me prima che conoscessi Sìle, avevi un bel vantaggio!”
“Punto primo adesso non venirmi a dire che mi avevi notata; punto secondo, mi sarebbe venuto un esaurimento nervoso dopo trenta secondi…”
“Perché? Hai mosso di nuovo…”
“Sono gelosa dei miei oggetti di piacere…la pianti?”
“No sei tu che devi piantarla, Venere in pelliccia, hai mosso, ti devi fermare e passare la mano, funziona così a shangai…”
“Come mi hai chiamata scusa?”
“Non fare finta d’offenderti, li ho visti i tacchi che porti, ti piace fare la dominatrice…”
“Ma…quanto non posso dirti cosa sei con la bambina in giro, ma scommetto che ci arrivi da solo se ci pensi un attimo!”
“Ottimo riassunto del concetto V. “
“Smettila, mi deconcentri con questi discorsi e vai prima che me lo riprenda io il turno…”
“Oh quanta sportività…ok vediamo…Shiny, shiny, shiny boots of leather/Whiplash girlchild in the dark…”
“Finiscila e pensa a quegli odiosi stecchini cinesi! E finiscila con quella canzone! Non ero neppure nata! E non farlo con la voce roca…o non riuscirei più a darti dello stronzo con convinzione…”
“…Comes in bells, your servant, don't forsake him…quale voce?”
“Lo sai…”
“Strike, dear mistress, and cure his heart…mi sa che ho vinto io Ginger. Ha vinto Sìle anzi, ma per mano mia…”
“Stronzo!”
“Ehi hai detto che non eri più convinta!”

Era il pomeriggio dell’antivigilia e un attimo dopo, ecco Sìle arrivare trafelata.
Lily era sparita di casa, la porta sul retro era aperta, lei e Dorcas erano uscite a dare un’occhiata, ma non avevano trovato altro che l’auto di Gore parcheggiata una ventina di metri più lontana, in uno spiazzo lungo la strada.
Ciò che era allarmante era la concomitanza della sparizione della bambina, della vicinanza dell’uomo e del fatto che la macchina, paresse essere stata lasciata lì da un po’ perché lo sportello del conducente era spalancato e dallo spazio aperto, erano entrate delle foglie.
“Andiamo a vedere…” le aveva detto Liam saltando in piedi per prendere la giacca.
Avevano lasciato Dorcas che partiva verso il cottage nel bosco e Ceday a casa, tante volte Lily avesse deciso di rientrare.
Si erano inoltrati nel bosco, ancora non pioveva, ma il freddo era intensissimo e solo grazie al movimento che facevano per sbrigarsi a cercare, riuscivano a scaldarsi un po’.
Visto l’incrocio limitato di strade e sentieri che correvano lì intorno, Sìle e Liam conclusero che se non avevano incrociato nessuno dal b&b a lì, l’alternativa era solo il sentiero che andava verso il cottage di Liam.
Si diressero verso quello, ma ad un certo punto la via si biforcava: una piccola, impercettibile deviazione che saliva su, verso il crinale delle collina.
Sìle era certissima, per una sensazione spiccata, come una traccia olfattiva, disse a lui, che Lily era andata da quella parte e non era certo Liam a dubitare delle intuizioni di Sìle riguardo Lily, ormai era sufficientemente persuaso che fossero legate a doppio filo.
La invitò a lasciare andare lui per quel sentierucolo e andare a vedere lei a casa sua, così si erano divisi per pochi minuti, Sìle aveva controllato velocemente in casa, ma né fuori né dentro c’era traccia di passaggi recenti di chi che fosse, neppure dei soliti visitatori, allora era corsa di nuovo fuori, ma questo Liam non lo sapeva.
Liam rivedeva soltanto quella corsa su per la salita, per quel sentiero che a malapena si distingueva nel buio se lo si illuminava con la torcia.
Ricordava la pioggia che a tratti lo bagnava cadendo dalle fronde degli alberi che aveva innaffiato per tutto il giorno, la terra che spremeva acqua solo camminandoci sopra.
”Stai vicino alle rocce, non ti allontanare dalle rocce e tieniti alla larga dall'acqua…” si era raccomandata Sìle quando l’aveva lasciato andare, e aveva visto giusto: man mano che si saliva, tra gli alberi si alzavano spuntoni di pietra basaltica su cui cresceva muschio spesso e morbido e lì, non c’erano impaludamenti, ma intorno, quello era il vero pericolo di notte e nelle vicinanze di laghi e ruscelli da quelle parti, perché se si guardava con un po’ di attenzione, si scorgevano specchi d’acqua stagnante alla base dei tronchi antichi e forti.
E maledizione! Lui avrebbe dovuto capirlo che aveva paura dell'acqua per via di quel suo sogno in cui lo vedeva, vedeva Gore e Lily e il lago...
Invece sul momento non ci aveva pensato, era partito per cercare l'americano e la bambina senza pensare ad altro, benché sapesse che c'era pericolo, perché Lily era spaventosa quando c'era Gore vicino a lei o a uno qualunque di loro, lo aveva provato nel profondo dell'anima poco tempo prima.
Avanzando c'era una cosa che non si coglieva chiaramente se si stava al livello del lago, e cioè che il bosco non era estesissimo, era fitto, ma si interrompeva abbastanza presto in quella direzione, lasciando spazio alla brughiera, alle betulle nane che costeggiavano le piccole gole scavate da fiumi e fiumiciattoli e ruscelli che alimentavano vegetazione e pascoli lungo la costa occidentale del lago.
Lì, il pericolo degli acquitrini, era ancora più serio.
Pecore e pony Shetland, sapevano evitarli, le persone no.
La pioggia peggiorava sensibilmente le cose, per cui alla fine, Liam decise di rischiare e arrampicarsi per un po’ sulla roccia che offriva percorsi non disagevoli e avanzare dove c’era erba bassa: più era bassa, più significava che il bestiame lì pascolava, quindi più peso era facile che sostenesse.
Proprio mentre pensava questo, gli occhi gli erano caduti su una sciarpa rossa rimasta impigliata in una betulla nana…
Prudentemente, percorse i pochi passi che lo separavano dal piccolo albero, azzardando a scendere sul prato(perché almeno un altro indizio degli impaludamenti esisteva: piccole isole d’erba lunga e più coriacea, giallastra, non più grandi di due pugni appaiati che crescevano qua e là tra le pozze che rendevano il terreno molle e fangoso).
Si allungò per afferrare un lembo della sciarpa che sventolava male, appesantita dall’umidità.
Gore aveva una sciarpa rossa…
Si guardò intorno e, per un caso che definire fortuito era una presa in giro, lo intravide inerpicarsi lungo un pendio non lungo, ma un po’ ripido.
Aveva i vestiti sporchi di fango, la luna piena che lasciava filtrare i suoi raggi tra uno spesso banco di nuvole nere, lo rivelava più chiaramente.
L’aveva richiamato subito, ma un attimo dopo era già partito di corsa per andarlo ad agguantare, scivolando anche lui nel fango, aveva potuto sorreggersi solo grazie ad una piccola quercia che protendeva i suoi rami verso di lui, ma per un pelo non era finito nel greto di un piccolo torrente.
Gore si era voltato, l’aveva guardato riprendere un equilibrio più stabile e poi era ripartito di corsa: qualcosa diceva a Liam che Lily era esattamente nel luogo che Gore si affrettava tanto a raggiungere, così riprese a correre, ance se con più prudenza.
Chiamò Sìle mentre camminava e il telefono, chissà come mai lui non si aspettava che l’avrebbe fatto, docilmente aveva effettuato la chiamata.
“Ti raggiungo…”
“Non venire da sola, è pericoloso…chiama Charlie, l’ho visto rientrare dal lavoro prima, ci vogliono cinque minuti da casa sua…”
”Stai attento però”
Lui aveva proseguito, aveva scavalcato il pendio dietro cui Gore era già sparito e tutto era cambiato…
Niente vento, niente pioggia…solo freddo, anche nel petto, in gola, sempre di più, man mano che si avanzava.
L’erba alta e gialla arrivava alle ginocchia, bagnata, pesante, un tappeto di lunghi fili dorati sotto la luna d’inverno…Gore immobile in mezzo alla distesa…Lily, la sua testolina nera, inconfondibile, nascosta tra l’erba, come se la piccola fosse china in avanti…
Liam aveva un senso di paura che gli attanagliava il petto insieme al nodo doloroso che la corsa e lo sforzo gli avevano provocato, quell’immobilità, quel silenzio, non un uccello che osasse cantare.
[…]Di già appassite son le cipree del lago e non cantan gli uccelli…[…]
Gli era venuto in mente quel verso di John Keats…La Belle Dame sans Merci.
Gli uccelli che non cantano non sono un buon segno…perché questo silenzio? si chiedeva mentre senza realmente volerlo, iniziava a muovere passi più lenti, guardinghi…
Era arrivato al fianco di Gore e quello lo aveva sentito, lo aveva avvertito.
“Lo senti anche tu vero? È un miracolo…”
“Che cosa?”
“Questo silenzio…questa pace…”
“La chiami pace tu? A me da i brividi…”
aveva detto Liam riscuotendosi ancora una volta unicamente grazie all’insofferenza che gli creava quell’uomo.
Partito con decisione, aveva raggiunto Lily, le rimaneva di pochi passi indietro.
”Che fai? Non disturbarla…”
L’inadeguatezza di quella frase, l’aveva davvero fatto imbestialire e quella volta non c’era nessuno che potesse impedirgli di andare a mollare almeno un pugno a quel lombrico e infatti non si trattenne: si fermò, si girò e come un ariete gli puntò contro.
Spintonandolo lo aveva fatto cadere di nuovo nel fango, così si era chinato verso di lui e gli aveva puntato un dito in faccia.
”Ti avevo avvertito…ti avevo detto di stare lontano da me, da Sìle e da Lily, adesso mi hai fatto stancare mi hai capito? Ora decidi se devo andare a prendere la bambina o devo spaccarti la faccia, ma guarda che ho una gran voglia di farlo a pedate!”
”Ma non lo vedi cosa sta succedendo? Non te ne accorgi che è una cosa in cui non si può interferire?” e indicava Lily e…un piccolo lago che Liam era sicuro di non aver visto mai, neanche quando dieci secondi prima aveva guardato la piccola: ci si rifletteva sopra la luna.
Ricordò improvvisamente quello che gli aveva raccontato Sìle: il lago di Lily, quello che non si ritrovava mai, quello che lei non sapeva con che intenzioni stesse guardando tanto affascinata…
Si era spaventato di nuovo…tuttavia non aveva avuto impulsi di fuga e con lui Gore, che vedendolo distratto da quanto vedeva, si era rialzato.
Liam aveva pensato solo a Lily dall’inizio…e Lily vicina al lago era in pericolo, si diceva di pensare solo a quello, a prenderla e portarla via da lì.
Tornato verso di lei, si era accucciato al suo fianco.
”Pulce…”
La bimba lo aveva guardato col solito ditino appoggiato alle labbra, l’espressione di quella che dicesse aspetta, sta’ a guardare…
”Lily…per favore, vieni da me?” l’aveva pregata dando una rapida occhiata alle canne e quegli strani steli piumati che oscillavano languidamente nell’aria che però era ferma.
No, aveva detto quella testolina impertinente e poi lei aveva indicato il lago che pareva crescere di livello attimo per attimo.
”Non è incredibile?”
”Sta’zitto idiota…non è niente da cui lasciarsi incantare, credimi…”
Lily si era voltata a guardarlo come a saggiare la sua reazione perché nell’aria, iniziava a levarsi una voce…una voce di donna, cantilenante, dolente, spventosa…dolcissima…e non era il vento a portarla e non era il vento a produrla perché veniva da più vicino: saliva dall’acqua stessa.
”Lily…ti prego…andiamo via…”
Di nuovo no e poi di nuovo quell’ombra selvaggia e antica negli occhi della piccola che fissava Gore, intensamente, insistentemente e Gore che si era fermato proprio dove l’erba chiara, iniziava a venire sommersa.
Liam osservava Lily sconcertato da quanto fosse diventata spaventosa, davano le vertigini quegli occhioni dolcissimi, vertigini per quanto erano terrificanti.
O forse era quella voce che arrivava sempre più dentro la testa, il petto e lo stomaco, con quella sua nenia inquietante, nel silenzio rotto solo da lei stessa e da un cupo e lontano sciabordìo d’acqua: era assordante quella voce, ecco perché faceva perdere la testa, eppure non si riusciva a smettere d’ascoltarla…
E lui vedeva, bene come non aveva mai visto neppure prima dell’incidente, perfino la nitidezza delle immagini intorno a sé lo spaventava.
Gore entrava nel lago intanto, come un pazzo, come in uno stato d’allucinazione, lo sentiva ridere estasiato, ma smise di curarsi di lui quando qualcosa si mosse a pelo della sorgente, senza incresparlo, senza produrre un riflesso…un suono…
”Liam!” sentì chiamare da Sìle e poi di nuovo da Charlie, gli parve…possibile? …sì certo che era possibile, Sìle l’aveva chiamato.
E poi perché quell’angoscia? Era ipnotico quello che sentiva, anche se aveva paura, sembrava promettergli tutto il meglio che un uomo potesse desiderare quella voce di donna che man mano diveniva anche irresistibilmente sensuale.
La gobba sotto la superficie del lago si mosse ancora, la voce si fece più forte, tanto che lo costrinse a ripararsi un po’ le orecchie, ma in quell’attimo fu testimone della cosa più terrificante di quella notte…
Un’onda d’acqua nera gli si sollevò di fronte, d’improvviso ed era acqua pur non avendo riflessi…
“Liam!” sentì di nuovo e fu mentre si voltava perché d’un tratto l’istinto di sopravvivenza era riuscito a raggiungerlo nella coscienza, che l’aveva vista…


…scacciava ostinatamente quella visione, perché gli faceva paura e perché subito rivedeva Sìle riversa sull’erba, bagnata e gelida, con Lily accanto, immobile, forse un po’ perplessa, che la osservava, Charlie che dopo avergli assestato un paio di schiaffoni in pieno viso, guardandola, aiutava lui a tirarsi su perché era sdraiato tra l'erba.
La vista gli tornava lucida a stento...
“Svegliati Liam, devi rimetterti in piedi…coraggio, apri gli occhi ragazzo, sveglia!” gli aveva intimato colpendolo al viso; poi, quando lui aveva visto Sìle, gli aveva stretto una spalla per incoraggiarlo a sollevarsi a sedere “l’ho trovata così Liam, non so dirti altro…si è buttata dietro di te che affondavi senza che riuscissi a fermarla, sei tornato vicino a riva tu per primo, poi lei…non so come né quando, non ho visto, stavo aiutando te e…che diavolo t'ha preso?”
Liam scuoteva la testa, perché non sapeva che Sìle fosse finita nel lago con lui, non si era accorto d'essere svenuto, sentiva solo un sapore nauseabondo di terra e acqua in bocca e non sapeva nemmeno come potesse essere possibile...non poteva immaginare perché la ragazza fosse priva di sensi, non sapeva niente e Charlie non riusciva ad aiutarlo.
”l’americano è scomparso…” aveva detto sconvolto, la voce tremante, ma Liam non lo ascoltava del tutto.
”…si fotta l’americano…” aveva risposto fissando Sìle e odiando profondamente Gore, tanto da sentire dentro di sé che se fosse comaprso da qualche parte attorno a loro, l’avrebbe fatto a pezzi con le sue stesse mani.
Si augurò per lui che fosse già lontano mille miglia perché in quel momento, mentre realizzava che Sìle non si sarebbe svegliata tanto facilmente, temeva seriamente di essere capace di qualche sciocchezza.
Aveva guardato Lily in faccia mentre pensava a lui, e gli era balenata dentro la certezza che lei sapesse cos’era successo, pur senza esserne stata l’artefice diretta, ma poi aveva trovato Sìle in quel modo...
Ricordava di stare in piedi a fatica, con il corpo indolenzito in ogni sua parte dal freddo e da una stanchezza innaturale, gli abiti pesanti da morire addosso, ma al contempo sapeva di non essere del tutto senza forze; l’aveva raggiunta avanzando quasi carponi per terra per quei pochi passi che li separavano.
”…no…no…Sìle…Sìle svegliati…” le diceva mentre la girava sulla schiena resistendo a malapena dallo stringerla al petto per paura di farle male e la prendeva lui a schiaffi, come Charlie aveva fatto poco prima, per farla rinvenire “…dai tesoro apri gli occhi…ti prego…ti prego, rispondimi, Sìle…”
Era viva perché respirava e si era lamentata leggermente chiamandolo, per cui lui, senza curarsi di niente altro, l’aveva sollevata tra le braccia con Charlie dietro che prendeva Lily.
Non pesava niente, o forse era lui che si faceva più forza di quanta pensasse per la preoccupazione e la paura di perderla.
“…sei qui…” aveva bisbigliato lei d’un tratto, ma anche se reagiva alla voce di Liam, era ancora incosciente.
“Sì piccola, sono qui con te…”
”L’acqua…”
“Cosa?”
”…è fredda…è scura… non…non andare…” gli diceva con un filo di voce, aggrappandosi alla maglia bagnata sul suo petto, stringendo forte le dita…eppure, curiosamente, a pensarci più a freddo, lo diceva più come quando lo tratteneva a letto, piuttosto che avvertendolo di qualcosa che la spaventava.
”Stai tranquilla, è tutto a posto adesso…”
La luna brillava a quel punto, come volendo illuminare loro la strada e Liam, che si teneva Sìle stretta tra le braccia, la guardò come sperando che fosse per lei che si era aperta quell’ampio varco tra le nubi nere.
Quando arrivarono al fuoristrada di Charlie, Liam si mise dietro, sdraiandosela sulle gambe, coprendola con il plaid che l’amico teneva nell’auto.
”Ti portiamo a casa tesoro…” le diceva sottovoce, sfiorandole la fronte gelida con le labbra ”ma tu non andare via…resta con me” e lei di quando in quando, con qualche flebile lamento gli rispondeva.
”No, no…io ti aspetto qui…” gli diceva ciangottando come in un bel sonno profondo, ma Liam già si sentiva dentro che quella placidità, non era niente che potesse lasciar sperare bene.
Lily intanto, mentre Charlie chiamava nell’ordine soccorsi, medico e Dorcas, li osservava senza un’apparente reazione.
Ogni tanto allungava una manina ad accarezzare la fronte di Sìle, poi faceva lo stesso con Liam.


Da quando erano arrivati a casa poi, Liam si era chiuso in un silenzio che sembrava non essere in grado di rompere: stava in piedi davanti alla finestra del salotto da un tempo che non avrebbe saputo calcolare, immobile come una statua di marmo…sembrava enorme e allo stesso tempo in un progressivo stato di consunzione.
Dorcas gli aveva chiesto se voleva entrare lui a sentire cosa diceva il medico visitandola, ma lui aveva rifiutato.
Aveva ancora indosso i vestiti zuppi e sporchi di fango, tremava, ma non di freddo, non solo almeno.
Pareva guardare fuori, ma probabilmente non vedeva niente di quello che aveva davanti…oppure sì…vedeva con gli occhi della coscienza che gli suggeriva immagini senza disturbare i suoi pensieri.
Se ci faceva caso, con la coda dell’occhio sinistro vedeva Ceday accoccolata sul divano, i capelli rossi che le incorniciavano il capo contrastavano col maglione nero che indossava; invece fuori vedeva le foglie, l’erba, gli alberi, mossi dal vento, dalla pioggia che di nuovo cadeva insistentemente, pesante, fredda.
La famosa pioggia a doccia, quella che lì, nel Lake District, cadeva più che in ogni altra parte del Regno.
Però non ci faceva caso, quelle erano solo immagini latenti che gli lambivano una sfera di consapevolezza periferica perché davanti ai suoi occhi e nelle sue orecchie, c’era solo un reiterarsi confuso di ricordi.
Non avevano portato Sìle in ospedale perché la strada era interrotta da un brutto allagamento che aveva fatto cedere anche un tratto di muratura a secco lungo la carreggiata, e quando era arrivato il dottor Clawley, era stato concorde nel non muovere Sìle in condizioni tanto disagevoli.
Era un medico esperto e molto capace, preparato e abbastanza giovane da non lasciarsi legare nei giudizi; di certo era uno di quelli che preferiva lesinare sui medicinali piuttosto che assecondare il bisogno di prescrizioni rassicuranti più che necessarie, ma nel suo non essere allarmista, quella notte si dimostrò piuttosto impensierito.
Esaminò Sìle con tutti gli scrupoli necessari, aiutato pazientemente da Dorcas nello scoprirla , nel girarla.
- E’ un po’ fredda…- mormorò Dorcas ricoprendola e ponendole addosso la quarta coperta.
Clawley annuì.
- Sì, ma non credo sia grave, teniamola sotto controllo, assicuratevi che la stanza sia sempre calda e che sia sempre ben coperta…- sbuffò passando una mano sulla fronte di Sìle mentre le provocava un piccolo taglio sotto un palmo a cui lei reagì con una smorfia e una stretta delle dita lì dove aveva avvertito fastidio.
Clawley si lasciò sfuggire un leggero gesto di disappunto per il suo non riuscire a capire, ma fu molto contenuto.
- Non mi rendo conto: la signorina versa in quella che si direbbe un’ostinata e al momento stabile e persistente fase REM da cui non la si riesce a risollevare e…- aveva detto quanto meno un po’ dubbioso, allargando le braccia – non so cosa dire…non mi era mai successa una cosa simile!-
Dorcas annuì prendendo una mano a Sìle che in quel momento si mosse leggermente e mugolò con voce flebile.
- Cosa le è successo esattamente?- domandò Clawley mettendo via i suoi attrezzi.
- Solo Charlie Moore e Liam erano con lei -
- In questo caso…lei permette che io mi trattenga e faccia loro qualche domanda Mss Patel?-
- Ma certo, è naturale…-
Dorcas non credeva d’aver bisogno di un medico per aiutare Sìle, quante ne esistevano di storie di gente caduta in un sonno profondo durato anni? Ma di Clawley aveva rispetto e in fondo poteva anche ben capire che dire che Sìle fosse finita in quelle condizioni per un incontro ravvicinato con delle fate…sarebbe risultato un po’ troppo, considerato oltretutto che di Gore ancora non c’era traccia e come minimo la questione andava presa sul serio.
Quell’uomo odioso pareva scomparso, come inghiottito dalla terra, dall’acqua.
Charlie era andato con la squadra di soccorso a cercarlo, ma da un’ora buona non davano notizie.
Quando tornarono in salotto, Ceday li guardò, si alzò e si avvicinò a Liam; gli pose con cautela le mani sulle spalle per richiamarlo.
Lui volse appena il capo, capì perché lei l’avesse riscosso e allora si voltò, permettendo a Clawley di spiegare ciò che era la sua perplessità, a lui come a Ceday, e tutto quello che aveva appena detto a Dorcas.
- Quindi cosa significa di preciso? Che dorme?- chiese Ceday.
- Tecnicamente sì…ma devo sapere cosa le è successo per quanto possibile…- disse allora Clawley.
Liam tenne lo sguardo basso ancora per qualche momento, ci pensò e di nuovo ebbe il lampo su quello che aveva visto nell’onda nera, ma di nuovo lo scacciò e si riscosse come da un incubo.
- Deve essersi buttata nel lago di fronte a cui ci trovavamo…io c’ero già dentro veramente, anche se non so come o perché e lei ha seguito me…era limaccioso e molto freddo e…- la voce gli mancò per un momento, come gli parve di sentirsi mancare le gambe, le braccia, il respiro; si passò le mani sul viso sentendo gli occhi scaldarsi leggermente, come se si stessero inumidendo…allora li nascose per un attimo – io non lo so quanto può esserci rimasta dentro…non so dirlo, non so neppure come abbia fatto ad uscire da quel maledetto lago…-
- Beh ad ogni modo, escluderei altri traumi, non ne ho trovata alcuna traccia quindi…- sbuffò quasi rammaricato – quanto potevo concludere e fare per lei qui e in queste condizioni, l’ho fatto…ora non rimane che aspettare e stare a vedere. Io torno alla clinica ora, ma vi lascio un numero a cui sono raggiungibile a qualunque ora del giorno o della notte, non esitate ad usarlo e tenete sempre un telefono vicino perché se la strada viene liberata, la prima cosa da fare è portarla in un ospedale- si raccomandò estraendo dalla tasca del cappotto un biglietto da visita e lasciandolo a Liam che lo ringraziò - e ora vorrei dare un'occhiata a lei - annunciò il dottore guardandolo.
- Io sto bene...- brontolò Liam, ma Clawley non sentì ragioni.
- Mi permetta di dubitarne...sbaglio o Mss Patel mi ha detto...-
Liam si arrese perché evidentemente Dorcas non aveva taciuto il fatto che lui non avesse coscienza di quanto occorso a Sìle perché era privo di sensi a sua volta.
Clawley non trovò niente che non andasse, quindi si limitò a convincerlo ad ingollare un paio di antipiretici e a prescrivergli un calmante che Liam sapeva già che non avrebbe preso, ma questo non lo disse e di nuovo, ringraziò il dottore e quando questo li lasciò, si guardarono, Dorcas, lui e Ceday.
Dopo qualche secondo Liam sospirò profondamente.
- Dorcas...- chiamò e quando la donna lo guardò le andò a mettere una mano su una spalla, massaggiandola appena.
- Sì…- rispose la donna: aveva gli occhi così accesi in quel momento che si stentava a riconoscerla, ma era l’ansia per Sìle, solo quella.
Liam si fece guardare.
- Chiamiamo sua madre…- le disse seriamente.
Dorcas esitò un attimo, ma lui le impedì di recriminare.
- Dorcas guarda che ha ragione, non è giusto non dire niente, se non la chiami tu lo facciamo io o Liam…- intervenne Ceday.
La donna non senza qualche racalcitranza ancora, ammise che fosse la cosa più giusta da fare e così promise che avrebbe avvisato subito Morgan.
- Va bene…allora io faccio un salto a casa, mi tolgo questa roba bagnata e torno…- annunciò.
Ceday si offrì di accompagnarlo, ma lui rifiutò dicendo che andava tutto bene…solo che non era vero.
Mantenne il controllo, ma si rese conto che mettersi alla guida da solo, non era stata una buona idea: gli tremavano le mani e le gambe in maniera non spasmodica, ma abbastanza sensibile.
Accostò e prese fiato per un attimo.
“Che cazzo! Eppure una volta eri abituato alle tempeste in mare! Tira fuori le palle se le hai ancora da qualche parte!” si disse massaggiandosi le ginocchia che sembravano fatte di burro in quel momento.
Non era facile però…Sìle lo tormentava, aveva una sensazione terribile addosso e non riusciva a non sentire un peso doloroso in mezzo al petto, l’unico segnale tangibile dell’angoscia di non vederla più svegliarsi.
Gli tornò in mente Manute e quel senso di impotenza mentre il sangue gli usciva in un fiotto dalla bocca…
“Ehi! E’ la tua poca razionalità residua che ti parla, coglione! Sìle è ancora qui, non raccontiamoci stronzate!”
Insomma quando arrivò a casa, per poco non si sbatteva la porta in faccia da solo per quanto si era venuto a noia…aveva più confusione in testa che se si fosse fatto di hashish per giorni e una volta smaltita la botta, ci avesse bevuto sopra un goccetto di rinforzo.
C’era una strana pace lì dentro, anche se sentiva di non essere più solo del solito.
Per qualche istante non ci pensò su, ma dopo un po', iniziò ad avere la certezza che se si fosse voltato, forse avrebbe visto una piccola ombra dal naso adunco che lo guardava dalla cima della prima rampa di scale...o magari avrebbe avvertito una forma rotondeggiante e pelosa rotolare furtiva verso un angolo nascosto; quella sera però, nel loro immancabile essere presenti, sembravano avere più...rispetto, era stupido pensarlo?
Che i piccoli scocciatori, capissero che lui stava male, ma non volessero lasciarlo solo?
Non lo sapeva, magari era solo che a ben pensare, il fatto era che dopo quello che aveva visto, se la vecchia Annis gli fosse andata incontro chiedendogli ancora cioccolata, non avrebbe battuto ciglio e finalmente realizzò il motivo di quella confusione: Sìle era in quello stato ed era sicuramente il motivo principale di preoccupazione…ma lui aveva rischiato la pelle!
Gli venne in mente una cosa che volle verificare, perché una lampadina gli si era accesa nel cervello, di qualcosa di letto, di intravisto una delle tante volte che aveva spulciato quei quaderni, quei diari, quei disegni…
Paulie aveva senz’altro scritto qualcosa di simile a quello che gli era capitato, ecco perché gli era venuto in mente Keats!
- Maledizione eppure io l’avevo vista…- disse mentre scorreva i disegni facendoli anche scivolare in terra per la fretta….e alla fine la trovò.
Fideal la chiamava Paulie.
”[…]il suo canto è triste e irresistibilmente seducente. Il suo bacio è freddo e sa di terra. Le sue mani ti accarezzano e ti tirano a fondo, sempre più giù, in acque gelide. Saresti felice di giacere con lei per sempre, intrappolato nel suo liquido abbraccio, ma lei è scomparsa. E’ tornata alla riva scura, e tu sei già dimenticato. La Fideal canta mentre cammina tra i canneti, richiamando il suo prossimo amante…lasciandoti nelle fredde profondità del lago, con occhi spenti e la bocca traboccante di alghe.”
Gli tornò in mente tutto in un lampo…e poco dopo eccoli lui e Ceday, seduti accanto a Sìle, lui anzi semisdraiato sul suo letto, a guardarla tenere gli occhi chiusi, ma come se vedesse cose dietro la lieve barriera delle palpebre, cose che ogni tanto commentava, anche solo tra sé e in maniera non comprensibile o percettibile in maniera chiara.
- Sembra che stia sognando…- bisbigliò accarezzandole la mano.
Ceday gli fece cenno di sì e gli prese la mano per tranquillizzarlo.
- E’ ancora qui con te…- gli disse.
Liam le sorrise poco convinto, ma con gratitudine, poi sospirò – e Lily?-
Ceday si accigliò e si strinse un po’ nelle spalle.
- Dorme come un sasso. E’ andata a letto con una docilità incredibile e non ha chiesto neanche per un attimo di Sìle, non è strano?-
- Sì e no…- rispose Liam risolutamente, ma restando molto, molto calmo– perché secondo me Lily lo sa cosa sta succedendo a Sìle…-
- Cosa?! Ma…Lily?-
- C’era qualcosa nell’acqua Ced, qualcosa che di cinque persone che ci siamo ritrovati ad essere lassù stasera, Lily era l’unica a non temere…- disse lui.
Ceday lo guardò un po’ pietrificata.
- Cosa c’era?-
Liam si rabbuiò, ma si sforzò di ricordare, di resistere all’inquietudine che gli provocava quel ricordo.
-C’era una voce…una voce di donna, io non l’avevo mai sentita una voce così, era bella da impazzire e mentre ero vicino a Lily…mi sono ritrovato a mollo fino alle ginocchia d’un tratto, senza essermi accorto d’aver camminato, la bambina invece aveva indietreggiato e…Sìle e Charlie mi chiamavano e c’era Gore appena più in là…- spiegò – poi Gore non l’ho più visto, non gli ho più prestato attenzione perché…vedevo qualcosa muoversi nel lago, attorno a me e un attimo dopo, mi si è levata di fronte quest’onda nera, densa, opaca…capisci la luce non la attraversava né ci si rifletteva sopra…e poi non so, è stato come se si fosse girata, all’altezza della mia pancia più o meno, io ho visto una creatura girarsi verso di me…-
- Una…creatura?-
- Sì…una creatura. Una specie di bambinetta sgraziata con l'aspetto da vecchia, o un’adulta piccola e con la faccia da bambina, non saprei dire…ma aveva la pelle bianca come un cadavere, i capelli appiccicati di alghe e fango sciolto liquefatto che le colava sul viso e…la pelle pareva viscida come quella dei pesci ed era nuda, completamente…- si fermò un attimo a pensare meglio, fissando il ricamo della trapunta che copriva il letto di Sìle – aveva il corpo di un’adolescente…e gli occhi più orribili che abbia mai visto, erano così vischiosi…-
Gli arrivava sì e no alla cintura e quando lui si era girato verso Sìle, se l’era ritrovata di nuovo davanti, come si fosse immersa di nuovo e fosse riemersa, come volesse impedirgli di distrarsi da lei.
Gli aveva proteso incontro le mani, lo aveva guardato in un modo che lo aveva fatto rabbrividire sembrava…lascivo, smanioso, patetico nel suo ricercare attenzione.
Aveva cercato d’afferrargli il viso, arrampicandosi su di lui o forse costringendolo a chinarsi…
- Mi ha dato la nausea Ced…era…non lo so…-
- Non è vero, lo sai, è che non riesci a dirlo…- rispose lei - è quella sensazione di sporco e di ribrezzo che da essere desiderati spasmodicamente da qualcuno che ripugna…-
Di che si stupiva? Ceday era una strega, le sentiva certe cose, non era strano che avesse colto esattamente nel segno…ma perché quella creatura avrebbe dovuto dargli quella sensazione? E perché Sìle era lì in quelle condizioni?
- Sì…- confermò e quindi le raccontò quello che aveva ricordato vedendo l’immagine di Paulie.
- Ora lo so che mi prenderai per pazzo Ced, ma…ripensandoci, forse mi sono ricordato e ho capito perché abbiamo ritrovato Sìle in quel modo: quella…cosa…quella creatura…l’ultimo ricordo chiaro che ne ho, è che mi si stava avvinghiando addosso e mi stava prendendo il viso tra le mani come volesse baciarmi, te lo giuro! Mi stava baciando e forse c’è anche riuscita perché ricordo solo che ad un certo punto è diventato tutto nero ed è stato come se qualcuno mi stesse spingendo in profondità sott’acqua, in un buio che non credevo potesse esistere e…- si fermò perché Sìle si agitò leggermente e gli strinse fortissimo la mano, lo chiamò pronunciando l’unica parola che avesse ripetuto più chiaramente da quando era caduta in quello stato di sonno: Liam.
Ceday lo tranquillizzò.
- Sente che hai paura…e sente cosa mi racconti…non è assente quanto credi -
Liam aggrottò le sopracciglia e si portò la mano di Sìle alle labbra prima di proseguire.
- Qualcuno mi ha afferrato per le braccia, intorno al petto e il peso dell’acqua è diminuito, ho capito solo dopo che era lei. Ho perso i sensi però e quando mi sono risvegliato sentivo in bocca sapore di fango e di acqua putrida…e…avevo un forte dolore al collo, come se lo avessi girato o torto in maniera innaturale all’indietro e avevo la sensazione dell’acqua entrata nel naso…-
Ceday lo ascoltava attenta e seria e quando lui si fermò, ponderando le sue parole, sospirò appena.
- Pensi che quella creatura abbia ridotto così Sìle quindi?-
- Charlie ha detto che Sìle si è buttata in acqua appena mi ha visto andare giù mentre lui prendeva Lily, poi messa la piccola a riparo, ha preso me e…nel tempo che ho messo io a rinvenire, con Charlie che mi prendeva sberle, Sìle era uscita dall’acqua in queste condizioni, quindi neppure saprei dire come abbia fatto- replicò solamente lui, come invitandola a trarre lei le sue conclusioni.
In effetti anche Dorcas non ebbe poi molti dubbi sulla teoria di Liam: che la chiamassero Fideal, Leanan Sidhe, Bella Dama senza pietà o Josephine, i fatti la qualificavano come una di quelle fate oscure che riempivano un sacco di vecchie storie.
E, conclusione, era anche molto facile che la creatura, se Sìle si era opposta al suo tentare di prendersi Liam, l’avesse in qualche modo neutralizzata.
E Gore? Perché aveva preso Liam e non Gore? Perché non aveva rinunciato a Liam visto che aveva due prede a disposizione?
- Neanche una zecca si attaccherebbe a Gore, neppure se fosse l’ultimo essere dotato di circolazione sanguigna sul pianeta…- commentò Ceday.
- Non credo funzioni così Ced…senza contare che ancora non sappiamo che fine abbia fatto quell’idiota - aveva sospirato Liam, poi si era alzato dal letto di Sìle, si era fermato dietro la sedia di Dorcas, le aveva massaggiato le spalle e le aveva fatto una carezza su una guancia – faccio una telefonata e torno…- disse.
- La nonna di Sìle forse potrà aiutarci…lei ha un legame speciale con l’acqua e le sue creature…- mormorò la donna rispondendo alla carezza di Liam con una sul suo braccio mentre gli faceva cenno di sì col capo.
Lui non cedette alla tentazione di attaccarsi a quella speranza, uscì silenziosamente, prese il cellulare e compose il numero di casa di sua madre.
“Eccoti, ti aspettavo…”
Aveva la voce allegra e tranquilla, lo rasserenò, lo riportò a pensieri rassicuranti.
- Come stai?-
“Bene, ma ho un sacco da fare con tutta la famiglia in arrivo. Sto facendo…il pane allo zenzero e il Forfar Bridie richiesto espressamente da zio Harry, piace anche a te vero?”
Lui già si era distratto di nuovo.
- Come? Ah…sì, sì mi piace…- disse molto passivamente e Jane, puntuale come un orologio svizzero, capì.
“William che hai?”
Tanto le aveva telefonato per dirglielo.
- E’ che…ho un problema mamma, non riuscirò a venire domani…-
“Non gliel’hai detto vero? A Sìle intendo…”
In effetti non aveva mai avuto l’intenzione di portarla a Glasgow per Natale, non sapeva come ne sarebbe uscita.
-No, ma non è per quello è che…- prese un altro respiro profondo perché sentì di nuovo un nodo alla gola mentre si andava a sedere al tavolo della cucina di Dorcas: appoggiò la fronte a una mano, abbassandosi in avanti – c’è stato un incidente…e io non mi posso muovere mamma -
Ogni suono attorno a Jane ammutolì all’istante.
“Un incidente? Che incidente?” e dopo un attimo di silenzio da parte di lui che non riusciva a trovare qualcosa da dirle per farle capire senza dover dettagliare troppo il racconto, incalzò “Liam che incidente?”
- Sìle è caduta in stato d’incoscienza dopo un tuffo in un lago qui vicino, c’è…entrata per aiutare me e…è complicato da raccontare mamma…- silenzio…troppo silenzio – mamma?-
“ Sì sono qui. Tu stai bene?”
- Beh…sì, è stata una cosa strana, ma sto bene…-
“L’importante è quello. Arrivo comunque…”
Jane aveva questi superpoteri insospettabili, sarebbe riuscita a lasciarlo allibito anche se avesse avuto davanti un asino volante in giarrettiere rosa.
- Come arrivi?-
“Certo che arrivo, tontolone, sono sempre tua madre, se non ti sto vicino in queste situazioni per una volta che non servono dodici vaccini e tre giorni di viaggio per raggiungerti, mi dici a che servo ormai? “
- Ma no, mamma non è necessario…-
“Come?”
Rischiava di diventare offensivo se non le spiegava il motivo della sua reticenza: sbuffò appena e si decise.
- Mamma, non voglio che tu la veda…non so neanche se si risveglierà…non…-
“Di’ un po’, uomo forte…”lo richiamò facendolo sorridere perché così ci chiamava anche Alec a volte, quando non lo chiamava Capitano.
- Sì…-
“Lo sai che il mio primo pensiero sei tu dal giorno in cui ho guardato quel tuo grugnetto indispettito per il freddo che avevi trovato fuori dalla mia pancia?” gli disse smuovendogli qualcosa dentro, che sapeva tanto di commozione.
- Sì lo so…- rispose ricordandosi che effettivamente, nelle foto che gli avevano fatto Alec e zio Harry quella notte d'autunno in cui era nato, che era stata la festa di tutti gli uomini della famiglia da parte paterna quanto materna, visto che lui era il primo maschio nato della nuova generazione composta fino a quel momento da quattro femmine, aveva davvero l'aria di quello che tra sé pensava "Dannati scocciatori...io stavo così bene...qui si gela altro che! E poi che cavolo! E' scomodissimo questo posto! E sì, sono grasso, allora? Adesso piango...sì, sì...io vi avverto, adesso piango...sto per piangere gente...ecco, ho pianto...e forse ho fatto anche altro, contenti?" pareva di vederceli quei pensieri nelle foto.
“Se vengo, è per te, prima di tutto…”


   
 
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