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Autore: Mewpower    08/05/2010    1 recensioni
C'era una volta in un regno dai mille colori, una principessa. Tanta era la sua felicità da quando il Buon Padre le aveva dato in dono un magnifico passerotto a cui lei era si era davvero affezionata. Un nero giorno,però, l'animaletto scompare e la vita della giovane si fa scura e impregnata d'angoscia... Basterà la nascita di un nuovo sentimento a rincuorarla...? Come la purezza può fondersi con lo sporco più infimo... Storia di una principessa, di un passerotto e di un lupo.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Itachi, Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Primo giorno d’estate. Mai stato più gelido. In realtà la temperatura era davvero alta, sia di giorno che di notte, per molti intollerabile, per altri quasi impercettibile. Tra questi ultimi vi era la giovane Hinata che a tutto pensava fuorché il caldo afoso di quella stagione, troppo persa nei suoi problemi e nelle sue ansie. Da molti giorni non vedeva più il suo animaletto, il caro lupacchiotto di cui si era occupata a lungo, ma che ora se ne era andato per sempre, senza neppure salutarla, solo dicendole scusa per doversi allontanare così di getto...una richiesta di perdono che in verità celava molto di più: una fuga definitiva e le tante preoccupazioni che aveva generato in lei. La ragazza non si era mai sentita oppressa da quel lavoro, da quelle cure, anzi erano ciò che lei amava di più fare: aiutare il prossimo, dare soccorso a chi è ferito...nulla di più bello. Ne rimpiangeva la partenza, ma non poteva non succedere. Se lo ripeteva tutti i giorni: “Non poteva non andare a finire così...” Quindi cercava di andare avanti e di esser forte, come del resto, lui l’ aveva sempre spinta a fare. Però era senz’altro dura e la fatica si faceva sentire sul debole corpicino della Hyuga che giorno dopo giorno avvertiva sempre più prossima la data delle nozze. Lei dopotutto cresceva, diveniva ancor più matura, si trasformava passo dopo passo in una vera donna, pronta al grande passo e avvertiva gli occhi del padre e del cugino fortemente puntati su di lei, terribili, infuocati e bramosi di veder realizzato il proprio sogno. Sapeva che entrambi non vedevano l’ora, conosceva i loro più infimi pensieri seppur non fosse capace di leggere le menti delle persone e per questo, quel giorno, si chiese per quale motivo dovesse ancora farli aspettare. Se il suo destino doveva essere quello, tanto valeva accelerare i tempi. Prima si sarebbe consegnata allo sposo, prima avrebbe potuto imparare ad amarlo. Prima si sarebbe sposata, prima avrebbe fatto felice il padre.
Sospirò scorgendo la luna piena di quella sera. Non soffiava per nulla il vento, solo pace e qualche grillo che fischiettava una melodia all’amata per i gigli fioriti nel suo giardino:
“Hai scelto proprio un bel posticino dove portare la tua amica...” pensò con tenerezza la fanciulla ammirando il meraviglioso mare candido che quei tanti fiorellini erano in grado di formare; poi mosse nuovamente gli occhi verso la luna, stupenda e luminosa come non mai, un gioiello della natura che non brillava altro che per lei e ne era lieta. Si chinò sul davanzale della finestra appoggiando i gomiti per poi posizionare il mento sulle mani che profumavano di fresco e di fiori, come sempre, ma in quell’occasione di più, essendosi da poco fatta la doccia, essendosi lavata con cura e a lungo, dovendo indossare la veste più bella e delicata che possedeva, pura e regale, che non doveva assolutamente essere portata da chi non fosse limpido fuori e dentro. Era una camicia da notte, meticolosamente confezionata dalla povera madre di Hinata. Prima di sposarsi aveva deciso di realizzarla, perché voleva che la prima figlia, semmai nata, la indossasse per la prima notte di nozze, per la prime dolci effusioni con il suo lui, un caro e amabile dono che voleva immediatamente realizzare, sentendosi già abbastanza debole, temendo di non poter mai veder sposare la propria figliola, preoccupandosi che la morte che avvertiva oramai prossima potesse colpirla all’improvviso e troppo presto. Doveva essere un ricordo di lei e un tenero augurio di felicità con il suo sposo. E Hinata, quindi, la voleva indossare quella notte stessa, seppur non fosse ancora sposata, però quella era la serata ideale, quella con la luna chiarissima in cielo, quella illuminata dall’incantevole Via lattea nel suo più immenso splendore, quella era la notte del primo giorno d’estate, il giorno in cui intendeva donarsi a Neji, al suo futuro marito. Era stata una difficile decisione, dettata da continui ripensamenti e tanta, tantissima voglia di fuggire, però alla fine si era data per vinta e aveva deciso di accettare la sua sorte. Sarebbe stata con Neji quella sera, sarebbero stati l’intera notte insieme. Si allontanò dalla finestrella decorata dalle tendine appena cambiate e sfilando per la sua stanza, raggiunse la porta; la aprì e diede un’ultima occhiata al suo letto, niveo e puro.
Da quel giorno in poi non lo sarebbe più stato...
Passeggiò per il corridoio in direzione della sua stanza. Era notte; chissà se dormiva, chissà se qualcuno era ancora sveglio; chissà se in questo modo andava contro il padre o le tradizioni; sicuramente quello era un gesto contro se stessa e sapeva che sarebbe stata questa consapevolezza a farle più male.

Intanto un’ ombra sostava nei pressi della residenza regale e scrutava con fare sospetto l’entrata offuscata dalle tenebre. Doveva essere quella la sua meta e quel che vi era dentro...

Giunse alla sua porta e il cuor iniziò a batterle rumorosamente. I piedi tremavano e fremevano per ritornare indietro, speravano di tornare a toccare un altro tipo di pavimento ligneo, comunque lontano dal gelo che avvertivano in quel punto. Ma la mente di Hinata era tutta propensa nell’entrare e a non dare ascolto a nessuna spinta che l’avrebbe allontanata da quella che era la cosa più giusta da fare; lei doveva incontrarlo. Non bussò, ma entrò con paura e lentezza, facendo prima avanzare la testolina e in seguito l’intero corpo con il quale poi richiuse la porta dandole una spintarella leggerissima ricadendo all’indietro, quasi uno svenimento non riuscito e che invece la ragazza avrebbe sotto sotto desiderato che accadesse. Non fece neanche in tempo ad avanzare, non un passo, in quanto al minimo accostamento della porta lo Hyuga aveva di già aperto gli occhi, però senza alcuna fretta. Aveva avvertito in quella stanza una presenza nuova, estranea, ma non per questo pericolosa, anzi ne avvertiva l’assoluta leggerezza e dolcezza, intuendo poco dopo che non poteva che trattarsi della giovane parente, poiché al suo naso giunse il suo meraviglioso profumo, un odore che era assolutamente naturale e che l’aveva contraddistinta fin dalla nascita. Gli sorrise il cuore avvertendolo, ma si stupì al solo vederla davvero lì, più bella che mai, vestita di un abito intimo talmente fine e raffinato. Le domandò se aveva un problema, con un tono sereno e veramente dolce, che arrivò strano alle orecchie dell’altra che fu indotta a pensare che il suo umore non poteva essere che buono, forse addolcito da quella stupenda luna argentata che illuminava con intensità la sua camera da letto, o che forse s fosse allietato all’istante, una volta vista la donna che amava e che presto sarebbe stata solo sua. Non udendo risposta e fortemente attratto da quella figura di alzò dal letto, scostando un leggero lenzuolo dalle sue gambe, e si avvicinò a lei con fare deciso. Rimase immobile a fissarle i capelli, non potendole guardare il viso che teneva basso e fermo, mentre la sua testa vibrava a mala pena, fino a quando non si arrestò, insieme al respiro, una volta che fu in grado di aprire bocca e di levare il capo:
- Neji, io...- ora era la boccuccia a tremolare tutta e il respiro che le si era troncato in gola, le fece assumere un’espressione ancor più mortificata e dolorante –io...vorrei...che tu...- balbettava senza riuscire ad esprimersi; ma non sapeva neppure lei cosa dire. Il suo scopo era semplicemente quello di buttarsi fra le sue braccia, o spingere lui ad afferrarla; doveva lasciarsi andare, doveva consegnarsi a lui, ma di farlo spontaneamente proprio non ci riusciva, non aveva abbastanza coraggio. Quindi attese qualche attimo prima di essere in grado di ritrovare il fiato perduto e di riaprir bocca, però fu lui stavolta ad impedirglielo, riuscendo pazzescamente ad intuire cosa nascondeva tra le sue labbra e il suo cuore. Le toccò le guance arrossate dal timore più che dalla vergogna e spostò il suo viso verso il proprio. Hinata aveva serrato immediatamente gli occhi non appena si era sentita premere le gote e ciò gli impedì di comprendere quale fosse il vero fine del ragazzo. Egli pose le sue labbra a contatto con la fronte della giovane, trasmettendole tutto il calore della sua passione, della sua voglia irresistibile di sentirla vicino; tuttavia non durò a lungo e la discostò da se senza lasciare la presa, solo per impedirle di deviare lo sguardo dai suoi occhi:
- Non ancora, Hinata...- lo diceva con tanta tenerezza, con un tono talmente soffice da offuscare il desiderio carnale che lo stuzzicava non poco, ma che era necessario placare, almeno fino al giorno delle nozze. Fu dopo quella affermazione che lasciò scivolare via il suo viso dalle proprie mani, sfiorandole quei capelli lunghi che le facevano da cornice perfetta e le aprì la porta verso l’uscita, di nuovo verso quel corridoio freddo e oscuro, ma che apparve agli occhi della giovane per la prima volta luminoso e accogliente. Lo sbattere lieve della soglia sancì la fine del batticuore frenetico di lei che riprese a respirare regolarmente, mentre le prime gocce di sudore provocate dall’ansia della situazione precedente cominciavano a scenderle per il collo, rapide e calorosissime.

Ma nel frattempo, l’ombra aveva già individuato l’entrata, la più comoda e la più facile, in quanto l’avrebbe portata direttamente ai piedi del bocconcino pregustato  che ,si accorse, non era ancora rientrato, ma dei  passi morbidi erano percepibili a poca distanza da lì e le  sue orecchie li captarono con prontezza e permisero alla macchia tetra di mettersi in posizione.

Hinata aveva sentito la necessità di dirigersi con prontezza nella sua stanza, senza aspettare, per impedire di essere vista da qualcuno, ed entrò in camera sua, sbarrando la sua porta con entrambe le mani tremolanti. Affannata era la sua respirazione, come se avesse corso con foga e il cuoricino aveva ricominciato a battere rumorosamente, oppresso ancor più di prima da un’ansia indescrivibile e da uno strano presentimento. Al sol sentire una folata di vento alle sue spalle si voltò verso la finestra che aveva dimenticato di chiudere, pensando:
“La finestra!”
Fu un movimento che le apparve inspiegabilmente lento e che invece sarebbe dovuto essere istantaneo, immediato. Forse era il suo cervello che non voleva materializzare quel che la fronteggiava, che non intendeva credere lui stesso di quel che la giovane stesse osservando. Vide, pensando di sognare. Non poteva essere veramente lì, tutto ciò non avrebbe avuto senso. E invece, un’ ombra famelica, con due occhi iniettati di sangue, la fronteggiava tutta rannicchiata, posizionata come un vecchio gufo malato e stanco sulla cima del ramo più alto fra tutti, e la fissava con forza, minacciosa apparentemente. Lei rabbrividì per quegli occhi tanto agghiaccianti, ma non poté non avvertire un gran soffio di felicità sulla sua pelle, rivedendo colui che doveva essersene andato per sempre. Provò a sorridere, ma la tensione e l’avvilente terrore che l’attanagliava la facevano solo tremolare e continuare ad illudersi dentro di se che ciò che vedeva non era altro che un’illusione. Solo quando quel volatile nero scese dal davanzale e tornò a terra dispiegando le ali, la fanciulla fu in grado di parlargli e di trasmettergli tutta la sua sorpresa:
- Come hai fatto a trovarmi...?- non riusciva proprio ad arrestare quel fremito che la sovrastava e si sentiva debole, confusa e stupida. L’agitazione aumentò nel momento in cui udì un gracchiare familiare, di corvi, che vide poco dopo posarsi in prossimità della finestra. Erano loro due, quegli uccelli che da tempo svolazzavano e scrutavano la sua abitazione, quasi a volerla analizzare o quasi per farle la guardia e vedendoli insieme, loro e lui, le parve che si assomigliassero, avevano lo stesso colore nero e gli stessi occhi paurosi.
“Sono forse i suoi...” considerò allora, cercando di allontanare dalla sua mente l’ipotesi che quelli fossero veramente suoi compagni...o sue spie. Intanto si accorse che il moro non aveva ancora fiatato e che proseguiva a mirare dritto, di fronte a lui: guardava lei. Deglutì e attese ancora. Quell’inquietante silenzio non faceva altro che peggiorare la situazione e la luna, semi nascosta fra quelle poche nubi innocue, rendeva tutto più difficile e imbarazzante in quanto neppure un raggio riusciva a penetrare in quelle quattro mura, non un minimo chiarore che potesse rincuorarla. Era nero, tutto nero; l’oscurità era la vincitrice. E quel senso di sconfitta, la metteva ancor maggiormente paura, incentivato pochi secondi dopo da un suo passo.





La principessa passò giorni interi pensando a lui,
a quella bestiola che l’aveva ferita e fatto male con la sua fuga.
Eppure lei sperava ancora in un suo ritorno
e la sua speranza stavolta non fu delusa.  

   






Whaaaaaaaaaa >-<  Pardon, sorry, entschuldigung, scusate!! ...per il ritardo.
Mi dispiace davvero di non aver  potuto pubblicare prima questo capitolo, ma...la storia è sempre quella!
Con la promessa di essere moooooooolto più rapida e di non farvi aspettare così tanto, ci vediamo alla prossima!
Please, fatemi sapere cosa pensate nel nuovo capitolo (come dico sempre le recensioni positive o meno sono sempre ben accette!) Mi raccomando ^^
Ciaociao



Mewpower



  
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