CAPITOLO 3:
…i demoni…
Il suo corpo si mosse preciso e scattante
all’ennesimo attacco, cioè un poderoso fendente dall’alto, dell’avversario, un
uomo corpulento. Schivò a destra il colpo compiendo un giro su se stesso, poi
alzò la spada e l’affondò verso l’elsa dello spadone nemico. L’avversario perse
la presa della spada per la grande forza d’urto, e quasi si ruppe il polso
destro. Tuttavia recuperò la spada velocemente e i due continuarono a combattere.
Il ragazzo parò con precisione un colpo basso dell’avversario, che maneggiava
la spada con la mano sinistra, avendo il polso destro molto idebolito e
dolorante; poi quest’ultimo tentò una mossa molto azzardata, alla quale il
ragazzo rispose scaraventandogli il tavolo delle armi addosso. L’avversario si
dovette perciò arrendere alla sconfitta.
-ottimo duello, Dràmon. Siete veramente e
maledettamente bravo. Già da molto tempo avevo ben capito che oramai non avevo
più nulla da insegnarti- disse l’uomo al giovane con un sorriso accennato, intanto
che si rialzava, togliendosi di dosso tutte le armi che Dràmon gli aveva
gettato, e recuperava la sua spada.
-Grazie maestro, e lei è stato un’ottimo
insegnante; mio padre è sempre stato contento di lei e sa che lei mi ha
insegnato bene. Per questo da un po’ sono a capo dell’ala sinistra
dell’Esercito; tra qualche giorno parto con il terzo manipolo per la mia prima
battuta-
-Complimenti, Dràmon. A diciannove anni non si
diventa capi dell’Esercito, neanche di una piccola parte. Sei molto
intelligente, forte, potente…la tua prima battuta si svolgerà senza alcun
problema. E poi ho sentito dire che dovrai partecipare ad un affare importante
che è compreso in questa tua missione-
- È molto informato, maestro; spero comunque vada
tutto per il meglio: mio padre confida in me, e io non voglio deluderlo. Mi ha
sempre insegnato a vincere, e lo farò anche in questa occasione. Raccogliere
informazioni dal tempio di Dànka, quello della Famiglia Reale di Aletheimora, conta
è un’operazione fondamentale-
-Ti ha addestrato bene, tuo padre. Parli già quasi
come lui. Ma andrà tutto bene-
-Beh, spero. E conunque se il Re mi ha addestrato
bene è anche perché sono suo figlio, no?-
-Giusto. Sai tra quanto vuole sferrare l’attacco
decisivo?-
-è ancora presto, ma penso che non aspetterà
molto.-
-Capisco. Penso che potremo smettere qui, che ne
dici?-
-Sì, maestro. A proposito, non le ho rotto il
polso, vero?-
-Oh, credo di no. Fa solo un po’ male, ma
d’altronde hai molta potenza negli affondi dall’alto, anche se il meglio di te
lo dai con la tua cara arma diabolica-
-Beh, non potrebbe essere altrimenti, è stata
forgiata apposta per me!-
-Giusto anche questo. Io vado, tu che fai?-
-Resto qui ancora per un po’, se non le dispiace-
-Allora ti lascio le chiavi, Dràmon, e buona
fortuna per tutto-
-Grazie ancora, maestro-
Quando l’uomo se ne fu andato, il giovane prese
una grossa arma che si trovava a terra e iniziò a combattere da solo, con molta
sorprendente eleganza. La sua era un’arma molto letale:era composta da un lungo
manico di legno rinforzato e molto resistente, al quale era fissata una lunga
lama ricurva e seghettata, di un lucente quasi inquietante. Quell’arma avrebbe
potuto tagliare in due un decimo di capello da quanto era appuntita; per chi
non la aveva mai usata, poteva parere molto pesante ed essere anche decisamente
pericolosa, ma con molto allenamento e tanta forza, diventava un attrezzo
leggero e molto letale per tutti tranne che per colui che la brandiva. Dràmon
era il possessore dell’arma e l’unico capace di usarla con precisione: si era
allenato per ore e ore e per giorni e giorni, prima di riuscire a
padroneggiarla, anche se la sua predisposizione naturale lo aveva favorito
molto; una predisposizione alla forza e all’abilità, presa dal padre, una forza
tipica di un demone. Perché questo era la sua vera natura, quella demoniaca;
solo un particolare lo distingueva dagli altri demoni: mentre tutti non avevano
una forma base precisa e non provavano benché minimo sentimento e tutto quello
che vi è di simile, lui era nato sotto forma di uomo per natura,e perciò
provava, almeno in parte, quello che gli uomini provano; per il resto era un
demone come gli altri.
Dopo molto tempo da quando il maestro se ne era
andato, anche il giovane Dràmon smise di allenarsi e lasciò il grande Salone
degli Attrezzi per dirigersi alla sua stanza. Questa sala si trovava accanto
alle cantine, appena sopra le prigioni, e perciò dava su un corridoio molto
umido e freddo, e ciò costrinse Dràmon a coprirsi con un lungo mantello.
Assicuratosi il mantello sulle spalle, prese una delle fiaccole poste vicino
alla porta e attraversò un lungo corridoio, fino scale principali, e iniziò a
salire. La sua camera occupava la cima della torre ovest del buio e cupo
castello Reale di Enèdra, perciò ci volle un po’ di pempo per riuscire ad
arrivarvi. Qui l’aria era molto più calda, e il giovane non ebbe più bisogno di
indossare il mantello. Pose la fiaccola in un apposito cerchio appeso a circa
metà del muro e si adagiò sul letto. La camera aveva un aspetto molto oscuro,
dato dal fato che vi era solo una fiaccola e il camino che ardeva a fornire la
luce all’intero vano; vi erano comunque due finestre, ma erano state accuratamente
chiuse con pesanti tendaggi scuri, che impedivano il passaggio della luce. Vi
era un letto a baldacchino che aveva l’aria di essere molto soffice, molto
sobrio ed elegante; una grande scrivania in legno occupava la parte vicina al
fuoco, e subito accanto una grande poltrona in stoffa. Da un altro lato vi era un
armadio di mogano non molto ingombrante con uno specchio appeso sull’anta
destra, e l’unico altro arredamento della stanza era una piccola libreria. Nel
complesso la stanza era grande e anche molto ordinata e pulita, per quanto la
penombra desse una visione parziale degli arredamenti. La quiete che pervadeva
la stanza fu turbata da un lieve picchettìo alla porta così inaspettatamente
che Dràmon si mise a sedere sul letto con uno scatto, come se si fosse
improvvisamente risvegliato da un terribile e brutto incubo.
-Chi è?- esclamò Dràmon. Da fuori una voce molto
femminile e impaurita rispose alla domanda.
-Padron Dràmon, sono Mavel, ho un messaggio di suo
padre per lei-
-Entra Mavel, entra-
Entrò dunque una giovane e timorosa ragazza, che
non doveva avere più di dodici, massimo tredici anni, dal viso rotondo e la
pelle scura. Ella era una piccola
schiava presa poco tempo prima da uno dei villaggi a sud-ovest di Enèdra.
Lavorava a palazzo facendo di tutto, dalle pulizie alla consegna dei messaggi
nelle varie zone del palazzo, dal momento che la costruzione era molto grande.
Accostata la porta alle sue spalle, Dànka porse a Dràmon un rotolo di pergamena
stretto da un nastro nero e rosso, ppoi fuggì via, senza nemmeno salutare. La
pergamena conteneva un breve messaggio, con la calligrafia chiaramente paterna.
Diceva semplicemente:
“ti aspetto
alle sette, tu sai dove, per una piccola cena di famiglia. Ho da chiarire un
paio di dettagli sulla missione che devi compiere nella tua battuta. È importante.
Avrò il mio solito aspetto umano. E sii presentabile” . Al padre non sfuggiva
che il suo aspetto normale non era propriamente ottimale, perciò gli ci volle
un po’ per rendersi presentabile per una cena. Innanzi tutto si fece un bagno
freddo, perché era sudato fradicio dagli allenamenti di quel pomeriggio.
Rilassò i suoi muscoli, e il suo corpo atletico se ne giovò; si lavò i capelli
biondi e spettinati, riordinandoli intorno al suo viso regolare. Indossò una
tunica pulita, nera e con le maniche lunghe, poi un mantello leggero. Spostò la
fiaccola in un altro anello, vicino all’armadio, e si osservò allo specchio. I
suoi occhi azzurri esaminarono il suo aspetto finale, poi uscì nel corridoio, e
si avviò presso il luogo prestabilito.
***
Il Castello Reale di Enèdra era enorme e si
trovava al centro della città, così come lo era quello di Aletheimòra. Tuttavia
c’erano le sue differenze: il castello era nero, appariscente e soprattutto era
molto inquietante: tutto da fuori emanava inquietudine e paura, difatti appena
intorno alle grosse mura esterne non vi erano case, che si trovavano ad una
certa distanza quasi di sicurezza. Questa cosa rendeva il tutto molto più
pauroso, se non si contava poi la storia della città e del Regno del Buio. Il
fatto che questo Regno fosse controllato dal Diavolo in persona, metteva i
brividi al popolo anche al solo pensiero; se si aggiungeva l’Esercito, cioè il
Buco Nero, e la dilagazione del male e della morte nel Regno della Luce, il
tutto prendeva una tremenda aura di terrore puro. L’interno del castello era un
vero e proprio labirinto di stanze e corridoi semibui, ed anche per coloro che
ci vivevano non era semplice barcamenarsi nei meandri del palazzo. Anche Dràmon
aveva le sue difficoltà, nonostante vivesse in quel luogo da diciannove anni.
L’unico che sembrava non avere alcun problema pareva Lucifero, che si muoveva
sempre con estrema sicurezza..
***
Erano quasi le sette, e l’ora della cena si
avvicinava molto lentamente. Dràmon scese l’ultima rampa di scale, poi svoltò a
sinistra ed entrò nella prima porta che gli si parò davanti. La stanza in cui
il giovane era entrato era decisamente piccola, e poco arredata: vi erano molti
cuscini di seta rossi e nero e un grande tavolo di ferro battuto al centro,
qualche torcia, poi nient’altro. La superficie del tavolo era ricoperta da una
ricca tovaglia ricamata, e sopra era già tutto predisposto per la cena: piatti,
posate, bicchieri, e tutto il cibo già sui vassoi. Ad aspettare il giovane
c’era lui, Lucifero, nei panni di un umano, seduto a gambe incrociate su un
cuscino di seta, che lo guardava con un’espressione greve. Pareva un uomo sulla
sessantina, in forma, con molta esperienza sulle spalle, ed il viso segnato dal
tempo, gli occhi scuri e corti capelli brizzolati. Egli accolse il figlio
alzandosi in piedi, e invitandolo ad accomodarsi nel posto vicino al suo, alla
sua destra, poi fece un cenno in direzione della porta, ed un inserviente
apparve immediatamente a scoperchiare i vassoi e a servire loro il cibo. Quando
quest’ultimo se ne fu andato, l’espressione dell’uomo si rilassò un poco, ma
non disse nulla. I due rimasero in perfetto silenzio per l’ora seguente, mentre
consumavano il proprio pasto concentrati; finchè la cena non volse al termine,
l’argomento che doveva essere al centro della conversazione fra padre e figlio
non fu minimamente toccato. Quando anche l’ultimo rimasuglio della frutta sparì
dal tavolo, Dràmon prese la parola:
-Padre, perché mia hai convocato qui?mi sembrava
di aver capito che la questione era molto importanante!-
-In effetti lo è, ma ho preferito parlarti dopo la
cena per non avere distrazioni con il cibo-
-Capisco. Parla pure-
-Ti avevo detto che nella tua prima battutta
saresti dovuto passare dal Tempio di Dànka per prendere informazioni, giusto?-
-Giusto, padre-
-Ebbene, ho deciso che devi attuare un cambiamento
a questa spedizione-
-E dunque?non dovrò più recarmi là?-
-Certamente, ti recherai là come previsto. Ma
dovrai giungere a Dànka non solo per prendere informazioni. Dovrai anche
prendere la sacerdotessa del luogo, una giovane molto capace, da quello che ho
sentito. Si chiama Elèien, e forse il suo nome ti suona familiare, poiché è la
più giovane sacerdotessa degli ultimi trecento anni-
-E come potrò prenderla, non sapendo come e fatta
e in mezzo ad altri Celebranti?-
-Non è un problema, ci ho pensato. Svolgendo un
itinerario leggermente diverso, con tappe diverse, potrai benissimo arrivare al
Tempio nei giorni dei Riti Solari. Sai cosa sono?-
-No credo di essere a conoscenza delle abitudini
dell’altro Regno, padre-
-Non importa. Ti basta sapere che per quei riti,
la Sacerdotessa si chiude nel Tempio con una persona prescelta da lei e compie
dei riti. Ignoro i dettagli precisi del procedimento globale dei Riti Solari,
ma dal momento che ci saranno solamente due persone a Dànka in quei giorni, per
te sarà più semplice prendere Elèien ed uccidere l’altra persona. È chiaro?-
-Chiaro come il sole, tanto per rimanere in tema-
-Bene, se ti è chiaro, puoi andare. Ti farò avere
una mappa con il percorso che dovrai compiere e in quanto tempo domani mattina,
attraverso Mavel. Insieme vi troverai un breve appunto sui più precisi
dettagli. Spero tu non abbia niente da ridire-
-Nossignore, niente-
-Allora sbrigati, si sta facendo tardi-
-Buonanotte padre-
-buonanotte Dràmon-
Il giovane si diresse verso la porta e, prima di
uscire, s’inchinò al padre, come segno di rispetto; il padre fece un piccolo
segno di assenso, e dunque il ragazzo se ne andò. Ripercose i gli stessi
corridoi che aveva attraversato anche all’andata, e giunse infine alla sua
stanza. Si liberò dei suoi vestiti, sense la fiaccola che ardeva al muro e si
mise sotto le pesanti coperte del letto. Due ore dopo dormiva.
SPAZIO AUTRICE:
ecco qua il terzo capitolo, postato a rilento, come al solito....ringrazio Amaerise e Afàneia per aver recensito, e anche Kallen II e Ozzy90 per aver messo questa storia fra le seguite...mi piacerebbe avere anche un vostro parere...ringrazio anche chi si è anche solo degnato di perdere tempo a leggere questa ff, spero non sia stata terrificante.Ciau Ciau