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Autore: Annina88    10/05/2010    5 recensioni
Questa one shot è tratta dallo splendido romanzo di Sara Gruen "Water for elephants" ("Acqua agli elefanti"), libro da cui è tratto il prossimo ed omonimo film interpretato da Robert Pattinson, Reese Witherspoon e Christoph Waltz. Questa one shot è una rielaborazione di una scena presente nel libro (per la precisione nei capitoli 20 e 21), che ho voluto narrare dal punto di vista di Marlena (tutto il romanzo è narrato dal punto di vista di Jacob). Spero che vi piaccia e buona lettura!
Genere: Romantico, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- RESTA CON ME -

Water for Elephants

“Marlena…”
Il mio nome, Jacob. Il mio nome pronunciato da te ha tutto un altro suono. Il mio nome, con la tua voce gentile, acquista perfino un sapore. Prima di te, il mio nome non aveva senso, era solo una parola. “Marlena, che ne diresti di apportare una modifica al tuo numero?” diceva Zio Al, nel suo modo gentile di impartirmi ordini. “Marlena, tesoro, sei incantevole, una stella, la mia piccola stella” diceva August, facendomi rabbrividire per il modo in cui pronunciava la parola mia. “Sposa quell’ebreo e non sei più mia figlia, Marlena!” ha urlato mio padre l’ultima volta che l’ho visto. Il mio nome non serviva a nulla. Nessuna di quelle voci mi ha mai dato un’identità che fosse davvero la mia. Ero solo Marlena l’acrobata. Marlena la moglie. Marlena la figlia. Nessuna di quelle voci mi ha mai fatta sentire solo Marlena. E poi sei arrivato tu, Jacob…Mi hai guardata ed hai visto solo me. Mi hai chiamata e mi hai fatta sentire solo me. Perché tu, dai sapore a tutto.
“Marlena, ti prego, dobbiamo trovare un albergo più lontano”
Me ne sto affacciata alla finestra, dandoti le spalle, ma riesco a vedere il tuo riflesso nel vetro. Te ne stai in piedi davanti alla porta di questa camera, agitato e rispettoso. Forse vorresti venirmi vicino, ma rimani lontano. Come per lasciarmi libera. Come se ti rifiutassi di invadere il mio spazio. Ma non lo sai, che tu hai già invaso tutto? Sei come l’acqua che riesce ad intrufolarsi in qualunque pertugio. Sei come l’aria di cui è fatto il cielo, azzurro come i tuoi occhi. Perché è lui ad essere azzurro come i tuoi occhi, e non il contrario.
Sei come l’aria che respiro. Ed il mio respiro, dipende solamente da te. Sei la mia aria. Lo sei dal primo momento che ti ho visto.
“No, Jacob. Resterò qui.”
“Perché?”
“Perché August pensa che io sia in qualche altro albergo. E comunque domani c’è il mio spettacolo, perciò sarò costretta a rivederlo…”
Non rispondi, ma so che mi stai dando silenziosamente ragione. Non mi piace l’idea di rivedere August, così come non piace a te. So che non sopporti che mi abbia picchiata. So che ti terrorizza il pensiero che possa farlo di nuovo. Ma tutto questo è stata anche colpa mia. E’ vero, August ha sbagliato a credere che lo avessi tradito, ma in fondo non era molto lontano dalla verità. Per quanto cercassi con tutta me stessa di nasconderlo, lui sentiva quanto io fossi attratta da te. Perché una cosa così forte, così improvvisa, così violenta, non la si può celare.
E mi volto, perché non ha senso essere nella stessa stanza con te senza guardarti. Non ci riuscirei…sei peggio di una calamita per me, Jacob Jankowski. Ed ogni volta che ti guardo, il mio cuore sussulta. Sei bello, Jacob. Sei bello, e non lo sai. Sei bello anche per Barbara, che di uomini ne ha visti ed assaggiati a bizzeffe. L’ho sentita, mentre spettegolava con la sua amica Nell su quanto tu fossi “un verginello carino e appetitoso” e tanti altri commenti volgari e ripugnanti, parole che non meriterebbero di essere associate ad una creatura come te.
Mi guardi negli occhi, e mi piace il modo in cui lo fai. E’ come se mi stessi chiedendo il permesso per scrutarmi dentro. Vorresti e potresti leggermi l’anima senza alcuno sforzo, eppure non lo fai. Sei troppo buono, Jacob. Così giovane ed innocente…Abbiamo la stessa età, eppure io mi sento invecchiata e sporcata dalla mia ingenua ipocrisia. Ho finto di amare un uomo per anni, mentendo più a me stessa che a lui nella convinzione che sarei stata abbastanza forte da sopportare la sua follia. E ci sarei riuscita, sai? Avrei continuato a reggere, se non fossi arrivato tu. Come un uragano, hai spazzato via tutte quelle fragili fondamenta su cui si reggeva il mio matrimonio. Dovrei odiarti per questo…Eppure, non ci riesco. Per odiarti, dovrei essere capace di stare lontana da te, ma non ne ho la forza. Non più. Forse non l’ho mai avuta davvero.
Attraverso la stanza e mi siedo sulla poltrona accanto al letto. Improvvisamente, le mie gambe non reggono più il mio peso. Abbandono la testa sullo schienale e chiudo gli occhi. Mi sento così stanca…
“Prima voleva farmi le sue scuse” dici.
“E tu le hai accettate?” domando, tornando a guardarti e perdendomi di nuovo in quel mare dei tuoi occhi.
“Diamine, no!” esclami, come se la mia domanda ti avesse in qualche modo offeso.
Perdonami, Jacob, ma è solo di te che mi preoccupo. Ti devo sembrare così stupida ed ingenua. Mentre tu sei così deciso, così coerente con te stesso da farmi sentire ancora più insignificante.
Mi stringo nelle spalle, cercando di diventare più piccola. Vorrei che si aprisse una voragine sotto di me e che mi inghiottisse, almeno smetterei di sentirmi così in colpa. Almeno smetterei di essere così dipendente dal tuo profumo.
“E invece dovresti, Jacob. Zio Al sarebbe capace di licenziarti…”
“Non m’importa niente. Ti ha picchiato!”
Chiudo gli occhi, nello sforzo di trattenere le lacrime. Vorrei cancellare con un colpo di spugna tutto quello che è stato, ma non posso. Il passato ci rimane appiccicato come le locandine dei circhi, che col tempo sbiadiscono, ma le loro tracce permangono attaccate al muro.
“Lo aveva già fatto?”
Nella tua voce, sento ansia, preoccupazione, dolore. Merito davvero il tuo ardore, la tua rabbia, la tua paura?
“No, lui…lui non mi ha mai messo le mani addosso. Però i suoi sbalzi d’umore erano più che sufficienti…”
“Zio Al mi ha detto che è uno schizofrenico paranoide”
Annuisco lentamente. E’ la verità: mio marito è malato ed io non posso fargliene una colpa. Non ha scelto lui di essere così. Sono io che ho continuato a scegliere lui ogni giorno per quattro anni.
“Perché…perché non lo hai lasciato?”
Ah, Jacob, Jacob…per te il mondo è ancora un posto di scelte facili. Hai capito che non lo amo, non più. Forse lo hai sempre saputo, ed è anche per questo che mi hai baciata, quella notte turbolenta a Chicago. Le tue labbra…ne sento ancora il sapore. Mi è rimasto dentro, confuso con il sangue che mi scorre nelle vene. Come il calore delle tue mani attorno al mio viso. Come il tuo respiro affannato che si mescolava al mio. Come la sensazione della tua pelle sotto la punta delle mie dita, quando non sono più riuscita a resisterti e ti ho accarezzato il volto. E’ stato il momento più bello di tutta la mia vita, Jacob. Tu non lo sai, perché sono fuggita da quel bacio, perché ti ho chiesto di dimenticarlo pur sapendo che sarebbe stato impossibile. Per entrambi.
“E come potevo, Jacob? Quando l’ho sposato, io non ne sapevo nulla. E poi, lo vedi anche tu che quando è di buon umore è straordinario…Ma quando si arrabbia, lui…”
Ripensarci, mi fa male. E’ come se i lividi sul mio viso prendessero a pulsare. E la vista del sangue sul tuo volto mentre August ti colpiva torna a perseguitarmi come il peggiore degli incubi. Che schiaffeggiasse me, era un conto. Ma non te, Jacob…non te. Mai.
Nella stanza, cala un lungo silenzio, talmente intenso da poterlo toccare. Aspetti che io dica qualcosa, come hai sempre fatto. Hai sempre aspettato che io ti dicessi qualcosa…Sei così dolce, Jacob. E’ bella la sensazione che mi fai provare quando ti parlo: mi guardi e mi ascolti come se al mondo non esistesse nessun altro, anche se l’argomento di conversazione è il mangime per i miei cavalli. Ma ora che stiamo parlando di me, della mia vita, di August, è bene che tu sappia tutto. Voglio che tu sappia tutto.
“Tre settimane dopo il matrimonio, ha fatto perdere un occhio ad uno degli operai. L’ho visto picchiarlo in un modo così brutale che…Ho avuto paura. Così tanta che ho telefonato ai miei genitori e gli ho supplicati di permettermi di tornare a casa…ma dopo aver sposato August, un ebreo che per di più lavorava in un circo, io ero morta.”
Non ti guardo. Stavolta non ne ho proprio il coraggio, tanto mi sento indegna e svuotata. Ho perso la mia famiglia per August, ed ora ho perso anche lui. Anche se, a pensarci bene, l’unica cosa che avevo davvero di lui era l’illusione dei suoi momenti positivi. Ma ora non mi rimangono nemmeno quelli.
Sento i tuoi passi rapidi, ed immagino la tua andatura che è un miscuglio perfetto di spavalderia americana e di riservatezza polacca. Nemmeno quando t’inginocchi di fronte a me oso guardarti, perché i tuoi occhi mi ucciderebbero o mi costringerebbero ad una resa senza speranza di salvezza. E mi sento ridicola, perché ormai lottare è inutile: già ti appartengo, Jacob, da molto tempo prima di adesso.
La tua vicinanza mi confonde. Il profumo della tua presenza mi annebbia il cervello come se fosse fumo. Non vedo nulla, tranne la tua immagine. Non sento nulla, tranne il tuo respiro caldo. E non desidero altro che rimanere qui, per sempre, con te.
Prendo fiato e parlo di nuovo, anche se la mia voce trema come una foglia al vento.
“Giorni dopo un altro operaio è morto dissanguato per i morsi di una tigre mentre le dava da mangiare insieme ad August. Poi ho scoperto che i cavalli da esibizione erano stati affidati a me perché l’acrobata precedente si è lanciata dal treno in corsa dopo una notte trascorsa con lui. Sono successe altre cose, altri incidenti…ma…ma…non se l’era mai presa con me…”
E la pioggia di ricordi mi fa perdere il controllo. A nulla servono le mani sulla faccia per nascondere la lacrime che violente iniziano a sgorgare dai miei occhi stanchi. Tutto il mio corpo è scosso dai singhiozzi, in uno sfogo che non sono in grado di fermare né acquietare. E’ come se quello di gettare fuori tutto fosse un bisogno primario quanto respirare.
“Non piangere, Marlena. Non lo sopporto…Ti prego. Guardami.”
Gettare fuori tutto. Respirare. Bisogni primari, si…Ma ascoltare la tua voce, guardarti, tutto questo è vitale. Ti obbedisco. Mi asciugo gli occhi con il dorso delle mani, perché non sopporto l’idea di non essere al meglio in tua presenza. E ti guardo. Ritrovo i tuoi occhi, che non mi sono mai sembrati così azzurri, così limpidi. Da chi hai preso questi occhi, Jacob? Forse da tua madre…o da tuo padre? E questi capelli rossi? E le orecchie, ed il naso, e le labbra? Da nessuno…quello che sto vedendo appartiene a te e solamente a te. E così, anch’io. A che serve negarlo? Forse perché ho deciso di lasciare mio marito, ora mi sento più libera di ammettere la verità. Ma anche se mi considerassi ancora la signora Rosenbluth, non potrei continuare a nascondermi ancora per molto…Quello che provo per te è così forte che sfugge al mio stesso controllo.
“Resta con me, Jacob…” il mio è un sussurro, ma dentro sto gridando.
I tuoi occhi si spalancano, in un guizzo che non nasconde la tua sorpresa di fronte alla mia preghiera. Perché ti stupisci tanto Jacob? Vuoi farmi credere che un ragazzo intelligente come te non aveva capito una cosa così evidente?
“Marlena, io…”
Incauta e irrazionale, ti poso un dito su quelle labbra così perfettamente disegnate e scivolo a terra, per inginocchiarmi davanti a te. La distanza tra i nostri corpi è troppo poca perché il mio corpo non riprenda a rabbrividire.
“Ho bisogno di te, Jacob. Per favore…non lasciarmi.”
I gesti che seguono le mie parole mostrano la caduta di tutte le mie barriere. Non voglio più difendermi. Voglio che tu mi colpisca, voglio farmi male per quanto è forte il mio amore. Perché è questo, quello che sento per te. Amore. Ho respinto questa parola troppo a lungo, come ho respinto te in quel vicolo, dopo quel bacio che mi ha portato via l’anima per sempre. Ma ora sono pronta ad accogliere tutto, tutto di te.
Una mia mano si posa sulla tua guancia, sulla tua pelle candida irruvidita dalle tracce di barba. Ed il tuo calore è quanto di più vicino ad una scossa elettrica, solo che non provo dolore. Tutto il contrario. Non respiri più, ed io ti imito. Sei immobile, ad eccezione delle tue palpebre che si chiudono a coprire i tuoi occhi languidi.
“Marlena…” sussurri roco.
“Shh”
Non dire niente, Jacob. Non voglio sentirti rispondere un “si” mosso da pietà. E soprattutto, non voglio sentirti rispondere un “no” perché la situazione ti sembra sconveniente.
Tieni gli occhi chiusi anche quando ti accarezza la nuca ed i capelli, che immaginavo morbidi, ma non così. Li riapri solamente quando mi faccio più audace, forse troppo, ed inizio a sbottonarti la camicia.
Non dovrei farlo, perché per la legge sono ancora sposata. Eppure, man mano che il tuo petto si rivela al mio sguardo, sento che non potrei mai pentirmi di quello che sto facendo. Mi pento di tante cose. Mi pento di aver abbandonato la mia famiglia per un capriccio. Mi pento di aver sposato un uomo che nemmeno conoscevo. Mi pento di aver continuato a restargli accanto pur avendone paura. Mi pento di aver represso il mio sentimento nei tuoi confronti per non sentirmi in colpa.
Ma adesso…adesso è cambiato tutto. Ho bisogno di te, Jacob. Ho bisogno di sentirti mio e di sentirmi tua. Completamente. E ne avrò bisogno domani. E dopo domani. Ed il giorno dopo. E tra un anno. E tra un secolo. Perché ti amo, Jacob. Ti amo come non ho mai amato niente e nessuno da quando sono venuta al mondo.
Rimani incerto, quando tiro fuori i lembi della camicia dai pantaloni. Lo sento nella tua immobilità e lo vedo nei tuoi occhi che torno a guardare. Ti conosco, e so che sei abbastanza leale da non essere sicuro di quello che stiamo facendo. Però lo vuoi…vero che lo vuoi, Jacob? Lo vuoi almeno la metà di quanto lo voglio io?
Prendo di nuovo coraggio ed avvicino il viso al tuo. Sfioro le tue labbra giusto quello che serve per sentirne il sapore, più dolce ed inebriante di quanto mi ricordassi. Indugi a non respirare. Peccato, perché di te amo anche il respiro. Esito un secondo, per concederti la possibilità di respingermi. Non ti voglio sedurre, perché implicherebbe indurti a fare una cosa che non vuoi e questo non potrei mai accettarlo. Ma le tue labbra rimangono dischiuse, in silenziosa attesa di ritrovare le mie, le loro compagne. Ed io obbedisco a quel richiamo, baciandoti. Ti bacio con incalzante decisione e tutto diviene perfetto nel momento in cui sento le tue mani attorno al mio viso. Lo trattieni, per non perdere il contatto tra le nostre bocche e le nostre lingue gaie e giocose, mentre le mie dita scoprono ogni centimetro del tuo petto forte. Non distinguo più a chi appartengano i respiri che si diffondono nell’aria.
La bramosia di appartenerci ci sta bruciando lentamente. Lo sento nella mia mano che scivola in basso fino ai pantaloni e si insinua tra le tue gambe, dove il desiderio è pulsante ed ha una forma tangibile. Separi le nostre bocche, incapace di trattenere un gemito, e torni a guardarmi come se non ti fossi aspettato una cosa del genere. Mi fissi con adorazione, mi veneri con lo sguardo e con il respiro affannato. Nessuno mi ha mai guardato così. Nessuna donna è mai stata guardata così. Nemmeno Barbara nei suoi volgari spettacoli.
Solo ora mi ricordo che non hai mai posseduto una donna e che forse non sai cosa fare. Percepisco la tua paura di fare qualcosa di sbagliato e la necessità di essere guidato. Senza distogliere lo sguardo dai tuoi occhi celesti, ti prendo le mani. Ne bacio i palmi, e poi li porto sui miei seni. E di fronte alla tua incertezza, ti chiedo, ti supplico di toccarmi. Vorrei essere formosa ed eccitante come Barbara, ma i tuoi occhi ed il tuo tocco mi dicono che ti basto così come sono. Mi accarezzi il petto attraverso il cotone, e solo la tua bocca soffoca il mio gemere.
Quando le tue mani prendono confidenza con tutte le forme del mio corpo, ti slaccio i pantaloni per incontrare la tua eccitazione. Ma la tua mano mi ferma, stringendomi delicatamente il polso.
“Voglio…voglio entrare dentro di te...ti prego…Marlena…”
Mi preghi. Mi preghi? Non devi pregare per qualcosa che è già tuo, Jacob. Aspettavo questo momento dal giorno in cui ti ho visto, quando timidamente hai sbirciato all’interno della tenda. Già lì mi sei entrato dentro. E voglio che tu lo faccia, di nuovo, con il mio corpo, con il tuo corpo.
Mi alzo e ti tendo una mano. La afferri, continuando a fissarmi negli occhi. Quando giungiamo davanti al letto, ti sfilo completamente la camicia e faccio scivolare in basso i tuoi pantaloni. Dio…quanto sei bello, Jacob. Sei più un dio che un uomo. Dovresti essere tu, l’attrazione principale del nostro circo. Tu saresti sufficiente a rendere davvero lo spettacolo dei Fratelli Benzini il più strabiliante del mondo. E stento a credere che tutta questa bellezza sia mia e solamente mia.
Ti stringo le spalle e chiudo gli occhi, mentre slacci la cerniera del mio vestito, tenendo le labbra premute contro i miei capelli. Tu sei troppo bello per me, ma quando da sola mi spoglio di tutto il resto, e guardo i tuoi occhi percorrere tutto il mio corpo, mi chiedo se io lo sia abbastanza per te…La verità è che mi stai guardando esattamente come io sto guardando te, e questo mi dà forza, e mi fa sentire bene, e bellissima.
Allora mi siedo sul materasso e mi spingo indietro, in modo da poterci sdraiare. Allungo le braccia, per incoraggiarti a raggiungermi, perché il tuo calore già mi manca. Mentre gattoni sul letto, dischiudo le gambe per accogliere il tuo corpo. Le mie braccia si stringono attorno al tuo collo. Ti sento tremare, come se avessi freddo. Hai lo sguardo impaurito, come se non sapessi cosa sta per succedere, o come se non sapessi in che modo farlo succedere. La tenerezza del tuo sguardo m’invoglia a spiegartelo, ma non saprei come fare. Ti accarezzo di nuovo una guancia, per cercare di tranquillizzarti. Andrà tutto bene, amore mio. Non mi farai del male. Tu non mi farai mai del male.
Ed improvvisamente, ti sento. Affondi dentro di me, senza nemmeno sapere come. E quasi gridi, mentre io sorrido. Ed inizia a muoverti. Ed io accolgo ogni tua spinta. E sei bravissimo. E ti senti un uomo. E mi sento una donna. E sei mio. Ed io sono tua. Ed è bellissimo. E sei bellissimo. E vieni dentro di me. E vengo attorno a te. E mi stringi. E ti stringo. Più forte, sempre più forte, come se volessimo ingoiarci a vicenda.
Resti steso sopra di me, con il viso affondato nell’incavo tra il mio collo e la mia spalla. Ti accarezzo i capelli e ti bacio la nuca. Respiri a fatica, e sento il tuo cuore battere impazzito proprio sopra il mio. E’ stata la tua prima volta, amore. Vorrei poter dire lo stesso per me, anche se con te è stato talmente bello da farmi dimenticare tutte quelle volte che mi sono concessa ad August esclusivamente per dovere coniugale e per paura delle sue reazioni.
Quando il tuo respiro si fa regolare, il tuo corpo scivola accanto al mio. Mi guardi dolcemente, mentre le tue braccia mi tengono stretta, al sicuro. Perché, nonostante i lividi e le ferite sui nostri volti, ho la sensazione che accanto a te non potrebbe succedermi nulla di male?
Intreccio le dita della mia mano alle tue, e ne bacio i polpastrelli. Mi sorridi e ti sorrido. Restiamo così in silenzio finché non cala il buio. Incrocio le mie gambe con le tue e senza preavviso inizio a raccontarti ogni cosa dei miei ultimi quattro anni di vita. E i ricordi non mi spaventano, perché sento le tue mani tra i miei capelli, sulle mie spalle, lungo le mie braccia. Le tue carezze dolci mi danno conforto e protezione. Ed un amore che non pensavo potesse esistere. Ti confesso ogni cosa, di quanto è stata dura, di quanto ho sofferto e di come mi sono abituata. E di come il tuo arrivo mi abbia costretta ad ammettere che non potevo andare avanti così.
Quando alla fine non ho praticamente più fiato, premi le labbra contro la mia fronte e cominci a parlarmi. Mi racconti di quando eri bambino e di quanto adoravi il dolce alle albicocche di tua madre, ed immediatamente decido che devo assolutamente imparare a cucinarlo. Mi racconti di quando hai iniziato ad accompagnare tuo padre a visitare gli animali e di quanto lui fosse orgoglioso della tua ammissione alla Cornell. Mi racconti di quando hai creduto di essere innamorato della tua compagna di studi Catherine, senza nemmeno lasciarmi il tempo per ingelosirmi, perché subito puntualizzi che quando mi hai incontrata hai capito che lei non era niente. Mi racconti del signor McPherson che ha sventuratamente causato l’incidente dei tuoi genitori, della banca che ti ha lasciato senza casa, della crisi che hai avuto durante l’esame e di come sei scappato via.
Ci addormentiamo l’uno nelle braccia dell’altro, e per la prima volta dopo tanto tempo, riesco a dormire sonni tranquilli.

Il mattino dopo, appena svegli, ti prendo la mano e guido le tue dita nella mia intimità. T’insegno ad amarmi e sei un allievo eccezionale ed intraprendente, ed impari talmente in fretta che a tratti dubito che io sia la prima donna con cui fai l’amore. Mi lasci senza fiato, quando con le labbra percorri tutto il mio corpo, il mio collo, il mio seno, la mia pancia, tra le mie gambe, arrivando a darmi una forma di piacere che non avevo mai provato. Poi entri ancora dentro di me, stavolta con più sicurezza e decisione, ma sempre con una dolcezza che mi toglie il respiro. Invochi il mio nome, mentre insieme raggiungiamo l’apice. E quasi mi spaventa il fatto che amarti diventi ogni volta più bello. Mi accoccolo contro di te, desiderando di essere più piccola solo perché le tue braccia possano stringere tutto il mio corpo e non solo la vita. Esausta e felice, mi addormento ancora con il ritmo lento del tuo respiro tra i miei capelli.

Mi sveglio di soprassalto, come se nel sonno mi fossi resa conto che avrei dovuto aprire gli occhi subito. Vengo invasa immediatamente da una forte ansia, l’ansia del ritardo. Sento il tuo braccio che mi circonda la vita, e perdonami se non mi curo di svegliarti quando bruscamente mi alzo a sedere. Afferro il tuo orologio sul comodino e le mie paure si rivelano fondate quando scopro che da lì a un ora sarei dovuto entrare in scena.
“Oh no!” grido, balzando fuori dal letto.
“Che c’è? Che succede?” domandi con la voce arrochita dal sonno, mentre ti strofini gli occhi con il dorso della mano come il più dolce dei bambini.
“E’ già mezzogiorno! Devo tornare al treno…fra un’ora inizia lo spettacolo!”
Corro in bagno e chiudo la porta, ma solo quando apro il rubinetto del lavandino mi accorgo di aver lasciato tutti i vestiti di là. Torno in camera e raccolgo tutto frettolosamente. “Marlena, fermati un secondo” mi chiedi, mentre ti infili i pantaloni.
“Non posso Jacob, devo andare in scena!”
Indosso il vestito alla bell’e meglio ed inizio a lottare con le calze. Mi fermo solamente quando sento la vicinanza del tuo corpo e le tue mani posarsi delicatamente sulle mie spalle.
“Marlena, per favore”
La tua voce è perfettamente rilassata, in contrasto con la mia agitazione. Eppure il tuo tocco è sufficiente a infondermi calma. Ma cosa mi hai fatto, Jacob Jankowski? Sono totalmente dipendente da te.
Mi volto lentamente, e non riesco a guardarti negli occhi perché mi sento stupida e ridicola. Fisso il pavimento, concentrandomi sullo spettacolo dei nostri piedi così vicini. Ti sento sospirare, come se ti stessi preparando per un discorso importante.
“Marlena, ascoltami…ieri…ieri hai detto che hai bisogno di me. Non…non hai mai parlato di amore, perciò io posso sapere solo quello che sento io…”
Fai una pausa, ed il mio cuore è come se precipitasse. Non lo sento più. Solo la tua voce potrebbe farlo tornare a funzionare correttamente. Perché, come tutto il resto, il mio cuore è tuo, e mai come in questo momento, è in mano tua.
“Ti amo, Marlena. Ti amo con tutto me stesso e voglio stare con te.”
Continuo a fissare il pavimento, i nostri piedi. Mi hai detto tutto ciò che avevo bisogno di sentire, ed io imperterrita continuo a fissare il pavimento. Perdonami Jacob, è che tu, oltre al respiro, mi togli anche le parole ed ho la sensazione che nessuna di queste sia appropriata a risponderti.
“Marlena?”
Mentre mi chiami, i miei occhi si inumidiscono ancora. Ma stavolta non è il dolore. No. Stavolta è la felicità, straripante come un fiume in piena. E non posso trattenermi ancora, trovo il coraggio e sollevo il mento. Il tuo viso è sempre la cosa più bella che io abbia mai visto.
“Anche io ti amo, Jacob. Ti amo dal primo momento in cui ti ho visto...”
Le tue labbra si tendono in un sorriso meraviglioso, un sorriso che ricorda tanto il sole d’estate, forte, luminoso e caldo. E mi dispiace dover rovinare questo momento, ma l’essere ansiosa fa parte integrante del mio essere.
“Ma Jacob…non capisci? Io sono sposata.”
“Rimedieremo.”
“Ma…”
“Ma niente, Marlena. Ti amo, voglio stare con te. Se anche tu lo vuoi, troveremo una soluzione.”
Nei tuoi occhi c’è una tale decisione, un tale amore che non posso fare a meno che arrendermi. E ciò che mi stupisce, è che ancora tu abbia dei dubbi su quello che voglio.
“Jacob…non c’è niente che ho desiderato di più in tutta la mia vita.”
Stavolta non sorridi. Stavolta dischiudi le labbra, mi prendi il viso tra le mani e mi baci.
E nelle tue labbra, io lo so, che troveremo il modo.
Io lo so, che tutto si aggiusterà.
Io lo so, che noi due staremo insieme, che ci sposeremo, che avremo dei bambini, dei nipoti.
Io lo so, che invecchieremo insieme e moriremo insieme.
E soprattutto io lo so, che vivremo insieme.
Perché senza di te, Jacob, io non posso più esistere.
  
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