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Autore: Soul Sister    11/05/2010    3 recensioni
Un Edward tormentato, malinconico e addolorato profondamente, che non crede nell'amore. Una Bella dalla famiglia disastrata, ma nonostande tutto, che ancora sogna e crede nell'amore vero. Riusciranno ad amarsi, tra i fuochi delle due famiglie in lotta tra loro?
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap 3 Magica notte stellata a Forks
Isabella si svegliò in tarda mattinata.
Aveva dormito tanto, ma non era per niente riposata. Decise quindi di abbandonarsi ad una rigenerante doccia calda.
Accese l’acqua, e poi cominciò a spogliarsi. Si guardò allo specchio: mio Dio, che mostro!
I suoi capelli castani erano tutti annodati e disordinati, talmente tanto che avrebbero potuto esser presi per una balla di fieno.
S’armò di pettine, mise una salvietta sotto i denti, e cominciò a sistemare quel disastro.
Quando ebbe finito, notò che la metà della sua chioma era rimasta impigliata tra le setole del pettine.
Fissò male l’arnese, e poi lo scaraventò nel lavandino con la delicatezza di Hulk.
Si fiondò nel box, e immediatamente nervi e muscoli si rilassarono.
- ah, niente di meglio di una doccia calda di mattina… - disse tra sé e sé.
Uscì dalla doccia e indossò l’accappatoio, nel mentre sceglieva i vestiti da mettersi. Pensò che la sera avrebbe dovuto vestirsi bene per la festa di Billy. E con questa considerazione, l’effetto tranquillante della doccia andò a farsi friggere.
Indossò distrattamente dei jeans chiari, e allo stesso modo una maglietta a mezze maniche bianca. Talmente era persa nei suoi tormentati pensieri, che si accorse solo dopo, di aver messo la t-shirt al contrario. L’umidità nel bagno aveva appiccicato ben bene i capi addosso al corpo di Isabella. Mentre cercava di sfilarsi l’indumento, scivolò a causa dell’acqua sul pavimento, e finì rovinosamente a terra.
Fece un urlo isterico, per sfogarsi.
- non è possibile, però! Uffa! – si lagnò, pensando che quella fosse una giornata, decisamente, ‘no’.
Dannati lupi, e le loro stupide avances! Era colpa loro se Isabella Marie quel giorno era così tremendamente nervosa.
Finì di prepararsi, poi scese in cucina, per cominciare a preparare il pranzo. Ma quando entrò, le si gelò il sangue. La stanzina era impregnata di un gradevole quanto odioso profumo di muschio, che purtroppo Isabella conosceva bene…
- ciao Bell! Ho pensato ti avrebbe fatto piacere che cucinassi per te! e poi, ho voluto invitare da noi Billy e Jacob. Non è fantastico? – disse su di giri Charlie.
Okay, Isabella stava per avere una crisi di nervi.
Uno: suo padre si era messo ai fornelli, e questo voleva dire solo sventura e distruzione;
due: aveva due lupi in casa sua, e rischiava che si trasformassero in cani/cavalli di due metri, distruggendole la sua amata casina;
tre: ultima, ma decisamente quella più disastrosa, aveva il re dei suoi spasimanti di fronte a lei. In più era il preferito di suo padre, che più volte aveva organizzato una cena galante tra i due. Isabella, prontamente, si era finta malata ed aveva dato buca al ‘povero’ ragazzo.
- Isabellina! – disse l’ uomo sulla sedia a rotelle – che piacere vederti! –
Isabella fece un sorriso tirato: - anche per me, Billy! –
- ehy, bambolina! Come va? – Jacob partì alla carica fin troppo presto, per i gusti di Isabella Marie.
- benissimo, Jacob. – disse sorridendo falsamente – ora, papà, andate in salotto: non vorrei che ci uccidessi tutti, con i tuoi intrugli. È un mio lavoro questo – e li scacciò via.
Marie sospirò, appoggiandosi al piano cottura.
Ora si, che la giornata va meglio,pensò ironicamente.
Qualsiasi cosa Charlie stesse cucinando, finì nella spazzatura.
Preparò una veloce pastasciutta con il ragù, poi apparecchiò il tavolo del cucinino non tanto grande. Si chiese se ci fossero stati, o se lei fosse dovuta andare in salotto a mangiare, data la stazza di entrambi i Black.
- è pronto! – esclamò, e subito dopo comparvero i tre uomini nella stanzetta. Charlie aiutò Billy a sistemarsi.
- allora, Billy, per la festa? – chiese il padre, entusiasta come un bambino il giorno di natale.
- oh, la farò in un locale vicino al centro, è per tutti! – spiegò l’uomo. Il padre di Isabella parve stupito.
- non a La Push? –
- no, è meglio così – e sorrise – qualcosa mi dice che è giusta questa decisione! – disse, facendo un gesto teatrale.
Isabella pranzò in silenzio, cercando di non far caso ai discorsi di Charlie e Billy, e soprattutto alle occhiate e ai sorrisini maliziosi di Jacob. Finito il pasto, li scacciò nuovamente fuori, e cominciò a ripulire.
- ehi, Isa… - la chiamò Jacob, facendola sussultare. Credeva fosse uscito…
Fece finta di ignorarlo, e continuò la sua missione di pulizia.
Lui sospirò: - andiamo! Non dirmi che non ti piaccio nemmeno un po’! non è umanamente possibile! – esclamò.
- Jacob, gira al largo… ma come ve lo devo dire?! – si voltò verso il gigante – a me non interessano i ragazzi, punto. È inutile che continuiate! – era davvero scocciata.
- oh, come sei! Ciao! Io vado – e finalmente se ne uscì.
Isabella sospirò di sollievo.
****
La ragazza si diede un’ultima occhiata allo specchio: non faceva poi così schifo…
Indossava un vestito senza spalline rosso, che le arrivava appena sopra al ginocchio. Sotto al seno aveva una fascia alta e nera, e poi la gonna scendeva abbastanza larga con balze. Ai piedi aveva dei diabolici tacchi 10. Jessica le aveva detto che erano d’obbligo, perciò le aveva dovute mettere.
Si pettinò, ma lasciò sciolti i suoi boccoli castani.
Scese in salotto, dove Charlie l’aspettava già pronto.
- sei bellissima, Bells! – commentò il padre, facendola arrossire. Isabella dopo un – si, come no – prese il suo giacchetto, fregandosene di vedere se stesse bene o no, e con Charlie al seguitò, andarono al locale che aveva prenotato l’indiano.
Era un locale abbastanza largo, dove in un angolo si trovava una lunga tavolata dove erano disposte le bevande, ed eventuali stuzzichini.
Per i ragazzi, c’era una stanzetta a parte, una specie di disco improvvisata.
La luce lì era spenta. Distingueva le figure grazie alle luci colorate, che illuminavamo a scatti come i flash. La musica era a palla, e a Isabella già stava venendo il mal di testa.
- Isa! – esclamò Jessica, comparsa all’improvviso davanti alla ragazza.
- Ciao Jess… - sospirò, era già stufa di star lì. Era sicura che si sarebbe annoiata a morte.
La sua amica cominciò un monologo infinito, che Isabella fingeva di ascoltare.
Benché si trovasse in mezzo a centinaia di ragazzi, che urlavano e ridevano; benché si trovasse Jessica davanti, che parlava a macchinetta, Isabella si sentiva terribilmente distante da quella massa. Era brutalmente incompresa. Sola.
Le urla dei suoi compari le arrivavano ovattate, confuse; erano lontane da lei, come dall’altra parte di un vetro. Anche Jessica.
Isabella aveva un mondo tutto suo, una bolla privata inviolabile. Nessuno riusciva a trapassarla.
Nemmeno le urla, nemmeno l’amica.
D’un tratto, l’atmosfera cambiò. I ragazzi si erano ammutoliti, stranamente.
Isabella non capiva il perché, dava le spalle alla porta, probabilmente il fenomeno scatenante del silenzio arrivava da lì.
Lo ringraziò di cuore.
Si voltò, incuriosita.
E rimase a bocca aperta, stupefatta. Cinque perfetti ragazzi fecero il loro ingresso, con una grazia inumana, con un portamento regale.
C’erano due ragazze e tre ragazzi.
Una ragazza era mora, minuta, ma d’una bellezza mozzafiato.
L’altra era alta, bionda, bella come le modelle delle copertine.
Un ragazzo era grosso, nerboruto, e moro. Un altro era biondo,invece, sempre muscoloso, alto e bellissimo.
Ma quello che aveva attirato l’attenzione di Isabella, era il terzo…
In confronto agli altri due, appariva quasi smilzo, ma non lo era affatto. I muscoli c’erano, e ben scolpiti. I capelli erano una zazzera disordinata castano-ramata, ma pareva fatta apposta. Il viso era assolutamente… celestiale. Il mento squadrato, le labbra carnose e rosate, la pelle pallida quasi come un cadavere, il naso dritto e gli occhi… wow… le iridi erano di un’ ambra spettacolare.
Assolutamente divino…
Isabella ebbe un’illuminazione: dovevano essere dei vampiri… stando alle descrizioni di suo padre, le caratteristiche erano proprio quelle dei dannati.
Certo che quando aveva detto che erano molto belli, non credeva che lo fossero così tanto.
S’accorse che anche lui la fissava con insistenza, ed arrossì vistosamente. Era la prima volta che le capitava. Jessica, accanto a lei, boccheggiava.
- ma li hai visti? Oh mio Dio, che schianti… mi sa che sono i Cullen… - sussurrò con occhi scintillanti di meraviglia.
Cullen.
Era proprio impazzita, allora… era rimasta affascinata dal nemico di suo padre. Male, molto, molto male.
Ma non si poteva negare che fosse un piacere per gli occhi…
Desiderò andare a scuola a Forks, e non più alla riserva.
- davvero? Bene – si finse indifferente, benché dentro di sé morisse di curiosità.
Pian piano la situazione tornò come quella iniziale, i ragazzi ricominciarono a scatenarsi sulla pista, a schiamazzare, a far aumentare il mal di testa a Isabella. Jessica andò a ballare con Mike, e Marie decise di uscire da quella gabbia di matti.
Andò nel giardino sul retro di quel locale, dove c’era quasi pace e silenzio. Il cortile era deserto.
Si sentiva solo il leggero eco della musica all’interno.
Alzò gli occhi al cielo: c’era una stellata magnifica, difficile vederne una a Forks…
Ne rimase incantata.
Infondo, lei era come una di quei minuscoli puntini luminosi. Una delle tante stelle nel cielo. Eppure, secondo lei, ognuno, nel suo piccolo, era unico, diverso dagli altri.
- Bello… vero? – una voce meravigliosa giunse alle orecchie della ragazza, e la fece sussultare.
Si voltò lentamente, e il fiato le si mozzò quando incontrò due occhi color topazio, meravigliosi.
- si… davvero – ammise, arrossendo.
- è difficile vedere un cielo così, qui a Forks… - mormorò lui, con gli occhi rivolti verso le stelle. Sorrise, ma era un sorriso malinconico.
- cosa… cosa ci fa un Cullen, alla festa di un Quileute? – chiese Isabella poi.
- non lo so, sinceramente…- sorrise amaramente - i miei fratelli mi hanno trascinato… il fatto è che io odio questo genere di feste. I ragazzi, la musica a palla, mi fanno scoppiare la testa… -
- siamo in due, allora – Isabella sorrise al ragazzo, che rimase interdetto di fronte a tanta semplicità.
- ehm, io sono Edward. – le porse la mano fredda, che lei strinse. Purtroppo per entrambi, il contatto durò davvero poco.
- Isabella. –
- bel nome. –
- io non direi, è così… altisonante… - borbottò, non troppo concorde con il ragazzo.
- be’, Edward? è un nome da nonno… - commentò lui, ridacchiando, e contagiando la ragazza.
- non è vero, ha un non so ché di speciale… di magico – ammise Isabella, arrossendo un po’.
- come no… - poi, la musica, all’interno del locale, si fece calma e dolce: un lento.
- mi concede l’onore di questo ballo, madame? – chiese lui, con un inchino. Isabella diventò color pomodoro maturo, e si mordicchiò il labbro inferiore.
- io… non so ballare.. – mormorò, chinando il capo.
- non importa, tutto dipende dal partner… - prese una sua mano, e l’altra la appoggiò al fianco. Delicatamente, la spinse verso di sé.
Pian piano, cominciarono a volteggiare a ritmo di musica, guardandosi intensamente negli occhi.
Isabella si stupì di quanto fosse facile, con lui affianco.
Entrambi, non avevano mai creduto nell’amore a prima vista, nel colpo di fulmine. Ma dovettero ricredersi.
Certo, non potevano saltarsene fuori con frasi del tipo: ‘oh mio amore, mi sono appena innamorato di te, mi vuoi sposare?’ .
Assolutamente no.
Comunque, era davvero una serata magica…
******
Erano seduti su un muretto, lì vicino. E chiacchieravano da un’oretta buona.
Entrambi adoravano la compagnia dell’altro, ma purtroppo si stava facendo davvero tardi…
- se vuoi, ti posso accompagnare a casa io… - disse lui, speranzoso.
- non saprei, Edward… - disse Bella, mordendosi il labbro inferiore – se mio padre sapesse che ho passato la serata con te… -
- tuo padre parteggia per i Black? – chiese lui, stupito.
- si, anche se sono fermamente convinta che dovrebbe starsene fuori da affari così grossi.. dopotutto, lui non c’entra nulla. Noi siamo insignificanti, in confronto a esseri leggendari come voi… - disse Isabella, stupendo molto il ragazzo.
- tu.. tu sai la verità? – esalò a bassa voce, non voleva farsi sentire troppo.
- si, e so anche che non dovrei… conoscere i vostri segreti. –
- in effetti, non dovresti… ma per lo meno, mi hai aiutato. Con te non sono obbligato a controllare ogni mia mossa, dato che sai… nel senso che, cioè… -
Bella pensò che allora quella non sarebbe stata l’ultima volta che l’avrebbe visto.
E Edward non voleva assolutamente che quella fosse la prima e l’ultima volta che si sarebbero visti. Entrambi volevano approfondire la conoscenza dell’altro, volevano aprirsi, volevano mantenere almeno un misero contatto.
- ma… è vero che te e la tua famiglia non siete… ehm… come gli altri? –
- si, be’… io e la mia famiglia ci definiamo vegetariani… ci nutriamo di animali… -
- oh, quindi noi umani non corriamo rischi… -
- assolutamente. almeno… non spaventarti, ma hai l’odore più sublime che io abbia mai sentito… e all’inizio è stato uno sforzo tremendo, trattenermi dall’… - Bella rabbrividì, capendo il resto della frase. Deglutì a vuoto.
Ma, benché Edward le avesse detto espressamente che aveva sfiorato l’idea di papparsela per cena, non aveva paura di lui.
Sentiva di potersi fidare.
- scusa, ehm… -
- no, nulla, tranquillo. –
- non hai paura? Non sei disgustata? –
- perché dovrei esserlo? – chiese Bella, non capiva proprio.
- perché sono un mostro, disumano… raccapricciante, senz’anima e morto… - disse il vampiro, con un dolore antico e profondo. Bella rimase assolutamente colpita dalle sue parole intrise di sofferenza.
- Edward, non è vero che non hai un’anima … - mormorò Bella, sfiorando esitante il braccio dai muscoli scolpiti di Edward. Lui chiuse gli occhi, memorizzando ogni sensazione che quel leggero tocco gli aveva fatto sentire.
- tu non sei un mostro. – disse in disaccordo con lui, Bella. – e.. guardami. – cominciò. Edward si voltò ad ammirarla, come lei gli aveva chiesto.
La voce della ragazza era calda, accorata. - guardami… non trovo differenza tra te e me. Due mani, due braccia, due gambe… due occhi… io un mostro lo vedo come qualcosa di brutto, strano, cattivo… ma tu non sei cattivo. E non basta avere la pelle pallida e fredda, per ritenersi un mostro. Non sei strano. – non era brutto!
Gli sorrise dolcemente, per confermare la sua teoria.
- ma tu non capisci… io uccido… - disse, la voce distorta dal disprezzo e dalla rabbia verso sé stesso.
- anche noi mortali uccidiamo… - disse lei, con ovvietà.
Lui la guardò dritto negli occhi: - io ho ucciso... persone, in passato
Bella non capiva quale fosse il problema. – il passato è passato, Edward. Non puoi andare avanti a vivere, continuando a guardarti indietro, e a tormentarti con errori ormai fatti. Devi guardare avanti, smettila di farti condizionare dai tuoi sbagli… -
Edward fu colpito dalla profondità di quelle parole, e pensò quasi che avesse ragione Isabella. Ma lui era tremendamente masochista, orgoglioso e testardo. Doveva darsi la colpa di tutto, o non era felice. O meglio, non si sentiva in pace con sé stesso. Perché tormentandosi così non è che fosse tanto contento.
Ma lui si odiava profondamente.
- ho ragione, lo sai. Semplicemente, sei troppo orgoglioso per ammetterlo. -
- ma come fai…? Come? Io sarei già scappato via, se le situazioni fossero ribaltate… non hai paura di uno come me, ed è… inconcepibile! Tu dovresti andartene via, il più lontano possibile… invece, sei qui accanto a me, cercando di farmi cambiare idea su quel che penso della mia dannata natura… - Isabella non parlò, si limitò a scrutarlo intensamente. Era davvero crudele con sé stesso.
- sei così buona, innocente… ingenua
- non è vero. Capisco i rischi che potrei correre, non sono una sprovveduta. Ma non ho paura di te. – disse sicura.
  
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