Do I have to cry for you?
College
- Guarda, guarda, guarda!-
Avevo preso a saltellare, spostando il peso da un
piede all’altro, fissando con aria sognante davanti a me ed al contempo
aggrappandomi con entrambe le mani all’avambraccio di Byron.
Lui finì con tutta calma di legare il casco sotto il
manubrio della moto e di inserire la sicura, quindi abbassò lo sguardo su di
me:
- Cosa, cosa, cosa?!-
Ridacchiai, divertita dal suo tono che era un misto di
sonnolenza ed esasperazione:
- Non è bellissima?-
Smisi di saltellare, poggiandomi a lui con la schiena:
era grande e grosso in fondo, poteva benissimo sorreggermi. Doveva anzi, e
senza lamentarsi!
Byron mi lasciò fare, posando il suo mento sulla mia
testa e sospirando:
- La cabina telefonica?-
Annuii impercettibilmente, ancora tutta intenta nella
contemplazione, quando lui mi pizzicò giocosamente un fianco:
- No, fammi capire: abbiamo attraversato Londra,
fiancheggiato il Big Ben, ora siamo nel parco privato del College e la cosa che
più ti ha colpito è la cabina telefonica?!-
Sorrisi, rendendomi perfettamente conto di come la
cosa potesse sembrare assurda, eppure era così: adoravo le cabine telefoniche
inglesi. Erano una mia passione, poco da dire.
Rosse, alte, snelle, eleganti, bucherellate…
assolutamente simpaticissime e stupende.
Cosa si poteva vedere di più bello?
Rimasi ancora un po’ in silenzio, cullata dalla
risata di Byron, ancora dietro di me, incurante delle occhiate curiose dei
pochi altri passanti: un paio di spazzini, un giardiniere e altre rare persone.
Nessuno di abbastanza importante da rovinare quel
momento.
- Sai che sei proprio strana?-
Gli afferrai le braccia tirandole verso di me, facendo
in modo che così mi abbracciasse da dietro.
- E’ la mia stranezza a rendermi speciale-
Lui non rispose, stringendo invece la presa attorno ai
miei fianchi.
- Secondo te come sarebbe farlo in una cabina?-
Chiesi a bassa voce, stringendo le labbra e
trattenendo la risata che ero sicuro di lì a poco mi sarebbe sfuggita.
La presa di Byron ebbe un leggero cedimento ma dopo
meno di un attimo tornò ad essere saldissima, quasi quanto la sua voce:
- Scomodo-
Spalancai gli occhi, non riuscendo a credere a quello
che avevo appena sentito: mi aveva risposto.
E non solo aveva risposto ma lo aveva fatto anche a
tono!
Mi girai, continuando a rimanere incastrata nella sua
presa: lo guardai negli occhi, sempre più sorpresa da quel ragazzotto inglese.
- Ma allora non sei timido come sembri!-
Lui sorrise, palesemente divertito:
- Certo che no! Tutto tranne che timido, tesoro. Cauto
piuttosto: capisco quando è e quando non è il caso di dare aria alla bocca-
Gli poggiai le mani sul torace, proprio sulla scritta
“London” rossa, perfetta nel contrasto del nero della felpa, e lo
spinsi all’indietro, allontanandolo da me.
- Era un allusione a me, Byron? Cosa vorresti dire:
che io non so quando stare zitta?-
Lo dissi in tono scherzoso, ma lui subito tornò serio,
rispondendo con attenzione:
- Non proprio, o meglio ancora non ne sono sicuro.
Solo temo che finché sarai qui dovrò salvarti in ben più di un’
occasione… tu che dici?-
Sorrisi, infilando le mani nelle tasche ed abbassando
lo sguardo:
- Dico che hai ragione-
Feci per avviarmi lungo il viale alberato che portava
all’entrata monumentale, ma lui mi fermò, afferrandomi non so come una
mano:
- Non ti sarai per caso offesa, vero?-
Strinsi la sua mano, tirandolo a me con uno scatto
veloce:
- Bimbo, ci vuole ben altro per offendermi-
Sorrisi ancora, vedendo i suoi occhi illuminarsi di
nuovo, tendendo così ad un celeste chiarissimo e facendogli cenno con il dito
di avvicinarsi a me mormorai:
- E tanto per la cronaca, farlo in una cabina potrà
anche essere scomodo, ma come idea è paurosamente eccitante!-
Prestai molta attenzione alla sua espressione e ebbi
la certezza che, anche se solo per un secondo, i suoi occhi si erano dilatati
tanto lo stupore.
- Ci proveremo allora, una volta di queste,
principessa-
Toccò a me questa volta la sorpresa: come avevo fatto
a farmi un’idea tanto sbagliata di quel ragazzo? Era tutto fuorché il
bamboccio che poteva apparire!
- Ma sentitelo! Giovane, chiariamoci bene…-
Byron si portò rapido il dito alle labbra, facendomi
segno di fare silenzio.
Obbedii subito, senza nemmeno pensarci e mi stupii
della cosa: da quando davo retta al primo sconosciuto? Non ebbi tempo di
riflettere sulla cosa però, che la voce di Byron mi distrasse ancora:
- Allora, questo è l’atrio principale, ora:
preferisci vedere prima la tua camera e sistemarti o andare a fare colazione?-
Aggrottai le sopracciglia, osservando con attenzione
la sala enorme attorno a me: e quello era solo l’atrio? Ma bene…
dieci a uno che anche una cartina sempre a potata di mano o un navigatore
satellitare incorporato nello zaino, non mi avrebbero evitato di perdermi
almeno una volta.
- Non saprei. Ma perché bisbigliamo?-
Byron mi afferrò per il gomito e mi trascinò verso una
rampa di scale, sorridendo malizioso:
- Così… non volevo la ramanzina-
Assottigliai gli occhi, riuscendo però a lanciare
occhiate malevole solo alla sua schiena.
- Dì un po’, ma dov’è che nascondi le
corna?-
Byron ridacchiò, facendomi segno con la mano di
accelerare il passo.
Ubbidii ancora, non riuscendo ad evitarlo,
rimpiangendo solamente di non star minimamente cercando di memorizzare la
strada percorsa: com’era?
Tre rampe di scale, poi a destra, sinistra, tutto un
corridoio e… ecco, persa!
Ridacchiai, pregustando già il momento in cui avrei
dovuto iniziare ad elemosinare indicazioni.
- Ecco la tua camera!-
Byron si bloccò di colpo, nel bel mezzo di un
corridoio e io riuscii solamente a sbattergli contro.
Ma erano modi di fermarsi?!
Lui mi sorresse poco prima che cadessi rovinosamente
ma non per questo lo risparmiai da un’occhiata omicida più che meritata.
La porta in legno con il numero 27 ebbe però su di me
un effetto calmante:
- E’ davvero la mia?-
Byron sorrise, porgendomi le chiavi:
- Certo che sì-
Presi le chiavi con un gesto quasi possessivo,
infilandole nella serratura e girandole in fretta.
La serratura si aprì con uno scatto rassicurante e
meno di un secondo dopo ero già dentro.
Byron mi seguì, portando con sé il mio bagaglio e
lasciandolo vicino all’entrata.
Rimase in silenzio mentre mi guardavo attorno,
lasciando vagare lo sguardo per quella stanza che incredibilmente era davvero
mia: piccola, accogliente, quasi completamente in legno.
Parquet, pareti bianche, un letto ad una piazza e
mezzo, una scrivania, bagno e finestra.
Assolutamente tipica, banale, inglese,
collegiale… assolutamente perfetta!
Gettai le braccia al collo di Byron, prendendo di
nuovo a saltellare freneticamente:
- Non è bellissima?!-
Lui fu preso in contropiede dal mio slancio,
ritrovandosi con le spalle al muro ed il respiro spezzato, ma nonostante questo
riuscì a reggermi senza difficoltà, annuendo con me:
- Sì, bellissima, come tutte le altre centinaia in
questo edificio-
Scherzò sorridendo, ma io negai con il capo,
lasciandolo e portando invece il bagaglio sul letto:
- No, la mia è sicuramente più bella! La tua
com’è?-
Lui ridacchiò, annuendo come si fa con un bimbo
capriccioso:
- Identica a questa. La vuoi cedere?-
Lasciai perdere il borsone, che tanto già sapevo avrei
semplicemente gettato nell’armadio e mi voltai verso Byron, esultando in
un grido:
- Certo! Andiamo, dai!-
Lui uscì, facendomi cenno di seguirlo; fece finta di
incamminarsi lungo il corridoio ma poi con un movimento improvviso si fermò
fuori la porta della stanza 28: quella direttamente alla destra della mia. Io
lo osservai sorpresa, aspettandomi che le chiavi non fossero quelle giuste e
che stesse scherzando, ma le chiavi andarono e la porta si aprì.
Ecco, come al solito: c’era qualcosa di strano
in quella situazione, lo sapevo.
Byron era entrato, ma io non lo avevo seguito,
fermandomi nel corridoio.
Pochi istanti dopo anche lui era di nuovo fuori,
osservandomi confuso:
- Non vieni?-
Scossi la testa, allungando una mano verso di lui, con
il palmo aperto verso l’alto:
- Mi daresti il tuo orario delle lezioni?-
Byron rimase interdetto per qualche minuto, arrossendo
leggermente e cercando di fingersi indifferente fece spallucce.
Vedendo però che io non demordevo abbassò lo sguardo,
porgendomi un foglio protocollo.
Estrassi il mio dalla tasca della giacca e lo
confrontai con quello di Byron: identici.
Sbuffai, restituendoglielo, e tornai in camera mia,
accasciandomi sul letto.
Perché?
Perché papà organizzava cose del genere? Non poteva
starsene un po’ buono?
- Giulia?-
- Và via, Byron-
Lui non mi diede ascolto: in pochi passi mi raggiunse,
sdraiandosi sul letto al mio fianco.
- Cos’è, non vuoi più stare assieme a me?-
Misi il muso, evitando il suo sguardo:
- Non voglio passare il tempo con uno costretto da mio
padre a farmi da guida e controllore a tempo pieno, grazie lo stesso-
Sentii la sua mano poggiarsi delicata sulla mia
schiena e la sua voce, sincera e pacata, giungermi rassicurante come non avrei
mai immaginato:
- E io che credevo di aver già trovato una nuova
amica… peccato, sembravi in grado di tenermi testa, ma forse mi
sbagliavo-
Sorrisi a quel tentativo si riconciliazione quasi
patetico e mi concentrai ancora sui primi raggi di sole che filtravano radi
dalla finestra.
Non bastavano quelle parole scherzose… no, non
erano sufficienti!
Era come se fosse stato incaricato di farmi da scorta,
e che cavolo!
Mi voltai appena, incontrando i suoi occhioni azzurri
ed un sorriso candidamente disarmante…
Quel ragazzo mi ispirava fiducia, eccola la mia
rovina!
- Andiamo a fare colazione, và-
*
Mmm… ma che
cavolo stai scrivendo, vi chiederete voi…
Eh lo so,
aspettate ancora un po’, vi rispondo io! ^^
Aspettate tutte un certo
attore, no?
Bene…
arriverà arriverà xD
Solo, non so com’è
fin’ora.. cioè, datemi un’ idea di che ne pensate su!! **
Qualche
commentino bellino *___*
Se vi va è
chiaro!! Hihi! ^^
Alla prossima!