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Autore: ceciotta    14/05/2010    1 recensioni
Due ragazze si trasferiscono in una nuova scuola e fanno amicizia, ma forse una delle due nasconde un segreto...
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Finalmente le due ragazze sono pronte per partire, ma cosa troveranno ad accoglierle?

Sveleranno il mistero? A voi la lettura!

 

PS: Chiedo scusa per il ritardo, ma che ci volete fare? Sono un caso disperato.



 



 

Dal capitolo precedente:

...Viola trattenne il respiro: era tutto gigantesco. L’erba le arrivava ai fianchi e i fiori erano molto più alti di lei, mentre i cespugli erano enormi come colline. Si guardò intorno stupefatta per circa un minuto, dopo di che si girò verso Margherita che sorrideva al suo stupore...



 


Esiliata
 

Nell’Albero numero sedici



 



 

“Anche a me ha fatto lo stesso effetto quando sono uscita dall’altra parte” disse Margherita di fronte allo stupore dell'amica. Si cambiarono e indossarono indumenti che, come spiegò Margherita, erano fatti da foglie e ragnatele che lavorate formavano quel tessuto. Quei vestiti trattenevano il caldo o il freddo a seconda delle situazioni ed erano incredibilmente morbidi.

“Da che parte è il tuo albero? È molto distante?” chiese Viola.

“Un pochino, ma non dovremo andare a piedi” rispose guardando la posizione del sole. “Dovremmo essere in tempo per prendere lo scoiattolo di metà pomeriggio” aggiunse avvicinandosi a un paletto conficcato per terra lì vicino.

“Cos’è lo scoiattolo di metà pomeriggio? Non me ne hai mai parlato...” chiese sorpresa Viola. Margherita non dovette rispondere, perché in quel momento uno scoiattolo sbucò di corsa da dietro alcuni alberi e si fermò davanti al paletto. Le due ragazze salirono e Margherita spiegò che gli gnomi si muovevano con gli scoiattoli per le lunghe distanze.

“Abbiamo fatto delle fermate come quelle degli autobus e abbiamo istruito alcuni scoiattoli in modo che passino sempre puntuali e nei posti giusti, per il resto vivono liberi” spiegò mentre lo scoiattolo partiva a tutta velocità, “In cambio, in caso di bisogno noi li accudiamo e li curiamo. Sono degli animali molto intelligenti, sai?”

Lo scoiattolo si fermò davanti ad altri paletti, ma non c’erano gnomi bisognosi di un passaggio. Infine arrivarono di fronte ad una grande quercia e scesero.

“È questo il tuo albero?” chiese Viola, vagamente turbata da quanto sembrasse imponente da quella prospettiva.

“Sì” rispose Margherita. Era spaventata dal pensiero di essere vista e riconosciuta da amici e parenti, ma in fondo nessuno avrebbe immaginato che lei tornasse: probabilmente era l’unico esiliato che avesse avuto il coraggio di ripresentarsi al proprio albero, di solito tra gli gnomi non venivano fatti errori così grandi come cacciare un innocente. Non del tutto rassicurata dal fatto di essere due volte eccezione alla regola, cercò di farsi coraggio pensando che se non avesse fatto sciocchezze forse nessuno l’avrebbe riconosciuta. “Dai, andiamo!” disse più sicura.

Mentre si avvicinavano, Viola prese ad esaminare l’albero e con stupore si trovò a fissare molte finestrelle che occupavano quasi tutto il tronco; notò anche che accanto ai rami erano poste piccole aperture. Si inerpicarono su corda che portava al ramo più basso – con gran fatica da parte di Viola – ed entrarono.

Si ritrovarono in un corridoio illuminato dai raggi del sole che entravano violentemente dalle finestrelle e subito un vecchio gnomo dall’aria stanca che doveva essere il guardiano si fece avanti.

“Benvenute nell’Albero degli gnomi numero sedici. Ho bisogno di sapere i vostri nomi e in quale albero abitate” disse con voce monotona, come se avesse imparato a memoria il discorso.

Margherita prese la parola: “Io sono Anemone e questa è la mia amica Viola. Abitiamo tutte e due nell’Albero tre e siamo qui per ammirare la vostra Comunità che, a quanto abbiamo sentito, è una dei più belle”

Il guardiano sorrise compiaciuto sentendo elogiare l’Albero in cui viveva e le condusse fino ad una porta che recava la scritta UFFICIO TURISMO. Parlarono con una gnoma, Lavanda, che diede loro una camera con due letti.

“Adesso uno dei ragazzi vi farà visitare l’albero” concluse dopo un lungo discorso sulle regole: non erano molte, ma la gnoma insisteva pedantemente su tutte le implicazioni e le pene. A Viola, mentre Lavanda usciva un attimo, ricordò il discorso che le era stato fatto il primo giorno di scuola.

Dopo poco Lavanda ritornò con un giovane gnomo.

Margherita trattenne il fiato quando riconobbe Gelsomino; si portò istintivamente una mano all'orecchio, poi si bloccò appena in tempo e nascose il suo gesto spostandosi una ciocca di capelli da davanti al volto. Sperò che non si notasse troppo quanto era imbarazzata e quando Viola le lanciò uno sguardo interrogativo lei le fece segno di non preoccuparsi.

Dopo le presentazioni Gelsomino mostrò loro le principali sale dell’Albero, mentre Viola cercava ancora di adattarsi alle strane ciabatte che Margherita le aveva prestato: sembravano inconsistenti e attraverso di esse poteva sentire tutte le imperfezioni del pavimento di legno.

Viola continuò d avere quella sensazione di deja-vu mentre lo gnomo mostrava loro tutti i punti strategici. Quando lui mestamente mostrò loro la biblioteca, entrambe riuscirono a comportarsi normalmente.

“Non sembra messa bene...” osservò Viola. E, in effetti, attraverso le porte aperte si vedeva una grande stanza dalle pareti annerite e le poche scaffalature superstiti accoglievano volumi e pergamene tutti stipati in attesa di nuove sistemazioni. Alcuni gnomi stavano infatti allestendo lì affianco gli scaffali appena costruiti. Notò che anche parte delle pareti era stata rifatta ex novo.

“Già... Un episodio spiacevole nella nostra storia recente” osservò amaramente Gelsomino, guardandola. “Hanno appiccato un incendio, qualche tempo fa... Ricostruire è stato molto faticoso e lungo, per un bel po' tutta questa zona è stata impraticabile, è stata una fortuna che l'incendio non si sia espanso”

Viola notò una strana luce nei suoi occhi.

“È terribile...” mormorò Margherita fissando ciò che restava della biblioteca e l'amica vide una lacrima disegnare una piccola scia sulla sua guancia. “Avete preso il colpevole?”

Gelsomino esitò. “Sì, è stato esiliato qualche giorno dopo” disse. “Credo che di lei non sentiremo più parlare”

Il morale di Margherita, che sembrava già aver raggiunto il fondo, riuscì in qualche modo a sprofondare ulteriormente.

“Gelsomino, dove ti eri cacciato?” Una voce brusca le interruppe. “Devi rimontare questa scaffalatura!” Uno gnomo dall'aria burbera si affacciò dalla biblioteca. Sembrava piuttosto vecchio – anche se Viola non aveva bene a mente quanto vivessero gli gnomi – e iracondo.

Gelsomino sbuffò. “Ora sono occupato, come puoi ben vedere” disse, guardando cupo lo gnomo che aveva parlato. “Sto accompagnando queste Visitatrici a vedere l'Albero e non vorrei che come prima cosa assistano ad una litigata, quindi finiamola qui. Ragazze, lui è Giglio, il custode della biblioteca”

“Piacere” pigolò Viola, trafitta dallo sguardo malevolo di Giglio. “Io sono V-Viola”

“E io Margherita” si presentò a sua volta, con un piccolo cenno del capo, com'era d'abitudine tra gli gnomi. L'umana si affrettò a imitarla. “Mi dispiace per la sua biblioteca” aggiunse poi, addolorata. Era una cosa che avrebbe voluto dire da quel giorno, ma Giglio, l'unica volta che si erano incontrati prima dell'esilio, l'aveva ricoperta di infamia senza darle il tempo di difendersi.

Lo gnomo grugnì. “Se non altro la responsabile è stata cacciata...” osservò. “Ma se me la ritrovassi tra le mani non so che le farei! Forse l'esilio è stata una fortuna, per quella piccola ingrata, perché se l'avessero lasciata a me...” Lasciò la frase in sospeso, sfregandosi le nocche.

Margherita sbiancò.

“Torna a lavorare, Giglio! Non vedi che le spaventi?” Gelsomino era furibondo.

Giglio gli lanciò un'occhiataccia. “Di questo riparliamo dopo, mio caro Gelsomino. Puoi starne certo...” gli sibilò rientrando.

Gelsomino sembrò innervosito da come si era congedato. “Andiamocene” disse, scorbutico. “Non vorrei che cambiasse idea”

Comunque tornò quasi subito lo gnomo socievole di prima e riprese a mostrare alle due turiste le varie Sale Relax. Margherita talvolta si perse nei suoi occhi scuri e si accorse di aver ripreso il suo solito tic, sconvolta dall'incontro col custode.

“Spero che facciate un buon soggiorno! Ci vediamo a cena nella Sala Mensa” disse infine mentre le conduceva alla loro stanza.

“Conoscevi Gelsomino? Perché eri imbarazzata? Non hai fatto altro che arrossire e grattarti l'orecchio mentre lui parlava!” attaccò Viola, curiosa di sapere. Ora erano nella stanza e stavano sistemando le loro cose.

“Sì, lo conosco da quando ero piccola. Ho preso una bella cotta per lui da quando lo incontrato la prima volta” ammise Margherita.

“Capisco” commentò l’altra.

“È il ragazzo più bello e adorabile che io conosca!” esclamò la gnoma buttandosi sul letto con occhi sognanti. “È l'aiutante di Giglio, sai? Davvero non capisco come faccia a sopportarlo” raccontò.

“Stai attenta, o potrebbe capire che lo conosci già” la avvertì Viola.

“Lo so” mormorò Margherita tornando alla dura realtà.

Scesero a cena poco dopo il tramonto, ma iniziarono a mangiare mezz’ora dopo per tutti i rituali che dovettero eseguire: oltre che alle strette di mano e alla canzone, loro due, che erano ospiti, dovettero spiegare chi erano e da dove venivano. La maggior parte delle cose era inventata, naturalmente. Furono accolte dal Responsabile dell'Albero, lo gnomo Pino, che le spronò ad aggiungere particolari alle loro storie.

Quella sera il menù prevedeva: zuppa alle margherite, funghetti fritti e frittelle di magnolia e, per dessert, gelato alle violette.

Si sedettero al tavolo dei ragazzi: nei pranzi, infatti, era consuetudine che bambini, ragazzi e adulti mangiassero in tre lunghe tavolate separate.

Con suo gran dispiacere, Margherita scoprì che il suo posto era vicino a Narciso, ma si sedette e lo salutò come se non lo avesse mai visto: lui la degnò appena di uno sguardo e ricambiò il saluto con un sorriso stiracchiato. Lei si stupì: Narciso non sembrava più pieno di sé come al solito, sembrava quasi triste.

Ignorandolo, guardò davanti a sé e vide con rammarico altre due facce conosciute: riconobbe Rosa e Geranio e sospirò per la sfortuna di trovarsi circondata da gnomi che la conoscevano; così parlò a lungo con i suoi vecchi amici senza che loro si accorgessero di chi era veramente.

Viola non se la stava cavando male: era una ragazza espansiva e parlò facilmente con molti gnomi. A cena finita tutti si alzarono e si sparpagliarono per l’albero, chi nelle camere, chi nelle varie Sale Relax: Viola e Margherita optarono per la sala in cui si giocava a carte.

“Ciao, Anemone. Anche tu qui?” esclamò una voce alle loro spalle. Si girarono e videro Rosa e Geranio.

“Ciao” dissero in coro Viola e Margherita.

“Come va? Vi state divertendo?” chiese Geranio.

“Sì, molto” rispose Viola.

“Vi va di fare una partita a carte?” domandò Rosa. Margherita, anche se avrebbe preferito stare alla larga da gente conosciuta, accettò. Viola aveva imparato dall’amica i giochi preferiti degli gnomi quindi non ebbe difficoltà, anzi, vinse parecchie partite di Rubacuori, che consisteva nel prendere più carte di cuori possibili agli avversari. Erano ormai alla sesta partita quando al tavolo in cui giocavano si avvicinò una coppia di gnomi

Il cuore di Margherita fece un buffo sobbalzo: erano Tulipano e Ninfea, i suoi genitori.

“Ciao, Rosa. Ciao Geranio. E voi due dovete essere Viola e Anemone, giusto?” disse la madre di Margherita, bassina anche per gli standard degli gnomi.

“Sì, siamo noi” rispose Viola, del tutto all’oscuro di chi fossero i due gnomi che le stavano di fronte.

“Io sono Tulipano e questa è mia moglie Ninfea” si presentò lo gnomo.

“Piacere” dissero le due ragazze stringendo loro la mano. Tulipano offrì a tutti loro qualcosa da bere e si allontanò per prendere sei bibite all’orchidea.

“Signora Ninfea, come va in questi giorni?” chiese Rosa.

“Beh, non va affatto bene” rispose l’interpellata, scura in volto. “Mio marito pensa sempre a nostra figlia e anch’io non sono da meno. Vorrei tanto poterla rivedere”. Sospirò.

Margherita sentì le lacrime pungerle gli occhi e avrebbe voluto abbracciarla, dirle chi era, ma dovette trattenersi.

Ninfea decise di cambiare discorso. “Avete già visitato l’albero? Come vi è sembrato?” chiese alle nuove arrivate.

“È bellissimo” rispose Viola.

Tulipano tornò al tavolo con le bibite e parlarono a lungo. Ad un certo punto, Tulipano disse a Margherita: “Sai una cosa, Anemone? Somigli molto a mia figlia. Si chiama Margherita”

Viola capì improvvisamente che quei due gnomi erano i genitori dell’amica e, come lei, si sentì stringere lo stomaco al pensiero che l’avessero riconosciuta.

“Davvero?” chiese tranquillamente Margherita. Quando ebbero finito le bibite disse di essere molto stanca e, insieme a Viola, uscì dalla sala.

“Quelli erano i tuoi genitori, vero?” chiese Viola. Margherita annuì. “Stai bene”

Margherita sospirò. “Scusa, è che non li ho mai visti così abbattuti” mormorò. “Sono passati mesi, vedere che ancora non se ne sono fatti una ragione mi fa star male...”

Si incamminarono lungo i corridoi che, intrecciandosi tra di loro, formavano come un labirinto. In camera si sedettero sui letti e Viola disse: “Devi raccontarmi di nuovo tutto quello che è accaduto il giorno dell’incendio. Ogni particolare, mi raccomando”. Era l'ennesima volta che la ascoltava, ma voleva analizzare ulteriormente la questione.

Margherita annuì. “Bene! Era sera e stavo andando in biblioteca per studiare, anche gli gnomi vanno a scuola, ma di solito a quell'ora non c'è mai nessuno. Quando sono arrivata ho visto le fiamme nella biblioteca e qualcuno che ne usciva di corsa e svoltava l’angolo. Ho provato a raggiungerlo, ma stava già arrivando uno gnomo che mi ha visto correre lontano dalla biblioteca e ha creduto che stessi scappando. Mi ha fermato, convinto che fossi la responsabile, e sono arrivati altri gnomi: sono riusciti a stento a spegnere l’incendio. Io continuavo a dire che avevo visto qualcuno che si allontanava e nessuno mi credeva... Sono entrati nella biblioteca mezza distrutta e hanno trovato una mia collanina. Qualcuno l’aveva messa lì per incastrarmi, ne sono certa! Per di più, Rosa aveva il compito di controllare la biblioteca prima di cena e quando l'ha fatto non ha trovato nessuna collanina, ne era sicura... quando ha capito che sospettavano di me mi ha chiesto scusa per aver peggiorato le cose, ma credo che non sarebbe andata diversamente anche se avesse detto di non ricordarselo, anzi l'avrebbero accusata di negligenza e anche lei sarebbe finita nei guai; forse è meglio così” sospirò. “Allora i giorni successivi c’è stato un processo e io sono stata dichiarata colpevole. Il resto lo sai” concluse poi.

Viola ascoltò attentamente. “Direi che chi ti ha incastrata ti conosce e molto bene, quindi potrebbe essere qualcuno di molto vicino a te” disse e Margherita si incupì ulteriormente. “Non ti viene in mente nessuno che avesse degli atteggiamenti strani in quei giorni?”

“No, non mi pare. E l’atteggiamento di Narciso è sempre così quando è con me” rispose Margherita con una smorfia.

“Chi è Narciso? E che cosa ha fatto?” chiese Viola.

“È lo gnomo che era vicino a me a cena, quello con i capelli castano chiaro e occhi ambrati. Il giorno in cui me ne sono andata è venuto a punzecchiarmi. Poi è intervenuto Gelsomino che l’ ha fatto smettere e mi ha restituito questo”. Tirò fuori la busta azzurra che le era stata ridata. “Ci metto dentro le pietre più strane e colorate che trovo. Ne faccio collezione” spiegò passandola a Viola che la aprì.

“Guarda! Dentro è tutto sporco di nero” esclamò Viola scrutando il contenuto.

Margherita guardò a sua volta e vide che sopra alle tante pietre c’era un po’ di polverina nera.

“Hai ragione” disse, “Non me n’ero accorta perché non lo guardo da quando Gelsomino me l’ ha ridato. Lo pulirò, ma adesso sono stanchissima e vorrei dormire”. Sbadigliò e si infilò sotto le coperte. Viola seguì il suo esempio e si addormentarono subito.

Il giorno dopo si svegliarono presto e dopo essersi preparate uscirono dalla camera. Viola guardò il soffitto e si accorse che i lampadari avevano qualcosa di strano. Dopo averli osservati a lungo si accorse che mancavano le lampadine.

“Ma… dove sono finite le lampadine?” chiese a Margherita.

“Quali lampadine?” chiese l’altra stupita.

“Quelle che illuminavano il corridoio ieri” rispose.

“Ma non erano lampadine! Erano lucciole!” esclamò Margherita. “Noi alleviamo le lucciole in modo che illuminino continuamente i corridoi e a volte le teniamo in casa come animali domestici. Io ne ho una” spiegò, poi tornò seria e la guardò con decisione. “Ascolta, Viola, io apprezzo davvero quello che stai facendo per me, ma devi promettermi una cosa. Abbiamo solo tre giorni per dimostrare che sono innocente e non sarà facile farlo in così poco tempo, quindi, nel caso non ci riuscissimo, io resterò qui”

Viola fece per intervenire, ma l'amica non aveva ancora finito.

“Io resterò qui...” proseguì Margherita, “... ma tu tornerai a casa”

“Oh, non se ne...”

“Viola, per favore! Questa situazione è già brutta di suo, non voglio anche metterti nei guai ulteriormente”

Viola esitò. Margherita era sua amica, in quel periodo aveva legato con lei più che con nessun altro, ma per quanto volesse aiutarla aveva ragione: se si fosse assentata da scuola qualcuno si sarebbe preoccupato, forse avrebbero cercato a casa sua e avrebbero scoperto che la famigerata nonna di cui parlava sempre non c'era. In pratica, avrebbe fatto passare dei guai ai suoi genitori, che si erano lasciati convincere a darle fiducia.

“Va bene” capitolò infine. “Hai ragione, io non posso stare qui, ma forse... se tornassimo il prossimo fine settimana...”

Margherita scosse la testa. “L'Albero tre dista almeno quattro giorni di cammino, anche aiutati dagli scoiattoli, quindi non riusciremmo a spiegare un nostro ritorno così presto” disse. “L'ho scelto perché è uno dei più lontani...”

Viola annui. “Allora, temo che dovrai continuare da sola se non ci sbrighiamo” concluse. “Mettiamoci subito all'opera”

Andarono nella Sala Mensa e lì trovarono Rosa e Geranio insieme ad uno gnomo che Margherita riconobbe.

“Ciao, ragazze” le salutò Rosa, “Lui è Beniamino. Ieri non era a cena, così non ho potuto farvelo conoscere” continuò indicano il ragazzo.

Dopo le dovute presentazioni Viola e Margherita si sedettero con loro.

“Volete del succo di... ahi!” si lamentò Geranio, che aveva allungato il braccio verso la brocca. Lo ritrasse, massaggiandosi l'avambraccio.

“Che cosa ti sei fatto?” chiese Viola, stupita.

“Sono caduto” rispose Geranio. Aveva l’aria di uno che non ha voglia di stare molto sull’argomento, quindi Viola non fece altre domande.

Fecero colazione con boccioli di rosa zuccherati e succo di violette.

“Mi sono appena ricordato che devo aiutare i miei a preparare le valige” esclamò d’un tratto Geranio, “Domani partono. Vanno all’albero otto. Ci si vede dopo!” Corse via rischiando di investire un bambino che passava in quel momento.

Viola esitò un momento, poi si voltò verso Rosa. “Scusa, mi sapresti dire dove sono i bagni?” chiese, mostrando una macchia di succo che si era procurata senza essere vista.

“Oh, basta che esci e prosegui dritto” spiegò lei, con un sorriso. “Vedrai subito il cartello”

“Grazie mille” fece l'umana, alzandosi. I vecchi trucchi funzionavano sempre.

Viola uscì dalla sala e individuò subito Geranio alla fine del corridoio; oltrepassò i bagni delle gnome e prese a seguirlo, non sapendo se stava facendo la cosa giusta, ma la reazione dello gnomo l'aveva messa in allarme.

Geranio proseguì nel corridoio, ma non salì le scale verso gli appartamenti; invece, entrò in un piccolo sgabuzzino, senza però aver cura di chiudere bene la porta.

In tal modo, Viola poté vederlo tirarsi su la manica, svelando una fasciatura, che disfece con una smorfia di dolore.

Viola trattenne il fiato: lì, sul suo avambraccio bronzeo, faceva mostra di sé una grossa cicatrice. Lo gnomo storse il naso e tirò fuori una boccetta con un unguento dall'odore acre.

“Serve una mano?” chiese Viola, vedendolo in difficoltà mentre cercava di spalmare la pomata.

Geranio si voltò di scatto e lei poté vedere che aveva gli occhi lucidi, forse per il dolore, forse per qualcos'altro. “Che ci fai qui?!” sbottò, arrabbiato.

“Io... stavo cercando il bagno, ma poi ho visto che ti serviva aiuto e...”

“Hai visto male, ho già finito” replicò lui, fasciando di nuovo il braccio.

Viola si morse il labbro. “Come te la sei fatta?” chiese.

“Non sono affari tuoi, comunque sono caduto” Geranio la superò e si diresse alle scale.

Viola deglutì e lo seguì con lo sguardo; avrebbe voluto chiedergli, ma sapeva riconoscere una cicatrice da bruciatura.



 

Quando Viola tornò nella sala da colazione vide che Margherita era rimasta da sola al loro tavolo.

“Dove sono gli altri?” chiese.

“Rosa doveva correre al suo lavoro part time, come direste voi umani” spiegò lei.

“Lavoro part time? Credevo che andaste ad una specie di scuola...” Viola era allibita.

“Oh, beh, alcune cose non te le ho dette per mancanza di tempo: comunque, tutti i giovani gnomi arrivati ad una certa età devono scegliersi un lavoretto formativo: a volte lo proseguono anche finiti gli studi ma a tempo pieno e con più responsabilità, ma c'è la possibilità di cambiarlo anche con un lavoro completamente diverso. Per esempio mia madre faceva l'aiuto bibliotecario ma poi ha deciso di occuparsi di addestrare gli scoiattoli” cominciò a spiegare Margherita. “Comunque, Rosa fa l'istruttrice per i giochi, insieme a Beniamino, che infatti è andato con lui. Gelsomino lavora, o almeno lavorava in biblioteca, ora sta aiutando a rimetterla in piedi, infatti. Anche se non mi sembrava entusiasta di stare sempre in mezzo ai libri... Ogni tanto, poi, Rosa faceva l'aiuto bibliotecario, perché ancora doveva scegliere – per questo ha controllato lei la sala lettura il pomeriggio prima dell'incendio – ma adesso immagino che si sia dedicata solo ai bambini. Io invece quando ero qui facevo l'assistente di mia madre all'addestramento, mi piacciono molto gli scoiattoli. Ah, e Geranio lavora nelle Cucine”

“Cucine, hai detto?” Viola sentì nascere una piccola speranza dentro di sé: cucine=fuoco. Forse era quella la causa della sua scottatura. “Uno che lavora nelle cucine può bruciarsi? Intendo dire: anche voi usate il fuoco, no?”

“Sì, ma lui per ora è una specie di sguattero, al forno non lo fanno nemmeno avv...” Margherita socchiuse gli occhi. “Viola, che vai dicendo? Perché dovrebbe essersi bruciato?” chiese, preoccupata. “Ora l'hai seguito, vero? Che cosa hai visto?”

“Sì, l'ho seguito. Geranio ha una cicatrice sul braccio, una bruciatura...” disse Viola, poi la vide sbiancare. “Forse non significa nulla, forse si è avvicinato al fuoco nelle Cucine e si è bruciato così,ma allora perché non dirlo a nessuno? Ok, ha trasgredito gli ordini, ma con quello che è successo, meglio essere rimproverati per questo piuttosto che rischiare di essere sospettati per un incendio, no?”

Margherita la guardò sconvolta. “Allora secondo te…” cominciò.

“Potrebbe essere stato lui, sì” rispose Viola.

“Ma è Geranio...Lui non farebbe mai una cosa simile” mormorò Margherita.

“Lo so che è un tuo amico, ma se vuoi conoscere la verità dobbiamo indagare su tutti. Capisci?”

“Sì, lo capisco” Margherita era decisamente abbattuta.

“Ma perché gli fa ancora male?”

“Oh, beh...” Margherita sospirò. “Lui non è bravo con le erbe curative, quindi se si è bruciato e non si è fatto vedere da un guaritore forse ha preferito non rischiare e usare i metodi curativi più semplici, ma se è profonda ci metterà un bel po' a guarire così. Quindi sì: è possibile che sia ancora in via di guarigione dopo due o tre mesi. Immagino che abbia usato un unguento dall'odore particolare, giusto? Sì, è la tecnica base: impedisce l'infezione ma rallenta la normale cicatrizzazione, ho sentito di uno che ha dovuto aspettare un anno per non sentire più dolore. È complicato da spiegare, quindi non ti dirò come funziona, ma credo che non se la stia passando bene. Forse se lo merita, se è davvero il piromane, ma sapere che si è ridotto così...”

“Mi spiace, Marghe” mormorò lei, affranta.

Margherita si morse il labbro. “Se vogliamo capire se Geranio è colpevole, allora dobbiamo inventarci un piano. Andiamo in camera nostra, lì possiamo parlare liberamente”



 

Continua...



 

Ed eccoci qua!

Abbiamo un primo sospettato, che si quello giusto? Voi che ne pensate?

E ora rispondo alle recensioni! (In realtà solo una, ma fa più scena al plurale!)

 

Per Hope52: Sono contenta che ti sia piaciuto. Eh, sì, a me piace mescolare le acque... Non riesco a scrivere senza un bel po' di colpi di scena, lo ammetto!

Chissà se qualcuno di voi non ci azzeccherà con il colpevole? Fatemi sapere che ne pensate...

 

   
 
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