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Autore: Dira_    16/05/2010    12 recensioni
La guerra è ormai finita, Harry è un auror e sta per avere il suo secondo bambino.
Degli strani sogni e la misteriosa comparsa di un neonato decisamente particolare turbano la sua pace, tornando a scuotere la famiglia Potter sedici anni dopo, quando Tom, il bambino-che-è-stato-salvato, scoprirà che Hogwarts non solo nasconde misteri, venduti come leggende, ma anche il suo oscuro passato...
La nuova generazione dovrà affrontare misteri, intrighi, nuove amicizie e infine, l'amore.
“Essere amati ci protegge. È una cosa che ci resta dentro, nella pelle.”
Può davvero l’amore cambiare le carte che il destino ha messo in tavola?
[Next Generation]
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Ehi, gente, 100 tra le seguite e 70 trai preferiti e duecento e passa tra le visite… Dai, lasciatemi un segno della vostra presenza, siamo quasi alla fine! :D
@Nicky_Iron: Hai ragione, non ci avevo mai pensato! In effetti la Row non si è resa conto, mi sa, che facendo fare l’auror a Harry avrebbe finito per fargli rischiare lo spossessamento ad ogni missione. Però c’è da dire che la bacchetta non l’ha mai con sé, ma è al sicuro nella tomba di Silente, quindi, qualora dovessero spossessarlo dovrebbero comunque poi andarsela a prendere. Boh, in effetti ora che mi ci fai pensare non è stata tanto furba! XD Comunque mi dispiace per i capitoli di stallo, presto ci sarà la fine ;)
Non preoccuparti per l’epilogo. Questa è solo la prima parte della storia. Ce n’è una seconda, in cui vedremo i nostri pg finalmente (o quasi) sereni. ;)

@Aga: Grazie! Sì, avevo paura di esagerare con l’angst di Albus ma a quanto pare è stato apprezzato!
@Trixina: Ciao! Sempre puntuale, lo sai che ti adoro? Figurati se non puoi usare tutte le frasi che vuoi sul tuo fb… basta che mi crediti! XD Aahah, Lily ti piace quindi? Avrà più spazio te lo prometto, non appena sarà finita questa prima parte. Ha molto potenziale, e poi… mi è utile *risata sadica* Ahaah, per quanto riguarda Al gli faccio presente il vostro affetto, ma povero tesoro… è tutto raggomitolato sul letto che pigola ‘Tom’. Ah, ‘sto benedetto ragazzo! Per quanto riguarda la scena Teddy/James… credimi, io ci ho messo secoli per cominciare a scrivere lemon, e ancora come vedi i risultati sono più che altro… limonata. :P Un consiglio può essere di scriverla solo per te stessa. Nel senso, non pensare che la posti, o ti verrà la timidezza la paura ‘ma sto scrivendo roba ridicola?’ Scrivila come se non dovessi pubblicarla… e poi pubblicala! XD
@Pheeny: Ciao! Benvenuta! Sì, anche io sono sempre un po’ perplessa sulle storie con pairing non dichiarato, ma purtroppo trattandosi della new generation non c’era modo per metterlo, se non strombazzarlo nell’introduzione, e non mi piaceva. :P Le rivelazioni padre-figli verranno fatte, non preoccuparti! XD E grazie per i complimenti, non preoccuparti, la recensione era perfetta! :D
@SimoMart:  Wow, hai fatto un lavoraccio fantastico! Una recensione per ogni capitolo… troppo buona! *_* Davvero, sì, sono una scrittrice senza Dio, però ti adoro! Devo ammette che hai centrato molti punti che ho voluto sottolineare senza spiegarli bene, e sono felice che tu abbia letto così attentamente la mia storia! Sì, anche io ho preferito la  scena Teddy/James… diciamo perché l’ho scritta più facilmente. XD Del resto è più semplice di scrivere di pg con qualche esperienza, che pg alle prime armi nel campo del sesso… XD Qui ci sarà un piccolo momento Rose/Scorpius ma purtroppo per il fluff dovrai aspettare. ^^ Spero di non deluderti comunque, e grazie, grazie, grazie davvero!
 
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Capitolo XLIII
 
 




"Uno si aspetta che siano altre cose a salvare la gente:

il dovere, l'onestà, essere buoni, essere giusti.
No. Sono i desideri che salvano. Sono l'unica cosa vera."
(Oceano Mare, Baricco)
 
 
 
9 Novembre 2022
Surrey, Little Whinging, Privet Drive.
Pomeriggio.
 
Harry seguiva con lo sguardo il corso mutevole delle nuvole nel cielo di Privet Drive.
Quante volte l’aveva fatto durante la sua infanzia?
Tornare lì ogni volta gli dava sensazioni contrastanti: se da una parte c’era la rabbia per come i Dursley lo avevano trattato, castrandolo e mortificandolo fin da piccolo, dall’altra provava comunque nostalgia.

Fece un mezzo sorriso: dopotutto Silente aveva avuto le sue ragioni a lasciarlo lì, anche contro la sua volontà.
Avevi ragione, vecchio manipolatore… questo è un posto che ho potuto chiamare casa.
C’era poi il fattore tempo. Ormai l’amarezza che aveva patito da ragazzo si era stemperata, anche a causa della guerra. Durante gli ultimi mesi, in cui i mangiamorte spadroneggiavano, i Dursley erano stati costretti a nascondersi, proprio perché suoi parenti. Aveva saputo poi che si erano ritirati nella vecchia casa degli Evans, morti anni prima: erano stati loro infatti a morire in un incidente stradale.
(Aveva sempre pensato che sua zia non fosse granché fantasiosa. Aveva trasferito una causa di morte da una coppia di coniugi all’altra.)
Petunia era ancora là, a Cokeworth¹, a curare ortensie nel giardino della sua infanzia. Dudley invece era tornato a Privet Drive quando si era sposato, dopo un breve periodo passato a tentar fortuna – e forse ad accumulare porte in faccia – a Londra.
Era lì che aveva conosciuto Robin, la sua futura moglie.

Harry era stato invitato al loro matrimonio, e ricordava ancora nitidamente lo sconcerto provato quando la donna gli era stata presentata. Robin era bella, intelligente, fisicamente simile a zia Petunia, ma decisamente più simpatica. Con suo sommo stupore la ragazza non solo era sembrata sinceramente entusiasta di conoscere lui e Ginny, ma dopo un paio di giri di brandy gli aveva confidato di avere un cugino mago, che in famiglia era tenuto in gran considerazione.
Aveva ricominciato a rivalutare Dudley da quel momento.
Aveva pensato ai novelli Dursley come genitori per Tom non solo perché Dud era suo cugino. Ma anche perché non erano i Dursley, non quelli con cui era cresciuto lui almeno.
E non aveva sbagliato. Tom era cresciuto in una famiglia che gli voleva bene. Per anni era stato attento al minimo segno di odio o insofferenza da parte loro, ma non ne aveva mai visto uno.
Lo prova il fatto che ha saputo di essere stato adottato solo quando si è reso conto che la sua intera famiglia era troppo babbana per poter aver dato alla luce un mago…
Il rombo di una macchina lo distolse dai suoi pensieri: la familiare di Dudley stava imboccando il vialetto di ingresso. Sapeva che quel giorno l’avrebbe trovato solo. Robin, che gestiva un piccolo caffè artistico in centro, lo avrebbe tenuto aperto fino a tardi. E Alice e Vernon dovevano essere ai rispettivi collegi fuori città.
Si alzò dall’altalena, sistemandosi gli occhiali sul naso, attendendo.
A proposito di attendere…
Aveva mandato quella mattina un gufo a Smith, ma naturalmente non aveva ancora avuto risposta. Restare a casa era fuori discussione: aspettare era qualcosa che aveva fatto per tutta la sua infanzia. E l’aveva sempre odiato.
Dudley, infagottato nel proprio impermeabile, stava risalendo il vialetto lastricato, la ventiquattro ore sotto il braccio. Non ci mise molto a notarlo.
“Che diavolo ci fai in casa mia?” Sbottò, aprendo il piccolo cancello del giardino ed entrando dentro. “Chi ti ha fatto entrare?”
“Dudley, il cancello non ha la chiave.” Obbiettò ragionevole. Ed io ho una bacchetta – ma questo non lo disse. “Devo parlarti.”

“Io no. Non vedo di cosa dovremo parlare. Finché non ho il mio ragazzo a casa, qui tu non sei benvenuto!”
“Ho bisogno anche del tuo aiuto per riportarcelo.”
Ed ho bisogno che tu mi perdoni per non averlo saputo proteggere… - Questo era un pensiero umiliante, ma vero. La Sindrome dell’Eroe aveva dei risvolti emotivi piuttosto preoccupanti.

Dudley gli lanciò un lungo sguardo che riassumeva perfettamente gli anni di diffidenza che li avevano separati, e che tutt’ora li tenevano distanti. “La vostra magia…” Sputò. “I vostri abracadabra… oh, notevoli, senza dubbio! Mi hanno quasi ammazzato un paio di volte. E adesso mi portano via un figlio. Come dovrei comportarmi, eh Harry? Dimmelo tu. Cosa dovrei pensare del tuo mondo magico?”
Harry inspirò. Solo con gli anni era riuscito a vedere le cose dal punto di vista dei babbani. Dudley era spaventato.

E ciò che ti spaventa si odia.
Era un equazione semplice, ma ci aveva messo quasi vent’anni per capirla.
“Ti assicuro che il mio mondo non è poi così diverso dal tuo, tranne che per il fatto che invece della tecnologia usiamo la magia.” Spiegò pacato. “Le persone vengono rapite in entrambi i mondi… e senza informazioni le indagini non vanno avanti in…”
“Ho capito. Puoi finirla con le tue arringhe da salvatore.” Replicò brusco. “Ne sento e ascolto tutti i giorni in tribunale. Farò il possibile per ritrovare il ragazzo, mi pare ovvio. Anche se non so quanto potrò esserti di aiuto… Thomas con me è un’ostrica.” Brontolò adombrandosi.

“Sì, non si confida facilmente…”
Facilmente?” Lo guardò come se pensasse che fosse un idiota. Una sensazione curiosa, se associata a Dudley. “È così da quando è capace di parola, e t’assicuro che lo è stato piuttosto presto.” Si sedette pesantemente su una delle tre panchine strategicamente disposte nel giardinetto. Prese il pacchetto di sigarette e se ne accese una. La osservò per un po’. “Del resto io non mi sono mai fatto in quattro per cavargli fuori niente…”

Sembrava sfinito. E preoccupato. Harry pensò che probabilmente era il solo a poterlo capire.
“Tu sei un buon padre, Dudley.”
“Per Vernon e Alicia, forse.” Ribatté. “Perché li capisco. Posso capire quando Vern mi chiama per parlarmi di ragazze, o so come sgridarlo quando prende un brutto voto a scuola. Persino Alicia, che è una femmina… Ma Thomas… è un mago.” Ammise alla fine.  

“È un adolescente più che altro.” Sospirò, sedendosi accanto a lui. Dudley non diede cenno di insofferenza. Lo considerò un passo avanti. “Neanche io so come prendere i miei figli il più delle volte…”
“Oh, fammi il favore. Ti adorano come se fossi fatto d’oro.” Grugnì, prendendo un tiro di sigaretta. “Sei il loro eroe. Per Thomas io sono il babbano che l’ha cresciuto…” Lo fermò con una mano prima che potesse ribattere. “Ma non sono qui per piangermi addosso. Come posso aiutarti?”
Harry guardò l’altalena. Ricordava ancora la conversazione con Thomas undicenne. Gli sembrava pochi anni prima, invece ormai Tom era quasi un mago maggiorenne…

Sto invecchiando…
“Prima che tornasse a scuola hai notato qualche comportamento strano in lui?”
Dudley ci rifletté. “Non più del solito. È un lupo solitario quando è qui. Non ha amici e sta tutto il giorno rintanato in camera con il naso nei libri e la musica a livello a malapena sopportabile. Ogni tanto Robin lo obbliga ad uscire con la scusa di pulirgliela… ma se ne va al parchetto a fare le stesse cose.” Concluse con una smorfia. “Quest’estate non è stata diversa.”

“Non ha conosciuto nessuno quindi, che tu sappia?”
“No, nessuno. Ci saremo accorti se avesse avuto un nuovo amico. Sarà uscito dieci volte in due mesi, e sempre da solo…”
I contatti con Doe allora risalgono alla scuola, non prima…

Non so se considerarlo un male o un bene. Che sia riuscito a plagiarlo in pochi mesi la dice lunga sulla bravura di quel tipo…
Harry si aggiustò la montatura degli occhiali, decidendo poi di toglierseli per pulirli. Il freddo pungente gli diede la forza di formulare la richiesta per cui era venuto lì. “Devo vedere la sua stanza, Dud.”
“La sua stanza?” Gli lanciò un’occhiata in tralice. “E perché? Tutta la sua roba magica se la porta via quando torna a scuola. Non c’è niente che possa interessarti…”
“Non si sa mai. Tu ci entri spesso?”
Dudley accusò il colpo. “Non io. Solo Robin, per pulirla. Ma deve stare attenta a non spostare niente o Thomas se ne accorge e pianta una grana infinita.” Sbuffò, alzandosi. “Comunque va bene.”
Lo portò dentro. Era tanto che non gli capitava di percorrere i corridoi di quella casa. Non era cambiata molto, tranne che per qualche oggetto e la sovrabbondanza di quadri a soggetto fotografico. Robin aveva studiato fotografia al College, e ne aveva fatto il suo lavoro.

La camera di Thomas, neppure a farlo apposta, era la sua vecchia camera.
“Mi sono sempre chiesto se sia stato un caso che gli abbiate dato la mia…” Osservò, mentre l’uomo stringeva la mano grassoccia sul pomello.
Dudley stirò le labbra in un sorriso sarcastico. “A dire il vero, fino ai cinque anni ha avuto la mia vecchia stanza. Era il primogenito, gli spettava di diritto. È stato lui a voler cambiare quando ha saputo che avevi vissuto qui.”
Harry non disse nulla, ma accusò malamente il colpo.

Ti stimava… E l’hai tradito. Bell’eroe. Davvero un ottimo lavoro, Harry Potter.
Dudley lo fece entrare. Harry si rese conto che era forse la prima volta che metteva piede nella stanza del figlioccio: quando veniva a prenderlo per portarlo alla Tana, Tom lo aspettava sempre all’ingresso.
Ebbe un fortissimo senso di deja-vu. Ricordava il soffitto spiovente, la finestrella da cui ogni notte rientrava Edvige, la carta da parati consumata e persino l’asse traballante del pavimento sotto cui nascondeva i compiti per l’estate.
La stanza era comunque diversa per molti, fondamentali, aspetti. Non fu sorpreso nel vederla millimetricamente ordinata, era una cosa da Thomas. Ma fu sorpreso nello scoprirne il contenuto.
C’erano dei poster alle pareti, di gruppi rock babbani. C’era una grossa libreria in un angolo, piena di libri e riviste. Persino un computer. Due scansie sopra la scrivania erano infine zeppe di cd.
Era una stanza vissuta. Vissuta da un ragazzo che aveva ben chiaro cosa e come fosse il mondo babbano.
Fu umiliante scoprirlo così, invadendo la sua privacy: l’aveva sempre visto come totalmente innamorato del mondo magico e non aveva mai pensato che probabilmente amava e si trovava bene anche in quello babbano.
Quello della sua famiglia…
“Li colleziona.” Spiegò Dudley quando lo vide guardare i cd. “Non che gli serva, ha tutto sul pc. Comunque credo che alcuni siano di Alicia.” 
Harry annuì. Lanciò uno sguardo riassuntivo alla stanza. Non c’era traccia di magia lì dentro, Dudley non gli aveva mentito. Lo sguardo poi gli cadde su un quadro: non era molto grande, e conteneva una fotografia, forse scattata da Robin.
Si avvicinò. La fotografia campeggiava proprio sul letto, ed era curioso perché appeso sopra non c’era nient’altro. Ritraeva una laguna salmastra, forse all’alba. In primo piano c’era l’acqua, da cui spuntavano ciottoli biancastri e sullo sfondo si intravedeva una scogliera calcarea.

“È Dover?” Si informò.
Dudley lo guardò perplesso, poi si avvicinò alla foto. “Le scogliere di Dover? No, credo sia da qualche parte in Germania. Robin ci andò parecchi anni fa per scattare foto per una rivista, se mi ricordo bene…”

“L’ha appesa Tom?”
Dudley scrollò le grosse spalle. “Ovvio. Qui dentro noi possiamo entrare solo se invitati, figuriamoci cambiargli l’arredamento…” Ironizzò. “A parte gli scherzi, mi ricordo che gli piacque molto e chiese a Robin di stampargliela. Perché, è importante?”
Harry scrollò le spalle. “Ho solo notato che era l’unica cosa appesa sopra al suo letto. Il resto del muro è vuoto.”

Dudley fece un cenno d’assenso. “Sì, è vero.” Ci rifletté. “Vuol dire qualcosa?”
“Non lo so, non credo.” Sospirò: venire lì non era servito a molto, ma gli aveva comunque aperto gli occhi su alcuni degli aspetti di Tom che meno conosceva.

O forse che non mi sono mai preso la briga di conoscere.
Ho sempre pensato che tollerasse il mondo babbano. Come me. Ma è evidente che non sia proprio così…
“A Tom piace stare qui…” Osservò.
Dudley gli lanciò un’occhiataccia. “È ovvio. È casa sua.”

“Hai ragione.” Ribatté mitemente. “Ma questa è una buona cosa… La persona che l’ha rapito l’ha attirato a sé promettendogli di dirgli la verità sulla sua famiglia. Ma è chiaro che Tom consideri voi, i suoi veri genitori.”
“Ciò non toglie che abbia sempre voluto sapere.” Replicò Dudley gravemente. “Da quando ha scoperto di non essere un Dursley non ha più avuto pace… Ha sempre voluto sapere da dove veniva. Ed ha sempre avuto la percezione di essere diverso. Sai… per via di quella maledizione che gli ha portato via…” Fece un cenno distratto allo stomaco.  

“Te ne ha parlato?” Chiese stupito.
Dudley sbuffò. “Certo che no. L’ho capito da solo.”
Harry gli lanciò un’occhiata: non avrebbe mai immaginato che il cugino, certo non famoso per il suo acume, avesse capito tanto di Thomas. Se ne vergognava un po’, ma non si era mai preso la briga di indagare a fondo i rapporti tra di loro.
“Senti Harry…” Dudley si passò una mano trai capelli radi, corrugando le sopracciglia, come se tentasse di ordinare i pensieri. “Se cerchi delle risposte da me, temo di non poterti aiutare. Io e Thomas non abbiamo mai parlato molto. Dopo che ha scoperto di essere stato adottato… anche meno. Ha preso le distanze. E lo conosci, quando si mette in testa qualcosa… Non avrebbe mai confidato nulla, né a me né ai suoi fratelli.”
“Me ne rendo conto…” Sospirò. “Ma dovevo fare almeno un tentativo. Io…” Esitò, poi si forzò a continuare. “Io credo di aver fatto degli errori con lui. Avevo capito che c’era qualcosa che lo tormentava ultimamente. Ma ho preferito aspettare… pensavo che ad Hogwarts fosse al sicuro, e mi sono sbagliato.”
Dudley rimase in silenzio a lungo. Fece per prendere un’altra sigaretta, ma lasciò perdere, infilandosi le mani nelle tasche sformate del completo. “Mi ricordo di quando gliel’ho detto… quando gli ho detto la verità sulla sua nascita.” Lo sguardo gli andò alla finestra, assorto. “Quando tornò per l’estate, avemmo una conversazione… Credo sia stata la prima e unica volta in cui si sia mai aperto con me. Non me la dimenticherò facilmente.”

 
“Questo maledetto corvo deve fare tutto questo baccano?” Aveva protestato Dudley, mentre cercava di caricare la gabbia del famiglio del figlio senza farsi amputare le dita.
Tom era appoggiato al cofano della macchina, nel parcheggio della stazione di King’s Cross e lo fissava con un sorrisetto appena accennato.

Dudley se l’era guardato bene, quando era sceso dal treno e gli era andato incontro.
Aveva i capelli troppo lunghi – forse era una stupida moda magica – ma tutto sommato sembrava in salute e … senza stranezze visibili.
“Ti stai divertendo, mmh?” L’aveva apostrofato, sentendosi osservato dai passanti.
“Un po’.” Aveva ammesso. “Te l’avevo detto che i posti stretti non gli piacciono. Se la liberassimo…”
“Nessun uccello entrerà volando in casa mia, Thomas!”
Tom aveva fatto spallucce. “Va bene.”
Quando si era finalmente deciso a dargli una mano erano riusciti a caricare il baule e la gabbia in pochi attimi. Dudley aveva sospettato che avesse usato qualche ‘trucco’, ma aveva preferito glissare.
Tom poi si era seduto accanto al posto di guida. Indossava di nuovo i suoi abiti che adesso definiva ‘babbani’. Dudley ricordò che avevano avuto una discussione anche su quello.

“Com’è rimettersi dei jeans, eh ragazzo?”
Tom aveva fatto spallucce. “Li ho messi anche a scuola, in realtà. Non indossavamo sempre la divisa.”
Dopo questo breve scambio di battute era sceso il silenzio nell’abitacolo. Dudley aveva guidato fuori dal parcheggio e si era premurato di accendere la radio su un talk-show. 

Il tragitto da Londra a Little Whinging durava un paio d’ore. Certo, Dudley era abituato al fatto che il primogenito non fosse un chiacchierone: ma doveva averne di cose da dire, dopo un anno di lontananza.
“Beh… Com’è andata?” Crollò per primo, schiarendosi la voce.
Tom si era riscosso dalla contemplazione di un tir fuori dal finestrino. “Bene.”
Era troppo silenzioso anche per i suoi soliti standard.

“So che vi assegnano a delle… case. Dove sei finito tu?” Aveva insistito.
L’undicenne gli aveva lanciato un’occhiata di sottecchi. “Serpeverde…” Aveva detto.
“Mmh. Ed è una buona casa?”
“È quella adatta a me.” Ci aveva pensato. “È quella degli astuti e degli ambiziosi.”

Dudley aveva represso un sorriso. Il figlio non era riuscito, aggiungendo quella seconda frase, a nascondere la palese soddisfazione. “Proprio adatta a te, ragazzo… Chi è venuto con te dei tuoi cugini?”
“Al, naturalmente.” Aveva staccato un filo di stoffa dalla cintura di sicurezza, avvolgendoselo attorno al dito. “È la casa giusta per entrambi.”
“Capisco…”
Il talk-show era finito alla radio e Tom ne aveva approfittato per impadronirsene, sintonizzandola su un canale di musica decisamente rumorosa.

“Tra due settimane partiamo per Portsmouth. Tuo fratello ha bisogno di un po’ di mare, con l’asma che si ritrova…” Aveva rotto di nuovo il silenzio dopo una canzone particolarmente urlata. “Abbiamo preso un cottage sulla spiaggia.”
Tom non aveva risposto subito. Aveva continuato a giocherellare con quel benedetto filo finché non l’aveva spezzato.

“Perché, vengo anche io?”
La domanda era stata posta in tono tranquillo. Dudley si era voltato per squadrare il ragazzino, in quel momento impegnato nel guardare il susseguirsi di mattoni grigi della periferia londinese.  

“Ovvio che vieni anche tu. Che razza di domanda è?”
Tom aveva soffiato via dalle mani il filo spezzato. “Pensavo… Che visto quello che sono… era meglio se stavo da zio Harry quest’estate.”

“Sei cosa? Un mago? L’abbiamo sempre saputo, che razza di sciocchezze…”
“No. Non mago.” Aveva staccato un altro filo dalla cintura. “Ma non sono tuo figlio.” Aveva alzato lo sguardo, lanciandogli un’occhiata.
Dudley non era mai stato un cinesteta. Non aveva idea di cosa significasse quello sguardo.

Sembrava aspettare, o forse sfidarlo.
“Tu sei mio figlio, Thomas.” Aveva replicato, perché era l’unica cosa da dire.  
“No, non è vero. Sono stato adottato.”
“Pensi che questo significhi qualcosa per me e tua madre? Per i tuoi fratelli? Io e la mamma lo sapevamo già. Ha mai fatto qualche differenza?”
“Non lo so…” Sembrava sincero. “Perché mi hai adottato se sapevi che ero un mago? O che venivo dal mondo dei maghi? A te noi non piacciamo.”
Dudley aveva sbuffato. Sapeva che quel discorso sarebbe arrivato, prima o poi. Sperava quando sarebbe stato più grande. E più ragionevole.

“Io e la mamma volevamo un bambino e tu avevi bisogno di due genitori. Le cose sono andate piuttosto bene fin’ora, mi sembra.”
“Sì, ma il mondo dei maghi…”
“Non mi piace. E va bene… su questo hai ragione.” Aveva continuato a guidare, fissando la strada. Non era un tipo che sapeva gestire situazioni del genere. Non lo era mai stato. Aveva sempre dato per scontato di essere amato e apprezzato, quando era bambino. Si era accorto come poi, l’amore ce lo si dovesse meritare.

Quello di Robin se l’era addirittura dovuto sudare.  E con Thomas valeva lo stesso discorso.
“I maghi non mi piacciono. Ma mi piaci tu. Ci piaci tu. A me, la mamma, Alicia e Vern. Non ho mai pensato quando eri malato o cadevi, o sparivi, se eri un mago o meno. Ma se stavi bene.” Aveva spento la radio in cui qualche idiota capellone stava ululando. “Capisci cosa intendo Thomas?”
L’aveva sentito muoversi sul edile. Aveva controllato e aveva notato che aveva rivolto il viso verso il finestrino.
“Sì, credo di sì…” Aveva detto, dopo un po’. Dudley era certo che fosse l’unico undicenne che aspettasse a parlare per non mostrare che stava piangendo.

Avrebbe voluto fargli una carezza: ma sapeva che era un gesto per cui nessuno dei due era particolarmente portato. Sia a dare, che a ricevere.  
“Bene. Non voglio più tornare su questa storia.” Aveva borbottato, sintonizzando di nuovo la radio su quella musica orrenda che sembrava piacergli tanto. “Sei un Dursley. E verrai a Portsmouth con noi.”
“Bene.” Aveva ripetuto. Poi gli aveva lanciato un’occhiata in tralice. “Mi piace il mare.”  
 
Harry sospirò: si sentiva ancora colpevole per aver in qualche modo resa più difficile la situazione tra Tom e la sua famiglia, portandolo via dopo che Dudley gli aveva rivelato l’adozione.
E quell’aneddoto non faceva che rafforzargli quella convinzione.
Ma Dudley era un buon padre. E Thomas sapeva qual’erano le cose importanti.
“Mi hanno estromesso dalle indagini, Dud.” Disse. “Ma non sarà questo a fermarmi.”
“La vostra concezione di legge è molto elastica, allora…” Replicò l’altro con una smorfia. Poi si fece serio. “Trovalo, Harry. Chiunque l’abbia rapito, che sia la sua famiglia o meno, non vuole di certo il suo bene.”

Harry annuì. Poi si tastò la tasca del giubbotto. Se la sentiva innaturalmente tiepida. Estrasse uno degli specchi comunicanti brevettati da George: l’altro gemello ce l’aveva sua moglie, Ginny.
“Che roba è?” Si informò Dudley un po’ inquietato.
“La versione magica di un cerca-persone.” Spiegò con un sorriso, aprendolo.
 
‘È arrivato il gufo di risposta da Smith’
 
 
Harry inspirò bruscamente, infilandoselo in tasca. “Devo andare Dud. Ci sono degli sviluppi.”
“Che genere di sviluppi?” Si allarmò l’uomo. “Buoni o cattivi?”
“Forse riesco a convincere chi segue il caso a farmi collaborare.” Gli diede una pacca sulla spalla. Nonostante gli anni ‘Big D’ continuava ad essere grosso almeno il doppio di lui. “Grazie per…”
“Trova mio figlio.” Lo anticipò. “I ringraziamenti li accetterò dopo.”


 
****
 
 
Potevano essere passate ore come giorni. Come settimane.
Tom non aveva idea di quanto tempo fosse passato. La percezione della realtà era sfalsata nelle viscere della terra.

Doe l’aveva lasciato legato per tutto il tempo. Persino per fare i suoi bisogni lo aveva sorvegliato a bacchetta spianata.
Tese le labbra in un sogghigno amaro: non era stupido. Temeva una sua fuga…
Fuga verso dove?
Non sapeva cosa stesse succedendo fuori. Di certo a quell’ora avevano già scoperto il corpo della Prynn. Qualcuno doveva aver persino trovato la sua bacchetta.
Erano sicuramente state fatte congetture.
Chissà se era Harry ad occuparsi delle indagini.
Sperava di no. Harry doveva starne fuori. Tutti dovevano starne fuori.
Si sentiva la gola riarsa, aveva sete. Si rifiutava di prendere cibo o acqua da quel bastardo, temendo che potessero essere pieni zeppi di qualche pozione che gli avrebbe minato la lucidità.
Lucidità poi… immerso in quelle tenebre senza spazio né tempo sentiva che mano a mano perdeva la percezione di sè… Doe aveva spento il fuoco giorni, ore, mesi prima?
Fece una risatina, che gli raschiò la gola come carta vetrata.
Non sapeva dove fosse ora, il suo carceriere. Aveva parlato di tempi brevi in cui agire, ma sembrava prendersela comoda.
Quando se n’era andato, dopo avergli fatto vedere i due ricordi, aveva tentato di organizzare le idee.
Per un ridicolo momento si era imposto di non lasciarsi sopraffare dal terrore e dal peso di quelle rivelazioni e aveva tentato di organizzare un piano di fuga.
Non era durato molto, questo suo anelito.
Aveva tentato di usare incantesimi senza bacchetta, e persino quelli non verbali anche se li aveva tentati poche volte in vita sua.
Non aveva funzionato niente.
Allora aveva urlato, aveva gridato, senza dignità, con rabbia. L’aveva maledetto.
Aveva smesso quando la gola aveva cominciato a fargli male.
Sentì la porta cigolare: sì, perché c’era una porta. Chissà a cosa era servita quella grotta. Forse un magazzino, forse un rifugio. Ricordava che Hagrid aveva raccontato a lui e Albus di come, quando era ragazzo lui, la Foresta Proibita fosse spesso visitata da bracconieri, alla ricerca di…
… Di cosa?
Merlino, sembravano passati mille anni.
Da quanto era lì?
La luce della bacchetta di Doe gli abbacinò gli occhi. Distolse lo sguardo.
“Buongiorno. O buonasera. Secondo te in che periodo del giorno siamo?” Lo apostrofò beffardo. “Ora di mangiare comunque. Oggi vuoi farmi il favore di mettere in bocca qualcosa?”
Non rispose. Ormai non si sentiva quasi più le mani. Se tentava di muoverle, bloccate dalle corde, sentiva un dolore accecante.
“No, eh? E va bene… non si può dire che non abbia tentato di farti collaborare.” Vide la luce della bacchetta avvicinarsi, così tanto che pensò che gli avrebbe accecato un occhio. Poi sentì la presa ferra dell’uomo sui capelli. Lo sentì mormorare qualcosa a fior di labbra, e sentì i muscoli della mascella cedere come gomma scaldata. Doe gli inserì a forza una poltiglia dolciastra in bocca.
“Mastica, o potresti soffocare.”
Preferirei.
Ma obbedì, quando sentì che l’aria stentava ad arrivare ai polmoni. In fondo era serpeverde anche in questo.

L’istinto di conservazione prima di tutto…
“Bravo bambino.” Lo vezzeggiò. Questo prima che gli sputasse in faccia i suoi sforzi culinari.
Tom sentì una soddisfazione divertita invaderlo, ma durò poco. Sentì un dolore sordo alle costole e venne sbattuto contro la parete.
“Piccolo figlio di puttana!” Sbottò, cercando di pulirsi da quella poltiglia, che a giudicare dalla smorfia schifata che fece non doveva aver assaggiato.
A Tom venne da ridere. Probabilmente non c’era niente di comico. Ma probabile stesse persino impazzendo, al buio e al freddo.

“Sono tre giorni che non mangi e bevi, moccioso.” Sibilò l’uomo, ripulendosi sommariamente con un fazzoletto. La bacchetta la usava per far luce. Posò a terra quella che sembrava una ciotola, ricolma di quella sbobba nauseante e una brocca d’acqua. “Ma sono buono. Te la lascio qui, casomai cambiassi idea.”
“… Niente più giochetti?” Sussurrò a stento. Aveva notato come il volto di Doe fosse innaturalmente teso.

Forse qualcosa stava andando storto. Forse la realizzazione del suo piano stava subendo dei ritardi.
Doe fece una smorfia. “Ti mancano?”
Tom si raddrizzò, tossendo. Da un po’ (settimane, ore?) aveva una fastidiosa tosse secca: l’umidità non stava giovando granché al suo fisico.

In fondo almeno il mio corpo è umano, no?
“Volete che uccida Harry… non è vero?”
L’aveva capito subito. Harry era il possessore della Bacchetta. Se l’avesse sconfitto sarebbe diventata sua e automaticamente di chiunque avesse ucciso lui. O disarmato.

Temeva però che il verbo ‘disarmare’ non fosse nei vocaboli di Doe. O della Thule.
Doe inarcò le sopracciglia. “Beh, mi stupisci Thomas. Non perdi un colpo.”
“… non lo farò mai. Non lo ucciderò.”
“Oh, credimi. Lo farai. Sotto imperio uccideresti anche il tuo migliore amico.”

Tom sentì un dolore allo sterno.
No. Non ci doveva pensare.
Ad Al.
Pensarci faceva troppo male. Pensare ad Albus significava avere la consapevolezza che non l’avrebbe mai più rivisto. Che forse sarebbe morto. Che nel migliore dei casi, se fossero riusciti a salvarlo, sarebbe stato incriminato da una giuria di maghi terrorizzati da un probabile attentatore alla salvezza del Salvatore in persona.

Chi avrebbe mai creduto alla sua innocenza?
Lui stesso non ci avrebbe creduto.
Quanto siamo stati ingenui, Al…
Lo sai? Mi capita di pensare che la mia posizione è per certi versi simile a quella spia, quella di cui porti il nome… Severus Piton.

Solo che per me non c’è nessun Silente a garantire.
“E poi… dopo che l’avrò ucciso… vi libererete anche di me?”
Doe attizzò il fuoco con un lieve cenno della bacchetta: non fu un gesto umano. Probabilmente era lui ad avere freddo. “Dipende. Se ti riconcilierai a tuo padre non credo sarà necessario. Al padrone serve un figlio dopotutto.”
“Piuttosto mi faccio ammazzare.” Sputò.

“Non fare l’adolescente riottoso, Thomas.” Sospirò l’uomo, giocherellando con la bacchetta. “Ho persino dovuto mettere delle barriere per impedirti di scappare… Andiamo, siamo sinceri. Qui sei sprecato. Cresceresti all’ombra dei Potter. Saresti sempre un nato-babbano, brillante, non lo nego, ma uno dei tanti nomi che affollano il Ministero. La Thule ti permetterebbe di essere grande. Sei il figlio di uno dei capi.” Si avvicinò, chinandosi alla sua altezza. “Pensa a quante cose grandiose potresti fare…”  
“Come esperimento del tuo padrone?” Ghignò sarcastico. “O come suo figlio?”
Un contenitore per un’anima lacerata…
Gli sembrava quasi di sentire la voce ironica di Loki.
Questo ti costerà un bel po’ di psicanalisi, eh Dursley? Diciamo un migliaio di galeoni?
“Ha importanza?” Replicò Doe. “Per il Padrone sei…”
“Non mi interessa. Se per lui sono un figlio, un mezzo, non me ne importa nulla… Né di lui, né della vostra associazione…”

L’unica cosa che vorrei è trovarmelo davanti e riavere la mia bacchetta.
Per poterlo ammazzare.
Abbastanza catartico, psicologicamente parlando. 
“Oh, fammi il favore. Ti interessa. Se non altro per poterti vendicare, non è così?” Non aspettò risposta. Quasi sapesse che aveva ragione.
E ne ha…
“Sei così pieno di ambizione che spesso ti sopravvaluti … Dev’essere un problema del precedente modello. Aveva intenzione di assoggettare il mondo intero e spazzare via i babbani. Sì, sto parlando di Voldemort.” Sembrò riflettere. “ A te piacciono i babbani Thomas?”
Tom inspirò bruscamente, sentendo una fitta allo stomaco. “Sta’ zitto.”
“La tua famiglia, quella che ti ha adottato è babbana…” Considerò meditabondo. “Una tranquilla famiglia medio-borghese… Loro ti piacciono? O cerchi di farteli piacere, quando in realtà un po’ ti fanno schifo?”
“Non osare nominarli.” Ringhiò serrando i muscoli contro le corde. Li sentì gemere, protestando per la forzata immobilità. “Non osare…”
Doe lo afferrò per il bavero della camicia. “Cosa? Sei nella posizione di minacciarmi? Oh, no… Non credo proprio.” Lo lasciò andare. “Se ti piace tanto la tua vecchia vita, Tom, dimmi… perché mi hai lasciato fare tutto questo?”

“Io amo la mia vecchia vita.” Sbottò. “Amo…”
Amo Al, amo la mia famiglia…

“Tu non ami, ragazzino. La tua anima non ne è mai stata capace. Era piuttosto famosa per questo.” Rise l’uomo. “Ti faccio un indovinello. Il pappagallo che impara a parlare, pensi che sappia cosa dice, o si limiti ad imitare?” Si alzò in piedi, spazzolandosi il mantello. “Bene, basta chiacchiere. Devo tornare alle mie letture…” Passò accanto alla brocca e al suo povero pasto. E gli tirò un calcio.
Poi sorrise. “Sai, pensandoci bene mi servi debole… Il primo assassinio è sempre il più difficile.”
Con un gesto della bacchetta lo fece di nuovo precipitare nelle tenebre.
 


****
 
 
Hogwarts, Sala Grande.
Pomeriggio.

 
Rose era immersa fino ai gomiti nella redazione di venticinque centimetri di pergamena sulla successione della prima casata regnante dei goblin, anno domini duecentoventicinque. Non alzava il naso da almeno un’ora, scartabellando libri e prendendo appunti a lato.
E stava proprio bene, grazie tante.
Non c’era niente di meglio dello studio matto e disperatissimo per distrarsi.
Accanto a lei Hugo si stava esaminando l’interno di un orecchio con la punta di una piuma. Se la ficcò evidentemente troppo a fondo, perché lanciò un’imprecazione che la distrasse.
Lily a quel punto sbadigliò annoiata, grata dell’interruzione. “Hughie, rischi la perdita parziale, se non totale dell’udito… Sempre che ti interessi.”
Il ragazzino sbuffò. “Oh, sta zitta. Perché invece non mi fai copiare?”

“Perché mi diverto troppo a vederti annaspare sul conteggio delle parole. A proposito, hai scritto due righe e si dice speculum, non specho.”
“Quando fai così sei una stronza…”
“Mi lusinghi.”
“Perché non fate silenzio entrambi?” Li redarguì aspra, lanciando un’occhiata verso il posto vacante davanti a sé. Albus non era sceso a fare i compiti con loro. Non era salito per meglio dire, considerando che i suoi dormitori si estendevano per buona parte sotto la superfice del lago.

Era comprensibile. Ma comunque era preoccupata. E la cosa più irritante è che sembrava essere la sola.
James come al solito era in giro a tramare beffardamente nell’ombra o ad infastidire Tiratori Scelti. Scorpius…
È sparito.
Era frustrante non conoscere mai l’ubicazione esatta del suo ragazzo.
Dovevi aspettartelo, conoscendolo. Non è granché abituato a stare troppo tempo in compagnia di una ragazza sola - Le suggerì una voce che aveva l’intercalare grondante malizia e malvagità di Lily.
La guardò male.
“Che c’è?” Sbuffò quella. “Ti stanno per venire?”
Hugo soffocò uno sghignazzo, prima che gli rifilasse un calcio nello stinco, diabolicamente mirato.

Era assurdo. La Prynn era stata uccisa, Thomas era sparito da soli quattro giorni e tutti sembravano aver accettato la cosa.
La vita scorreva di nuovo normalmente, i compiti, le lezioni… Gli unici cambiamenti che increspavano la superficie immota della rinnovata routine, erano le due pattuglie di Tiratori dislocate attorno al perimetro della scuola.  
E ah, certo… la mancanza delle ore di trasfigurazione… Ma credo che qualcuno lo trovi persino un miglioramento…
“Non c’è niente che possiamo fare, no?”
Le aveva risposto Hugo, quando aveva espresso la sua perplessità. “È tutto nelle mani del Ministero. Lo ritroveranno. Sono gente in gamba, Rosie.”
In effetti il discorso di suo fratello non faceva una piega. Erano adolescenti ed erano finiti i tempi dell’ES, degli eroici maghi minorenni e del Magico Trio.
Lei non era sua madre, James non era suo padre e Scorpius…
Grazie a Nimue non assomiglia a nessuno dei suoi, o dovrei controllargli il braccio.
Poi c’era Albus. Dal giorno in cui Smith l’aveva interrogato si aggirava per i corridoi, frequentando le lezioni per puro dovere. Aveva tentato di parlargli, ma si era trovata contro un muro inespugnabile di sorrisi. Non aiutavano neppure i suoi compagni di casa, il bieco Nott e quel ambiguo Zabini. Erano sempre nei paraggi pronti a trascinarlo via.
Come se fossi un disturbo per lui!
Lily alzò lo sguardo dal suo tomo di pozioni, che aveva scarabocchiato da cima a fondo. Era un’abitudine dei Potter la grafomania su quel libro. Anche quello di Al era zeppo di annotazioni.
Anche se quasi sicuramente quelle di Lily sono classifiche sui più papabili della scuola…
“Stai pensando a Tommy, eh?” Le chiese.
Rose si riscosse, sbuffando. “Merlino, Lily, ho un ragazzo!”
Lily alzò gli occhi al cielo. “Per una volta non stavo parlando di ragazzi in quel senso.” Appoggiò una mano sulla guancia. “Secondo te lo troveranno?”   
Rose scrollò le spalle, recitando la sua oliata parte del copione. “Sono agenti addestrati per questo genere di situazione…”
“No, non hai capito Rosie. Ti sto chiedendo se lo troveranno. Davvero.”
Rose battè le palpebre, alzando di nuovo lo sguardo dal suo compito: forse si era sbagliata. Forse non era vero che gli altri avevano deciso di ignorare il problema in attesa di sviluppi.

Lo sguardo della cugina era attento, preoccupato, ansioso.
“Che si dice in giro?” Le chiese allora.
Lily scrollò le spalle, tamburellando le dita sulla propria pergamena. “Non molto. Ci sono centinaia di congetture sul motivo per cui Tom è stato rapito e per cui la Prynn è stata uccisa… alcuni vedono il tutto come una lite tra amanti finita male. Il marito della Prynn, presumibilmente segreto, ha rapito Tom per fare giustizia…”
Cosa?
“Questa è la teoria della Haggins. Non ha molto seguito.” La rassicurò con un sorriso indulgente.

“Perché io non ne so niente di queste storie?”
“Semplice.” Intervenne Hugo, ficcandosi in bocca una manciata di scarafaggi alla liquirizia. “Perché Jamie ha riempito di botte o minacciato chiunque volesse fare a te, o ad Albie, delle domande. Ha messo in giro la voce che dovevate essere lasciati in pace, ecco.”
“Ah.”
Allora non fa il cretino in giro…

“Tu sai un sacco di cose su questa storia… ormai lo so.” Stimò Lily corrugando le sopracciglia. “Come sono andate davvero le cose? Lo ritroveranno?”
Rose si morse un labbro: avrebbe voluto dirle la verità.
Vorrei ma… A chi gioverebbe?
Fortunatamente fu salvata in corner dall’apparizione di Scorpius che, scopa sulla spalla, fischiettava in direzione dell’uscita. Lo vide sfilare, ignorando il tepore della Sala Grande in favore delle intemperie esterne.
“Che cacchio ci fa con una scopa?” Borbottò Hugo. “Gli allenamenti sono sospesi per inagibilità del campo! Sapete, meteorite pieno di serpentoni…”
Ne sta pensando un’altra delle sue!
Rose non poté non sentirsi rincuorata, mentre raccoglieva le sue cose e lo seguiva senza degnare di risposta gli altri due.
“Malfoy!”
Scorpius si voltò, esibendo un sorriso smagliante e la sua divisa da Quidditch. La cosa davvero stupefacente era che nessuno sembrava trovare particolarmente strana la sua mise, del tutto inadatta visti gli sviluppi del campionato.

“Ciao, mio girasole di campo!”
“Stai peggiorando. Per i nomignoli.” Lo informò, poi sospirò. “Perché questa scopa?”
“Non è ovvio? Ho intenzione di prendere una boccata d’aria. Stare dentro al Castello senza far nulla mi uccide.” Scrollò le spalle. “Vuoi farmi compagnia?”
“Scorpius, ci sono due gradi fuori… E piove.”
Scorpius le rivolse un sorriso quieto. “Lo so. Ti porto nel mio posto speciale, avanti. Potrai vedermi volteggiare con maestria da lì.” Le tese la mano.
Rose si guardò attorno. Non c’era nessun altro studente in vista.

Perché non posso semplicemente prendere quella mano, invece che guardarmi attorno ogni volta?
Era una di quelle domande di cui conosceva la risposta, ma evitava ogni volta di ripetersela.
Perché siete come Romeo e Giulietta, ma con parenti ancora più psicopatici…
“Mano.” Si corrucciò Scorpius. “O mi metto a piangere.”
Rose ridacchiò, afferrandogliela e strillò di fastidio, sollievo e divertimento quando Scorpius la tirò in mezzo alla pioggia, urlandole di correre.

 
Quando cinque minuti dopo si trovò di fronte ad una specie di casa sull’albero, costruita e ben occultata trai rami di uno dei primi alberi della macchia della Foresta Proibita, si pentì di aver ascoltato il proprio ragazzo.
“Questa cosa…”
“È una capanna sull’albero!” Trillò gioviale. “Non è bellissima?”
“Questa cosa…” Ripetè. “È legale?”
Scorpius si pizzicò il mento, meditabondo. “Beh. La Foresta Proibita non fa parte dei terreni di Hogwarts. Non è accatastata come tale, visto che si estende oltre le mura della scuola. Quindi…”
“Quanti punti potrebbero toglierci Prefetto Malfoy?” Lo incalzò, con cipiglio.

Scorpius sorrise nervosamente. “Circa un milione?”
Scorpius!
“Andiamo, la disilludo ogni volta che me ne vado!” Si giustificò immediatamente. “È il mio rifugio segreto! L’ho costruita al primo anno fregando la legna a Tremayne, sai, quando ha costruito quella staccionata per quelle orride capre di quell’orrido tizio di quell’orrido bar…”

Rose si massaggiò la sella del naso: di certo, era sicura di non annoiarsi mai con il suo ragazzo.
C’è sempre qualcosa per cui devo urlare…
“E dimmi, quante delle tue amiche ci hai portato facendo loro rischiare la vita, a giudicare dall’instabilità di questa roba?” Borbottò, squadrando l’agglomerato di assi cinque metri più in su, incuneato tra due grossi rami: il tutto sembrava retto da una buona dose di colla magica e preghiere.
Scorpius Malfoy, il figlio di papà che si dà al bricolage…
Scorpius fece spallucce, prendendo la bacchetta. Recitò un ‘accio corda’ che fece cadere una spessa scala di corda, umidiccia per via della pioggia.
Rose alzò gli occhi al cielo, sentendo la familiare fitta di gelosia ed inesperienza trapassarla da parte a parte. “Dieci, quindici? Non farmi tirare ad indovinare… odio azzeccarci.”

“Nessuna.” Sospirò il ragazzo, lanciandole un’occhiata in tralice. “Ora vuoi salire?”
“… scusa?”
Scorpius afferrò la corda, tirandola verso di sé come per saggiarne la resistenza. “Ho detto nessuna. Nessuno sa del mio rifugio.” Corrugò le sopracciglia. “Devo essere più chiaro, Weasley? Tu sei la prima.”
Rose sentì le guance scottare e una specie di trionfo ululante esploderle nel petto.

Sorrise.
“No, sei stato piuttosto chiaro.” Lanciò un’occhiata alla scala. “Sicuro che regga?”
“Se regge me… No, davvero.” Sbuffò. “Regge. E dentro neanche ci piove, a dirla tut-...”

Era divertente interromperlo, pensò Rose, mentre posava le labbra su quelle di Scorpius. Non aveva mai interrotto nessuno in quel modo ed era piuttosto certa che per un bel po’ avrebbe interrotto solo lui così.
Sentì le braccia del ragazzo cingerle la vita, mentre sul cappuccio del mantello picchiettavano infinite goccioline di pioggia. Le stesse che erano intrappolate trai capelli sottili di Scorpius, facendoli brillare alla luce opalescente del pomeriggio.  

Non era bello, il suo Malfoy personale. Oggettivamente aveva il viso spigoloso della sua famiglia, e le sopracciglia troppo sottili e troppo bionde.
Era tutto nel sorriso, la sua magia.
Però a me, buffo, ma piace tutto… spigoli e sopracciglia inesistenti.
“Hai il naso freddo…” Lo informò, facendolo ridacchiare.
“Pessima circolazione. È un problema di tutti i Malfoy. Credo c’entri con il pallore…”
“Non c’entra affatto.”
“Amo anche quando mi riprendi, Rose. È piuttosto grave, vero?” Sorrise, dandole un bacio umido e caldo sul suo, di naso.

“Non grave quanto affidarmi alla tua parola e salire su questa trappola mortale.” Lo prese in giro, aspirando l’odore di erba e lana vecchia del suo maglione da allenamento. Era bagnato, ma la cosa buffa era che al momento a Rose non importava.
Non poté fare a meno però di lanciare uno sguardo verso il fitto della boscaglia. Era buia, e non si vedeva oltre la seconda fila di alberi.
La Foresta nasconde molti segreti², Rosie…
Lì dentro, da qualche parte, era nascosto il rapitore di Tom. Con Tom.
Anche con il mantello pesante, impermeabile, sentì il freddo penetrarle nelle ossa a quell’idea. Represse un brivido.
Scorpius la strinse a sé. “Tutto a posto?”
“Tom è lì dentro secondo te?” Sussurrò guardandolo. “Secondo te è…”
Scorpius tese le labbra in una smorfia sottile. “Secondo me? Sì. Di certo non possono essere scappati dalle vie principali… e la Foresta si estende per miglia. Potresti camminare per giorni senza vedere altro che alberi. Un posto ideale per perdersi, un posto ideale per nascondersi.”

Rose annuì. Non aveva mai riflettuto veramente su quanto spesso fossero vicini ai pericoli. La Foresta Proibita, il Lago Nero. Persino Hogwarts riusciva ad essere ostile, a volte; non dimenticava come sua zia Ginny era quasi morta in una delle innumerevoli camere segrete e di come suo zio ci avesse trovato dentro un basilisco.
Il draco dorme finchè non viene svegliato. Non è forse questo, il motto della nostra scuola?
Era non era forse ciò che era successo a Thomas? Fino a tre mesi prima non era che il suo insopportabile cugino acquisito, adesso era invischiato in una storia di alchimia, furti, identità segrete e… morte.
“Rose?” La riscosse Scorpius, dandole un buffetto sotto il mento. “Vuoi rientrare? Cominci ad inquietare pure me con quest’aria seria.”
Rose scosse la testa, con un mezzo sorriso. “No. Voglio vederti volare. Prendi la tua scopa Malfoy, io sarò quella che prega di non schiantarsi a terra.”  

E solo quando fu all’asciutto, dentro la capanna incredibilmente tiepida di Scorpius a guardarlo eseguire acrobazie in aria, che si permise di tirare un lungo sospiro di sollievo.
Si appoggiò alla finestrella sbilenca, salutandolo con una mano.
Pensò alla domanda di Lily. A come l’aveva guardata.  
No, non ritroveranno Tom. Non con questo ridicolo dispiegamento di forze… solo due pattuglie di tiratori! Andiamo!
Si morse un labbro. Provava frustrazione, ed impotenza. Merlino solo sapeva cosa poteva provare suo padre o suo zio. E Al. Al che si era rinchiuso nei sotterranei.
Sopra il bosco volava basso un falco. Lo guardò ipnotizzata per un momento. Curioso: sembrava molto più grosso del normale e molto più colorato.
La foresta nasconde molti segreti, Rosie…
 
 
****
 
 
 
Note:
1-Mill Town: Nei libri non si capisce quale sia la città natale degli Evans e dei Piton. Però nella sceneggiatura del sesto film la cittadina è chiamata appunto ‘Mill Town’. Fonte tratta da qui.

2- Frase pronunciata in “Harry Potter e la Pietra Filosofale”
 
Poi alcune fantastiche fan-art che mi hanno regalato, questa volta ben due autrici! *_*
Quelle di Elezar81

1.     Bagno dei Prefetti [Tom/Al]
2.     Firs Kiss [Tom/Al]
3.     Scusami [Teddy/James]
Una super-deformed assolutamente adorabile da Iksia: Daddy’s Dilemma
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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