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Autore: Vagabonda    16/05/2010    4 recensioni
No, il titolo non è sbagliato. C’è scritto proprio Callen, avete letto bene. Perché così è come Elisabetta chiama all’inizio la più famosa e invidiata famiglia di vampiri. Elisabetta ha molte cose in comune con Bella Swan. Per esempio, è timida come lei, con una particolare predisposizione per catastrofi e un’assoluta mancanza di equilibrio. Un giorno, quasi per caso, il libro Twilight capita tra le sue mani. E lei comincia a leggere, e si ritrova in un mondo incredibile, talmente simile al suo da sembrare quasi lo stesso. Che sia tutta una questione di coincidenze? La ragazza non ne è poi tanto sicura…
Rimasi a bocca aperta, fissando la faccia del volume con un misto di sorpresa e ilarità. La lucida copertina nera ricambiò il mio sguardo, le lettere rosse che parevano dichiarare prepotentemente il loro nome. Twilight lessi.
Fui presa dall’insensata voglia di ridere e un singulto isterico uscì dalle mie labbra serrate. Quando si parla del diavolo…
Ma ero soddisfatta e abbastanza impaziente, quando cominciai a sfogliare le pagine del libro. Finalmente avrei appreso la storia del vampiro più discusso del momento direttamente dalle parole dell’autrice, e non sarei più apparsa una completa ignorante di fronte alle acclamazioni della mia amica.
Non avevo mai pensato seriamente alla mia morte, recitava la prima frase, seguita da molte altre. Sorrisi, afferrando quel libro così improbabile tra le mie mani, e mi sistemai comoda sul sedile. Mi rimanevano ancora pochi minuti di viaggio, ma perché non sfruttarli al meglio? A dir la verità, quel volume mi incuriosiva e non poco, e già le prime parole avevano stuzzicato il mio istinto di lettrice. E poi, non ero forse impaziente di conoscere meglio questo Edward?
Con quei pensieri e la pioggia scrosciante che accompagnava i miei occhi avidi di sapere, cominciai a leggere il libro
Twilight.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Due occhi verdissimi mi fissavano preoccupati.
-Come ti senti?- diceva una voce.
Non rispondevo, perdendomi invece in quel mare color smeraldo.
Le sopracciglia chiarissime si curvavano, e una ruga d’apprensione increspava la pelle liscia della fronte.
-Rispondi, te ne prego- parlava ancora, quella voce, con la erre moscia, e l’inconfondibile cadenza. Il mio cuore sussultava.
Cercavo di articolare una risposta, ma le mie labbra parevano incollate tra loro. La lingua era pesante, e io fissavo disperata quegli occhi straordinari, ricolmi di tristezza.
Poi lui se ne andava, e sopraggiungevano altre voci, altri suoni, e io volevo gridare, ma non ci riuscivo! Poi, tutto si faceva buio, e mi lasciavo scivolare nell’incoscienza, accompagnata dall’immagine di quel paio di occhi così familiari.

Spalancai gli occhi con un sussulto, lasciando uscire il fiato che avevo trattenuto. Presi due veloci respiri, il sangue che fluiva velocemente al cervello. Quando mi fui calmata, osservai l’ambiente intorno a me. Non lo riconoscevo, ma dal fastidioso odore di farmaci e pomate, lo classificai immediatamente come ospedale. Storsi il naso. Non penso ci sia bisogno di dire che gli ospedali erano i luoghi che meno preferivo.
Come ti capisco esclamò una voce nella mia mente.
Sospirai di sollievo, a quel suono che tanto temevo di aver perso. Bella! Non sai quanto mi dispiace! Avevi ragione, hai sempre avuto ragione…
Shh, non dire così
mi interruppe lei ora devi solo pensare a riprenderti.
Ma dove mi trovo?
Penso che tu l’abbia intuito, o per lo meno, l’ago che si trova nel tuo braccio dovrebbe esserne una conferma
disse lei amara.
Spostai lo sguardo, prima rivolto al neutro soffitto della camera, verso il mio braccio, incastrato in un cumulo di fili che terminavano tutti in una flebo, piantata bellamente sotto la mia carne…
Che schifo pensai nauseata.
Avvertii il comune disgusto che legava me e Bella, e un sorriso mi si aprì in volto. L’ennesimo tratto in comune che riscontravo tra di noi.
Quindi…non sei arrabbiata? Domandai titubante. Forse ero davvero pazza, a preoccuparmi dell’opinione di un personaggio inesistente di un libro, ma mi turbava seriamente l’idea di irritare Bella. Povera malata di mente.
No, non sono arrabbiata rispose lei, ignorando volontariamente quel mio ultimo pensiero solo dispiaciuta. Non avrei mai voluto che tutto questo succedesse.
Tu lo sapevi?
E come avrei potuto?! Io sono frutto della tua immaginazione, no?

Sbaglio, o avevo sentito una punta di sarcasmo nella sua voce?
Non sto scherzando Elisabetta, io non sapevo niente.
Lo so
mi affrettai a chiarire è solo colpa mia e del mio gesto avventato, se ora mi trovo qui pensai sconsolata sono grave?
Non lo so cara
replicò Bella quello puoi saperlo dall’infermiera.
Proprio in quell’istante una graziosa ragazza dai capelli rossi entrò nella camera, dandomi le spalle e chiudendo delicatamente la porta. Si volto, ravvivandosi i capelli, e si accorse che ero sveglia. Sussultò, salutandomi con un sorriso.
-Ben svegliata! Come ti senti?- mi chiese gentile, avvicinandosi a me.
-Ehm…- mormorai distratta, fissando terrorizzata le sue mani che si avvicinavano pericolosamente alla flebo.
-Oh, capito, hai paura degli aghi- disse lei, bloccandosi nell’atto di toccare il mio braccio tremante –e probabilmente non ti piacciono nemmeno gli ospedali-
Annuii lentamente, sentendo le guance imporporarsi.
Ma l’infermiera sorrise, conciliante –Ti rivelo un segreto- disse poi, abbassandosi verso di me –anche io non sopporto questo luogo! È così pieno di sofferenza…ma mi piace aiutare i malati, mi fa sentire utile-
La ascoltai distrattamente, troppo concentrata sul suo viso accanto al mio, e ricordandomi di ben altre labbra attaccate al mio orecchio…
La serata in discoteca! Il peso dei ricordi minacciò di travolgermi, facendomi sussultare. La ragazza mi fissò preoccupata -È meglio che controlli la situazione-
La lasciai fare, ignorando forzatamente il pizzicore al braccio. Sentivo i bip dell’encefalogramma aumentare a seconda dei miei battiti, che a loro volta variavano da ricordo a ricordo. O forse erano le sensazioni che mi aveva lasciato quella serata. Una parte in particolare, oserei dire. Ricordavo tutto con estrema chiarezza, dall’entrata nel locale al mancamento di Alessia, per non parlare di quello che era successo nel mezzo. Solo dal malore della mia amica tutto diventava confuso. Ero uscita per chiamare aiuto, e fin lì ci arrivavo, ma poi? Cosa era accaduto nel parcheggio della discoteca? Le immagini nella mia mente erano talmente nebulose…
Il sogno! Avevo sognato Umberto. Ma cosa avevo sognato? Mi abbandonai sconsolata sul lettino.
-Finito!- annunciò improvvisamente l’infermiera, facendomi trasalire –le tue condizioni sono buone, e già in serata potrai abbandonare l’ospedale- mi disse, strizzandomi l’occhio. Sorrisi timidamente, mormorando un grazie.
-Ma cosa mi è capitato?- chiesi poi, arrossendo.
-Sei caduta e hai battuto violentemente la testa- spiegò lei –non hai riportato danni gravi, ma eri disidratata e abbiamo preferito tenerti un giorno in osservazione per fare delle analisi-
Annuii, sì, quello me lo ricordavo. Il dolore alla testa ricomparve, seguito da quello al braccio e al ginocchio destro, con i quali avevo cercato di proteggere il mio corpo durante la caduta.
-Adesso devo andare, ma per qualsiasi cosa non esitare a chiamarmi- mi disse cortese l’infermiera –basta che urli Carolina, e io sarò subito qui da te-
-Grazie- ribadii sincera.
Lei uscì, e rimasi sola nella camera coi miei pensieri. E con la caduta un altro pezzo si aggiungeva al mosaico. Ma come mai ero caduta? Quello proprio non lo ricordavo…
Qualcuno bussò alla porta, mentre sentivo provenire da fuori l’inconfondibile voce concitata di mia madre, deformata dalla preoccupazione.
-Avanti- mormorai, e non feci nemmeno in tempo a finire di parlare che una cascata di riccioli mori si abbatté su di me, soffocandomi con un abbraccio.
-Oh la mia bambina! Come stai? Come ti senti? Come va la testa, e il braccio, la gamba?-
-Mamma, mamma, sto bene, ma così mi soffochi!- gracchiai.
Lei mi lasciò di scatto e potei tornare a respirare nuovamente.
-Mi sono precipitata qui appena mi hanno avvertita, ma non mi hanno fatto entrare prima!- esclamò lei –ci hanno messo una vita per farti tutte quelle analisi, oh, ma si sa, l’amministrazione di questo paese lascia seriamente a desiderare!-
Alzai gli occhi al cielo, eccola là, sempre pronta a polemizzare.
-L’importante è che stai bene, però- aggiunse con voce dolce, accarezzandomi una guancia –cosa è successo tesoro?-
-Non lo so nemmeno io- dissi sincera.
Il suo telefono squillò e lei lo afferrò prontamente, leggendo il numero sul display e sospirando -È tuo padre- rispose alla mia occhiata interrogativa –gli avevo detto che lo avrei richiamato-
La fissai inorridita –Gli hai detto che sono in ospedale?!- mio padre era la persona più apprensiva del mondo e ovviamente, come me, detestava gli ospedali.
-Ho dovuto- spiegò colpevole –lo sai che non riesco a mentirgli! Adesso devo proprio rispondere, se no impazzisce- si affrettò ad aggiungere –torno dopo!- concluse, lanciandomi un bacio e sfuggendo alla mia occhiata inteneritrice.
Squadrai la porta che si chiudeva con uno scatto, sospirando. Una volta fuori di lì mi sarebbe toccato sorbirmi pure la ramanzina di papà! Mi portai una mano sul volto, stancamente. Quanto avrei desiderato qualcosa di alcolico e forte, in quel momento!
Improvvisamente, mi tornò in mente la mia amica. Chissà come stava! Dopo che l’avevo lasciata con Nicolò non avevo più avuto suo notizie. Si trovava anche lei lì? Speravo con tutto il cuore di no.
Vidi passare la chioma rossa di Carolina davanti alla porta della camera, e la chiamai titubante. Lei arrivò immediatamente e le chiesi di Alessia. Disse che si trovava anche lei nell’ospedale, nel reparto subito accanto al mio. Le domandai se potevo farle visita, e lei mi rispose con un sorriso, aiutandomi a salire sulla sedia a rotelle. Mentre attraversavamo i corridoi dell’edificio, mi guardai intorno, registrando i particolari dell’ospedale. Le tende color pastello, il colore neutro delle pareti, i malati ad ogni angolo…mi venne in mente una scena di un libro piuttosto familiare, quando la protagonista si faceva male e veniva portata in un posto molto simile a quello. Sospirai. Anche in quella situazione, Twilight era sempre presente nella mia vita.
Arrivammo infine davanti alla camera prescelta, e entrammo silenziosamente. Alessia giaceva nel letto, gli occhi chiusi e le labbra semi aperte. Constatai sollevata che stava dormendo profondamente. Fissai la miriade di macchinari che la circondavano e i fili che si attorcigliavano intorno al suo corpo minuto, mordendomi frustrata il labbro interiore. Chissà se stava soffrendo, come stava…
Un movimento al lato opposto del letto catturò la mia attenzione. solo allora mi accorsi della figura che giaceva appoggiata a fianco della mia amica, e che mi fissava torva.
-Ciao Elisabetta- gracchiò Nicolò.
Era in condizioni penose. La faccia appariva smunta e incavata, due profonde occhiaie violacee incorniciavano gli occhi rossi e gonfi, e un inconfondibile odore di alcool e puzza saturava l’aria intorno a lui.
Storsi il naso, disgustata –Nico! Ma lo sai che hai proprio bisogno di un bagno?-
Lui sorrise stancamente –Me l’hanno già fatto notare- rispose, guardando allusivo Carolina, che arrossì immediatamente –ma non ho voluto staccarmi da lei neanche un secondo- continuò, spostando lo sguardo sulla figura addormentata di Alessia.
Anche io guardai la mia amica, nel sonno il suo viso appariva rilassato e non c’era traccia del tormento che vi avevo letto gli ultimi istanti in cui l’avevo vista sveglia. Ripensai a quanto mi aveva detto. Chissà come avrebbe reagito al suo risveglio…e cosa sarebbe toccato passare a Nicolò! Era giusto che si arrabbiasse, dopotutto, l’aveva tradita, ma forse sarebbe stato il caso di dirle che era rimasto puzzolente e esausto al suo fianco, per tutto quel tempo…
-Scusate, mi chiamano da un’altra stanza- annunciò Carolina –tempo si sbrigarmi e torno a riprenderti!- mi avvisò, sparendo dietro la porta.
La guardai correre via, portando poi lo sguardo su Nicolò, che fissava immobile la fidanzata addormentata. Le palpebre gli cadevano, ciò nonostante si ostinava a rimanere sveglio e vegliare sul sonno di Alessia.
-Come sta?- gli chiesi.
-Meglio- ripose immediatamente lui –ha rischiato il coma etilico, ma per fortuna i soccorsi sono stati tempestivi-
-Ma come hai fatto a…?-
-Cellulare- spiegò lui –non sapevo se avresti fatto in tempo a chiamarli tu, e quando mi sono accorto di averlo in tasca ho composto il numero…- disse imbarazzato.
-Hai fatto bene- lo tranquillizzai io –come vedi, non sarei stata comunque in grado di farlo al tuo posto-
-Ma a te cosa è successo? Mi è quasi venuto un colpo, quando mi hanno detto che anche tu ti trovavi qui!-
-Non ricordo bene- dissi semplicemente –mi hanno detto che sono caduta, e mi sono risvegliata in ospedale-
Lui annuì, probabilmente poco sorpreso dalle mie parole. Anche lui era a conoscenza dei miei problemi di equilibrio.
-Sono un coglione- disse improvvisamente.
Lo fissai intensamente, cercando di incrociare il suo sguardo. Ma lui era concentrato su Alessia –Perché lo hai fatto? Mi sembra che tu le voglia ancora bene-
-Infatti è così- replicò –è solo che negli ultimi tempi la sentivo così distante…avevo paura di perderla-
-E hai pensato che tradendola questo non sarebbe accaduto?- dissi, arrabbiata.
Nicolò scosse il capo –Non era premeditato, è successo-
-Bhe, potevi evitare che succedesse allora! Non la ami? Perché quando qualcuno ama una persona non va in giro a baciare la prima che capita!- sbottai, ora seriamente incazzata.
Finalmente alzò gli occhi, incatenandoli hai miei. Ammutolii, leggendo tutta la sofferenza che si nascondeva dietro quelle iridi azzurre –Certo che la amo. La amo con tutto il mio cuore, e darei tutto per lei. Non vedi? Faccio schifo e puzzo come una capra, nonostante questo sono rimasto al suo fianco, e non lo dico come un merito, perché mi dispiace impuzzolentire il suo corpo col mio odore. Ma mi sento sporco dentro, e non so cosa fare. L’ho ferita, ed è solamente colpa mia se si trova qui- disse, singhiozzando.
Ecco, se c’è una cosa che mi fa davvero impressione, è vedere un ragazzo piangere. Sono così rari al giorno d’oggi! Eppure, è uno spettacolo talmente unico, da risultare bellissimo. Mi alzai tremando dalla sedia a rotelle, ignorando le sue proteste, e mi avvicinai a lui, gettandogli le braccia al collo.
-Io non so cosa ti sia passato per la testa- ammisi, stringendolo a me –ma se davvero ci tieni a lei, sono sicura che saprà perdonarti-
Lui si abbandonò contro la mia spalla, lasciando libero sfogo alle lacrime.
-Ehi voi due, è forse morto qualcuno? Perché io sto benissimo, sapete- disse in quel momento una voce flebile.
Entrambi alzammo lo sguardo, registrando immediatamente la figura della nostra amica che ci fissava stancamente, ma sveglia e vigile.
-Alessia!- esclamammo all’unisono, mentre io mi gettavo su di lei.
-Ahi! Piano, piano- mi intimò lei, facendo una smorfia tra le mia braccia –sto bene, ma non sono in forma smagliante- disse, massaggiandosi la testa –e poi potreste non urlare? Ho un mal di testa terribile-
-E ci credo, beona, hai rischiato il coma etilico!- esclamai io, lasciandola andare e sorridendo davanti alla sua espressione corrucciata.
-Sei diventata sorda? Parla piano!- si lamentò lei, facendo una faccia buffissima.
Scoppiammo entrambe a ridere, ah, come era bello sapere che stava veramente bene! Era la mia Alessia, non c’erano dubbi. Chissà se ricordava la serata in discoteca…
-Sai perché sei qui?- le domandai ad un tratto.
Lei fece una smorfia –Certo, mi sono sbronzata come una cogliona e mi sono sentita male-
Sorrisi, anche se dentro mi sentivo un po’ contrariata. Ero l’unica che non ricordava niente?
-Oh, guarda un po’ chi c’è, il fidanzato infedele che torna strisciante dalla ragazza cornuta!- sentii esclamare la mia amica.
La guardai, seguendo il suo sguardo verso Nicolò, che si era rannicchiato su una sedia, il più lontano possibile dal letto.
-Alessia- cominciò lui, gli occhi bassi e la voce flebile –non ci sono scuse per quello che ho fatto, lo so…-
-E fai bene a saperlo- lo interruppe lei –perché nemmeno io ne trovo, a parte che sei un lurido verme schifoso-
Nicolò tacque, abbassando il capo colpevole.
-Lo sai cosa fa la maggior parte delle donne, quando il loro uomo le tradisce? Lo perdonano, e giustificano le corna con frasi come “era stressato” o “non gli ho dato abbastanza attenzioni”. Bhe, sai cosa penso io? Che sono tutte delle povere illuse. Un uomo che tradisce volontariamente non merita il perdono, ma solo che gli venga tagliato il cosino che si ritrova in mezzo alle gambe-
Fissai con la bocca aperta la mia amica, incapace di proferir parola. Al mio fianco, Nicolò continuava a tacere, incassando un colpo dietro l’altro.
-Io non sono una stupida, Nicolò, e so perfettamente perché hai baciato quella ragazza- disse ancora Alessia –ma dimmi, come ti sei sentito un attimo dopo averlo fatto?-
-Una merda…- borbottò il ragazzo.
-Esatto! Tu non lo sapevi ancora, ma ora ne sei a conoscenza. Perché vedi, nessuno bacia meglio di me. E non troverai mai nessuna che ti ami come ti amo io-
Lui alzò lo sguardo, fissandola negli occhi –Cosa?-
Alessia sorrise timidamente –Non sono una stupida donna che perdona il suo uomo usando scuse banali- ripeté –ma ho sentito le tue parole di prima, e sono pronta a darti un’altra possibilità-
-Tu…hai sentito quello che ho detto?- domandò terrorizzato Nicolò, sbiancando.
-Sì- ripose la mia amica –e le tue parole mi hanno colpita, quasi quanto il tuo gesto- disse, alludendo alle lacrime che ancora bagnavano le guancie del ragazzo –ti perdono, ma questa è l’ultima volta che chiudo un occhio. Alla prossima non mi accontenterò di lasciarti, ma provvederò e mettere in atto le minacce di poco fa-
Non potei trattenere un sorriso, davanti alla faccia preoccupata del mio amico.
-E adesso vieni a darmi un bacio, deficiente- gli intimò Alessia, e lui non se lo fece ripetere.
Osservai quella scena romantica, mentre qualcosa si muoveva nel mio stomaco. Le immagini di un bacio molto familiare si insinuarono nella mia mente, facendomi sussultare e arrossire. Avevo ancora molto, a cui pensare.
-Eccomi!- esclamò Carolina, comparendo dalla porta –ops, non volevo rovinare un momento intimo!- si scusò, quando vide i miei due amici avvinghiati.
-Non ti preoccupare, piuttosto voi due vedete di andarvene, che qui la cosa potrebbe degenerare- avvertì Alessia, facendomi l’occhiolino.
Risi, sedendomi sulla sedia a rotelle, e lasciando che Carolina mi riaccompagnasse in camera.
Quando fui nuovamente sola, stesa sul mio letto e finalmente priva di flebo, ripercorsi con la mente gli ultimi progressi che avevo fatto. Mi ero ricordata della macchina, quella da cui stavo per essere investita. Ma non sapevo ancora come avessi fatto a salvarmi.
Un leggero tocco sulla porta mi ricosse dai miei pensieri. Sbuffai, chi era adesso?
-Avanti- dissi stancamente, ammutolendo quando l’ultima persona che mi sarei aspettata entrasse in quella stanza, fece il suo trionfale ingresso in scena. Dico trionfale, perché con la sua bellezza non sarebbe mai passato inosservato.
Umberto se ne stava dritto in fronte a me, fissandomi preoccupato. I capelli biondo cenere erano gellati all’insù, nel tipico ciuffo che portava sempre, e solo qualche ciocca ribelle cadeva su quegli occhi incredibili, di un verde quasi impossibile. Si passò una mano tra quei crini meravigliosi, accostandosi a me.
-Posso?- chiese con la sua voce melodica, indicando il bordo del letto.
Annuii, non capendo assolutamente niente.
Lui si sedette, senza smettere di guardarmi.
-Allora…come ti senti?- domandò, facendo trapelare dalla voce tutta la sua sincera preoccupazione.
Bene, la testa non gira più e il dolore al fianco destro del corpo è praticamente svanito. Ah, sto anche cominciando a ricordare come sono finita qui. E ho visto la mia amica che sta bene e ha fatto pace col fidanzato, perciò sono anche felice per loro. No, aspetta, ora che ci penso non è affatto così. Sai, da quando sei entrato tu in questa stanza mi sento malissimo. In primo luogo non riesco a respirare, o forse i miei polmoni non vogliono che dell’inutile aria contamini il tuo profumo sublime, e poi penso che non riuscirò mai più a spiccicare parola. Il mio cuore batte a una velocità spaventosa, o non batte proprio, e ho talmente tanto sangue al cervello che potrebbe scoppiarmi la testa. Ah, te l’ho già detto che sei bellissimo?
-Bene- mormorai senza fiato.
Lui sospirò –Mi hai fatto preoccupare. Scusa, ma si può sapere cosa ci facevi in mezzo alla strada?-
Lo fissai, incapace di rispondere. Lo avevo fatto preoccupare. Umberto si era preoccupato per me. Non riuscivo a concepire come una creatura celestiale come lui potesse provare anche solo qualcosa simile all’interesse per un essere insignificante come me.
-Mi dispiace, non volevo farti stare in pena per me-
-Ma perché eri lì?-
Cercavo di non cadere per colpa dei tacchi numero dodici che mi aveva messo ai piedi la mia migliore amica –Non lo so…-
Lui scosse la testa –Non hai visto la macchina che ti stava venendo incontro? Non hai pensato di spostarti?-
Abbassai il capo, colpevole. No, non ci avevo pensato. Non ero in grado di pensare, allora. La preoccupazione per Alessia era troppa, e il mio unico obbiettivo era raggiungere il telefono e chiamare i soccorsi. Ma questo non potevo dirglielo.
Un tocco leggero mi alzò il mento, incatenando i miei occhi a un paio di smeraldi luccicanti.
-Se non ci fossi stato io a spingerti via- disse Umberto –probabilmente saresti morta. Lo sai cosa significa questo?-
-No, cosa significa?- chiesi d’impulso. Anche perché non avrei potuto fare altrimenti, dato che la mia lucidità era letteralmente andata a farsi fottere quando le sue dita mi avevano sfiorata.
Umberto mi fissò intensamente, tanto da indurmi quasi ad abbassare lo sguardo. Ma non potevo, non ci riuscivo: ero sua, completamente sua. Lo ero sempre stata.
Poi Carolina entrò nella stanza, bloccandosi sulla porta e fissando Umberto chino su di me. Sbaglio, o il suo viso era più vicino di quanto ricordassi?
-Oh, scusate! Oggi arrivo sempre nei momenti sbagliati!- esclamò lei.
Umberto si tirò su, sorridendo debolmente all’infermiera –Non ti preoccupare, stavo per andarmene- le disse.
Si avviò verso la porta, girandosi a guardarmi –Ci vediamo, Elisabetta- disse, prima di sparire dietro l’uscio.
Spostai lo sguardo su Carolina, indecisa se ringraziarla o strangolarla. Lei sorrise in segno di scusa, arricciando poi il naso.
-Mi sa che hai bisogno di un bel bagno, o almeno di cambiarti quel vestito- esordì.
Seguii il suo sguardo, notando solo allora la grande macchia di vomito che spiccava sul tubino nero di mia madre. Non riuscii a trattenere le lacrime, pensando a quello che mi sarebbe aspettata, una volta tornata a casa.







Ma ciao ragazzuole! Allora, avete visto come sono stata brava? Ho aggiornato subito, e con un bel capitoletto lungo lungo, oserei dire!
Non vorrei essere azzardata, ma mi pare che la signorina ispirazione sia tornata a girare a casa mia. Ho cominciato a scrivere con le idee piuttosto nebulose, quasi quanto i ricordi di Elisabetta, ma poi il capitolo è semplicemente sgusciato fuori dalle mie dita! E direi che è sgusciato piuttosto bene…voi che ne dite? xD
Capitolo molto discorsivo, nel quale Elisabetta ha diversi colloqui, prima con l’infermiera, poi con la madre, con Nicolò e Alessia (non so voi, ma la parte in cui lei se la prende con il ragazzo mi ha fatto morire dal ridere mentre la scrivevo!) e infine con il nostro uomo, Umberto! Che ho notato aspettavate tutte impazienti. Ehi, non è che vi state prendendo una cotta per l’Edward della storia?! Perché guardate che me lo sono prenotata già io U.U xD
Bene…direi che ho finito le cose da dire. Aaaah, non sapete quanto sia bello non doversi scusare per una volta del ritardo nell’aggiornare!
Mi raccomando, aspetto i vostri commenti :D
Un bacio, a presto (confidando che la signorina ispirazione si fermi a cena e oltre)
Vostra Ele




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mione94: Hai visto che ho aggiornato subito, Compa Dubbiosa?!? ù.ù xD Eeeeh, pazienza amore, pazienza…arriverà anche lui…intanto goditi il tuo Nico, o meglio, Vul…(non so se hai notato gli occhi) A doma! Ti amo!
Saretta__Trilly__: Ciao!! Oooooh, che bello, una nuova commentatrice *-* Bel venuta! ^^ Come vedi Umbe è arrivato (sbav) e adesso ne succederanno delle belle…xD
Austen95: Eccomi qui, e hai visto quanto presto ho postato?! Sono stata proprio brava ù.ù xD
DarkViolet92: Ma il nostro Umbe! Bello lui..xD Eh già, poverette, le ho fatte un po’ penare…xD
Bella_kristen: Tesoraaa! Hai visto? Umbe è arrivato, e direi al momento più opportuno! Eh lo so, le ho trattate un po’ male…ma vedrai che mi riscatterò ;) hai visto come sono stata brava ad aggiornare?!?! ^^ bacioneeee!!
   
 
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