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Autore: Ayako_Chan    16/05/2010    3 recensioni
Pandora.
Sacerdotessa di Hades o bambina vittima di un destino più grande di lei?
Una tragedia in tre tempi, per raccontare la sua storia.
"Infine il messaggero Argifonte le pose nel cuore menzogne, scaltre lusinghe e indole astuta, per volere di Zeus cupitonante; e voce le infuse l’araldo divino, e chiamò questa donna Pandora, perché tutti gli abitanti dell'Olimpo l’avevano donata in dono, sciagura agli uomini laboriosi."
[ Personaggi: Pandora. Ho messo "Sorpresa" perché non avevo altra scelta ]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Purple Shadow'
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Pandora CAP 2 Titolo: Quale Vita?
Rating: Giallo
Capitolo: 2 di 9
Personaggi: Pandora
Disclaimer: I personaggi non sono miei ma appartengono a quel demon genio di Masami Kurumada, anche se sto cercando di convincerlo a darmi Milo. E Kanon. E un altro centinaio di personaggi. Questa fanfiction non è stata scritta a scopo di lucro (magari) ma per puro divertimento dell'autrice.
Note dell'Autrice: Ri-eccomi col secondo capitolo! Devo dire che mi sto divertendo molto a manovrare Pandora da piccola ^O^.
Ultimamente sono incasinatissima, tra studio per la maturità e problemi familiari... ma sono riuscita lo stesso a mettervi questo secondo capitolo *O* Tutto perché vi voglio troppo bene!
Per questo capitolo, un grazie speciale a Calliope *O* La gemella che non sapevo di avere. Che in questo momento sta morendo nell'attesa di leggere il capitolo! XD Grazie mille per l'aiuto con l'alfabeto greco °O°"
Dedica: a tutte quelle persone e autori straordinari che frequentano Gold Insanity. In particolare a Milo, perché è grazie alle sue drabble se mi sono riavvicinata a questo fandom. E perché mi ha incoraggiata a pubblicare la fics! Vi amo, dal primo all'ultimo *O*






Il tempo del destino: ATTO II







Der Bruder” mormorò Pandora, accovacciata vicino al laghetto e fissando intensamente negli occhi Adolf, come se potessero svelarle le risposte che cercava.

“Woof!” abbaiò il cucciolo, scodinzolando felice.

“Un fratellino. Sai che cosa significa, Adolf?” borbottò fra sé e sé, continuando quella conversazione unilaterale. “Vuol dire che Mama e Papa penseranno più a lui che a me.”

Lo affermò con convinzione, totalmente certa della veridicità di quella affermazione.
Pandora era una bambina acuta per la sua età, e non aveva impiegato molto per notare come – da quando i genitori le avevano comunicato quell’improvvisa notizia – i loro sguardi fossero rivolti più l’uno all’altro che a lei, e a come tutti i loro discorsi fossero incentrati su quella nuova creatura che sarebbe venuta al mondo da un momento all’altro, rubandole un po’ della sua Mama e del suo Papa. O almeno, lei la vedeva così.

“Ma tanto io ho te, vero Adolf?” aggiunse poco dopo, sorridendo al cucciolo.

“Wooof! Wof!”

Soddisfatta, arricciò le labbra e raccolse il guinzaglio, trotterellando verso il castello.






“Pandora?”

La bambina sollevò lo sguardo dal libro illustrato che teneva tra le mani, felice di trovarsi davanti la figura della madre.

Mama!

“Tesoro, come stai?”

La guardò senza capire. “Bene.”

Maria sorrise, sedendosi accanto alla figlia e sfilandole il libro dalle mani.

“Lewis Carrol, Alice in Wonderland.” La guardò sorpresa. “E’ una lettura difficile.”

Pandora sollevò appena le spalle, indicando le numerose figure che adornavano le pagine. “Non capisco molto, ma i disegni sono belli.”

“Mh-hm. C’è qualcosa che ti preoccupa?”

“Cosa?”

“Parli poco, ultimamente.”

La figlia strinse le labbra. “E’ che..” lanciò un’occhiata furtiva al ventre della madre, che negli ultimi giorni aveva iniziato a ingrossarsi. “Il..fratellino. Quando arriverà voi mi guarderete ancora?”

“Oh, tesoro.” Si chinò a stamparle un bacio sulla guancia. “Certo.”

“Davvero?”

“Sì. Guarda.” Maria si alzò con i consueti movimenti misurati, segno della rigida educazione ricevuta fin dai primi anni di vita. Aveva un portamento perfettamente posato, elegante, che rivelava in ogni più piccolo gesto la sua origine aristocratica; lo stesso portamento che avrebbe poi contraddistinto la figlia, rendendola quasi una figura eterea, e conferendole il fascino di una fragile e troppo delicata bellezza, in mezzo ad un’armata di guerrieri infernali.

“Ecco.” Sfilò un atlante dalla libreria, aprendolo su una cartina dell’Europa e riprendendo poi posto accanto alla bambina.

“Tuo padre te l’ha mai raccontato cosa significa il tuo nome?”

“No.” Scosse il capo, facendo ondeggiare i lunghi capelli neri.

“Viene dal greco. Una lingua molto diversa e molto più antica del tedesco. Si parla qua, in Grecia.” Le spiegò, indicandole un Paese sulla cartina.

“Qui? Che forma strana!”

“Quella è la città più importante, si chiama Atene.”

“Atene.” Mormorò più volte quel nome, famigliare. “E’ il posto dove va spesso Papa?”

“Sì. Il tuo è un nome greco, e significa tutti i doni. E’ collegato a una storia molto antica, che prende il nome di mito. E sai perché ti abbiamo chiamata così?”

Fece nuovamente segno di no, aggrottando appena le sopracciglia per cercare di seguire quel discorso, pieno di tante parole ancora sconosciute.

“Perché tu sei stata per noi il dono più grande. Come potremmo non amarti?”

A quel punto, Pandora sorrise, abbracciando la madre.

“Ti voglio bene, Mama.

“Anch’io, piccola.” Rise, scompigliandole i capelli. “E anche Papa. E te ne vorrà anche il tuo fratellino. Perciò cerca di volergli bene anche te, d’accordo?”

“D’accordo.”

Annuì, più rasserenata. Non aveva capito tutto di quello che la madre le aveva detto; ma aveva inteso l’essenziale. Il suo amore.
Ci avrebbe provato, davvero, a voler bene a quel fratellino che ancora non conosceva.




***




Qualche settimana dopo, approfittando della bella giornata di sole, Pandora uscì nuovamente in giardino, tirandosi dietro come sempre anche il compagno di avventure.

“Sei pronto, Adolf?”

“Woaf!”

“Bene! Oggi voglio andare verso quel boschetto là. Pensa quanti strani animali potremmo trovare!”

Era allegra, quel giorno, la bambina: il padre era tornato la sera precedente dal suo ultimo viaggio in Grecia – quel paese straniero e dalla forma strana di cui ora conosceva l’esistenza – e le aveva portato un regalo bellissimo, una collana a girocollo evidentemente molto antica, decorata con delle bellissime incisioni, che avrebbe potuto indossare non appena fosse diventata più grande.
Non vedeva l’ora.
Non conosceva, ovviamente, il reale valore di quel monile; ma ne apprezzava la forma e i disegni.

“Adolf!” chiamò, sentendo strattonare il guinzaglio e facendo appena in tempo a scorgere la coda rossastra di uno scoiattolo prima che il cane si mettesse a rincorrerlo, trascinandola con lui.

“Adolf, fermo! Lo sai che Papa non vuole che ci allontaniamo troppo di qua!” urlò, mentre correva dietro al cucciolo per cercare di calmarlo. Quando finalmente ci riuscì, o meglio quando lui prese atto dell’effettiva scomparsa dell’animaletto, si accorse anche di essersi spinta più oltre di quanto mai avesse fatto. Quella parte del boschetto non le era così famigliare, anzi – si rese conto con un brivido – era passata di lì solo una volta, con il padre.
Mossa da un’acuta curiosità, si mosse piano lungo il sentiero, sbucando poco dopo fuori da quella macchia di alberi.

Trattenne il respiro.

Lo spettacolo davanti a lei era bellissimo: il sole splendeva sulle acque cristalline del ruscello, facendolo brillare come i gioielli preziosi della sua mamma; splendeva sulle foglie verdi dei rami, sui fiori che adornavano il prato. Splendeva su tutto, tranne che su quel tempietto di marmo bianco, immerso nell’ombra. Ma questo particolare, la bambina non lo notò.  
Era già stata lì una volta, quando il padre le aveva mostrato il luogo cui non avrebbe mai dovuto avvicinarsi. Quel giorno lei aveva provato una sensazione brutta, che non riusciva a definire; e il posto non le era piaciuto.
Eppure ora – ora! – era tutto così bello!
Non fece caso al fatto che il rumore del corso d’acqua, più che un allegro sciabordio, era un gorgogliare sommesso; non si accorse che tra le fronde non aleggiava nemmeno una leggera brezza.
Non si rese conto di essersi mossa e di aver attraversato il ponticello, né di Adolf che, al suo fianco, aveva rizzato la schiena, emettendo un basso ringhio.

Come mossa da una forza invisibile, affascinata da ciò che vedeva, continuò ad avanzare, diretta verso la porta intarsiata e chiusa da quel vecchio e pesante lucchetto.
Lucchetto che, nell’esatto istante in cui lei le fu davanti, si aprì.

Sobbalzò, inspirando rumorosamente, all’udire quel colpo secco.

“WOOF!”

“Adolf!”

Solo in quel momento si accorse che il cane stava ringhiando, il pelo ritto sulla schiena e i canini scoperti, al piccolo tempio.

“Adolf, cosa…?”

Il battente si aprì lentamente; e il ringhio si trasformò in un guaito.
Dalla porta semi aperta uscì un’aria gelida, avvolgente.
Il cane scappò.

“ADOLF!”

Cercò di richiamarlo, ma il cucciolo le aveva strappato il guinzaglio di mano, e già scompariva in direzione del castello.
C’erano cose da cui non poteva proteggerla.
Pandora si voltò verso la voragine scura che si apriva oltre l’ingresso.

Pandora..
Qualcosa…qualcosa la chiamava.
Pandora.

In seguito, sull’orlo di un baratro dimensionale, avrebbe descritto quella sensazione come una forza demoniaca, che l’aveva attirata all’interno; in quel momento, comunque, la bambina non avvertì nessun pericolo, nessun segno del maligno.

Tesoro, ascoltami. Non dovrai mai avvicinarti a quel tempio.

Si fermò, con le parole del padre che le risuonavano nelle orecchie. Era forte, il richiamo che esse esercitavano, unito all’espressione delusa che Hans avrebbe sicuramente fatto nel momento in cui l’avesse scoperta.
Se l’avesse scoperta.
La voce del padre era forte; ma ancor più forte era quella che la richiamava dall’interno. Una voce incorporea e appena percettibile, che sussurrava non alle sue orecchie ma a qualcosa di più recondito, di più sepolto dentro di lei.
Affascinata, si inoltrò nel buio.
Non c’era nulla di male, in fondo. Il papa era probabilmente preoccupato che lei si potesse spaventare o perdere.
L’aria fredda e immobile l’avvolse. Curiosamente, non c’era odore di chiuso.
Tutto era immobile, come se il tempo all’interno di quella costruzione si fosse fermato.




« Prima infatti le stirpi degli uomini abitavano la terra del tutto al riparo dal dolore, lontano dalla dura fatica, lontano dalle crudeli malattie che recano all’uomo la morte;
(rapidamente nel dolore gli uomini avvizziscono.) »





Si guardò intorno, incuriosita. Il luogo era spoglio, con pochi ornamenti. Troneggiava soltanto, in mezzo al tempio circolare, un basamento di pietra a forma di colonna, con poggiato sopra un cofanetto.
Pandora si avvicinò per osservarlo meglio.
Allungò la mano destra per sfiorare gli intarsi del legno, sempre più affascinata, prima di spostarla sul foglio bianco che la chiudeva.

Αθηυα

Che strani segni, pensò divertita.
Chissà cosa conteneva quella scatola! Magari gioielli bellissimi…

Pandora…

Sfiorò l’orlo del foglio di pergamena.
Le pareti sembrarono trattenere il fiato.




« Ma la donna di sua mano sollevò il grande coperchio dell’orcio e tutto disperse, procurando agli uomini sciagure luttuose. Sola lì rimase Speranza nella casa infrangibile, dentro, al di sotto del bordo dell’orcio, né se ne volò fuori; ché Pandora prima ricoprì la giara, per volere dell’egioco Zeus, adunatore dei nembi. »





La carta cedette facilmente, e cadde sul pavimento di pietra, dimenticata.
Improvvisamente, nel silenzio innaturale del tempio, nello stesso esatto momento in cui Pandora sollevò il coperchio, iniziò a soffiare uno strano vento.

Pandora!

Lo richiuse di scatto; ma era troppo tardi.
Quando sollevò lo sguardo, due grandi ombre nere dall’aspetto umano troneggiavano su di lei.

Pandora, ti ringrazio per aver liberato le nostre anime, aleggiò la voce di una delle due figure. Siamo stati rinchiusi in quella scatola per più di 250 anni.

Un senso di paura iniziò a strisciare dentro di lei.

“Chi.. chi siete?”

Io sono Hypnos, colui che domina il sonno. Continuò la prima figura.
Io sono Thanatos, colui che domina la morte. Aggiunse la seconda.

“H-Hypnos e..Thanatos?” Mormorò quei nomi difficili, in un idioma che certamente non era il tedesco.

Greco, qualcosa le disse dentro di lei. Erano nomi greci. Come il suo.
La bambina non capiva. La sua mente – seppur acuta – risentiva dei suoi soli tre anni di età, e lei si ritrovava inerme di fronte a quelle due ombre che emanavano una forza palpabile, di un’origine a lei sconosciuta, e che ora continuavano a parlare, spiegandole cose che lei non si sentiva in grado di comprendere.

Ascolta, Pandora. Presto l’anima di sua maestà Hades rinascerà in questo mondo come tuo fratello.

“Sua mestà Hades? Come.. mio fratello?”

Il fratellino cui avrebbe dovuto voler bene?

Sì. Generato dal corpo di tua madre, il Re del Mondo dei Morti ritornerà sulla terra.

Non era stupida, Pandora. E dall’alto della sua intelligenza, se non riconosceva il nome “Hades”, aveva ascoltato fin troppi racconti per sapere che un nome come Re del Mondo dei Morti era in genere associato ai cattivi.
Iniziò a pentirsi di aver aperto quella scatola.

Pandora, tu dovrai proteggere l’anima di sua maestà Hades.
..Finché non verrà il tempo.

“Il tempo..?”

Sì. Presto, nel lontano Oriente, i guerrieri del mondo dei morti, i 108 Spectre rinasceranno a loro volta. Quello sarà il momento in cui Sua Maestà scatenerà l’ultima Guerra Sacra per conquistare la Terra!

Parole come quella avrebbero dovuto atterrirla. Eppure, la stessa sensazione che l’aveva spinta ad entrare nel tempio si fece ora strada dentro di lei, placando il suo animo spaventato, senza che potesse fare nulla per contrastarla.

Capisci, Pandora? Ti stiamo dando fiducia con una grande responsabilità. In cambio ti doniamo il potere di controllare i 108 Spectre. Fino a quel giorno, dovrai proteggere Sua Maestà Hades.

Pandora rimase immobile, le mani strette ai fianchi, cercando disperatamente di capire.
Non sentiva più quella sensazione di aver fatto qualcosa di sbagliato; ma non si sentiva neanche orgogliosa del suo gesto.
Osservando quelle due ombre maestose, non provò nulla.

Capisci, Pandora?

Annuì.

In cambio, riceverai la vita eterna..

Le due figure, soddisfatte, scomparvero così com’erano apparse; e nel tempio rimase soltanto ad aleggiare la risata beffarda di Thanatos.

Pandora, ancora incerta su quello che era accaduto, uscì dal tempio, pensierosa.
Quando il suo sguardo si posò sul mondo davanti a lei, tutto aveva perso un po’ del suo colore.



« E altri mali, infiniti, vanno errando fra gli uomini. »










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*Angolino recensioni*


Beat: Sì! *O* Lei... lei è Pandora. E' viola e figa. Come si fa a non amarla? *spuccia anche lei*

Diana924: Grazie mille! >o< Purtroppo il suo destino è arrivato fin troppo presto, eh? >.< Mi sto già preparando psicologicamente a scrivere il resto...

LeFleursDuMal: Aw <3 Beh, tu questo capitolo l'avevi già letto in anteprima... comunque grazie mille per tutto *O* Per gli incoraggiamenti, il sostegno e i complimenti! *O* 
  
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