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Autore: AnnaBat    17/05/2010    2 recensioni
E se le cose fossero andate diversamente e Lois si fosse avvicinata troppo al segreto di Clark?
Genere: Romantico, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Clark Kent, Lois Lane
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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-Chi c’è?-, domandai indecisa prendendo la mazza da baseball mezza sgangherata da dietro la scrivania.
Nessuna risposta, solo altri rumori.
-Chiunque tu sia, mi sento in dovere di avvisarti che mio padre, il generale mi ha addestrato come un marines, so essere un’arma micidiale-
Impugnai con maggior decisione la mazza, coprendo le insegne mezze scolorite con le dita tremanti.
La sollevai, pronta a colpire ma soprattutto quello che cercavo di fare era di ricordarmi tutte le barbose lezioni di mio padre.
Tutti quei piccoli dettagli del tipo: “Mantieni la concentrazione Lois” o “Non abbassare mai la guardia, resta pronta a colpire. Netta a precisa”.
La maggior parte delle volte anziché ascoltarlo mi lasciavo distrarre dall’ultimo sergente arrivato.
-Lois?- la voce di Clark mi fece svuotare i polmoni. Sospirai sollevata.
Sciolsi la posizione tornando in una posa più naturale, la tensione si dissolse,
inutile dire che avevo ascoltato solamente metà delle centinaia di regole di papà
perché altrimenti avrei aspettato di vedermelo davanti in carne ed ossa prima di lasciarmi andare alla tranquillità e
alla delicatezza della sua voce così familiare.
-Smallville!- fu più un’imprecazione che altro.
Sbucò dalle scale salendo solamente i primi gradini.
Si passava un asciugamano sulle mani pulite.
Sentivo il suo profumo di pulito da dov’ero, senza nemmeno il bisogno di avvicinarci, il che era positivo per la sua incolumità.
-Cosa ci fai qui Lois?-
Bah! Cosa ci facevo?
Maledetto idiota! Affascinante e bagnato pezzo di sciocco!
Si passò le mani tra i capelli scuri ed umidi, al che dovetti definitivamente abbassare la mazza da baseball, arrendendomi alla consapevolezza che era troppo… no non potevo davvero pensare che Clark fosse sensuale, eppure mentre scuoteva la chioma, schizzando ovunque goccioline d'acqua, era proprio l’aggettivo che gli avrei affibbiato.
-Davvero minacciosa-, sghignazzò passandosi l’asciugamano sul capo per strofinarci i capelli zuppi, lucidi in quella loro tonalità fango scuro, quasi nero.
-Se fossi stato un ladro te l’avrei spiaccicata sulla testa-
-Ti assumerò come cane da guardia insieme a Shelby-, scherzò buttandosi infine l’asciugamano sulla spalla.
-Davvero, davvero divertente Smallville. Ti meriteresti ben di peggio di una mazzata sulla testa-
E pensare che la sera prima, preparandomi per la nostra uscita ero arrivata perfino ad immaginare di poterlo baciare.
Di sentire che mi stringeva le mani o mi carezzava il collo.
Come avevo fatto ad essere così… stupida!
Mi aveva ferita.
La verità era che lo sapevo bene, era solo colpa mia.
Fin dal nostro primo incontro, inevitabilmente, avevo capito quanto fosse diverso e
per quanto non lo volessi era riuscito a farsi spazio a forza di battibecchi nella mia vita.
Ma l’errore più grande l’avevo fatto tutto da sola: con il passare del tempo avevo finito per metterlo su di un piedistallo.
Convincermi che lui fosse diverso da qualunque altro uomo non era stato affatto saggio.
Lo vedevo sempre così… Troppo ingenuo. Puro. Era brillante, per un contadino.
Spiritoso, per essere uno di campagna.
Di sicuro aveva imparato a tenermi testa, e questo era solo un punto a suo favore, non avevo mai sopportato i bamboccioni.
Clark Kent. Il ritratto del ragazzo più gentile e premuroso al mondo.
Chi avrebbe mai pensato che invece avrebbe peccato come gli altri.
Non avrei mai, mai immaginato che potesse abbandonarmi così.
Uno come lui non poteva fare una cosa simile, invitare una ragazza e non presentarsi all’appuntamento, senza nemmeno avvisare.
Oltretutto era sparito, facendomi preoccupare. Che rabbia, e dopo tutto questo non riuscivo neanche a fargliela pagare.
-E’ per questo che sei qui?-, si schiarì la voce imbarazzato.
-Sì e no-.
Lo studiai, squadrando quel volto scolpito le cui guance si erano velate di un debole rossore.
-Lois, mi dispiace. Sul serio, è stata un’emergenza di lavoro, non immaginavo di non riuscire a…-.
Volevo vederlo da vicino, guardarlo negli occhi e credere ancora in lui.
Mi aveva mollata per motivi di lavoro? Io ero il suo lavoro. Se seguiva una nuova pista perché non ne sapevo nulla?
Mi stava tradendo anche come collega?
Feci quei pochi passi, scendendo un gradino alla volta, lentamente per la paura di dovermi ricredere,
di dover realizzare che era proprio così, che mi aveva voltato le spalle, o peggio usata per fare carriera.
-Risparmiati le tue patetiche scuse. Sono una giornalista anche io, so come funziona questo lavoro.
Come sono certa di aver appreso il significato di "team"-, mormorai avvilita.
-Pietose ma sincere. Credimi, mi dispiace. Si trattava di una soffiata, niente di importante, si è rivelata una buffonata. E’ troppo tardi per rimediare?-
Affievolì la voce e io volevo credergli sopratutto perché stavamo entrando in una zona pericolosa: una discussione seria in cui né io né lui ci saremmo sentiti a nostro agio. Mi avrebbe ricordato che non era un vero appuntamento.
Mi avrebbe fatta sentire una bambina alla prima cotta e non avevo la minima intenzione di farglielo credere.
Io sono Lois Lane. Mi ripetei.
Non mi faccio scaricare dal primo campagnolo che passa, anche se ha gli occhi di un colore misto allo smeraldo ed il cielo e di nome fa "Clark Kent".
-Per tua fortuna, nella mia innata clemenza, sono venuta ad offrirti l’occasione di farti perdonare su un piatto d’argento-
-Ah. E questa preziosa occasione ha forse qualcosa a che fare con la montagna di valigie che affollano il sedile posteriore della tua auto?-
-Perspicace, Smallville. È per questo che non ti ho ancora scaricato a qualcun’altro al giornale. Ma mettiamo in chiaro solo una cosa, questa è solo la prima rata del rendiconto. Non esiste che Lois Lane accetti di essere bidonata, non accadrà oggi e non accadrà mai. Quindi ritieniti fortunato-.
Era l’unica arma di difesa che avevo, fingere che non mi importasse ma allo stesso tempo ricordargli che non avrei dimenticato.
Un momento, se aveva visto la mia auto, doveva esser uscito dalla porta principale, e allora perché quand’ero stata in casa sembrava non esserci nessuno?
-Ti ringrazio-.
Strinse le labbra in un sorriso. Se fosse scoppiato a ridere gli sarei saltata al collo, sbranandolo. Invece abbassò di poco lo sguardo, mortificato.
-Comunque sì, ha a che fare con le valigie. Il nostro appartamento è allagato, dico sul serio, letteralmente, sembrava di nuotare in mezzo all’acqua saponata questa mattina… Certo, potrebbe anche avere a che fare con il fatto che ho accidentalmente lasciato nella lavatrice la pistola che mi ha regalato papà a Natale… ma questo non ha importanza-.
La mia voce, spedita e logorroica come di consueto agitò perfino me. Lui sbiancò.
-Lois, tu hai una pistola?-
-E anche una mazza tra le mani, se sono le armi che ti preoccupano-, me la passai da una mano all’altra stringendo l’impugnatura per farla roteare.
-Ma non è questo il punto. Mi serve, anzi no, mi devi un posto dove stare e la fattoria dei Kent è piuttosto allettante vista la valanga di lavoro che ci ritroviamo questo week end-, conclusi soddisfatta.
-Lois, io-, fece una pausa.
Fissò la mazza e con una smorfia mi convinse a lasciarla andare sul divano.
– Io non credo che sia una buona idea, dividiamo già la scrivania e la maggior parte delle ore della giornata.
Forse vivere anche sotto lo stesso tetto è esattamente… l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno.
Non vorrei svegliarmi con la tua pistola puntata alla testa una di queste mattine-
-Tranquillo Smallville, dopo il lavaggio è da buttare, me ne farò arrivare un’altra per il prossimo Natale...
ciò significa che hai almeno tre mesi in cui, diciamo che ti puoi dire quasi incolume.
Non si sa mai di cosa mi potrebbe capitare tra le mani nel frattempo, se ti scordi ancora di avvisarmi di una nuova pista-
Gli diedi uno scherzoso pugno al braccio, scontrandomi con un ammasso di muscoli che non avevo mai notato prima.
Lo superai andando verso la macchina prima che trovasse una scusa convincente per farmi andare in un albergo che non mi potevo permettere.
Aprii il bagagliaio che al pari del sedile posteriore era stracolmo di valigie.
Avevo preso tutto di fretta e la maggior parte della roba sapeva un insopportabile e penetrante profumo di detersivo alla lavanda.
Troppo forte e dolciastro per i miei gusti, e sinceramente non ero nemmeno sicura che fosse nei gusti di Chloe.
-Ti serve davvero tutta quella roba?-.
La voce di Clark mi sbucò alle spalle mentre disperatamente, facendo leva sul paraurti con il piede destro,
cercavo di sfilare il beautycase da sotto la valigia degli stivali.
-Sono una donna complicata, Smallville, e sono una giornalista. Ho bisogno di essere sempre pronta a tutto-
-Non credo ti servirà questo per…-
Imbarazzato si ammutolì quando si rese conto che quello che aveva tra le mani era esattamente il mio bikini patriottico in paillettes.
-No-, mi schiarii la voce, -Questo non credo mi servirà-
Glielo sfilai dalle dita.
-Frena i bei ricordi cowboy, a meno che non ci capiti un’altra situazione del tipo “salviamo il mondo da un night-club”, non credo che avrai altra opportunità di rivedermelo addosso-.
-Ad ogni modo, nella tua vecchia camera dovrebbe esserci ancora qualcosa di tuo. Jeans, magliette. Il necessario per pochi giorni-
Come avesse enfatizzato "pochi" era ben poco sottile.
-Bene!-, esclamai ignorando la frecciatina e mollando la valigia dei vestiti da giorno che scivolò pesantemente sopra alle altre.
- Allora entriamo, mettiamoci comodi-.
Lo oltrepassai portandomi dietro solamente il beauty.
-Chiudi tu, giusto?-
-Sì-, mormorò soprapensiero mentre lo abbandonavo alle prese con il bagagliaio, marciando decisa verso la porta d’ingresso.
-No, mah, Lois!-, reclamò non appena si rese conto che avevo preso d’assedio casa sua.
-A proposito, dov’eri? Quando sono arrivata la casa sembrava deserta-
-Facevo la doccia-, sospirò sconsolato.
-Ottimo!-, le mie labbra si aprirono in un sorriso smagliante.
-Significa che il bagno è libero, per diciamo... le prossime tre o quattro ore!-.


  
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