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Autore: Rota    19/05/2010    1 recensioni
La chiamavano la Seconda Konoha, quella.
Dopo l’attacco di Pain al Villaggio, ogni cosa era andata distrutta – quindi, secondo l’ordine naturale delle cose, andava ricostruita.
Questa era diventata la missione dei ninja locali: aiutare i civili perché si ritornasse agli antichi splendori.
Certo, non era entusiasmante smuovere pietre su pietre, cementare muretti o trasportare pacchi pieni di ghiaia, ma piuttosto che continuare a sotterrare cadaveri e fare messe ricolme di tetro lutto i giovani curvavano la schiena in silenzio e proseguivano lo sporco lavoro da muratori.

**{SECONDA classificata al Contest "Sette Eterni" indetto da Beat e Isidanna indetto sul forum di EFP e vincitrice del "Premio Destino"}**
**TERZA classificata al contest indetto dal Picta!Comics nella sezione "Miglior fnafiction"**
**PRIMA classificata al contest "Storie Edite" indetto da Mokochan sul forum di EFP**
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kiba Inuzuka, Shino Aburame | Coppie: Shino/Kiba
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler! | Contesto: Naruto Shippuuden
Capitoli:
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terza konoha 3
Tre – Sospetto






Tra tutto quel chiacchiericcio allegro della prima mattina, quando ancora le volontà erano cariche di aspettative grandiose per il nuovo giorno, Shino e Kiba stavano mangiando quel poco che gli toccava come ogni altro lì presente.
La mensa, poco distante dal luogo di lavoro, era una delle prime cose che erano state allestite.
Un grande capannone, con dei tavoli lunghi e che mai parevano vuoti – ci si dava il cambio organizzandosi con tabelle di marcia differenti – si presentava alla vista.
Due cuochi lavoravano assiduamente quasi tutto il giorno, impegnati con quanto cibo c’era da raccogliere da ogni dove e con quale difficoltà trovavano ogni volta nel far bastare quel poco che trovavano per tutti.
Pane, formaggio, qualche verdura, poco pesce e pochissima carne.
Il più delle volte veniva servita zuppa con dei crostini appena caldi – perché non si osava buttare neppure il pane raffermo.
Con le ultime cucchiaiate vigorose, l’Inuzuka finì la propria porzione e guardò Akamaru raggiante. Il cane era in vicino a lui, accucciato a lato del tavolo di legno, e ricambiò la sua occhiata piena di vitalità.
-Bene! E anche oggi abbiamo mangiato!-
Akamaru abbaiò, sollevando le orecchie e muovendo la propria lunga coda bianca – felice, innegabilmente felice.
Il giovane guardò poi il proprio compagno sedutogli davanti ma non ebbe il tempo di dire alcunché: seguendo lo sguardo serio di Shino, si accorse di un ninja che era venuto a cercarli.
L’Hokage li aveva mandati a chiamare.

Kiba non si ricordava l’ultima volta che aveva visto l’ufficio dell’Hokage ma in quel momento avrebbe fatto anche a meno di rimembrarla.
Tsunade non pareva portare buone notizie, per nulla. Il suo bel viso era più serio del solito, così come quelle dita che continuavano a muoversi sotto il suo mento non presagivano nulla di buono.
E infatti le sue parole – schiette e secche come un kunai nel fianco – ammazzarono subito ogni vana speranza.
-Sasuke Uchiha è morto. Pensiamo sia stato assassinato da uno dei ninja del Villaggio.-
I presenti, coloro che restavano vivi e in salute tra tutte le nuove promesse del Villaggio, ammutolirono dal terrore all’unanimità.
Tutti erano legati alla persona dell’Uchiha, chi meno e chi più, ma sicuramente ognuno abbastanza da sentirsi in un qualche modo turbato dall’accaduto.
Più che per la persona in sé, il raccapriccio era per l’ideale che Sasuke rappresentava. Dopotutto, il ragazzo era stato il nemico per eccellenza per tutta Konoha, quell’elemento di disordine da sopprimere o da riportare sulla retta via. Siccome nel Villaggio vinceva l’ipocrisia e il perbenismo, era comune la prospettiva di riportarlo sotto il dominio del potere sommo – e magari sfruttarlo ancora per qualche affare prettamente sporco.
Ma così, con la sua morte improvvisa, finiva ogni questione ancora prima che fosse realmente discussa.
Però una cosa non era esattamente chiara – e Shikamaru Nara lo fece notare.
-Capisco la gravità dell’evento, madamigella Tsunade… ma perché convocarci tutti qui? Non mi pare una cosa che compete direttamente a noi, considerando poi che i presenti sono anche di ranghi diversi…-
Le dita sotto il mento di Tsunade ebbero un fremito particolarmente vistoso prima che l’Hokage si decidesse a parlare chiaramente.
-Voi tutti siete direttamente sospettati dell’omicidio di Sasuke Uchiha. Per quanto ne sappiamo, voi giovani ninja siete stati quelli più vicini alla sua persona, per cui anche quelli che, per qualsivoglia motivo, potevano nutrire per lui più astio di chiunque altro… ovviamente l’accusa non è rivolta a qualcuno di voi in particolare, volevo solo informarvi che siete sotto osservazione, tutto qua…-
Ancora più sconvolti, i giovani si guardarono l’uno in faccia all’altro, forse per scorgere da qualche parte la ragione che pensavano di aver perduto.
Per chi ha sempre seguito una fede ritrovarsi puntate contro le armi alleate è motivo della più grande frustrazione provata. Smarrimento e angoscia: ecco cosa quei cuori stavano provando.
Una seconda voce, però, si elevò dal gruppo, desiderosa come non mai di vederci meglio.
-Ma… non pensate che la Radice possa aver influito su questa faccenda? Dopotutto Danzo, il capo dell’organizzazione, è stato ucciso proprio da Sasuke Uchiha… Non potrebbe esserci un collegamento tra questi due eventi?-
Choji Akimichi era quanto di più puro Konoha avesse mai avuto e proprio lui, che aveva provato sulla propria pelle l’ansia della morte, sperava di poter risolvere la questione il più velocemente possibile.
La Principessa Tsunade sospirò, guardando uno ad uno quei ragazzi. Sicuramente nessuno di loro meritava questo trattamento.
-Quando Danzo è stato nominato Hokage, seppur per quel breve periodo prima della sua morte, ha regolarizzato la Radice e i suoi membri. Ora Konoha conosce i nomi e i cognomi di tutti loro, così da poterli tenere sotto stretta osservazione. Nessuno di loro ha potuto muoversi senza che noi ne fossimo a conoscenza. Sappiamo con certezza che alcun membro della vecchia Radice ha toccato Sasuke Uchiha…-
Ancora un tentativo, qualcosa che potesse salvare tutti quanti da una delle più gravi vergogne.
Forte dell’orgoglio datogli dal proprio nome, Neji Hyuuga si fece avanti a sua volta.
-Non avete pensato che possa essere stata l’Akatsuki? Se non vado errato, ci sono ancora alcuni dei suoi membri a piede libero, che avrebbero avuto tutte le capacità di fare una cosa del genere. Dopotutto, data la crisi che il Villaggio sta or ora vivendo, non vedo come possano esserci difficoltà per un ninja capace di infiltrarsi fino al cuore della nostra città…-
L’Hokage scosse la testa, negando sul nascere anche questa opzione.
-Ho escluso questa possibilità in quanto Sasuke è stato a sua volta membro dell’Akatsuki. Sarebbe alquanto strano che proprio la sua organizzazione avesse fatto tanto per ucciderlo e non per salvarlo, fermo restando che dobbiamo ancora ben chiarire le modalità con cui è deceduto…-
Più nessuna obiezione si levò, solo rassegnato silenzio.
-Mi dispiace, ma queste sono le conclusioni più logiche a cui sono arrivata…-

Di quella crisalide trovata sotto il letto del giovane Uchiha, però, Tsunade non volle parlare. Non era un vago sospetto il suo, ma qualcosa di fin troppo definito e preciso.
Mettere il nemico contro i propri alleati le era parso il metodo più sicuro per farlo uscire alla luce.
Conosceva l’indole del Clan, sapeva che una battaglia contro di loro – affrontata da sola – era più che ardua. Necessitava di un alleato che non potesse fallire.
Così, mentre i ragazzi uscivano lentamente e borbottando scontrosi, rivolse un ultimo sguardo carico di speranza ad una schiena avvolta da stoffa scura.

Un sasso fu scagliato lontano con violenza da un piede decisamente poco incline alla diplomazia.
Kiba Inuzuka fumava rabbia, verde e intensissima rabbia.
Aveva imprecato tutto il tempo, dimenticandosi il buonumore e la consueta allegria di sempre.
Tutti se n’erano accorti, specialmente i bambini che di solito gli ronzavano attorno, cercando di convincerlo a lasciar loro Akamaru per giocare un po’.
Quel pomeriggio gli stettero alla larga ben volentieri.

-Non mi sembra giusto scaricare sulle altre persone i propri malumori, Kiba…-
Alla fine quel giorno avevano preferito non andare da Hinata – l’Ospedale rievocava troppi brutti ricordi, e il cuore non era ancora pronto ad affrontare tutto ciò subito.
Ma Shino, ugualmente, aveva ritenuto opportuno riprendere il comportamento del proprio compagno. Aveva aspettato di essere solo con lui, gli aveva riservato la delicatezza di non riprenderlo in pubblico. Però l’aveva fatto, senza alcuno scrupolo in più.
Kiba l’aveva guardato a lungo, ancora irritato e nervoso. Sbraitò, pieno di rancore.
-Davvero non capisco come tu faccia a essere tranquillo, Shino! Io non posso ancora credere a quello che Tsunade ci ha detto! In tempi come questi si dovrebbe pensare a stare uniti, non a dividersi ulteriormente! E’ una grandissima cazzata, questa! Una totale e immensa cazzata! Perché mai avremmo dovuto uccidere Sasuke? Certo, poco lo sopportavo, ma non per questo gli ho mai augurato la morte! Io non capisco…-
Una mano lo fermò, una mano che prese la sua giacca all’altezza della nuca e strattonò la sua persona di lato, avvicinandola a quella austera del compagno.
L’Aburame non era solito fare cose plateali – amava la riservatezza del buio e del silenzio – e queste avvenivano solo ed esclusivamente quando una sua emozione era così difficile da trattenere e così ardua da rivelare che necessariamente bisognava compiere un’azione.
Un bacio di Shino voleva dire mille e più cose, Kiba lo sapeva, così come sapeva bene quanto all’Entomologo doveva essere costato in termini di orgoglio quel gesto.
Ma quando si separarono – a malincuore – come sempre le sue parole curate misero ogni cosa al suo posto.
-Non devi temere nulla se sei innocente. Ogni cosa verrà a galla da sola, non preoccuparti…-
Quando voleva, Shino sapeva essere terribilmente caldo.
Con un sorriso sincero e un’espressione ebete sul viso, l’Inuzuka lo abbracciò stretto senza che un solo rumore potesse emergere dalla gola stanca.

Il suono metallico della macchina riempiva il silenzio della stanza.
Uzumaki dormiva – placido – nel proprio letto bianchissimo, la cassa toracica che si alzava e si abbassava in maniera costante.
Un apparecchio per regolare la pressione del sangue, uno per controllare che il cervello non si spegnesse, uno per l’ossigeno, uno per l’alimentazione e uno per i rifiuti dell’organismo.
A ben vedere quel corpo non si poteva definire neppure vivo, ma c’era ancora qualche disperato che si aggrappava inconsciamente ad una vana e stupida speranza.
Un’ombra oscurò all’improvviso il corpo illuminato dal pallore lunare.
Uno sciame informe di piccoli insetti planò sulla finestra, allungandosi verso la maniglia – e dall’insieme uscì una mano solida. L’anta venne aperta mentre un corpo compatto prendeva forma nel tutto e lo sciame diventava parte dell’aria circostante.
Shino Aburame avanzò nella camera, tenendo gli occhi fissi sul corpo inerme. Una smorfia gli contorse il volto mentre gli occhi percorrevano l’intera figura distesa.
La mano si sollevò arrivando a coprire il volto col palmo – erano tesi i muscoli del braccio, quasi stessero trattenendo una rabbia cieca. Lì si fermò qualche istante, ponderando come muoversi.
Fu una macchina dal suono fin troppo acuto a catturare l’attenzione del giovane uomo. Era quella che teneva attivo il cuore.
Si avvicinò al macchinario, studiandolo con attenzione. Un ultimo sguardo al corpo di Naruto, poi l’uomo si mosse preciso.
Click. E fu nulla.
Solo dei passi che si allontanavano nella notte.

L’allarme della sirena era impazzito di nuovo, strillava come se un dolore fisico l’avesse interamente preso.
Mezza Konoha era in piedi a quel punto, chiamata dal vociare concitato della gente e di quel fastidioso grido di terrore. Serpeggiava la consapevolezza che il Fato avesse ancora una volta preso di mira quegli sventurati, tartassandoli con una nuova pena.
E infatti quando un ninja messaggero cominciò a correre disperato per la città urlando il proprio intimo male, ognuno seppe cosa stava affliggendo il cuore del Villaggio.
-L’Hokage sta male! La Principessa Tsunade sta male!-
L’avevano semplicemente trovata a terra con la bocca che schiumava e gli occhi rivoltati indietro, tutto il corpo in preda ad una crisi epilettica. Cercava di farfugliare qualcosa nell’incoscienza, almeno prima di stramazzare al suolo completamente muta e priva di conoscenza.
Subito era stata trasportata via, all’Ospedale ancora sveglio, dove i primi soccorsi le erano stati portati da medici fuori di sé dall’angoscia e dall’ansia.
Sulla vita dell’Hokage si giocava tutto ciò che per Konoha valeva la pena di scommettere.
Morta quella donna, niente più avrebbe fatto alzare la testa degli abitanti della Foglia.
L’orgoglio e la ragione d’essere di un’intera città si scommettevano tutti quella notte.

Mentre i medici impazzivano e correvano per ogni dove, al quarto piano, stanza 458, secondo corridoio a sinistra, una porta si aprì lenta.
-Buona sera, Hinata…-










Ecco qua il terzo capitoletto ^^
Vado veloce con la pubblicazione perché è una ff già conclusa, per cui non vedo il motivo di aspettare troppo **
Ringrazio DI CUORE sushi, per aver recensito il capitolo precedente.
<3<3<3<3
A tutti gli altri, spero che la lettura sia di vostro gradimento **
Al prossimo capitolo <3
   
 
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