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Autore: Kekka 96    21/05/2010    2 recensioni
ma non quello di Bella ed Alice, molto probabilmente perché batteva troppo forte e si rifiutava di fermarsi... un viaggio dal quale le due amiche inseparabili non faranno mai ritorno, non per la bellezza del posto, ma piuttosto  dopo aver incontrato Edward e Jasper, due mostri incredibilmente affascinanti quanto pericolosi...   P.S. ff dedicata alle mie fratelle e a pettola! Estratto: “Eravamo costretti a parlarci attraverso una barriera di ghiaccio trasparente, era l’unico modo... le nostre dita si incontrarono in quello specchio di ghiacci perenni, e per un momento anche le nostre labbra, può sembrare una cosa stupida, ma ormai fare cose stupide era diventato il nostro mestiere. (...) Non vedevo Alice da tre giorni, mi mancava, ma Edward colmava il vuoto alla perfezione..."
Genere: Romantico, Suspence, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4 

“Palazzo d'inverno”

Bella pov

Ero nel mio stato di inconscio mentale quando il mio cellulare iniziò a vibrare, era Alice, come al solito ero in ritardo, presa dal romanzo non avevo guardato l’orario. Il ritrovo era al ristorante e io non avevo idea di dove fosse. Vagai per interi minuti a vuoto, quando decisi di chiedere informazioni, l’unico soggetto disponibile era una signora sulla porta di casa. “Mi scusi, saprebbe indicarmi il ristorante “Il faro ghiacciato”?” “Credo che si trovi esattamente nella parallela...” “Grazie mille...Buona giornata!” Seguii il consiglio e mi trovai di fronte a un cancello imponente grigio e arrugginito, accanto c’era un campanello e sopra il nome del posto. Suonai e mi aprirono. Davanti ai miei occhi si aprii un sentiero ai cui lati erano presenti una scia di pini innevati, e in fondo si alzava suntuosa una costruzione che dava l’idea di un antica chiesa gotica. Il cameriere, vestito di tutto punto, mi fece strada verso il posto. Nell’atrio tutti aspettavano me. La sala era enorme, le pareti dipinte di un azzurro intenso. L’impatto dai 2 gradi sotto zero di fuori e il calore emanato da un caminetto acceso, che mi ritrovai di fronte, era pazzesco. Mi sentii scorrere di nuovo il sangue nelle vene, la gola si riscaldò, e le mani persero la loro tonalità originaria, che dava sul viola. Quando arrivarono tutti ci spostammo in un'altra sala, dove ci aspettava un enorme buffet. Enormi tavoli, pieni di pietanze di ogni genere, ornavano l’ambiente. Mangiai fino a scoppiare, anche se la cucina lasciava al quanto a desiderare. A un certo punto ritrovai Alice, che chiacchierava fitto fitto con Rosalie, decisi di intromettermi. “Ciao ragazze, come va?” “Uhm bene bene” Rispose con fare frettoloso Rosalie, l’odio tra noi due era reciproco. Lei era la classica bambolina che voleva sempre essere al centro dell’attenzione. Alice mi ruppe quasi i timpani quando si mise a urlare: “Bella, finalmente sei arrivata, ma dov’eri finita?” “Mi sono persa, per fortuna ho trovato questo posto in tempo” “Bella ti andrebbe di accompagnarmi un po’ di là, vorrei prendere qualcos’altro … ho ancora fame”  Mi tirò per un braccio e mi trascinò in un angolo. “Non vedevo l’ora di sfuggire a Rosalie, non la sopporto più, non so come faccia Emmet a …” “Frena un momento … ma non era la tua compagnia di shopping ideale, l’unica che sapeva davvero la differenza tra una borsa Praga e una Pingo …” “Pinko …” “Va Be fa lo stesso, non eravate sulla stessa lunghezza d’onda e tutto il resto?” “Emm … io infatti credevo fosse così, ma poi è diventata di un noioso, e stata per 3 ore, e dico 3 ore, a parlare della nuova collezione di Armani. È persino più esagerata di me …” “Impossibile …” Entrambe scoppiamo in una fragorosa risata. Che dire? Era ora che anche lei si accorgesse di quanto fosse snob Rosalie Hale. Mentre avevo le mani in tasca, mi accorsi di stringere l’itinerario della giornata. Che strano non era oggi che ci sarebbe dovuto essere questo pranzo in questo ristorante. “Alice ma non dovevamo essere qui oggi, o sbaglio?” “Hai ragione, anche io ci avevo pensato, vediamo se riusciamo a trovare il prof Jacob, per chiedergli spiegazioni … uhmm eccolo lì, andiamo!” E riprese a tirarmi per un braccio. Mi trovai di fronte il prof. Era un uomo di stile non c’è che dire, affascinante era il termine giusto. No, non mi faccio strane idee è solo che è incredibilmente carino, tutto qui. Indossava un golfino bianco, in contrasto con la sua carnagione scura. Doveva avere 25 anni, al massimo, anche se non gli dimostrava affatto. Ha un colpo scolpito, enorme, ma un viso dolce e dai lineamenti giovanili. Ci rispose alla nostra domanda.“Ragazze probabilmente siete arrivate in ritardo, e non avete sentito la spiegazione. Dato che non facevamo in tempo a ritornare in albergo per il pranzo, abbiamo deciso di effettuare oggi l’itinerario previsto per domani. Purtroppo salterà anche la discoteca, che però posticiperemo, tranquille.” Soffocai l’urlo che stava per uscirmi, che bello avrei avuto molto più tempo per pianificare qualcosa per tenermi lontana dai balli sfrenati di una serata in discoteca. Mi uscii una domanda spontanea: “Quindi oggi cos’è che faremo con esattezza?” “Ora ritorneremo in Hotel e potrete stare in camera fino alle 16:00, poi abbiamo lo slittino e infine l’attesissima visita al “Palazzo d’inverno”, ora vado ragazze, i pullman ci aspettano qua fuori.” E così oggi avremmo visitato il Palazzo d’inverno, è incredibile come appena il prof abbia pronunciato quel nome mi siano venuti i brividi su tutta la schiena. Quel posto aveva il suo fascino terrificante. Chissà cosa aveva in serbo per noi.

***

Provai una strana sensazione, come un vuoto nello stomaco, che si faceva sempre più intenso, avevo paura, ma ero intrappolata in un posto che non avrei saputo identificare, se solo ne avessi avuto il senno. Era tutto buio, poi apparve come la luce di una piccola lucciola in lontananza. Appena la vidi mi sentii meglio, ero rassicurata, mi sentivo protetta, come mai ero stata in vita mia. Ora ero a mio agio, quella luce era tutto quello di cui avevo bisogno, mi bastava lei per essere felice, mi nutriva l’animo di un sentimento che non avevo mai provato. Mi ricolmava il cuore, con lei al mio fianco avrei potuto fare qualsiasi cosa.

***

Aprii gli occhi, sbattei le palpebre e mi svegliai. Avevo fatto un incubo, ma anche il più bello dei miei sogni. Appena riacquistai lucidità scoprii di essere in pullman e sentii la vocina squillante di Alice. “Bella finalmente ti sei svegliata, siamo quasi arrivati.”   Scoprii che tutti mi stavano osservando, mi sentii in imbarazzo e sentii avvampare le gote, che si colorarono di un intenso rosso. Mi strofinai gli occhi, e quando allontanai le mani dagli occhi, ognuno era tornato a pensare ai fatti propri … grazie al cielo. In men che non si dica raggiungemmo le nostre amate camere. Appena vidi quel morbido e soffice letto, presi la rincorsa e ci sprofondai su. Annunciai a tutti che avrei continuato il mio sonnellino e di non svegliarmi se non fosse stata già ora di scendere. Fu un sonno senza sogni, profondo. Appena aprii gli occhi non sentii alcun rumore, guardai l’orologio, le 18:00, ma com’era possibile? Mollie e Alice entrarono nella stanza dopo pochi minuti, chiacchierando allegramente. Mi impuntai di fronte a loro, mani sui fianchi e gomiti all’insù. “Qualcuno ha intenzione di spiegarmi cosa diavolo … “ “Rilassati, dato che ci dispiaceva svegliarti, dormivi così bene, allora abbiamo chiesto al prof Jacob se potevamo lasciarti in camera, e lui è venuto a costatare e ha acconsentito.” Urlai:”Come è venuto a costatare? Io a te un giorno di questi ti ammazzo.” Che rabbia, diventai tutta rossa e l’ira mi saliva alle stelle, ne ero accecata. Un momento-ritorno alla realtà-a volte Alice mi veniva da disintegrarla con le mie mani, ma in fondo era mia amica, la mia migliore amica. La rabbia sbollentò con gradazione, fino a scomparire del tutto. “Va bene, va bene ok, perdonata.” “So io come farmi perdonare, ti renderò perfetta per la visita di stasera” Se c’era una cosa che Alice adorava -e che io detestavo- era prendermi come sua bambolina personale da rivestire, truccare e acconciare. Ebbi l’impulso di scappare … Troppo tardi, eccomi nelle sue grinfie, seduta allo sgabello del bagno, e lei che iniziava a piastrarmi i capelli. Appena finii passò ad un velo di trucco: leggero ma efficace. Poi vidi il vestito che avrei dovuto indossare, per renderla felice, perlomeno. Era di una stupenda gradazione di lilla, corto fin sopra il ginocchio, con le maniche velate. Le scarpe erano dello stesso colore, ma con un tacco vertiginoso. “Alice, è bellissimo, ma …” “Niente “ma”, ora tu entri in questo vestito” “Sei sicura che dobbiamo andarci così eleganti?” “Puoi controllare tu stessa.”   Mi porse un bigliettino, con l’invito di quella sera, a quanto pare ci sarebbe stato un aperitivo, ed era d’obbligo l’abito da sera. Mi rassegnai. Beh, devo ammettere che non era davvero niente male addosso a me, Alice aveva davvero fatto un ottimo lavoro.“Sei stupenda”-esclamò.“Tutto merito tuo” Lei indossò un tubino nero molto carino, e Mollie un abitino rosa choc.“Alice ma così vestite moriremo congelate, ti pare?” “Ho pensato anche a questo” Tirò fuori dall’armadio 3 cappottini, che erano la fine del mondo, e ce li porse. Eravamo pronte, finalmente direi.

***

Il gelo tormentava ogni singola parte del mio corpo. Ancora qualche passo e ci risaremmo trovati all’interno del palazzo. Non si vedeva ancora, un’enorme coltre di pini lo nascondeva del tutto. Il sentiero ci avrebbe portato a destinazione. Certo camminare con i tacchi in quei mucchietti di pietre irregolari non era il massimo, ma ammetto che non era questa la parte peggiore … Si, ecco lo ammetto: ho un po’ di paura … Mi sembra perfettamente normale mantenere la vigilanza assoluta, lo so, lo so non c’è ne il motivo, ma mi faceva sentire sicura, come avere tutta la situazione sotto il mio controllo. Il portone mi si parò davanti agli occhi tutto d’un tratto, era l’unico pezzo della costruzione che si riusciva a scorgere, il resto era tutto coperto da piante rampicanti e da siepi. Poi riuscì a scorgere le altissime guglie, doveva essere enorme. Il portone si aprii, e, successe tutto in una frazione di secondo, neanche il tempo di rendermene conto.

***

Mi svegliai sbattendo la testa su quella che mi parve una spessa lastra di ghiaccio, ma non ne ebbi la certezza, perché non osavo aprire gli occhi. Le immagini si rincorrevano sfocate nella mia mente, come frammenti ormai  impossibili da ricostruire. Ricordavo con certezza assoluta solo alcune sensazioni: la pelle d’oca, i brividi, il tremore del mio corpo e poi … quelle urla laceranti, che ancora mi facevano rabbrividire. Ripercorrevo i ricordi, senza riuscire a capire bene cosa fosse veramente accaduto, gli occhi sigillati, la mente che vagava. Poi scese di nuovo il sonno, questa volta dolce, e io cullai leggera nelle sue braccia. Stavo facendo un bellissimo sogno, quando sentii un rumore di passi, volevo aprire le palpebre per assicurarmi dove fossi, ma preferii lasciarle così, rimanendo immobile come una statua … Poi sentii un rumore diverso, qualcuno che bussava, probabilmente su quella lastra dove avevo precedentemente sbattuto la testa. Socchiusi gli occhi, decisa ad aprirli del tutto, ma quando li spalancai era tutto buio, l’unica fonte di luce era il riflesso della luna, che splendeva alta in cielo, al di la di una piccola finestra di fronte a me. Ero stesa per terra su una specie di tappeto, le membra immobili. Le pareti erano alte e bianche e alla mia destra una porta di ciliegio. Quando mi girai a sinistra vidi effettivamente la lastra di ghiaccio trasparente. Attraverso essa vidi il volto più bello e perfetto che avrei mai potuto immaginare. Forse sognavo ancora … mi detti un pizzico, ahia … no, ero perfettamente sveglia. Il volto era pallido come il marmo, le iridi di un blu elettrico, e i capelli ribelli rossicci, zigomi alti che gli conferivano un aspetto imponente … ero forse morta e questo era il paradiso??? Fu lui a rompere il silenzio. “Ciao, io sono Edward, mi dispiace di doverti tenere rinchiusa, ma questa è una lunga storia che ti spiegherò quando riprenderai le forze, lì nell’angolo c’è un po’ di cibo, serviti pure … tu come ti chiami?” Balbettai.“Bel-la” Sembrava fatto della stessa materia di cui sono fatti i sogni, e stava parlando con me. Non capii bene le sue parole, solo il luogo dove si trovava il cibo e il suo nome divino. Il mio stomaco iniziava a lamentarsi, riuscii ad emettere solo un flebile “Grazie” e mi precipitai su quello che mi parve un pranzetto con i fiocchi. Mentre mi stavo abbuffando ed Edward aspettava che avessi finito bussò qualcun altro, ma stavolta non sulla lastra, che ora divideva me ed Edward, ma alla porta principale. Edward fece segno di avvicinarmi e mi disse: “Non fare domande e nasconditi, qualunque cosa accada non muoverti dal tuo rifugio, sbrigati”. L’unico posto in cui potevo andare era la porta di ciliegio, e mi ci precipitai. Al suo interno trovai un enorme bagno rosa pesco, illuminato da candele. Ormai ero certa che in questo posto non ci fosse l’elettricità. Mi misi in un angolino, ripensando ai mille misteri che ero prossima a scoprire dal misterioso ragazzo. Ad un certo punto sentii una voce possente, che parlava con Edward, ma riuscii ad origliare solo frasi distaccate, che non fecero che confondermi ulteriormente. Frasi del tipo “Già consumato il tuo pasto, vedo” o “Avevano davvero un buon sapore”. La conversazione andò avanti per le lunghe e io, ormai certa di aver di nuovo esaurito le mie forze, sprofondai nel sonno. Fu la prima volta che sognai Edward …            

 

  
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