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Autore: Rota    23/05/2010    3 recensioni
La chiamavano la Seconda Konoha, quella.
Dopo l’attacco di Pain al Villaggio, ogni cosa era andata distrutta – quindi, secondo l’ordine naturale delle cose, andava ricostruita.
Questa era diventata la missione dei ninja locali: aiutare i civili perché si ritornasse agli antichi splendori.
Certo, non era entusiasmante smuovere pietre su pietre, cementare muretti o trasportare pacchi pieni di ghiaia, ma piuttosto che continuare a sotterrare cadaveri e fare messe ricolme di tetro lutto i giovani curvavano la schiena in silenzio e proseguivano lo sporco lavoro da muratori.

**{SECONDA classificata al Contest "Sette Eterni" indetto da Beat e Isidanna indetto sul forum di EFP e vincitrice del "Premio Destino"}**
**TERZA classificata al contest indetto dal Picta!Comics nella sezione "Miglior fnafiction"**
**PRIMA classificata al contest "Storie Edite" indetto da Mokochan sul forum di EFP**
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kiba Inuzuka, Shino Aburame | Coppie: Shino/Kiba
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler! | Contesto: Naruto Shippuuden
Capitoli:
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terza konoha 4
Quattro – Confessione




Hinata forse non si stupì più di tanto di vedere Shino in parte al suo letto a quell’ora tarda di notte.
Forse intese quella comparsa come il desiderio del compagno di un po’ di conforto, magari ad un possibile rimedio per la mancata visita di quella sera. Ipotizzava mille cose, Hinata – di quei tempi tutti erano un po’ pazzi, probabilmente lo era diventato pure Shino.
Forse.
Sta di fatto che accolse l’Aburame sorridendo e con un cenno della testa lo invitò ad entrare.
-Buona sera a te, Shino…-
L’Aburame entrò nella stanza richiudendo la porta alle sue spalle – con tutte quelle persone che correvano da una parte all’altra era preferibile non essere interrotti.
Si avvicinò al lettino restando muto, le mani in tasca e lo sguardo basso. Hinata cominciava a non capire.
-Come mai sei venuto da solo?-
La Hyuuga aveva un tono cordiale – quel qualcosa che faceva male al cuore perché impegnava in una gentilezza reciproca, senza lasciare la libertà di odiare serenamente.
Shino tergiversò, muovendo appena gli occhi sulle coperte.
Era la prima volta che Hinata lo vedeva in un simile stato, si preoccupò come mai aveva fatto.
Si alzò a sedere non senza fatica, guardandolo piena di apprensione.
-E’ successo qualcosa? Dov’è Kiba?-
Shino sospirò, sedendosi sul letto esattamente davanti a Hinata, incrociando le gambe sulle lenzuola e voltandosi completamente verso di lei.
Ora erano l’uno di fronte all’altra.
-Non è successo niente, Hinata… sono solo impazzito, tutto qua…-
Hinata lo guardò in viso, sconvolta, cercando con i suoi occhi bianchi di vedere oltre la barriera scura che proteggeva lo sguardo del ragazzo.
-Impazzito? Cosa significa che sei impazzito?-
La ragazza non era a conoscenza di quello che era accaduto in quei giorni, sapeva della morte di Sakura ma ignorava quanto era accaduto a Sasuke e quanto l’Hokage aveva detto ai suoi due compagni. Così all’oscuro di tutto, credeva solamente che Shino risentisse dell’enorme peso che gravava sulle sue spalle in quanto ninja: ricostruire Konoha da capo.
Per questo motivo sorrise appena, cercando di essere incoraggiante.
-Oh, Shino… Capita a tutti di sentirsi un poco giù di morale… Non ti devi preoccupare, è solo un brutto momento ma passerà come ogni cosa… Tutto ciò che ha un inizio ha anche una fine, ricordalo…-
Il ragazzo alzò lo sguardo sul suo e sospirò appena.
Una mano andò al viso, con un gesto tolse gli occhiali scuri e li adagiò sulle coperte.
Hinata trattenne il respiro – non aveva mai visto degli occhi di un verde così intenso. Sorrise, quasi commossa.
-Sono bellissimi i tuoi occhi, Shino…-
L’Aburame la guardò per la prima volta davvero in faccia, senza veli né protezioni. Solo lui e lei.
E mentre il ninja parlava, già i suoi insetti cominciavano a muoversi veloci.
-Sarebbe più giusto, Hinata, dire che non è esattamente il momento in sé a farmi impazzire quanto piuttosto la schiacciante verità che ne è emersa fuori… Quanto mi circonda mi ha profondamente deluso, tutto quello che credevo fosse in realtà è una semplice menzogna. Non ho potuto fidarmi neppure di quei nomi che avrebbero dovuto portare un briciolo di pace in tutto questo…-
Hinata scosse la testa, non riusciva a comprendere il ragionamento.
-Quando Danzo è salito al potere, ho sperato davvero che Sasuke riuscisse a portare un poco di ordine con il suo omicidio. Konoha è stata distrutta, questo significa solo che era inadatta ad esistere così com’era strutturata in precedenza…-
Hinata sentì un formicolio lungo il braccio, ma pensò sinceramente che fosse dovuto al poco moto di quei giorni. Non ci fece caso, cercando di capire a cosa l’assurdo discorso di Shino avrebbe dovuto portare.
Il ragazzo continuò dopo aver ripreso fiato – era nervoso, terribilmente nervoso, e senza occhiali lo si poteva capire ancora meglio.
-La vecchia Konoha si reggeva su fondamenta troppo deboli, su ideali non condivisi e flaccidi. E’ ovvio che numerosi nemici abbiano fatto breccia nella nostra difesa, prima tra tutti la nostra palese incapacità di auto- conservarci. Siamo implosi su noi stessi, come se non avessimo uno scheletro a sostenerci…-
Il formicolio divenne più intenso, tanto che la ragazza ebbe l’impulso di guardarsi il braccio, ma Shino la trattenne con lo sguardo puntato sulla sua persona.
-In questo momento di crisi sono venute a galla tutte le crepe e le enormi mancanze della nostra organizzazione interna, che si è rivelata insufficiente e insignificante. Per questo io, come degno ninja di Konoha, ho sentito il dovere morale di provvedere personalmente. Mi capisci, no?-
La Hyuuga poté giurare di vedere preoccupazione nello sguardo che Shino le rivolse in quel momento, il desiderio di trovare una pace interiore che era stata negata da fin troppo tempo.
Purtroppo, solo a quel punto Hinata parve cominciare a capire – ma era troppo tardi, la paralisi le aveva già preso tutte le braccia.
-Io sono sopravvissuto, io sono uno di quelli sulla cui efficienza tutta Konoha si appoggia. Io sono semplicemente una delle pedine sacrificabili di questo enorme circolo vizioso. In tanta nullità e in tanta incapacità le menti geniali e di spicco sono quelle più vistose. Konoha non ha retto, ma io continuo a vivere…-
Hinata arretrò di quei pochi centimetri che la separavano dalla testiera del letto, si spinse contro la superficie nel tentativo, forse, di mettere più distanza tra lei e quell’essere.
Risultò solo più patetica.
L’Aburame si zittì per qualche minuto, concentrandosi sulla sua figura. Ci volle poco e due lacrime luccicanti bagnarono gli occhi dell’Entomologo mentre un singhiozzo scosse la sua cassa toracica.
Era davvero impazzito del tutto – Hinata provò paura più per quel gesto che per tutte le parole precedentemente dette.
E quando lui allungò una mano nella sua direzione, il suo sguardo si dipinse di puro terrore.
Una carezza le scivolò sulla guancia – Shino le sussurrò ancora parole in maniera più dolce.
-Era l’unica cosa che potevo fare, Hinata… Per il bene del mio Villaggio, per il bene di tutti noi… Dovevo eliminare quel cancro che infettava completamente il resto, di persone inutili davvero non ne abbiamo bisogno…-
Le dita si mossero con dolcezza fino a coprire l’intera bocca e a prendere, tra pollice e indice, le narici delicate del naso.
Hinata a quel punto non riusciva neanche a muovere il collo.
-La Principessa Tsunade aveva capito tutto, aveva capito ogni singola cosa… Era pericoloso lasciarla in vita, non sarei più riuscito nella mia missione. E io devo, assolutamente, portare a termine il mio compito… Solo io posso farlo…-
La presa si strinse, rubando lentamente l’ossigeno alla povera ragazza.
Le ultime parole che Hinata Hyuuga poté sentire furono il rivelarsi di una coscienza che oramai aveva ripudiato il proprio corpo.
Assieme a lei, la ragione di Shino se ne volava via, lontana e irraggiungibile.
-Non sai quanto mi dispiace…-

Ciò che alla fine si sarebbe trovato di quella dolce madamigella dagli occhi bianchi sarebbe stato un letto sfatto e un corpo contorto nel dolore della morte – e due lacrime sul viso, innocenza tradita e mutilata.
Ma quella notte qualcuno aveva deciso semplicemente di porre fine ad ogni inutile ipocrisia.
Non il Destino, non il Fato avrebbe sancito in maniera definitiva la parola fine. Nessuna volontà superiore o Divinità celeste.
Semplicemente, Shino Aburame avrebbe fatto quanto Dio stesso aveva mancato nei suoi compiti primari.

Lontano dall’Ospedale e da tutto quel frastuono assordante, stava rinchiuso nella propria casa Kakashi Hatake.
Guardava fuori dalla propria finestra verso l’edificio bianco che imperava, maestoso, su tutta la città – o almeno quello che ne restava.
Avrebbe atteso, lui, senza accalcarsi inutilmente facendo ressa laddove non era necessaria.
Non aveva senso recarsi in un simile frangente all’Ospedale, sicuramente ogni notizia gli sarebbe giunta il più velocemente possibile.
Però tutto questo non lo aiutava certo a calmare l’ansia che gli scuoteva il petto.
Non era un comune civile, sapeva come regolare le proprie emozioni senza rivelarle in maniera plateale – ma questo non significava che non le provasse nel proprio intimo.
E poi lui doveva restare lì per un motivo preciso, per fare da esca viva. Perché se quello era arrivato ad un punto tale di follia da tentare persino alla vita dell’Hokage, voleva dire che sicuramente non si sarebbe fatto scrupolo a colpire anche lui.
Dei colpi alla porta ruppero il silenzio della stanza e ogni pensiero ulteriore.
-Avanti, chi è?-
Anche senza presentazione, Kakashi sapeva fin troppo bene chi mai fosse l’uomo dietro quella porta. Non c’era bisogno di nessun annuncio.
Infatti, si fece avanti senza esitazioni il giovane Aburame, palesandosi agli occhi del proprio nemico.
Gli occhiali ben inforcati sul naso, il cappuccio a rendere ancora meno visibile il volto.
L’uomo l’osservò entrare prima di accoglierlo, acido.
-Oh, Shino… Sei arrivato qui alla fine…-
Eccolo, l’assassino di Sasuke Uchiha. L’uomo che a sangue freddo e sovvertendo ogni possibile regola di Konoha aveva ucciso, senza autorizzazione, un prigioniero di guerra.
Eccolo, il rivoluzionario. Quella molecola nociva tanto velenosa e mortale.
Non una parola volò più tra i due – ma solo kunai e shuriken, solo desiderio di morte e distruzione.

Si era svegliato di soprassalto nel proprio letto con una terribile sensazione a turbargli l’anima.
Dalla finestra della propria camera aveva sentito voci folli gridare al terrore più puro, pianti disperati e urla che annunciavano destini prossimi bui e pieni di angoscia.
Corso in strada con il fido Akamaru al proprio fianco, si era diretto immediatamente a Villa Aburame, due isolati dalla sua dimora.
E quello che Kiba Inuzuka vide con i suoi occhi fu l’annunciarsi di una strage che non avrebbe conosciuto tregua.
Accasciati al suolo ormai privi di vita, sommersi da una miriade di insetti che ne divoravano le carni voracemente, stavano Shibi Aburame e la sventurata consorte, i volti che esprimevano il più profondo terrore.
Con la morte nel cuore e qualcosa di incredibilmente più grande a soffocargli il respiro, Kiba aveva seguito l’odore di Shino ed era giunto a casa del maestro dello Sharingan.
Si fermò, stupefatto, quando lo stesso identico quadro si palesò al suo sguardo.
Il cadavere di Hatake era diventato una sorta di formicaio – insetti che andavano ovunque e da ogni luogo venivano – tanto che l’intera abitazione pareva sommersa da questi piccoli esseri.
In piedi, assolutamente incolume, stava Shino Aburame.
   
 
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