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Autore: Alaire94    26/05/2010    1 recensioni
[ho modificato il terzo capitolo, prima si chiamava "nel bosco"] Una vita monotona, dove ogni giorno è sempre uguale, dove si fanno le stesse cose e si vede la stessa gente e si va sempre nei stessi luoghi. E La paura, la paura della solitudine, di vivere soli in una grande casa, la paura dell'ignoto. E' questa la vita di Angelo. Eppure qualcosa cambia, un nuovo incontro, una ragazza che non è una semplice umana ... e finalmente la solitudine sparisce, la paura diventa coraggio ... E' la storia di un ragazzo alla ricerca di una ragione x vivere, di una razza in estinzione, di un grande amore capace di vincere su qualunque differenza e superare ogni ostacolo.  
" .... Nel frattempo la osservai attentamente: era magra e la sua pelle così bianca che in alcuni punti si potevano intravedere piccoli capillari capillari che le solcavano la pelle. Aveva il viso allungato, dai lineamenti orientali, la bocca piccola e rossa, in contrasto con la sua pelle bianca e i suoi capelli neri, illuminati dalla fioca luce del lampadario, rilucevano di uno strano bagliore violaceo. Nel complesso possedeva una bellezza straordinaria e misteriosa che non sembrava neanche umana.
( questa è la mia prima storia x vedere come viene accolto il mio modo di scrivere, leggete e sappiatemi dire)
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1. Qualcuno alla porta
Ero solo e il buio mi opprimeva quella notte. Nel mio letto continuavo a rigirarmi ininterrottamente, inquieto e con mille pensieri. Ogni rumore mi sembrava nascondere chissà quale mistero e ogni ombra mi pareva un orrendo mostro. Mi sembrava quasi di essere tornato bambino, quando nel pieno della notte avevo gli incubi e raggiungevo la mamma nel letto. Peccato che ormai avevo più di vent'anni e la mamma non era più con me, ora viveva lontano ...
Non c'è nulla di cui aver paura mi dissi rendendomi conto che tutte quelle inquietuduni non erano altro che delle ridicole e infantili paure. Il mio cuore riprese finalmente il suo ritmo normale e mi calmai. Piano piano, riuscii a chiudere gli occhi, a ignorare la realtà circostante, a liberare la mente, addormentandomi. I miei sogni però furono tormentati: sognai di cadere in un profondo dirupo e di non arrivarne mai al fondo. Sentivo il mio corpo pesantissimo e sbalzato ovunque, come nell'occhio di un gigantesco tornado. Non vedevo nulla, a parte una luce rossa sul fondo di quell'infinita fossa, la quale mi fece credere di essere morto, diretto verso l'inferno. Eppure non mi sembrava di aver mai fatto nulla di così malvagio: non avevo mai rubato, né tanto meno ucciso qualcuno, addirittura avevo sempre cercato di aiutare il prossimo. Una pena infernale mi sembrava davvero eccessiva per i peccati che avevo commesso.
Per fortuna, mi svegliai, tutto sudato. Dal piano di sotto sentii provenire forti rumori, come se qualcuno stesse cercando di scardinare la porta. Il cuore mi arrivò subito in gola, minacciando di uscire dalla bocca. Cosa dovevo fare?
Mille pensieri mi si affacciarono alla mente, uno dopo l'altro, eppure nessuno mi pareva realizzabile. Forse avrei dovuto scendere le scale di corsa e controllare, ma ero paralizzato: neanche un solo muscolo si azzardava a muoversi. Eppure non potevo restare lì impalato, aspettando che il ladro o chiunque fosse, entrasse in casa mia. Su, avanti sei un uomo! Pensai cercando di mantenere la mente lucida. Mi feci coraggio e piano piano, in silenzio, scesi al piano inferiore. Mi guardai attorno, nell'oscurità della mia grande casa, cercando di localizzare il rumore. Alla cieca, quindi, mi diressi verso la porta d'ingresso e la aprii proprio nel momento in cui il rumore cessò.
Davanti a me, in ginocchio, c'era una ragazza pallida, coi vestiti strappati e macchiati del sangue delle ferite sul corpo. - Chi sei? - Chiesi, diffidente. Lei mi guardò con occhi supplicanti, si aggrappò ai miei pantaloni e con voce flebile disse solo: - aiuto - per poi svenire, proprio di fronte ai miei occhi. 
A quel punto non sapevo proprio che fare. Avrei potuto chiamare la polizia o l'ambulanza, compiendo il mio dovere da buon cittadino e avere la coscienza a posto, oppure avrei potuto scegliere l'opzione più cattiva, lasciandola in mezzo alla strada in balìa dei pericoli della notte e punendola così per aver bussato alla mia porta a quell'ora tarda. Ovviamente, come al solito, scelsi la soluzione più altruistica. Stavo già facendo il numero dell'ambulanza quando un pensiero mi si affacciò alla mente: e se fosse venuta da me proprio perché non voleva essere trovata dalla polizia o portata all'ospedale?
Proprio in virtù di questo nuovo ragionamento feci una nuova scelta. Piano piano la portai sul divano e con cura le medicai le ferite. Dopodiché mi sedetti di fianco a lei, aspettando il suo risveglio. Nel frattempo la osservai attentamente: era magra e la sua pelle così bianca che in alcuni punti si potevano intravedere piccoli capillari  che le solcavano la pelle. Aveva il viso allungato, dai lineamenti orientali, la bocca piccola e rossa, in contrasto con la sua pelle bianca e i suoi capelli neri, illuminati dalla fioca luce del lampadario, rilucevano di uno strano bagliore violaceo. Nel complesso possedeva una bellezza straordinaria e misteriosa che non sembrava neanche umana.
Mi ero addormentato sulla poltrona quando lei si svegliò. Mi sfiorò un braccio delicatamente e mi svegliò.- Ciao - la salutai, ancora un po' assonnato. Mi guardò un attimo coi sioi piccoli occhi neri, come se non avesse compreso le mie parole, ma poi rispose: - ciao - Io cercai di sorridere e le chiesi il suo nome. Ancora una volta passò qualche secondo poi disse: - Candida -
Io sorrisi ancora, per metterla a suo agio. - E' un bel nome, anche se un po' particolare ... - lei annuì e poi chiese: - tu come ti chiami? -
- Angelo.
poi cadde fra noi un imbarazzante silenzio. Volevo chiederle che cosa le fosse successo da portarla in quello stato davanti alla mia porta, ma avevo paura, paura di farle rivivere brutti ricordi. - Grazie, Angelo - disse lei improvvisamente, sorridendo e solo in quel momento mi accorsi del suo accento straniero, che però non riuscivo a collegare a nessun Paese. - Di niente, ho fatto il possibile per aiutarti -
Lei sorrise ancora. - Come posso sdebitarmi con te? -
- Non ti preoccupare, non voglio nessuna ricompensa - dissi, cercando di essere gentile. - Sicuro? Farei qualsiasi cosa ... -
Io ci pensai un attimo, ma non trovai nulla da chiedere: infondo avevo tutto ciò di cui avevo bisogno. Una bella casa nuova, un lavoro per pagare l'università, dei buoni amici e dei genitori che mi volevano bene e mi pagavano l'affitto della casa. L'unica cosa che mi mancava era proprio l'unica che non poteva darmi: una ragione per alzarmi ogni santo giorno e vivere la mia vita.
- No, non c'è niente che voglio - risposi convinto. - Va bene, ora però sono stanca ... vorrei dormire ancora -
- certo, anche io andrei a dormire - conclusi alzandomi dalla poltrona e dirigendomi verso la porta. - Se hai bisogno io sono al piano di sopra, buonanotte - dissi spegnendo la luce e uscendo.
 
   
 
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