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Autore: Alaire94    29/05/2010    0 recensioni
[ho modificato il terzo capitolo, prima si chiamava "nel bosco"] Una vita monotona, dove ogni giorno è sempre uguale, dove si fanno le stesse cose e si vede la stessa gente e si va sempre nei stessi luoghi. E La paura, la paura della solitudine, di vivere soli in una grande casa, la paura dell'ignoto. E' questa la vita di Angelo. Eppure qualcosa cambia, un nuovo incontro, una ragazza che non è una semplice umana ... e finalmente la solitudine sparisce, la paura diventa coraggio ... E' la storia di un ragazzo alla ricerca di una ragione x vivere, di una razza in estinzione, di un grande amore capace di vincere su qualunque differenza e superare ogni ostacolo.  
" .... Nel frattempo la osservai attentamente: era magra e la sua pelle così bianca che in alcuni punti si potevano intravedere piccoli capillari capillari che le solcavano la pelle. Aveva il viso allungato, dai lineamenti orientali, la bocca piccola e rossa, in contrasto con la sua pelle bianca e i suoi capelli neri, illuminati dalla fioca luce del lampadario, rilucevano di uno strano bagliore violaceo. Nel complesso possedeva una bellezza straordinaria e misteriosa che non sembrava neanche umana.
( questa è la mia prima storia x vedere come viene accolto il mio modo di scrivere, leggete e sappiatemi dire)
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2. Casa silenziosa
 
La mattina mi svegliai alle sei e mezza, per andare all'università come tutte le mattine. Quel giorno però era diverso: non ero solo in quella grande casa ... ma c'era anche una ragazza. Sorrisi a quel pensiero mentre mi preparavo per uscire.
Dopo aver fatto una breve colazione, scrissi un biglietto in fretta e furia per la ragazza che da lì a qualche ora si sarebbe svegliata: " sono uscito e tornerò verso le quattro. Fai come se fossi a casa tua". Posai il biglietto sul tavolo della cucina e, senza neanche il tempo di verificare che stesse bene, uscii di casa per non perdere il treno.
Percorsi le solite strade e dal finestrino guardai la stessa campagna annebbiata che vedevo ogni santa mattina da quel treno sporco e dai sedili impregnati di fumo.
All'università non ascoltai molto: il professore, scrivendo continuamente su quella grande lavagna , sembrava comunicare nozioni vuote, come se fosse il protagonista di un film muto. Mentre io, nonostante sapessi di perdere cose importanti, pensavo. Pensavo a Candida, a chi fosse, da dove venisse e cosa le fosse successo per coondurla fino a me. Cercavo nella mia mente di ignorare quei pensieri e seguire il professore, ma era più forte di me, una vera ossessione.
Quando finalmente le lezioni finirono il tragitto verso casa mi sembrò infinito. Quelle case, quei campi, mi sembravano più grandi del solito, ognuno era un ostacolo che mi separava dalla mia casa e li contavo, uno ad uno, con accuratezza maniacale così come ogni fermata del treno.
Mentre i secondi passavano, lenti e inesorabili. tic, toc, tic, toc ... e io diventavo sempre più inquieto.
Quando finalmente aprii con un rapido gesto la porta di casa, mi accolse un silenzio tombale e il mio cuore, senza una spiegazione reale, cominicò a battere veloce.
- Sono tornato! - Esclamai e la mia voce rimbombò in modo spettrale per quella grande casa, non ricevendone risposta. Avanzai lentamente lungo il corridoio, producendo un ticchettio sul pavimento. - Candida! Dove sei? - Urlai ancora, un po' preoccupato, ma nuovamente non sentii nulla, nemmeno un minimo rumore. Forse se n'è andata pensai con un po' di tristezza.
Proprio in quel momento sentii uno scricchiolio proveniente dal piano di sopra. Teso come la corda di un violino salii le scale e mi guardai attorno. Una porta, quella della mia camera era chiusa, nonostante l'avessi lasciata aperta prima di andare via.
Senza pensarci, la aprii. Non ebbi il tempo di fare altro che qualcosa mi saltò addosso. Assomigliava vagamente a Candida, ma questo mostro non aveva un dolce viso come il suo, bensì era alterato da un'espressione malvagia. I suoi occhi erano di un rosso infernale, i canini erano lunghi a dismisura e al posto di piccole unghie, aveva enormi artigli.
La creatura mi colpiva e graffiava ripetutamente, cercando di addentarmi il collo con i denti aguzzi, ma io cercavo di divincolarmi, nonostante fossi più terrorizzato che mai. Probabilmente stava arrivando la mia fine, avrei pagato cara la mia ingenuità per aver fatto entrare un'estranea in casa.
Il mostro calò la sua testa su di me, schiudendo l'enorme dentatura, pronta a sferrarmi il colpo di grazia. Io urlai e la mia voce si spanse per tutta la casa. Ma il mostro, senza pietà, non si fece intimorire da quel grido disperato. Ero finito ...
All'improvviso però, un rumore distrasse l'essere. Io ebbi allora il tempo di afferrare uno degli enormi libri di fianco a me e sferrarglielo in testa, facendo perdere i sensi al mostro che cadde al suolo con un tonfo.
Restai un attimo impalato ad osservare il corpo orrendo della creatura, poi realizzai che non sarebbe rimasto svenuto a lungo e corsi via a gambe levate.
   
 
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