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Autore: Little Fanny    26/05/2010    5 recensioni
A volte la realtà non è come appare ed è questo che due contadini scopriranno a proprie spese.
Genere: Commedia, Comico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro Personaggio, Merlino, Principe Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Fandom: Merlin
Titolo: Niente è come sembra
Parte: 2/2
Personaggi: Arthur Pendragon, Merlin, nuovo personaggio
Rating: R
Genere: commedia, erotico
Conteggio parole: 6895 (Totale: 15029)
Avvertimenti: slash, sesso non descrittivo
Note: partecipa alla F3.U.CK.S fest @[info]fanfic_italia , per la sfida permanente @[info]fiumidiparole
Disclaimer: La storia è basata su fatti e personaggi creati e appartenenti alla BBC e a chiunque ne detenga i diritti. La storia non è scritta a scopo di lucro, ma solo per mio puro diletto.
Note iniziali: Seconda e ultima parte! Grazie per tutti i meravigliosi commenti, spero di non deludervi! E ora, buona lettura!


Capitolo due



Si fissarono per un tempo infinito e, senza fiatare, lasciarono di comune accordo il loro lavoro sul campo, involandosi verso l’interno del castello. Nella loro pazza corsa evitarono per un soffio di finire contro ad altri servitori, molto più indaffarati di loro, beccandosi anche qualche maledizione, per il loro irrispettoso passaggio. Riuscirono a dribblare qualsiasi guardia, che sicuramente si sarebbe insospettita nel vedere due uomini correre come se avessero la Morte Nera alle calcagna.

Infine, a corto di fiato, arrivarono davanti alle porte degli alloggi del Principe. Si posarono esausti contro il freddo muro di pietra, i fiati pesanti e accaldati dalla corsa scatenata. I loro sguardi si incrociarono, del tutto increduli della pazzia che li aveva spinti in quella parte del castello. Con le mani ancora sul petto, per vedere di regolarizzare il battito forsennato del loro cuore, si scambiarono un ghigno malandrino, avvicinandosi cautamente al pesante portone in legno.

Sentivano provenire dall’interno delle voci ovattate seguite da un rumore di ferraglia che cadeva con poca grazia sul pavimento. Accostarono le orecchie al legno massiccio, accorgendosi che, sotto il peso dei loro corpi, la porta si era socchiusa appena, lasciando libero un piccolo spiraglio da cui potevano sbirciare comodamente.

Si sentivano un po’ in colpa per quello che avevano intenzione di fare, ma sarebbero andati fino in fondo, desiderosi di scoprire se ci fosse davvero quello fra il principe e il suo servitore.
Non che Anthony non si fidasse di Michael, ma vedere i fatti con i propri occhi non poteva dare adito ad ulteriori dubbi. E poi immaginava quanto sarebbero diventati famosi agli occhi di tutti gli altri servitori: i primi a mettere in giro il piccante pettegolezzo dell’amante del futuro sovrano. Gustava già sul palato le leccornie che la cuoca donava solo a chi forniva delle novità succulente, i fiumi di birra che sarebbero scorsi nelle serate dei racconti delle conquiste. Magari, avrebbe potuto giovare dello spettacolo offerto dal principe e dal suo servitore per aumentare il suo giro di scommesse.
Quindi doveva assolutamente assicurarsi che ciò che avesse visto Michael la notte precedente fosse vero, altrimenti avrebbe dovuto dire addio a tutti questi benefici; niente più giorni di gloria e focacce calde per iniziare la giornata.
Per questo non si fece tante remore nello sbirciare. Avesse anche dovuto nascondersi nell’armadio reale avrebbe scoperto le attività segrete che il futuro sovrano intraprendeva col suo valletto.
Michael fissava attonito Anthony, che si strofinava assiduamente le mani, come fosse molto contento di qualsiasi cosa stesse pensando. Non credeva fosse così interessato a tutta la faccenda. Pensava che la sua fosse solo una curiosità spinta dall’appurare quanto le sue storie inventate avessero in realtà un vero fondamento.

“Idiota!”
L’epiteto poco carino soffiato dall’interno delle stanze reali li fece sussultare, facendo scattare le loro teste verso quel misero spiraglio che si erano creati. Da lì potevano parzialmente vedere il grande tavolo che occupava la stanza, su cui stavano venendo accatastate le diverse parti dell’armatura; il paravento da cui proveniva la voce seccata del Principe e il letto a baldacchino che si stagliava sul fondo della stanza.
“E voi siete un asino.” Sbuffò Merlin gettando con poca cura sul tavolo un’altra parte dell’armatura che era riuscita a sfilare dal corpo del suo futuro sovrano.

Odiava dover combattere, anche più volte al giorno, con tutti quei lacci e ferri per sistemare le protezioni sul corpo del suo signore. Molte volte doveva fare tutto due volte, vuoi perché l’allenamento quel giorno richiedesse l’uso della mazza ferrata, vuoi perché la stretta era troppo opprimente, o i lacci troppo allentati. Fatto sta che odiava davvero tanto il meccanismo dell’armatura e la questione peggiorava ancora quando Arthur si feriva.
Davanti agli altri si mostrava sempre spavaldo, definiva le ferite, anche quelle più profonde, dei semplici graffi, continuando magari a combattere o ad allenarsi. Per il pubblico appariva sempre invincibile e agli occhi dei suoi soldati instancabile. Ma quando si ritirava nella solitudine della sue stanze gettava a terra la maschera di combattente modello esigendo mille e più attenzioni. Guai se Merlin avesse scostato troppo velocemente la cotta di maglia dalla sua pelle ferita o non avesse preparato un bagno abbastanza ristoratore per le sue membra esauste. Merlin ogni volta sbuffava e non mancava di fargli notare quanto tutte le sue lamentele fossero fin troppo esagerate; ma, nonostante tutto, svolgeva il suo compito con molta più calma e dedizione, attento a non procurargli altro dolore. Internamente, invece, si sentiva orgoglioso di sapere che Arthur si fidasse così tanto di lui da calare completamente la sua maschera di uomo sopra le righe, che non poteva essere mai sconfitto.

I due contadini fuori dalla porta videro la bocca del Principe aprirsi e chiudersi più volte, prima di prendere la decisione di ribattere per le rime. Solo che la risposta non fu più formulata, stroncata sul nascere dall’alzarsi veloce della cotta di maglia che copriva ancora il corpo del futuro sovrano. Arthur si lasciò scappare un sibilo al brusco movimento, non riuscendo più a mascherare il dolore.
Merlin posò la maglia sulla sedia, regalandogli un sorriso saputo e del tutto meritato. Aveva avvertito quell’Asino Reale di non compiere sforzi e di stare a riposo qualche giorno, ma lui, ovviamente, gli aveva prestato ascolto? No! Perché lui era il solito, inutile, sciocco Merlin e l’altro un Testardo Reale, con la testa offuscata dai troppi colpi presi e poco avvezza a preservare la propria sopravvivenza.

Arthur lo fissava in piedi, con una mano sulla spalla ancora dolorante. Sapeva di essersi meritato un simile trattamento; in fondo se l’era proprio cercato, non avendo prestato cura alle raccomandazioni del suo valletto. Tuttavia poteva sopportare quella predica muta, ma non il suo comportamento sfrontato, quindi rimase immobile, con un piede che batteva irritato sul pavimento.
Merlin roteò gli occhi, indovinando al volo dove quel bizzarro modo di fare volesse andare a parere.
“Siete un Asino, ma sempre di quelli Reali.” Bofonchiò a mezza bocca, elargendogli un sarcastico inchino.
“A volte mi domando come mai non mi sia sbarazzato di te ancora molto tempo fa.” Commentò laconico Arthur, notando come ormai il suo valletto non si impegnasse nemmeno nel fare finta di portargli un minimo di rispetto.

“Perché sono indispensabile!” ribatté svelto Merlin, iniziando a passare un panno umido sul torso del suo signore.
“Si. Un indispensabile chiacchierone, incapace di stare zitt-“
“Ma che vi tiene compagnia in tutte quelle noiosissime cene di corte e banchetti vari.” Terminò la frase Merlin sfidandolo con gli occhi ad ammettere il contrario.
Ogni volta che c’era un qualche banchetto, o qualche cena, anche la più spartana, era sempre al fianco del suo signore, con l’assurdo copricapo di piume, frutto sicuramente di un errore sartoriale. Non poteva sul serio immaginare che quel cappello dai colori sgargianti potesse addirittura essere stato creato apposta. Doveva sicuramente esserci un qualche tipo di errore dietro, perché nessuna persona con un minimo di senso estetico poteva pensare a una cosa così orripilante. O che il sarto quella mattina fosse stato particolarmente addormentato, per mettere assieme quell’accozzaglia assurda di colori, o l’autore di siffatta opera doveva essere affetto da un tremendo mal di pancia o da cecità acuta. Erano le uniche spiegazioni che riusciva a darsi per l’esistenza di quella divisa.

Arthur sbuffò appena, rimanendo in silenzio.
“E non provate nemmeno a smentire il fatto che non vi piaccia. Io sono sempre una valida scusa per far arrossire le altre commensali e un pretesto per i vostri discorsi sconci con i cavalieri. Non credete che io non lo sappia.” Lo provocò Merlin afferrandogli il volto tra le mani.
“Sei sempre un ottimo argomento di conversazione,” ne dovette convenire il Principe muovendo una mano a minimizzare il tutto. Non poteva dargliela vinta anche quella volta!
“E poi, senza il mio validissimo aiuto,” continuò a parlare l’altro come se nulla fosse, facendo attenzione che ogni ferita fosse perfettamente pulita, “non trovereste nemmeno una scusa per defilarvi dai quei ‘divertentissimi’ banchetti e rintanarvi nella tranquillità delle Vostre stanze!”
Arthur borbottò qualcosa sottovoce facendo scoppiare Merlin in una fragorosa risata.
Il servitore lo fissò di sottecchi, sorridendo internamente per aver vinto anche quella battaglia. Immerse nuovamente il panno nella tinozza d’acqua, pulendo quel corpo dalla terra e dallo sporco, prima di iniziare a disinfettare le ferite.
“Ecco fatto! Siete come nuovo!” Proclamò il servitore all’indirizzo del suo padrone, ammirando con soddisfazione il proprio lavoro. Tutte le ferite erano perfettamente curate e disinfettate. Non sarebbe rimasta nemmeno una cicatrice.

“Non mi sembra ci sia niente di strano in questi due.” Mormorò Anthony all’indirizzo del compare. Certo, non era il solito rapporto servo-padrone, ma tra loro non c’era nemmeno tutta quell’intimità di cui Michael continuava a blaterare da tutto il santo giorno.
Michael rimase in silenzio. Era sicuro di ciò che le sue orecchie avevano udito la notte precedente. In quei due c’era molto di più di quello che gli occhi davano ad intendere.

Non successe nulla di particolare per il tempo che i due servitori rimasero lì.
Merlin servì la cena servizievole, curando ogni minimo dettaglio: dal piatto ricco di qualsiasi pietanza piacesse al Principe al bicchiere sempre pieno del suo vino preferito.
Non mancarono certo le frecciatine che ogni tanto si lanciavano, tra loro si poteva respirare aria di perfetta sintonia, ma non c’era niente di più che potesse far intendere che tra Principe e servitore ci fosse un rapporto che andasse al di là dell’amicizia.

“Mi avevi promesso qualcosa di più piccante!” Smozzicò Anthony seccato, il collo che cominciava a dolere per l’assurda posizione che aveva adottato per origliare meglio.
Michael stava per ripetere per l’ennesima volta che era convinto di ciò che aveva sentito la notte precedente, quando un rumore proveniente dall’interno della stanza lo fece zittire di colpo. Merlin si era seduto accanto al suo signore, posando la caraffa colma di vino sul tavolo e sporgendosi verso di lui, una mano che scattava indecisa dal ginocchio al piano del tavolo.
“Come vi sentite oggi?” domandò il servitore decidendo in fine di posare la sua mano sul tavolo, le dita che si allungavano a sfiorare quelle del suo signore.
Arthur lo fissò con un ghigno sulle labbra, sistemandosi meglio sulla sua sedia preferita.
“Benissimo. Non credere che le tue manine possano anche solo lontanamente riuscire a mettermi fuori gioco.” Commentò afferrando quelle lunghe dita sottili e avvicinandosele al volto per osservarle con più attenzione. Erano piccole e morbide se confrontate coi suoi palmi, dove si potevano sorgere i segni lasciati dall’assiduo allenamento con la spada. Sembravano così fragili ma sapeva perfettamente quanta potenze fosse rinchiusa in quel piccolo palmo. Le carezzò sovrappensiero, godendosi il contatto tra quella pelle così liscia e la propria così ruvida.
Arthur alzò il volto ad incontrare quello di Merlin, leggendovi una strana espressione che gli fece inarcare il sopracciglio. Mollò di scatto la presa sulla sua mano, riprendendo a mangiare come se niente fosse mai accaduto.
Merlin non proferì parola, rimanendo immobile a scrutare il proprio principe.

“Qualcosa c’è.” Bisbigliò Anthony all’orecchio dell’altro con gli occhi che continuavano a scattare tra la mano del Principe che centellinava gli acini d’uva e quella del servo che batteva ritmicamente sul tavolo.
“Te l’avevo detto, uomo di poca fede.” Ribatté l’altro, lasciando che un sorriso gli increspasse il volto.
Anthony sollevò gli occhi al cielo. Va bene, va bene. Doveva dargliene atto. Aveva ragione, ma un conto era fidarsi delle voci di corridoio, un altro era appurare coi propri occhi quanto quelle voci potessero essere fondate. Sperava comunque di riuscire a ricavare qualche informazione più succulenta di una carezza ad una mano.

“Andiamo?” domandò dopo un po’ Michael che stava iniziando a perdere sensibilità nella parte inferiore del proprio corpo per l’assurda posizione che aveva adottato per origliare meglio. Erano appostati dietro quella porta ormai da un bel po’ di tempo e non c’era più stato niente di eclatante tra il Principe e il proprio servitore. Stava iniziando ad annoiarsi e più rimanevano fermi in quel corridoio, più la possibilità di essere scoperti a spiare si faceva alta. Come avrebbero spiegato alle guardie la loro compromettente e alquanto imbarazzante situazione? Batté piano sulla spalla del suo compare per ricordargli che magari era ora di andare: il campo non si sarebbe di certo gestito da solo.
Anthony per tutta risposta scrollò le spalle, per nulla intenzionato ad abbandonare la posizione.

“Va bene. Io vado.” Rispose Michael con un sospiro, facendo per allontanarsi dal battente di legno. Non riuscì a fare nemmeno due passi che Anthony gli afferrò il braccio, costringendolo a tornare sui suoi passi.
“Che c’è adesso?” Chiese aspro e seccato. Era stanco di origliare. Avevano raccolto le prove che tra il Principe e il proprio valletto ci fosse qualcosa di più che una semplice relazione servitore-padrone, cos’altro dovevano sapere?
“Torna qui.” Disse l’altro tra i denti, guardandolo con sguardo supplicante.
Michael sbuffò, ma acconsentì a rimanere qualche altro minuto. Accostò di nuovo l’orecchio alla porta, cogliendo qualche stralcio di conversazione.

Merlin si era alzato in piedi e aveva sparecchiato la tavola, mentre Arthur se ne stava bellamente spaparanzato sulla sedia a osservarlo lavorare facendo ondeggiare il vino nel bicchiere. Il servitore parlava e parlava, ogni tanto si fermava per raccogliere una maglia finita chissà come sopra l’armadio lanciandola nel cesto della biancheria da lavare il giorno seguente, e poi riprendeva a parlare. Ovviamente Arthur non gli prestava attenzione. Lo si poteva vedere perfettamente da come il suo sguardo vagasse senza posa lungo il corpo così magro ed esile del proprio valletto, soffermandosi su quelle labbra che continuavano a muoversi prese dall’euforia del discorso senza che lui riuscisse ad afferrarne nemmeno una parola. Improvvisamente Merlin ammutolì, fermando quel fiume in piena che era stata la sua conversazione fino a quel momento, per sollevare lo sguardo verso il baldacchino. Arthur seguì la direzione dei suoi occhi, cogliendo ciò che aveva finalmente zittito il suo servitore.

“Arthur?” Domandò Merlin indicando quello strano indumento che pendeva sopra ai tendaggi del letto. “Che cos’è?”
Il Principe inclinò la testa di lato, valutando per un momento l’oggetto prima di fissare nuovamente il suo servitore.
“Ah. Se non lo sai tu.” Commentò bevendo un sorso abbondante di vino, mentre si gustava divertito la scena di Merlin che saltellava per riuscire a tirare giù l’indumento. “Sei tu l’addetto alle mie stanze, quello che deve farmele trovare sempre pulite e in ordine. E-” continuò, afferrando senza grande sforzo l’indumento, “-credo che questi pantaloni siano da lavare.” Concluse lanciandoli in faccia al servo.

Merlin borbottò qualche ingiuria a mezza voce, facendo cadere i pantaloni sull’enorme pila dei panni sporchi. Avrebbe avuto un bel po’ di lavoro da fare per i giorni seguenti.
“La pulizia delle mie stanze devo dire che lascia molto a desiderare.” Commentò ancora il Principe lanciando un’altra maglia che aveva scovato sotto al letto. Merlin la afferrò al volo, non mancando di notare la smorfia di dolore apparsa per un attimo sul viso del suo signore.
“Sarà che forse vi cambiate con troppa irruenza. E non sempre riesco a ricordarmi dove la vostra persona lanci i suoi indumenti regali.” Ribatté appallottolando la maglia e raccattando dal pavimento quella che, ahimè ancora pulita, Arthur si era sfilato e aveva tentato di lanciare sulla sedia, senza riuscirci.
“Vorresti dirmi che la vista di questo magnifico, forte e muscoloso corpo ti distrae, Merlin?” sibilò Arthur, pronunciando provocatoriamente il nome del proprio servitore.
“No. Siete voi, con le vostre assurde richieste che mi distraete.” Ribatté il ragazzo per nulla intimorito di fronte all’occhiata di rimprovero che la sua subitanea negazione aveva provocato.

“Uhuh.” Commentò Anthony, osservando affascinato l’evolversi degli eventi. “Due a uno per Merlin.”
“Quel ragazzo ci sa davvero fare.” Concordò Michael, comprendendo finalmente cosa potesse avere quel servitore di così particolare.

Arthur si mise più comodo sul letto, scrollando le spalle come se quello che avesse appena detto il suo servitore non l’avesse toccato minimamente. Il movimento però non ebbe l’esito voluto, visto che questa volta non riuscì a impedire che un lamento lascasse la sua bocca.
Merlin accorse subito al suo capezzale con un’espressione preoccupata sul volto.
“Come vi sentite, Sire?”
“Bene.” Ringhiò questi facendo per allontanarsi dalla presa di Merlin. Il giovane inarcò un sopracciglio per niente soddisfatto della risposta ricevuta. Quando ci si metteva Arthur sapeva comportarsi davvero come un bambino che faceva i capricci. Lo sapeva che mentire non li avrebbero portati da nessuna parte, men che meno sarebbe servito a Sua Signoria Non Mi Lamento Mai Reale.

“La spalla.” Spiegò dopo un po’ Arthur con uno sbuffo.
“Cosa vi avevo detto ieri sera?” Lo riprese Merlin, avvicinandosi per osservare meglio l’arto in questione. Effettivamente era più gonfio del giorno precedente e si era anche formato un piccolo ematoma. Ci passò su un dito delicatamente vedendo Arthur sussultare al tocco.
“Ehi! Fa attenzione!” ringhiò allontanandosi di scatto.
“Forse non farebbe così male adesso se voi almeno per una volta mi aveste dato ascolto!” Sbottò infine non riuscendo più a contenersi. “Ora, forza, giratevi a pancia in giù.” Ordinò secco, mentre si sporgeva verso il comodino alla ricerca di qualcosa.

Michael e Anthony non riuscirono a cogliere la risposta del principe ereditario, ma non mancarono di notare il luccichio vittorioso negli occhi del suo valletto, quando trovò ciò che stava cercando. Il ragazzo gattonò fino al corpo rilassato del principe, posizionandosi sulle sue gambe distese e posandogli un bacio nell’incavo della sua schiena.

I due contadini si guardarono negli occhi, specchiandosi in due identici sguardi sbarrati e sconvolti. Le cose stavano decisamente scaldandosi all’interno di quella stanza. Si appiattirono ancora di più contro il battente di legno e smisero persino di respirare per cogliere ogni più piccola battuta e ogni minimo sospiro. Aguzzarono la vista, cercando di riuscire a sbirciare il più possibile ciò che stava succedendo su quel letto.

Videro il Principe Ereditario inarcarsi leggermente per andare incontro a quei baci appena soffiati che risalivano leggeri lungo la sua spina dorsale, per poi proseguire più irruenti dietro al collo, dove il respiro veloce di Merlin gli solleticava i capelli della nuca. Le mani del servitore passavo morbide sulla pelle nuda della schiena, lasciando una leggera traccia di unguento al loro passaggio.

“Avrei dovuto legarvi al letto questa mattina.” Disse uno sfacciato Merlin abbassandosi sul corpo del suo signore fino ad arrivare all’altezza del suo orecchio.
Anthony e Michael videro le labbra del servitore muoversi a sussurrare qualcosa, cercarono di drizzare le orecchie, per carpire qualche stralcio della conversazione, ma l’unica cosa che riuscirono ad udire fu un mugugno soddisfatto provenire dalle labbra del Principe.
“La prossima volta protesti provarci.” Lo sfidò il futuro sovrano, voltando appena il volto all’indietro a fissare gli occhi in quelli brillanti del proprio servitore.
“Scommetto che ti piacerebbe.” Rispose un malizioso Merlin, sollevandosi dal corpo del suo padrone e mettendosi più comodo, a cavalcioni delle sue gambe.

“Però! Non ci vanno certo per il sottile.” Commentò Michael che stava iniziando a godersi davvero quello spettacolo insperato.
“Parla quello che voleva andarsene.” Gli rispose Anthony evitando per un soffio il primo pugno diretto alla sua spalla e invece beccandosi in pieno la sberla sul copino. “Ehi! È così che si ringraziano gli amici?” Piagnucolò Anthony massaggiandosi la parte lesa al che Michael gli rispose con una linguaccia, tornando a prestare attenzione a quello che succedeva all’interno della stanza.

Merlin nel frattempo aveva ripreso la boccetta di unguento tra le mani, versandosene una buona quantità sul palmo. Strofinò le mani tra loro scaldando la sostanza oleosa, mentre con un picco cenno del capo intimava ad Arthur di rimettersi prono, lasciandogli svolgere il suo lavoro in pace.
Calò ancora una volta le mani lungo la schiena, massaggiando i muscoli indolenziti e sciogliendo i nodi sulle spalle. Ogni volta che Arthur tornava da un allenamento impegnativo o da una discussione troppo accesa doveva passare un’intera serata a far scemare la tensione da quelle spalle. Gaius gli aveva spiegato come fare e, dopo tutto il tempo passato a servizio del suo signore, doveva ammettere che quello era il compito che più gli piaceva. Inoltre quel compito portava risvolti positivi anche per lui.

Passò con cura dalle spalle fino ai fianchi, premendo dove sentiva la tensione più opprimente, carezzando quella pelle che conosceva ormai a menadito. Risalì verso l’alto lungo la spina dorsale, premendo con pollici proprio al centro, mentre le dita scorrevano leggere sulle costole.
Arthur ogni tanto si lasciava scappare dei mormorii di piacere, via via che sentiva la tensione abbandonare il suo corpo per venir sostituita da un leggero calore che si faceva strada lungo la sua pelle esposta fino all’interno delle sue ossa, lasciando un leggero sentore di benessere.
“Come va?” Sussurrò Merlin sentendo il corpo sotto al suo rilassarsi sotto il dolce assalto delle sue mani.

Arthur si girò di scatto e lo baciò sulla bocca, stupendo il servo per la velocità del gesto. Un braccio era puntellato sul materasso, mentre l’altro era risalito ad ancorarsi ai capelli neri del suo servitore, premendo il suo volto contro il proprio. Lo baciò voracemente, reclamando quelle labbra che l’avevano torturato per tutta la serata, succhiando quella lingua tagliente che avrebbe dovuto prendere il posto delle mani sulla sua schiena per quello che era in grado di procurargli.

Un rumore improvviso li fece allontanare di scatto, portando i due a focalizzare tutta la loro attenzione sul groviglio di braccia e gambe che si dibatteva sul pavimento.
Merlin scese dal letto, premurandosi di lanciare una maglia ad Arthur prima di avvicinarsi ai due intrusi che erano riusciti, in una qualche maniera, a mettersi seduti.
Li fissò qualche secondo, ricollegando poi quei volti coi due contadini che aveva incontrato poco prima.
“Anthony.” Lo salutò cortesemente offrendogli una mano per rialzarsi in piedi. “E Michael, giusto?” Disse all’altro portandogli lo stesso aiuto.
“Come mai da queste parti?” Si premurò di chiedere dando loro un bicchiere di vino a testa, seguendo l’ordine muto del suo signore. Arthur, ormai vestito, girava attorno ai due intrusi come era solito fare il gatto col topo prima di sferrare un attacco. Li stava studiando, con gli occhi catalogava tutte le loro mosse, cercando il modo più divertente per giocare con loro, prima di attaccarli con più serietà.

I due contadini deglutirono, sentendosi improvvisamente molto sciocchi per il piano geniale che avevano voluto portare avanti. Rivelarono tutto: dallo scherzo, alla conversazione origliata la notte precedente fino ad arrivare al motivo per cui si trovassero lì, all’interno delle Stanze Reali con un Principe molto arrabbiato che li fissava in cagnesco.

Arthur sbuffò, lanciando con poca cura un ceppo nel fuoco che si ravvivò lanciando scintille e iniziando a bruciare con gioia quella nuova fonte di combustibile.
“Ancora una volta è colpa tua, Merlin.” Strascicò senza nemmeno girare il volto verso il suo servitore, le iridi fisse nella contemplazione del fuoco che divorava il legno.
“Mia?” Domandò basito il servo.
“Certo! Sei tu quello che mi trotterella sempre dietro, col tuo modo di fare troppo disinvolto. Arthur di qua, Arthur di là. Devi mostrarmi più rispetto quando siamo in pubblico, poi ci credo che gli altri servitori del castello si facciano strane idee su noi due.”
“Oh, sì, certo. Perché invece voi siete la segretezza fatta persona.” Iniziò ad accusarlo Merlin avvicinandosi al suo signore.

Michael e Anthony guardavano quello scambio di frecciate come ipnotizzati, la palla del ‘scaricare la colpa’ che rimbalzava dall’uno all’altro dei due contendenti.
Arthur lo fissò di rimando con un sopracciglio inarcato ad arte, la perplessità ben dipinta sul volto.
“Tutto quel toccare quando mi date ordini, che siate nella piazza del mercato o impegnato sul campo in un allenamento con i vostri cavalieri. Pure davanti a vostro padre non riuscite a trattenervi.”
“È che tu sei il servitore peggiore che Camelot abbia mai potuto vedere aggirarsi tra le sue mura. E devo spiegarti sempre cosa fare e come.”
“Ma il vostro letto sembra pensarla in maniera diversa.”

Colpito e affondato.

Michael e Anthony videro l’erede al trono aprire e chiudere la bocca più volte, senza che ne scaturisse alcun suono. Sembrava un pesce fuor d’acqua e, se non fosse stato per il colorito sempre più rosso che stava prendendo possesso delle sue guance, sembrava che stesse per morire da un momento all’altro.
I due contadini cercarono di farsi più piccoli possibile, in modo che fossero risparmiati dalla furia cieca che sicuramente si sarebbe abbattuta di lì a poco.
Passarono lunghi minuti in completo silenzio, la tensione che cresceva per ogni granello di sabbia che scendeva nella clessidra, scandendo il tempo con inesorabile lentezza. Osservarono i due litiganti squadrarsi a lungo, ognuno concentrato nel rinfacciare all’altro l’esatto momento in cui la loro relazione clandestina era diventata di dominio pubblico. Potevano vedere l’ansia nel corpo di Merlin, la tensione in quello di Arthur.
Di lì a poco sarebbero scoppiati e, con un rapido cenno del capo, i due contadini concordarono su una veloce ritirata. Strisciarono il più silenziosamente possibile verso l’uscita, ma, prima di poter guadagnare la libertà, una risata li bloccò sul posto.

“Non ce la facevo più!” commentò Merlin avvicinandosi ad Arthur per sostenere il proprio corpo sconvolto dalle risate.
Michael e Anthony si fermarono sull’uscio della porta, guardando sconvolti il loro signore e il suo servitore in preda ad un attacco di riso.
“Tornate indietro…” riuscì a dire Arthur tra una risata e l’altra, puntando un dito contro i due poveri malcapitati che non poterono far altro che eseguire i suoi ordini, andando a sedersi sulle due sedie che venivano loro offerte.
“Per gli dei del cielo… ma hai visto le loro facce?” Disse Arthur rivolgendosi a Merlin che, come lui, non riusciva a smettere di ridere. Entrambi si girarono a fissare i due contadini ottenendo solamente un altro attacco incontrollato di riso che li fece stramazzare al suolo.
“Io… voi…” balbettò Merlin indicando a turno se stesso e Arthur, non riuscendo a contenere le risate. “Ma davvero hanno creduto che…”
E ripartirono a ridere, lasciando i due contadini al tavolo a domandarsi il motivo di tanta ilarità. Non riuscivano a comprendere cosa fosse successo in quei pochi minuti tra quei due da far cambiare così repentinamente il loro comportamento. Un attimo prima sembravano pronti a combattere per determinare chi avesse avuto la colpa maggiore nel far scoprire la loro tresca e un attimo dopo erano entrambi piegati in due dalle risate. Che avessero perso qualche passaggio mentre stavano elaborando il loro tentativo di fuga? Si guardarono negli occhi perplessi, sentendo una risatina isterica iniziare a farsi strada nella loro gola prima di scoppiare anche loro a ridere di gusto.

Così come avevano iniziato a ridere Arthur e Merlin tornarono seri, fissando con intensità i due contadini che adesso li guardavano con la preoccupazione ben dipinta sui loro volti.
Arthur iniziò a girare attorno al tavolo come aveva già fatto in precedenza, qualsiasi riferimento all’ilarità precedente completamente cancellata dal suo volto, mentre Merlin si sedette dall’altra parte, scrutando con attenzione i due.
Improvvisamente Arthur sbatté con violenza i pugni sul tavolo, facendo sussultare Anthony e Michael che scattarono sull’attenti. Merlin si girò a guardarli, premendosi una mano sulla bocca, mentre gli occhi si allargavano sempre di più.

“È troppo semplice così!” disse Arthur scatenando di nuovo l’ilarità del suo valletto che non riuscì più a frenare le risate. I due contadini occhieggiarono gli altri occupanti della stanza come avessero a che fare con delle strane bestie pericolose e loro fossero le povere vittime sacrificali. Si maledirono per la loro curiosità più e più volte, mentre vedevano gli altri due non riuscire a contenere le risate.
“Forse dovremmo spiegare,” propose Merlin appena ebbe ripreso un attimo di fiato. Arthur lo guardò male per un momento, si stava divertendo davvero tanto e non voleva che lo scherzo finisse così presto. Tuttavia acconsentì a malincuore e, con un cenno sbrigativo della mano, lo invitò a rendere partecipi i due poveri malcapitati del loro piano geniale, mentre lui si versava una buona quantità di vino.

Michael e Anthony ascoltarono in silenzio la spiegazione del valletto del principe, arrossendo per essere caduti come due novellini nella trappola.
“Però devo ammettere che siete stati degli ossi davvero duri prima di capitolare!” Li confortò Merlin vedendo i loro volti paonazzi fissare con intensità le nervature del tavolo di legno.
“E questo ha reso tutto ancora più divertente!” Aggiunse Arthur posando una mano sulle spalle dei due contadini. “Vi devo ringraziare, signori. Mi sono davvero divertito.”

I due balbettarono un sottospecie di ringraziamento senza sollevare nemmeno gli occhi, vergognandosi troppo per aver creduto davvero a quell’assurda storia.
“Potete andare,” ordinò Arthur ai due. “Ma, mi raccomando, che questo rimanga tra di noi, se tenete a cuore la vostra testa.” Li ammonì invitandoli ad alzarsi.
Michael e Anthony non se lo fecero ripetere due volte e in men che non si dica erano già scomparsi dietro l’angolo, col solo obiettivo di mettere tanti più corridoi tra loro e la loro più grande vergogna. Davvero avevano pensato, ma avevano davvero creduto, che il Principe, il loro futuro sovrano, potesse farsela col proprio servitore? Dovevano essere usciti di senno. Tutto quel chiacchiericcio tra servitori doveva aver loro dato alla testa.

Merlin chiuse in fretta la porta a chiave, voltandosi a fissare il suo signore che lo attendeva pazientemente al tavolo.
“Il piano ha funzionato, no?” balbettò torcendosi le mani dietro la schiena.
“Oh, sì. Perfettamente.” Smozzicò Arthur tra i denti, cercando di perforare con lo sguardo il proprio servitore che deglutì sotto quell’esame. “Ora il mio popolo mi crederà un giullare. Mio padre alle feste darà a me l’onore di fare il buffone di corte.”
Arthur sbuffò accasciandosi sulla sua sedia preferita.
“Scherzare con la servitù.” Mormorò con un sorriso sulle labbra. “Solo tu potevi trovare una scusa così patetica.”
“Ma ha funzionato.” Ripeté Merlin sedendosi sul tavolo di fronte al suo signore, le gambe che ondeggiavano a colpirgli scherzosamente un braccio.
“Speriamo che non raccontino nulla in giro.” Bofonchiò ancora a mezza voce, per nulla convinto della rassicurazione di Merlin. Gli bloccò con una mano la caviglia, fissandolo negli occhi.
“Credo tu li abbia terrorizzati abbastanza. E penso che ti credano un po’ pazzo, quindi non mi preoccuperei troppo fossi in te.”
“E casomai…” aggiunse Arthur fissandolo intensamente.
“E casomai ci penserò io.” Sospirò Merlin, sperando di non dover mai raggiungere a quell’ultima ipotesi.
“Bene.” Esclamò Arthur più sollevato, facendo risalire la mano lungo la gamba del servitore.
“Sperando che non succeda come con la lavandaia, poverina. Dopo quell’incantesimo di rimozione parziale della memoria non è più stata la stessa.” Sospirò Merlin affranto, sentendosi ancora in colpa per come l’aveva ridotta. Era andata in giro per Camelot con lo sguardo imbambolato per giorni, continuando a borbottare qualcosa su pesce e profumo di donna. Alla fine aveva dovuto sottoporla a un magico riposo forzato e Merlin aveva giurato che non sarebbe mai più ricorso alla magia per occuparsi di quell’enorme problema. Così, ogni volta che la loro relazione finiva per diventare di dominio pubblico gli toccava inventarsi delle storie sempre più incredibili per evitare che Arthur gli richiedesse di usare quella che lui aveva ormai definito come L’Arma Estrema.

“Vogliamo discutere ancora di quello,” La voce di Arthur lo riportò di colpo alla realtà e all’interessante situazione in cui attualmente si trovavano. “O magari, ma solo se ti aggrada sai, potremmo dedicarci ad attività più interessanti?” Lo minacciò il Principe col sorriso sulle labbra, tirando l’esile corpo del proprio valletto su di sé.
“Oh, mio Signore. Ma che proposte indecenti mi fate?” scherzò Merlin mettendosi più comodo sul grembo dell’altro, intrecciando le mani dietro al suo collo. “Vado a chiedere aiuto ai due prodi contadini!”
Arthur bloccò ogni altra sua battuta, ogni sua altra sua protesta sul nascere, prendendo possesso delle sue labbra, attirandosi il suo corpo ancora più vicino.

Ora che erano finalmente soli non aveva più bisogno di fingere di gradire le attenzioni che Merlin gli regalava e in questo preciso momento aveva seriamente voglia di godersele fino in fondo. Il Principe fece risalire le mani sotto la casacca del suo servitore, accarezzando la pelle morbida, mentre sentiva le dita dell’altro ragazzo passare tra i suoi capelli, avvicinando ancora di più i loro visi.

“Hai ancora intenzione di chiedere aiuto ai due contadini?” Domandò Arthur appena si separarono alla ricerca di altro ossigeno.
“Uhm…” mormorò Merlin, tirando appena i capelli per esporre il suo collo all’assalto della sua bocca. “Non credo…” disse premendo i denti sulla pelle sottile, lasciandogli un piccolo marchio. Risalì con calma fino al mento, depositando tanti piccoli baci a segnare il suo passaggio, prima di riprendere possesso delle sue labbra.
“A meno che non vogliano assistere allo spettacolo.” Propose con un luccichio malizioso negli occhi.

Arthur ringhiò in risposta affondando le unghie nella sua carne e letteralmente strappandogli la maglia dal corpo. Lo baciò brutalmente, come a voler cancellare dalle sue labbra ogni minima traccia delle parole appena pronunciate. Merlin represse un mugolio di piacere, spingendo il suo bacino a incontrare quello del suo signore.
“Non ci pensare nemmeno.” Lo minacciò Arthur mordendogli una spalla, andando incontro alle spinte del ragazzo. Scese coi denti lungo il suo corpo, lasciandogli il segno del suo passaggio su qualsiasi lembo di pelle su cui riusciva ad arrivare a tiro. Merlin tremava sotto il suo assalto, le sue dita artigliate ai capelli del principe a spingere la sua testa contro la propria pelle bollente come per intimarlo a reclamarla come sua proprietà.

Arthur lo afferrò saldamente per i fianchi, depositandolo sul suo letto prima di fiondarsi ancora su di lui. L’aveva fatto impazzire in quel lungo pomeriggio. Tutto quel toccare, per far capitolare i due curiosi e il bisbigliare, per far impazzire lui. E c’era riuscito. Lo baciò con foga, reclamando il possesso di quelle labbra e cancellando ogni sorriso soddisfatto dalle labbra di quel servitore insolente.

“Se avessi saputo-” bisbigliò Merlin appena ebbe la possibilità di aprire bocca per parlare, “che essere scoperti dalla servitù ti avrebbero fatto quest’effetto,” gli mancò il respiro quando con la coda dell’occhio vide la lingua birichina del principe giocare col suo ombelico, “dovrei calcolare di farci scoprire più spesso.” Concluse lasciandosi sfuggire un sospiro di piacere.
“Oh. Non ci pensare nemmeno.” Ripeté Arthur, continuando a torturare il corpo del proprio servitore con la bocca e con le mani, liberandolo di tutti i vestiti che ormai gli erano solo di intralcio. Si fermò ad osservarlo, così rilassato mentre se ne stava comodamente sdraiato sulle coperte, gli occhi brillanti e le labbra rosse. Sorrise, di un sorriso felino, prima di avventarsi di nuovo su di lui.
“Tu sei solo mio.” Ringhiò sdraiandosi sul suo corpo, avvertendo il membro pulsante del proprio servitore premere sulla sua gamba. Si mosse un poco, fino a quando non trovò la giusta angolazione che gli spedì una carica di adrenalina lungo il corpo.
Merlin si inarcò, sconvolto dal piacere, le dita che artigliavano in maniera spasmodica le coperte sotto di sé.
“Se è questo l’effetto…” ripeté Merlin al suo orecchio, ormai senza fiato. Qualsiasi cosa ne pensasse Arthur, se questo era il suo modo di reagire ogni qualvolta che venivano scoperti, avrebbe fatto davvero qualsiasi cosa possibile per farlo accadere di nuovo.

Nella stanza si potevano sentire solo mugolii di piacere e i loro respiri affrettati, fino a quando Arthur non si tirò bruscamente indietro facendo sfuggire a Merlin una leggera imprecazione.

“Cosa c’è?” sbottò Merlin fissando il suo sguardo burrascoso in quello di Arthur totalmente pacifico.
“C’è che ti devo punire per averci fatto scoprire.”
Merlin lo fissava sbigottito. Un attimo prima era tutto passionale ed irruente e l’attimo dopo era tornato a comportarsi da asino quale era.
“È tutta colpa tua e dei tuoi discorsi ambigui.” Continuò Arthur con voce annoiata, cercando di mascherare il più possibile il divertimento di vedere Merlin a corto di parole con la bocca che si apriva e si chiudeva del tutto spaesata.
“Ma…” tentò di difendersi Merlin, vedendo Arthur allontanarsi dal suo corpo, lasciandolo completamente insoddisfatto.
“Ci sono ancora le stalle da pulire e credo che la mia spada abbia bisogno di essere lucidata…” commentò ammiccando in direzione del suo servitore.

Merlin sbuffò e fece per alzarsi dal letto, prima che la mano del principe si chiudesse sul suo braccio a bloccargli qualsiasi altro movimento. Il ragazzo lo fissò perplesso, non capendo dove volesse andare a parare con quell’assurdo comportamento. Non ne avevano avuti già abbastanza di problemi per quella giornata?
Arthur per tutta risposta sorrise, sfiorandogli le labbra in un bacio casto.
“Non c’è neanche gusto con te, Merlin.” Soffiò facendolo distendere nuovamente sui cuscini e coprendolo col proprio corpo. “Ci caschi sempre.” Sussurrò al suo orecchio, succhiando piano il lobo mentre la sua mano scendeva a stringere la sua erezione, deciso a dargli il piacere che tanto aveva agognato.

“La spada… ahn!” balbettò Merlin comprendendo finalmente a cosa si stesse riferendo Arthur con il suo assurdo parlare. “E poi dite a me che faccio discorsi ambigui.”
Il principe sorrise di nuovo aumentando il movimento della sua mano, fino a quando non sentì Merlin sciogliersi tra le sue dita completamente soddisfatto.


* * *


A Camelot circolavano sempre chiacchiere, voci vere e voci infondate. Tutti parlavano di tutto e di tutti, c’erano mille versioni diverse di uno stesso fatto a seconda che a parlare fosse un nobile o un popolano.
A volte la verità veniva a galla, altre volte cadeva nell’oblio e diventava leggenda. Altre ancora veniva dimenticata o raccontata sotto voce, negli anfratti del castello.
C’erano invece verità che tutti conoscevano, ma che nessuno osava più proferire. Vuoi perché fosse scomoda o troppo surreale per essere considerata una voce fondata.
Una di queste era la voce che era circolata sulla relazione del Principe Ereditario col suo valletto personale. Le parole si erano rincorse a lungo nei corridoio, le occhiate curiose non si erano sprecate, ma era stata presto accantonata nel recessi più profondi della mente e non se ne era più fatta parola. I pettegolezzi erano tornati a susseguirsi tranquilli, ma in essi non veniva mai fatta menzione del Principe e del suo servitore, nonostante li si potesse vedere sempre assieme, i corpi che si toccavano appena quando camminavano per le vie brulicanti di gente della piccola cittadina. Il popolo li occhieggiava curiosa, abbassando il capo in segno di rispetto verso l’erede al trono, non notando le dita che si sfioravano ad ogni passo.

Quelli invece che notavano, ma non osavano proferire una sola parola, erano due semplici contadini. Uno alto e castano, l’altro smilzo e dai rossi capelli. Erano gli addetti dell’orto personale dei reali e il loro unico compito era quello di poter offrire le primizie di stagione alla corte.
I più pensavano che fosse un lavoro semplice, ordinaria amministrazione del campo, invece Anthony e Michael facevano molto più di questo. Ascoltavano con attenzione i pettegolezzi di corte, caricando di significato quelli impossibili e sgonfiando quelli troppo vicini alla realtà. Ogni giorno, inoltre, facevano in modo di far trovare sul tavolo della colazione del Principe i suoi frutti preferiti, troppo timorosi di farlo arrabbiare. Si ricordavano ancora della velata minaccia alla loro testa e ci erano troppo affezionati per permettersi di rischiarla. Così si occupavano di controllare le dicerie nel castello, screditando le voci fondate che circolavano sul principe e il suo servitore.

“Buongiorno Mio Signore.” Esclamò Michael vedendo Arthur avvicinarsi minaccioso verso di lui.
“Dov’è Merlin?” chiese questi senza nemmeno salutare, come se il contadino non avesse nemmeno aperto bocca.
“Non so lo, Mio Signore.” rispose con un inchino.
Arthur sbuffò.
“Possibile che non si riesca mai a trovarlo quando ho bisogno di lui, e invece sia sempre presente quando non mi serve?” si domandò tra sé e sé, dando un calcio al terreno.
“Se lo vedi, digli che ho bisogno dei suoi servigi.” Ordinò con tono secco. “Dei suoi servigi particolari.” Aggiunse poi, voltandosi appena indietro e sottolineando maliziosamente il concetto. Con un turbino del mantello rosso il Principe scomparve all’interno del castello, lasciando un Michael del tutto imbarazzato immobile sul campo.

Ecco, una cosa era occuparsi di mettere a tacere i pettegolezzi piccanti che giravano tra quelle mura, un’altra era dover riferire quegli stessi argomenti a uno dei due diretti interessati. Lui e Anthony erano diventati un po’ il loro passaparola, come trovassero divertente l’idea di metterli in imbarazzo.
Michael non faceva altro che odiare quel giorno in cui lui e il suo compare avevano avuto la geniale idea di voler approfondire le reali frequentazioni del principe. Sospirò affranto, affondando con particolare violenza l’aratro nel terreno.

“Non credi che tu li abbia torturati abbastanza?” domandò Merlin all’orecchio di Arthur. Il Principe si voltò appena nella direzione del suo servitore, osservando compiaciuto dalla finestra vetrata in lavoro svolto con ferocia dal povero contadino.
“Uhm… no.” Rispose sincero dopo un po’.
Era divertente vedere le varie gradazioni di colore che la pelle umana poteva assumere quando era imbarazzata. Vide Merlin fissarlo scettico.

“Uhm… forse hai ragione. Quel povero... Michael, giusto?” chiese additando il povero contadino che zappava il campo come se questo gli avesse fatto un affronto. Merlin annuì.
“Non mi dà più tanta soddisfazione.” Ammise con un’alzata di spalle. Il servitore lo guardò soddisfatto, finalmente quella continua e sciocca tortura dei poveri contadini poteva avere fine.

“Invece,” continuò Arthur attirando Merlin tra le sue braccia e risvegliandolo dai pensieri in cui era caduto, “Anthony mi dà tantissima soddisfazione.” Concluse baciandolo di slancio. Lì, in pieno giorno, nel bel mezzo di un corridoio dove chiunque poteva vederli. E difatti un clangore improvviso li fece staccare.
Merlin si girò in tempo per vedere un malcapitato Anthony assumere tutte le gradazioni di rosso possibile, prima di assestarsi su un acceso rosso porpora che faceva risaltare ancora di più le lentiggini che tempestavano la sua faccia. Arthur rise e Merlin sbuffò.

Sì, indubbiamente quell’assurda farsa sarebbe continuata ancora a lungo.


FINE


Note Finali: Allora, non ho mai scritto così tanto come nell'ultimo mese. È stata una faticaccia, ma devo ammettere che mi sono davvero divertita. Soprattutto ritornare anche nel mio fandom slash!
Vi voglio ringraziare per essere giunte fino in fondo, dai... non vi ho fatto aspettare troppo per l'aggiornamento! Anzi, ve l'ho pubblicato con un giorno di anticipo rispetto a quanto avevo progettato, sarò stata buona? Anche se in realtà non vi ho detto che la storia era già pubblicata e conclusa su lj da un po' di giorni... ooops!

Chiby Rie_chan: Grazie mille! Michael e Anthony sono le mie comari impiccione, con la loro curiosità e discorsi ambigui. Mi sono divertita io a scrivere e sono felice di essere riuscita a trasmettere il mio divertimento!
Ryta Holmes: Grazie mille per tutti i complimenti! *blush*
Diciamo che mi sono sempre chiesta cosa ne pensino i servitori comuni dell'accoppiata Principe e valletto e quei due simpaticoni mi sono capitati così tra le mani che non ho potuto fare altro che sfruttarli un po'. Poi l'ingenuità e la curiosità di Michael hanno fatto la loro bella parte.
kagchan: *blush* Grazie mille! Sì, ho voluto cimentarmi in qualcosa di nuovo e puff! Anthony e Michael sono capitati giusto a fagiolo tra le mie mani, così ho deciso di dare una piccola sbirciatina nella vita privata di Arthur e Merlin!
Ina: grazie mille! Desiderio accordato!
elyxyz: awwwwww... grazie per esserti cimentata in una lettura in due parti, ma in fondo sono stata buona. Non ti ho fatto penare tanto a lungo per questa seconda parte!
Grazie mille per tutti i complimenti, che, detti da una scrittrice del tuo calibro, non possono fare altro che piacere! E poi era tantissimo che non giocavo/torturavo un po' Arthur e Merlin, e devo dirti la verità che mi sono davvero divertita! Prometto che tornerò presto con qualcosa, magari qualche crossover! Ormai mi hai veramente perso nel mondo het di Doctor Who!
mindyxx: desiderio subito accordato! Soddisfatta della mia tempestività? Francamente ero restia a suddividerla in due parti, ma 15000 parole sono davvero tantissime da digerire, e poi così vi ho fatto penare un po'! Pensa che io me li sognavo di notte i discorsi tra Anthony e Michael (dici anche Arthur nudo?? Ummm.... sì, anche lui, ma, evitiamo di alzare troppo il rating!) e ridevo da sola!
   
 
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