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Autore: Gackt_Agito    27/05/2010    1 recensioni
« Questa che sto per raccontarti è una storia vera, nipotina mia. Ascoltami. » sussurrò il vecchio « Desidero che qualcuno la conosca, prima che io abbandoni questo mondo. E se ti piace, vorrei che un giorno tu la raccontassi ai tuoi figli, e loro ai propri figli e così via per generazioni. Perché finché ci sarà qualcuno a ricordarsi di Samuel e Zackarhia, allora non morirò. E neanche lui morirà. I nostri ricordi vivranno insieme per sempre… »
« Parli di te e di quel ragazzo che amavi in gioventù, nonno? »
« Sì, tesoro. Non ti ho mai raccontato la storia… Ma adesso voglio farlo. Ora ascoltami. »
« Racconta: io ti ascolto. » Poi si voltò verso Josh. « Tu sei troppo piccolo. Vai via, su. »
« Uffa! » Piagnucolò il bambino. Ma, da bravo, prese le sue cose e se n’andò ugualmente. Madeline volse il viso di nuovo verso il nonno, sorridendo. Con un gesto delle mani, lento, lo invitava a parlare. Il vecchio sorrise appena.
« Questa storia inizia come le favole, tesoro mio… » e respirò lentamente, come se gli facesse male.
La bimba annuì, silenziosa.
« Inizia con un C’erano una volta… un ragazzino, un bambino ed un husky. »
E le raccontò la storia della propria vita.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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P refazione______
Anche questa volta mi ritrovo a farvi le mie scuse. Ultimamente non ho aggiornato granché cose, ma .. oggi mi sto rifacendo al meglio: e questo capitolo ne è la prova. Alcuni di voi magari lo stavano aspettando, altri no, chi lo sa? Io ve lo propongo. Spero che vi piaccia. Eventuali errori gradirei che me li segnalaste, anche perché ora come ora ho il brutto vizio di non rileggere quel che scrivo ( gomenasai ç.ç ). Basta, vi lascio qui.
Buona lettura <3


C apitolo T erzo
~meraviglioso



« Ti odio. »
Me lo aveva detto davvero. Zackarhia mi aveva detto espressamente che mi odiava. Mi aveva trovato nello sgabuzzino della scuola con Joshua, un suo compagno di classe. Non stavamo facendo niente di male. Ci stavamo soltanto… baciando, ecco. Nascosti, è vero, ma non c'era niente di male. Lo so. Lo so che a Zack non è mai andata giù questa cosa. So bene che il fatto che mi frequentassi con una sequela di ragazzi infinita senza legarmi a nessuno di loro gli desse fastidio. Eppure io non lo sapevo più come dovevo comportarmi. Se ero me stesso, non andavo bene; se fingevo di essere un altro, non andava bene; se ponevo limiti a me stesso, non andava bene. Ma cosa andava bene, allora? Non lo sapevo. Non riuscivo a chiederglielo. Avevo paura, una paura folle, sconfinata. Se solo ci pensavo, tremavo.
Una settimana dopo la sua dichiarazione d'odio, c’incontrammo alla festa di un compagno di classe. Eravamo grandi per giocare al gioco della bottiglia, eppure in quel momento ci costrinsero a farlo. Quando la bottiglia m’indicò, rabbrividii. Obbligo o verità?
« Obbligo » buttai lì, sospirando. Era una cosa tanto normale quanto ricorrente; ero la puttana del gruppo, alla fine mi andava bene qualunque cosa, meno…
« Sette minuti in Paradiso con Zackarhia », sentenziò il mio boia.
Ecco. Era esattamente quello che temevo. Ci alzammo: nessuno osava ribattere alle regole del gioco, altrimenti lo scotto era doppio. E probabilmente né io né Zack volevamo raddoppiare la cosa. Lo guardai per un attimo breve, lui non guardò me. Guardava per terra. Strinsi i pugni e mi diressi nello sgabuzzino più vicino, che più che altro si rivelò essere il bagno. Era davvero minuscolo. Ci spinsero a forza Zack dentro, perché proprio all'ultimo aveva deciso che la cosa non gli andava bene. Mi si gelò il sangue.
« Penitenza doppia! » E ci chiusero la porta del bagno a chiave. Io guardai Zack, lui mi guardò. Lui arrossì e probabilmente lo feci anche io. Guardammo altrove. Abbassai il copri-tavolozza del water e mi ci sedetti: era scomodissimo, ma non protestai. Lui si sedette sul lavandino, ma solo dopo aver tappato il buco della serratura così che nessuno potesse vederci. Erano le regole del gioco, sì. Includeva anche questo. Si voltò verso di me quando io sollevai lo sguardo su di lui un'altra volta. Deglutii.
« Lo pensavi davvero? » Gli chiesi. Era la prima volta che ci parlavamo dopo una settimana. Con quelle parole mi aveva fatto talmente tanto male che non avevo neanche il coraggio di salutarlo la mattina in classe. Mi morsi il labbro inferiore per paura di una sua risposta. Però, felicemente, mi accorsi che scosse la testa, veloce.
« No, non lo pensavo » mi disse. Si allontanò dal lavandino e mi si avvicinò. Si inginocchiò davanti a me, guardandomi. Mi prese le mani e le baciò. « Scusami. Non volevo, Sam… »
« Non fa niente » intervenni, subito. Odiavo sentirlo che si scusava. « Va bene così, davvero » e gli sorrisi. « Mi basta sapere che non lo pensavi realmente. E' tutto a posto », dissi ancora, ma lui continuava a guardarmi così… strano. Sorrise, stringendo appena le mie mani e spostandole ai lati del mio corpo, con le sue mani sulle mie cosce. Mi guardava. Sorrideva.
« Sei… bellissimo, Sam » mi sussurrò, dolce. « Sei… meraviglioso… » si sporse verso di me e mi baciò. Portò le mani sulla cerniera dei miei jeans, che abbassò. Mi aprì i jeans e calò il viso in mezzo alle mie gambe.
Credo che sia inutile spiegare cos'è successo dopo, eh?





   
 
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