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Autore: Shinalia    28/05/2010    16 recensioni
Ed eccomi qui con l'ennesima storia XD sono una persecuzione! O,o Comunque mi appresto ad una veloce presentazione.... questa sarà una mini-ff composta da 2 o 3 capitoli... che farà parte di una SERIE: "Essere genitori." Dove mi divertirò a scribacchiare delle coppie + famose della saga (e magari anche qualche altra meno famosa) alle prese con i loro pargoli. Detto questo vi lascio al primo chappy della 1 mini ff.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Emmett Cullen, Rosalie Hale
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Essere genitori.'
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Salve!

Ed eccomi qui con l'ennesima storia XD sono una persecuzione! O,o Comunque mi appresto ad una veloce presentazione.... questa sarà una mini-ff composta da 2 o 3 capitoli... che farà parte di una SERIE: "Essere genitori." Dove mi divertirò a scribacchiare delle coppie + famose della saga (e magari anche qualche altra meno famosa) alle prese con i loro pargoli. Detto questo vi lascio al primo chappy della 1 mini ff.

kiss kiss

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« Emmett togli immediatamente quel guantone alla bambina! »

Le urla di Rosalie invasero il piccolo spiazzo, mentre lei, indignata, avanzava a passo di carica verso suo marito. Erano giunti in quella radura da meno di mezz’ora, con l’intento di conciliare una piccola battuta di caccia ed un pic-nic per Nessie e Jacob. Purtroppo Emmett era stato di tutt’altra idea e, non appena ne aveva avuto l’occasione, si era premurato di procurare alla sua nipototina un’adeguata attrezzatura da baseball.

Perché?

Naturalmente per compensare quella che aveva definito l’inettitudine di Edward ed il suo poco impegno nel fornire le nozioni di base, in campo di sport, alla sua pargoletta.

« Ma amore, Renesmèe è una giocatrice eccellente. – si lagnò con quel tono petulante che lei aveva definito più volte esasperante, prima di voltarsi verso la piccola. - Dì anche tu a zia Rosalie che ti stai divertendo. »

La piccola annuì, vigorosamente, scostando un ciuffo ribelle dal visino paffuto, con le manine sporche di terreno. « Si, lo zio mi sta insegnando ad usare il guantone e mi ha promesso che poi passeremo alla mazza che dovrò usare per… »

« Ah, lasciamo perdere la mazza. » la interruppe, riuscendo per un soffio ad evitare una catastrofe.

Rosalie non potè evitare ad una smorfia di increspare le sue labbra perfette, mentre fissava suo marito con uno sguardo tutt’altro che benevolo. « A cosa dovrebbe servire la mazza da baseball, caro? » domandò, assottigliando lo sguardo, certa che la risposta non sarebbe stata assolutamente ragionevole.

E quando Emmett si era dimostrato tale? Da quando lo aveva salvato, donandogli l’eternità, si era costantemente comportato con un bambino dalla stazza di un orso, tutti muscoli e ben poco cervello.

« Sarà meglio parlarne in seguito. - tentò invano, indietreggiando appena. – La bambina avrà fame, potremmo portarla a caccia. »

« No. – sbottò, ostentando un tenero broncio corrucciato. – Mi accompagnerà Jake. » pigolò, lisciandosi il vestitino, terminando l’opera di devastazione iniziata dal loro arrivo ed aumentando a dismisura l’irritazione di sua zia.

« Emmet, ti rendi conto di come si è ridotto il suo vestitino nuovo. – sibilò, incrociando le braccia al petto. – La colorazione rosa perla è… è… guarda! » esclamò stizzita, avvicinandosi alla bambina per esaminare da vicino il disastro, ormai irreparabile.

« Ma…  »

« Zitto, razza di troglodita decerebrato. – soffiò alterata, non comprendendo come suo marito potesse essere una costante fonte di stress. Scosse la testa rassegnata per poi voltarsi verso Nessie, addolcendo il tono. – Tesoro, credo che Jake non sarà felice di trovarti tutta sporca, forse sarebbe il caso che cambiassimo questo vestitino, che ne dici? »

La piccola abbassò lo sguardo sul suo completino ormai lurido, increspando le piccole labbra rosse in una smorfia deliziosa e tendendo immediatamente la manina alla sua adorata zia, sempre pronta a rimediare.

Bhe, il suo Jacob non poteva di certo vederla in quello stato.

Intanto, dall’altro capo del campo, Alice e Bella osservavano la scena divertite, notando lo sbigottimento di Nessie nel constatare lo stato disastroso del suo abitino preferito. Fortunatamente, secondo un parere comune, la piccola possedeva un gusto per l’estetica indiscutibile, nonostante la giovane età, che l’aveva inevitabilmente resa la beniamina delle zie.

Era raro che qualcuno non la vezzeggiasse o non le fosse accanto, viziandola e facendo disperare i suoi genitori. Ormai trascorrevano gran parte del tempo a villa Cullen, benché Edward si fosse premurato di acquistare una piccola abitazione vicina, per poter permettere a moglie e figlia di sfuggire alle grinfie delle sue sorelle.

Purtroppo per lui Alice era sempre stata in grado di aggirare i suoi propositi, piegando le situazioni al suo volere.

Non era una novità e oramai tutti si erano rassegnati all’insolente invadenza della vampira dotata del dono della preveggenza… soprattutto perché le alternative non erano poi molte.

Avevano tentato di liberarsi di lei spedendo, per puro errore, gli scatoloni con i suoi vestiti sull’isola di Esme, ma lei aveva placidamente accettato l’evento, per poi gioire dell’ennesima occasione per dedicarsi a giorni e giorni di shopping sfrenato.

Naturalmente costringendo i malfattori ad unirsi a lei, entusiasta dell’ironica punizione escogitata.

Bella emise un sospiro rassegnato, mentre il suo sguardo saettava tra i presenti, beandosi delle risatine disinibite della sua bambina. « Se ne avessero avuto l’opportunità sarebbero stati due genitori stupendi. » mormorò accorata, rammentando il dolore di Rosalie quando le aveva narrato la sua storia, anni e anni prima. Le pareva assurdo che quel rapporto ostile si fosse poi tramutato in un affetto tanto profondo e radicato, ma non poteva non gioirne. Aveva trovato in lei una meravigliosa sorella ed una perfetta zia, per la sua Nessie.

Purtroppo nella vita non tutto va come dovrebbe…

Notando l’inconsueto silenzio di Alice, Bella si voltò verso di lei increspando la fronte, incuriosita. « Che hai da sogghignare in quel modo? » chiese titubante, ammirando il sorriso beffardo, della sua amica, tramutarsi in un’espressione di pura esultanza, che non pareva premettere nulla di buono.

« Non starai progettando l’ennesima sessione di shopping, spero. Nessie ha abbastanza vestiti per i prossimi tre anni e, considerando la sua crescita accelerata, mi rifiuto di sprecare altro denaro in semplici futilità. »

Alice alzò gli occhi al cielo, trattenendo uno sbuffò. Proprio non comprendeva come si potesse ritenere l’arte degli acquisiti una futilità, ma in quell’istante aveva ben altre cose per mente, che non tentare invano di redimere Isabella dalla sua ostilità per lo shopping.  

Certo, prima o poi sarebbe riuscita nel suo intento, ma per quella volta si vide costretta a posticipare, rivedendo le sue priorità.

« Ben presto avremo visite. » annunciò, sfoggiando il suo solito sorriso scaltro, di chi è a conoscenza di succulenti novità che non rivelerà altrettanto facilmente.

_____________________________

 

Carlisle Cullen era un famoso medico trasferitosi in Alaska, qualche anno prima, con la sua numerosa famiglia; o almeno questo era quello che si sapeva di lui.

Non che una piccola parte di quella storia ben più interessante che era la sua vita.

Successivamente alla nascita di Renesmée avevano trascorso qualche altro anno a Forks, per permettere a Charlie di conoscere la sua nipotina ed a Jacob Blake di occuparsi del suo branco, senza separarsi dall’oggetto del suo imprinting. Purtroppo però, la perpetua giovinezza del bel dottore e della sua amata consorte, erano divenuti un pettegolezzo sin troppo succulento per poter essere ignorato e, la famiglia Cullen, era stata costretta ad un trasferimento che, seppur sofferto, era ormai necessario.

« Dottor Cullen. – l’infermiera di pediatria lo raggiunse trafelata, correndo per l’ampio corridoio e sventolando una cartella, per attirare la sua attenzione. - Mi dispiace disturbarla, ma un signore chiede un suo consulto. » spiegò, portandosi una mano al petto, tentando di riprendere fiato.

« Non avevo visite in programma. » mormorò sorpreso. Il suo turno era finito da quasi un’ora e lui era impegnato negli ultimi controlli, ai suoi pazienti. Possibile che non gli avessero comunicato qualche visita?

La donna annuì, mentre le guance si coloravano di un tenue rossore. « Infatti, ma il signore è stato insistente e poi sembrava preoccupato per il bambino, quindi ho pensato di informarla. – ribatté tutto d’un fiato. – Ma se vuole fisso un appuntamento per domani. »

Carlisle sorrise rassicurante. « Non si preoccupi, gli dica di raggiungermi nel mio studio.» asserì, congedandosi con un cenno di saluto.

In fin dei conti quell’ospedale gli piaceva. I medici erano estremamente competenti e collaborativi ed il personale ausiliario sempre cortese ed efficiente. Era difficile dover abbandonare un ospedale dopo anni di servizio, ma si sorprendeva spesso nel constatare quanto facile fosse affezionarsi ai suoi nuovi pazienti e a quei nuovi luoghi che diventavano parte della sua quotidianità. Essere medico era per lui una vocazione, ciò che gli permetteva di redimersi per quella sua natura dannata.

Inizialmente era stato solo un tramite per espiare le sue colpe, ma con il tempo era divenuta una passione, un bisogno…. Una necessità data dalla consapevolezza di poter essere utile, grazie proprio a quella natura che lui aveva tanto aborrito.

Sorridendo e salutando garbatamente chi incrociava il suo passaggio, giunse al suo studio, accomodandosi sulla morbida poltrona in pelle, visionando alcune cartelle, in attesa della sua ultima visita. Dopo sarebbe tornato a casa dalla sua adorata famiglia. Era meraviglioso potersi beare della serenità che permeava quelle mura, qualcosa che, dalla trasformazione di Bella e dalla nascita di Nessie, era divenuta ormai parte integrante della loro vita.

Un lieve bussare lo distolse dai suoi lieti pensieri. « Avanti.»

La porta si aprì lentamente, portando con sé un odore inconfondibile, che costrinse Carslisle a drizzare il capo verso la figura che faceva il suo ingresso.

« Lei è il dottor Carlisle Cullen? »

« Si sono io, si accomodi. » assentì distrattamente.

Era un uomo piuttosto basso e dalla corporatura esile, ma ciò che attirò maggiormente la sua attenzione furono i grandi occhi color cremisi che, in quell’istante, si posavano ovunque fuorché sul viso del suo interlocutore.

Il vampiro era visibilmente agitato, probabilmente perché, quella struttura pullulante di malati e sangue, poteva essere una discreta tentazione.

Ma…

« Ma è… » il suo sguardo saettò sul bambino, che dormiva beatamente, incurante dell’inconsueta conversazione che i due vampiri attorno a lui stavano intrattenendo.

« Un mezzo vampiro. – continuò, iniziando istintivamente a cullarlo, con un dondolio appena percepibile. – Come sua nipote, se non erro. »

Carlisle annuì, afflosciandosi sulla sedia ed indicando all’uomo una poltrona dinanzi alla sua scrivania. «Si accomodi. – ripetè cortesemente, scrutando però con attenzione ogni suo movimento. - Cosa posso fare per lei, signor…? » lasciò la frase volutamente in sospeso, attendendo di ricevere le dovute delucidazioni.

Era certo di non averlo mai incontrato, e per un istante si domandò se non fosse stato inviato da Aro e dai suoi fratelli per ottenere qualcosa. Non si sarebbe sorpreso di ricevere una loro visita, anzi…

« Allen. – esitò, qualche istante, espirando profondamente. – Allen Sanz, sono venuto qui per chiederle un favore. Sono a conoscenza di quello che è accaduto tempo fa tra la vostra famiglia ed i Volturi, a causa di una piccola mezzo sangue. »

« La questione è divenuta di dominio pubblico, suppongo. » commentò il dottore, rammentando amaramente gli attimi di terrore a cui tutti loro erano stati costretti.

Il suo sguardo si fece più attento.

L’uomo annuì, vigorosamente. « Proprio per questo mi rivolgo a lei. »

« Teme la reazione di Aro e dei suoi fratelli. – chiese, indicando placidamente il piccolo ed incrociando le mani sulla scrivania, dinanzi a sé. – Essendoci altri casi riconosciuti, credo proprio che non dovrebbero poter obiettare. È stato ormai assodato che queste piccole creature non sono di nessun pericolo per la nostra specie e che, al contrario, hanno maggiori possibilità di integrarsi. »

« Io non posso occuparmene. » sentenziò, senza preamboli.

Carslie aggrottò la fronte sorpreso, iniziando ad intuire  il motivo di quella visita. « Cosa intende? » mormorò, portando nuovamente il suo sguardo sul neonato, addormentato tra le braccia dell’uomo. Era quasi certamente un maschietto, dai lineamenti dolci ed il viso pieno. Gli occhi chiusi non gli permettevano di appurarne il colore, ma le folte ciglia bionde ed i riccioli leggermente più scuri gli conferivano le sembianze di un piccolo putto.

« Non posso tenerlo con me.  – ripetè, scandendo cautamente ogni parola. – Sono costretto ad affidarlo a qualcuno ed avevo pensato alla sua famiglia, considerando i trascorsi. Sono certo sapreste occuparvene adeguatamente. »

Un bambino? Carlisle sbattè le palpebre soppesando le sue parole, mentre una serie di immagini attraversavano fulminee la sua mente. Se realmente quell’uomo era intenzionato a disfarsi del piccolo, lui era pronto a scommettere che avrebbe trovato dei degni genitori pronti ad occuparsene. Eppure, non voleva rischiare di illudere Rosalie, rammentando quanto il desiderio di maternità fosse radicato in lei. Si sarebbe premurato di valutare il caso attentamente prima di pensare di accettare, benché la proposta fosse estremamente allettante.

Forse troppo…

« La madre? » domandò, titubante.

L’uomo sospirò sommessamente, mentre le sue labbra si piegavano in una smorfia. « Purtroppo non tutte le donne sopravvivono ad un simile parto, nonostante le cure e, Marian non ha avuto fortuna. »

Carlisle chinò il capo in senso di comprensione. La gravidanza di Isabella, pochi anni prima, era stato un periodo tremendo per tutta la sua famiglia, costretta ad osservare il disfacimento di quel giovane corpo e  delle sue possibilità di vita, senza poter intervenire. Se solo il parto non fosse stato affrontato tempestivamente Edward sarebbe stato certamente sopraffatto dal dolore…

Comprensibile…

Osservò nuovamente l’uomo, seduto dinanzi a sé, scrutandone i tratti del volto rigidi e gli occhi vigili. « Lei non è il padre, vero? » Intuì, non notando in lui particolare accoramento per l’avvenimento.

Allen scosse il capo. « No. - Confermò mesto. -  Lui era un nomade come me, abbiamo viaggiato per lungo tempo insieme, fino a quando non ha manifestato interesse per quella donna. »

« Non immaginava certo che le conseguenze sarebbero state queste. » mormorò più a se stesso che al suo interlocutore.

Carlisle  provò pietà per quell’uomo, eppure uno strano pensiero attraversò fulmineo nella sua mente.

« Ed è disposto a rinunciare al bambino? »  un cipiglio incredulo si disegnò sul suo volto. Quella creaturina era tutto ciò che restava a quell’uomo della sua famiglia, come poteva anche solo pensare di disfarsene?

Allen scrollò le spalle. « Nella sue condizioni non è stato in grado di occuparsene, ha tentato… – lo giustificò, amareggiato. – ma le ricordava lei e, alla fine, ha preferito raggiungerla. »

« A me non interessa tenerlo e poi sono un nomade, non potrei mai assicurargli quello di cui ha bisogno. » continuò, non attendendo risposta.

Doveva essere ben lieto di disfarsi di quel fardello e questo, purtroppo non poteva che acuire i dubbi del dottore, timoroso di attirare, con un gesto affrettato, dolore sulla sua famiglia.

Assunse un’espressione meditabonda, deciso ad ottenere il maggior numero di informazioni possibili. « Quindi ha pensato che, avendo con noi Renesmèe, avremmo potuto prenderci cura di lui. » ipotizzò, puntando i suoi occhi color oro in quelli del suo interlocutore, per sincerarsi delle sue intenzioni.

« Mi sono documentato sulla sua famiglia… - ammise riluttante. – ci sono molte coppie oltre a lei e la sua compagna e, magari, i genitori della piccola mezzosangue potrebbero desiderare un altro piccolo di cui occuparsi. »

Carlisle sospirò, l’idea era oltremodo allettante, non solo perché non avrebbe mai potuto rifiutare, a quel bambino sfortunato, l’amore di una famiglia, ma anche perché in quel modo forse avrebbe potuto sanare la ferita di Rosalie ed il suo immenso senso di colpa. Le aveva donato una vita immortale, incapace di abbandonare quella giovane ragazza ad un morte tanto brutale, non considerando di cosa la stava privando.

Un fardello che gravava su di lui ormai da tempo.

« Le dispiace se ne parlo con la mia famiglia? - chiese rimuginando. – Lei quando lascerà Forks? Entro domani dovrei essere in grado di fornirle una risposta. »

« Naturalmente. -  Allen si concesse il suo primo vero sorriso, da quando era entrato in quello studio, rassicurato dall’interesse mostrato dal dottore. – Potremo rincontrarci in ospedale? »

Lo squillo del telefono irruppe nella stanza e Carlisle, affrettandosi a rispondere, si trovò a sorridere immaginando il mittente.

Alice.

Il suo tempismo era innegabile. « Papà. – il trillo la voce entusiasta della giovane vampira.- Io e Bella siamo fuori l’ospedale. » esclamò prima di riagganciare.

« Avremo le nostre risposte prima di quanto credessi. »

   
 
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