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Autore: Lady Amber    29/05/2010    1 recensioni
TOS - La giornata inizia per il verso storto quando Nyota trova sotto il suo letto un ronzante tribble dalla vaporosa pelliccia bianca...ma le stranezze non finiscono qui: ben presto la ragazza scoprirà che anche i suoi compagni di avventura hanno subìto una bizzarra trasformazione XD Personaggi un po' OOC, ma mi sembra inevitabile per una storia come questa...
Genere: Demenziale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nyota Uhura
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Messaggio dell’autrice: Ecco qui il secondo capitolo, in cui finalmente cominciamo ad incontrare un po’ di gente fuori di testa…XD Ho pensato di trarre il più possibile le battute dei personaggi direttamente da “Alice ne paese delle meraviglie” (a parte ovviamente le battute di Nyota), per rendere l’atmosfera ancora più assurda e surreale… Buona lettura! *3*    

Disclaimer: Mi inchino all’innegabile genio di Gene Roddenberry e Lewis Carroll ù_ù  


Durante il tragitto verso la sala controllo Nyota non incontrò anima viva. Percorse i corridoi deserti a passo sostenuto, il rumore dei tacchi che toccavano il suolo stranamente amplificato dall’ambiente vuoto. Si fermò davanti alla porta del turboascensore e spinse il bottone per la chiamata, guardandosi intorno.

Strano, pensò aggrottando le sopracciglia. Di solito a quest’ora c’è un sacco di gente in giro… possibile che siano ancora tutti in sala mensa? A questo pensiero il suo stomaco brontolò, reclamando cibo. Già, hai ragione, pensò entrando nel vano. Magari più tardi uno spuntino me lo faccio... Sempre che Kirk non mi confini nei miei alloggi a digiuno a tempo indeterminato, ovviamente.

Qualche attimo più tardi la voce atona del computer la informò che aveva raggiunto la sua destinazione.

Calma, Nyota. Cercò di deglutire, ma il groppo in gola glielo impedì. Tu non hai colpa, è stato tutto un caso. Vedrai, il capitano ascolterà le tue argomentazioni e si mostrerà comprensivo… Ancora una volta le ritornò alla mente il volto paonazzo di un Kirk completamente fuori di sé, gli occhi lampeggianti di rabbia a stento contenuta. Cosa diceva sempre la nonna? Pensa positivo, e vedrai che tutto andrà per il verso giusto… e allora pensiamo positivo!

Dissimulando l’ansia che sentiva crescerle a ritmo esponenziale nel petto, Nyota uscì risoluta dal turboascensore e cominciò, tutto d’un fiato:

“Capitano, c’è una cosa che…” Le parole le morirono in gola quando si rese conto non solo che il loro destinatario non c’era, ma che addirittura l’intera plancia sembrava completamente deserta.
Lanciò uno sguardo perplesso alla poltrona del capitano, vuota come le postazioni di controllo che la circondavano.

Che fine hanno fatto tutti? La sua confusione aumentò quando si rese conto che mancavano anche Sulu e Chekov, la cui assenza a quell’ora poteva davvero essere considerata un evento memorabile per l’intera storia della galassia.

Ehi, ma non c’è nessuno alla guida della nave?! Corse al timone e scorse velocemente lo sguardo lungo tutto il pannello di controllo, tirando un sospiro di sollievo nell’individuare il piccolo led rosso lampeggiante: a quanto pareva era stato attivato il pilota automatico. Non riusciva, tuttavia, a capire il motivo per cui Kirk avesse deciso di prendere una misura del genere.

Forse c’è una qualche riunione generale di cui non sono stata informata, pensò aggrottando le sopracciglia. Era un’ipotesi alquanto improbabile, ma sembrava essere l’unica spiegazione che potesse giustificare la totale assenza di personale in sala controllo e nei corridoi. Sì, deve essere per forza così. È l’unica ragione logica che avrebbero potuto avere per inserire il pilota automatico…

Cercando di autoconvincersi della validità questa spiegazione in realtà non proprio del tutto convincente, fece dietrofront ed entrò nuovamente nel turboascensore. Se è così mi staranno sicuramente aspettando in sala convegni. Devo fare in fretta… non è proprio il caso di irritare il capitano ancora prima di riferirgli la brutta notizia.

Qualche attimo più tardi le porte si riaprirono, permettendole di sgusciare in fretta in corridoio. Si accorse dei due uomini fermi ad aspettare l’arrivo dell’ascensore solo quando ci andò dolorosamente a sbattere contro.

Barcollò, minacciando di cadere, e si aggrappò a uno dei due, nel goffo tentativo di riacquistare l’equilibrio. Raddrizzandosi, si preparò a porgere le sue scuse ai due malcapitati ma, sollevato lo sguardo, rimase letteralmente senza parole: davanti a lei stavano i due timonieri sopra citati che, spalla a spalla, la squadravano con uno sguardo divertito. Non che fin qui ci fosse qualcosa di strano. La cosa veramente bizzarra infatti era il loro abbigliamento. Al posto delle consuete uniformi gialle, i due ufficiali indossavano invece delle specie di buffe divise da marinaio, che li facevano sembrare due scolaretti troppo cresciuti: ciascuno portava un paio di pantaloni a vita incredibilmente alta, tagliati in modo da lasciare scoperte le caviglie nude, e una aderentissima maglietta a righe bianche e blu, fornita di ben tre file ordinate di grossi bottoni lucenti. Il tocco finale era dato da due piccoli berretti a spicchi colorati e da due bei fiocchi gialli ben annodati sotto il mento di entrambi. Il loro aspetto risultava, nel complesso, alquanto ridicolo.

Nyota li fissò, muta, per qualche secondo, cercando invano di ritrovare l’uso della parola. Ma come cavolo si sono conciati?!

“Se credi che siamo di cera,” incominciò allora Sulu, abbandonando il suo sorrisetto divertito e guardandola serio “devi pagare il biglietto. Le statue di cera non le fanno mica perché la gente le guardi gratis. Nossignora!”

“Se viceversa” aggiunse Chekov “pensi che siamo vivi, allora devi dire qualcosa.”

“Eh?” Nyota batté più volte le palpebre, cercando di dare un senso a quell’assurda  situazione. Si sono completamente bevuti il cervello?!

Con uno scatto, Sulu si chinò su Nyota e si fermò ad un paio di centimetri dal suo naso, scrutandola con occhi attenti. Colta alla sprovvista, la ragazza si ritrasse automaticamente, stupita e infastidita al tempo stesso.

Poi, aggrottando le sopracciglia, Sulu annuì con l’aria di chi la sa lunga, incrociò le braccia e ritornò alla sua posizione originaria al fianco di Chekov, che lo fissava con uno sguardo carico di aspettative.

“Eeeeh… guarda che lo so cosa pensi” disse il giapponese “ma non è affatto così, nossignora!”

“Già!” concordò il russo, guardandola e agitando in aria una mano con nonchalance.

“Se viceversa così fosse, potrebbe essere; e, se così fosse, sarebbe; ma dato che non è, non si dà.”

“È logico.” Approvò il compagno con una scrollata di spalle.

“Ma cosa…? Scusami, Chekov, non riesco davvero a seguirt-”

“No-no-no, hai cominciato male!” la interruppe sconvolto il russo, mentre Sulu la guardava annuendo freneticamente. “La prima cosa da fare, quando incontri qualcuno, è dire Piacere porgendo la mano!”

Sorridendo, i due amici si abbracciarono e, afferrato ciascuno un braccio di Nyota, cominciarono a ballare in cerchio, trascinando anche la povera ragazza nella loro folle danza.

“Ehi, fermi, fermi….FERMI HO DETTO!” Con un paio di violenti strattoni, Nyota riuscì a liberarsi dalla ferrea presa dei due. I due amici si bloccarono di colpo, interdetti, e la guardarono con gli occhi spalancati, come se la vedessero ora per la prima volta.

“Si può sapere che vi prende?!” strillò lei, massaggiandosi i polsi doloranti. “Non sarete mica già ubriachi a quest’ora del mattino, spero!”

I due si guardarono concentrati, come se stessero cercando di ricordare qualcosa.

“Ubriachi?”

“Noi?”

“È improbabile.” disse Sulu scuotendo la testa.

“Sì, è davvero molto improbabile,” concordò Chekov.

“Però non necessariamente impossibile.”

“Quindi, viceversa, potremmo anche esserlo?”

Sulu ci pensò su un attimo, poi scosse di nuovo la testa con decisione. “No, non ricordo di avere bevuto Scotch oggi.”

“Però, viceversa, potremmo avere bevuto qualcos’altro, non necessariamente Scotch” obiettò Chekov.

“Ma che dici, secondo me…”

Continuarono a discutere così per cinque minuti buoni. Non riuscendo ormai più a seguire il sempre più labile filo del loro intricato discorso, Nyota si portò una mano al viso e si stropicciò gli occhi, esasperata. Mamma mia, che mal di testa…

“Ho sentito per caso qualcuno parlare di Scotch, qui?” Al suono dell’inconfondibile voce dall’accento scozzese, Nyota si girò trovandosi di fronte il viso gentile e cordiale del miglior tecnico di tutta la Flotta Stellare.

Un grazie a maya891 per la recensione, a data81 per aver inserito questa storia nei preferiti e a Doralice per averla messa tra le storie seguite...mi fa davvero piacere sapere che qualcuno mi segue in questa pazza idea! Baci *3*

   
 
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